La stampa scrive

Ammontano a 26.684 i docenti di sostegno che verranno assunti nei ruoli dello Stato nei prossimi tre anni, 12.428 nella scuola primaria e 14.256 alle superiori: di questi, 5.733 otterranno la retrodatazione al 1° settembre 2013, 13.505 firmeranno il contratto a tempo indeterminato nel 2014, 9.003 nel 2015. I numeri sono contenuti nel Decreto Scuola n. 104 appena convertito in legge a Palazzo Madama, secondo quanto rende noto l'Anief, Associazione professionale sindacale.

Il piano triennale di immissioni in ruolo approvato dal Senato prevede, inoltre, l'assunzione di 26.264 insegnanti curricolari. Oltre che di altri 1.608 di sostegno di ogni ordine e grado e 13.400 unità di personale non docente (Ata).

Nei meandri del decreto - prosegue l'Anief - è stato tuttavia approvato un vincolo che per tutti i neo-assunti ha il sapore della beffa. La loro ricostruzione di carriera rimarrà infatti bloccata per i primi otto anni: gli stipendi, che a livello europeo sono già i più bassi dopo quelli della Grecia e a fine carriera fanno perdere quasi 8mila euro rispetto a quelli dei colleghi di tutto il vecchio Continente, saranno "congelati". Si tratta, secondo il sindacato, di una decisione "palesemente illegittima", contro cui l'Anief annuncia che presenterà migliaia di ricorsi, "creata per garantire la clausola di invarianza finanziaria prevista dal legislatore, nonostante la direttiva UE 1999/70 e il principio di non discriminazione, vietino espressamente la mancata valutazione degli anni di precariato a parità di servizio svolto".

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo della Confedir, "è illegittimo bloccare la carriera ai neo-assunti e profondamente ingiusto dopo anni di abuso di contratti a termine".

Fonte: ANSA

 

Il governo stanzia 220 milioni agli istituti paritari, blocca il contratto degli insegnanti, all'università vanno 150 milioni. Precari Pa a rischio: contratti rinnovati solo per chi ha i requisiti del concorso. Contro la manovra studenti in piazza l'15 novembre, i sindacati protestano il 30.

La Commissione Europea ribadisce il concetto: la spesa pubblica italiana per l'istruzione è una delle più basse d'Europa, soprattutto per quanto riguarda l'università: il 4,2 per cento del Pil a fronte del 5,3 per cento di media Ue. Il dato è ormai conosciuto, come quello sull'abbandono scolastico. L'Italia è infatti quartultima in Europa, anche se il Ministero dell'Istruzione sostiene che i giovani tra i 18 e i 20 anni che hanno abbandonato prematuramente gli studi sono scesi di 29mila unità rispetto al 2011: nel 2012 erano 758 mila. Il fenomeno è drammatico al sud, con punte del 25% in Sardegna e Sicilia. Per quanto riguarda i laureati tra i 30 e i 34 anni, sostiene la Commissione Ue, pur essendo cresciuta al 21,7 per cento nel 2012 dal 19 per cento del 2009, resta lontana dal 35,7% della media continentale. L'invito è sempre lo stesso: aumentare i fondi, bloccare gli abbandoni, investire sulla formazione «terziaria» (cioè quella dei laureati) e valorizzare gli insegnanti.

In questo contesto si sta discutendo alla Camera sul decreto Istruzione. Il decreto dev'essere approvato entro l'11 novembre, e deve ancora passare al Senato, ma la discussione ieri si è arrestata perché nelle larghe intese non c'è intesa sul reperimento delle risorse. Il governo vorrebbe prendere una buona parte dei 400 milioni necessari per assumere 69 docenti e personale Ata, e 26 mila insegnanti di sostegno, aumentando le accise sugli alcolici. Per protesta il relatore del provvedimento, Giancarlo Galan (Pdl) si è dimesso.

La Commissione Bilancio ha inoltre trovato ben 25 incongruità economico-finanziarie. La difficoltà a reperire risorse, che nelle intenzioni del governo dovrebbero segnare un'inversione di tendenza dopo anni di tagli alla scuola, non ha tuttavia impedito di rifinanziare parzialmente il fondo per le scuole paritarie. La legge di stabilità stanzierà 220 milioni per il 2014 a parziale compensazione della riduzione di 277 milioni di euro prevista dalla legge triennale di programmazione. Questo stanziamento dev'essere sommato ai 260 milioni di euro già stanziati nel 2013, per un totale di 480 milioni di euro. Una cifra che conferma la riduzione costante dei finanziamenti pubblici dal 2001, quando erano pari a 539 milioni di euro, e non soddisferà le organizzazioni degli istituti paritari che protestano da mesi, chiedendo di affrontare anche il nodo del pagamento dell'Imu e Tarsu.

Il governo le ha comunque ascoltate, sollevando la protesta di chi crede invece che i fondi pubblici non devono andare alle paritarie, tra le quali ci sono anche molti istituti privati e confessionali. «È un atto di cecità politica e asservimento agli interessi privati - spiega il coordinatore Uds Roberto Campanelli - Per risolvere definitivamente questa situazione riteniamo necessaria la modifica della legge 62 del 2000 paritari, ndr.] con la separazione tra scuole private e scuole pubbliche non statali». Gli studenti saranno in piazza il 15 novembre.

La legge di stabilità non prepara un futuro migliore alla scuola pubblica. Gli stipendi sono stati bloccati per i prossimi due anni. Lo conferma il regolamento approvato ad agosto dal Consiglio dei Ministri. Questo blocco peggiorerà le condizioni del personale che, secondo una stima dei sindacati, ha perso almeno 3500 euro in virtù di un blocco che dura dal 2010. «Il potere d'acquisto è tornato indietro di 24 anni - conferma Marcello Pacifico dell'Anief - la PA ha perso 300 mila posti di lavoro in sei anni». In queste condizioni, sembra difficile accogliere l'invito della Commissione Ue a valorizzare la figura degli insegnanti. Motivo in più per alimentare lo scontro con i sindacati della scuola che hanno indetto una manifestazione nazionale il 30 novembre e parlano di uno sciopero generale contro il governo.

«Piuttosto che rifinanziare la cassa integrazione o sostenere la scuola pubblica - afferma Massimo Mari, responsabile per le scuole non statali Flc-Cgil - si continua a bloccare il turn-over». In compenso la manovra prevederebbe 150 milioni per gli atenei e 400 milioni per la ricerca tramite il 5 per mille.

Altro fronte che riguarda il lavoro della conoscenza, e il pubblico impiego, è quello aperto dall'approvazione del Decreto D'Alia l'altro ieri in Senato. Il ministro ha confermato le peggiori previsioni dei sindacati e dei precari. Ai precari che hanno lavorato per la PA per tre anni nell'ultimo quinquennio saranno prorogati i contratti in scadenza e sarà permesso di partecipare ai concorsi per la quota del 50%. Per gli altri non ci sarà rinnovo. Si tratterebbe di 80 mila persone. Tra i più colpiti gli enti di ricerca da tempo in mobilitazione.

Fonte: Il Manifesto

 

Quello che nelle prime ore sembrava un mormorio di disappunto, si sta trasformando in un coro di polemiche: il taglio dei fondi attesi dalle università virtuose nel decreto scuola, approvato giovedì sera alla Camera, ha scatenato la rabbia dei rettori di tutta Italia, e non solo, che minacciano un’inaugurazione dell’anno accademico burrascosa.

«Non può esistere un rilancio in un Paese che taglia 41 milioni destinati agli atenei migliori - attacca il rettore della Statale di Milano Gianluca Vago -. È un segnale disastroso, proprio per i giovani migliori, in un momento in cui diversi Paesi in Europa e nel mondo stanno offrendo loro condizioni molto più vantaggiose delle nostre». E anche da Bologna arrivano segnali di insofferenza e l’annuncio di forme di protesta per attirare l’attenzione del governo.

Che a dire il vero si sta già muovendo: il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha assicurato che cercherà di recuperare quei fondi, sbloccando l’impasse tecnica che impedisce di stornarli dalla voce «investimenti» a quella per le spese correnti degli atenei, mentre il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha ribadito: «Adesso ci muoveremo perché questi finanziamenti alle università rientrino». Spiega il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi: «Cerchiamo di rimetterli nella legge di Stabilità, sono fondamentali sia per i bilanci delle università sia perché rappresentano l’elemento di valutazione e merito, cosa di cui c’è un gran bisogno».

Ma resta il fatto che le risorse promesse e poi sparite hanno il sapore amaro dell’ennesima occasione mancata. «Hanno ragione i rettori a protestare: il taglio dei 41 milioni che erano stati promessi agli atenei virtuosi è scandaloso», sottolinea il presidente del Veneto Luca Zaia parlando da «presidente di una Regione che vede le università di Padova, Verona e Venezia, stabilmente nella top five Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della Ricerca, ndr ) delle eccellenze nazionali».

Incalzano pure i sindacati: «Si può comprendere la rigorosa attenzione al contenimento dei costi, ma è indice di grave miopia non capire che la spesa per dare più efficacia al sistema di istruzione è un investimento necessario al Paese», dice il segretario scuola Cisl Francesco Scrima. E Domenico Pantaleo, della Cgil, puntualizza: «Il punto vero è che non ci sono risorse per un sistema al collasso: molte università del Sud e qualcuna del Nord rischiano il default». Mentre Marcello Pacifico, dell’Anief, ricorda: «Così non ci agganceremo mai alla competitività degli altri Paesi europei». Protesta anche l’Unione studenti universitari: «Quarantuno milioni di euro potrebbero essere sfruttati per un piano di investimenti reale per le residenze universitarie», sottolinea il presidente Gianluca Scuccimarra.

Il compito di mediazione del ministro Maria Chiara Carrozza, stretta tra obiettivi da raggiungere e conti da far quadrare, non è certo facile: «Ma se fossi nei suoi panni- prova a consigliarle l’ex ministro all’Istruzione Beppe Fioroni, Pd - partirei da quattro mosse per riconoscere il merito: formazione continua dei docenti; riconoscimento del merito degli studenti di scuola superiore; un sistema di valutazione serio per i migliori cervelli; un piano che premi le migliori scuole». Ma ormai il decreto scuola è in dirittura d’arrivo e non c’è più tempo per apportarvi modifiche: il provvedimento approderà in Senato martedì 5 novembre e dovrà uscirne con il via libera definitivo entro l’11, pena la decadenza.

Fonte: Corriere della Sera

 

Sulla monetizzazione delle ferie non godute per l'a.s. 2012/13 la partita potrebbe non essere chiusa. I Dirigenti Scolastici stanno ottemperando in questi giorni all'applicazione della nota Mef del 4 settembre, secondo cui per quantificare le ferie da pagare ai supplenti bisogna detrarre i giorni di sospensione delle lezioni. Secondo il sindacato Anief è ancora possibile intervenire per ottenere il pagamento dell'intero periodo.

ANIEF infatti reputa che questa scelta del Ministero dell'Economia, derivante da un'interpretazione estrema dell'art. 54 della Legge n. 228/12, sia in palese contrasto con la Direttiva Comunitaria n. 2033/88, oltre che con la giurisprudenza nazionale, secondo la quale, al fine dalla quantificazione corretta dei giorni di ferie da assegnare ad ogni lavoratore non di ruolo, va necessariamente computato l'intero periodo lavorativo svolto. Fermo restando che in tutti quei casi in cui i giorni di ferie non sono stati fruiti, queste vanno necessariamente quantificate e pagate secondo la formula della modalità sostitutiva.

Anche i giorni di sospensione delle lezioni incidono, dunque, sulla quantità delle ferie da monetizzare ai supplenti temporanei in servizio nell'anno scolastico 2012/13.

“Quanto indicato dal Mef alle ragionerie dello Stato - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - non solo appare in evidente contrasto con il dispositivo previsto in Europa. Ma anche con le varie decisioni assunte dal giudice nazionale su casi simili: in passato, ad esempio, è stato stabilito che non si può ridurre il monte ore delle ferie da far percepire ai lavoratori della scuola sottraendo dal computo il numero di giorni che il dipendente ha passato nello stato di malattia. Ora, per estensione, lo stesso ‘metro', va applicato a coloro che al termine dell'anno scolastico chiedono all'amministrazione - conclude Pacifico - di veder monetizzare i propri giorni di ferie non godute”.

Per questo motivo, ANIEF ha predisposto a beneficio dei propri iscritti una procedura di diffida che potrà essere attivata da tutti coloro che non hanno ancora ricevuto il pagamento delle ferie non fruite nello scorso anno scolastico, ma anche da coloro che hanno subito la decurtazione del pagamento a causa dello scorporo dei giorni di sospensione delle lezioni.

Per attivare la procedura leggi il comunicato

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"Anche la Camera dei Deputati delude le aspettative del personale precario della scuola". E' quanto afferma l'Anief, commentando l'approvazione del decreto legge n. 104 che, tra le altre novità, prevede l'assunzione di 60 mila precari ma "a costo zero" e in tre anni. L'organizzazione sindacale lamenta che "alla scarsità di posti vacanti e disponibili, visto che sarebbero quasi il doppio quelli che si sarebbero dovuti accordare, si è aggiunta oggi la grave decisione di non accompagnare il provvedimento con un'adeguata copertura finanziaria.

Al contrario di quanto accadde l'ultima volta, nel 2006, a tutti i docenti che verranno assunti nel triennio 2014-2016, si chiede di rimanere fermi allo stipendio base, senza progressioni di carriera, equiparando per ben 8 anni consecutivi la loro busta paga a quella dei precari". "Siamo di fronte ad un ricatto e a uno sfruttamento lavorativo - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - al quale nessun cittadino europeo dovrebbe essere sottoposto. Secondo quanto indicato dall'Unione europea, infatti, le necessità legate ai finanziamenti statali non possono essere considerate imperative, perché violano chiaramente il diritto all'equo stipendio dei lavoratori. Questo decreto, inoltre, delude le attese riguardanti i portatori di handicap".

"Sempre tra i punti approvati dalla Camera, infatti, si prende atto della rimodulazione del numero di alunni con disabilità e della necessità di incrementare del 30% l'organico di diritto dei docenti di sostegno. Anche in questo caso, però, si poteva fare molto meglio perché per gli alunni con disabilità ci saranno meno garanzie: rimane in vita sia il problema dei tanti posti in 'deroga', con decine di migliaia di docenti a supporto degli alunni portatori di handicap gravi che rimangono precari, sia quello della riduzione del numero di posti di sostegno rivolti - conclude Pacifico - agli alunni con handicap meno gravi". Rimangono infine al palo tutti i 30mila insegnanti precari che lo Stato ha provveduto a selezionare, formare e abilitare, tramite concorso a cattedra o attraverso i Tfa ordinari: non saranno accolti nelle stesse graduatorie dove invece si trovano oggi i loro colleghi precari, allo stesso modo vincitori di procedure concorsuali o formati tramite analoghi percorsi universitari. Con gli emendamenti che avrebbero potuto sanare questa ingiustizia, presentati all'Aula della Camera anche dall'Anief, rigettati, reputati inammissibili o respinti.

Fonte: ANSA

 

La soglia 35/50 alle preselezioni per il concorso a cattedra è illegittima. Lo ha deciso, secondo quanto rende noto l'Anief, il Tar di Trento accogliendo un ricorso promosso dalla stessa associazione.

E' stato "annullato il bando della provincia autonoma laddove riportava il criterio della sufficienza qualificata (35/50) piuttosto che della sufficienza semplice (30/50) per il superamento della prova preselettiva sul modello adottato dal ministero dell'Istruzione a livello nazionale'' spiega l'Anief giudicando "illegittima e irragionevole la scelta dell' amministrazione".

Il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, ricorda di aver "denunciato fin dall'inizio l'illegittimità della soglia utilizzata dall'ex Ministro Profumo e dall'uscente assessore Dalmaso, in particolare la violazione dell'articolo 400, comma 11 del Testo Unico sulla scuola (D.Lgs. 297/94) grazie al quale erano stati emanati i bandi di concorso per immettere in ruolo i futuri insegnanti sia nella Provincia Autonoma di Trento che su tutto il territorio nazionale". "A Trento erano 93 i posti banditi e ora uno di essi dovrà essere attribuito alla sola ricorrente che è riuscita a superare tutte le altre prove scritte e orali dopo essere stata ammessa con riserva grazie al ricorso promosso dall'Anief insieme ad altri aspiranti. La pronuncia dei giudici amministrativi trentini arriva prima di quella dei colleghi laziali, attesa per aprile 2014, sempre su altri ricorsi analoghi patrocinati dal sindacato per oltre 4.000 candidati". 

Fonte: ANSA

 

Il primo sì a Milano e in altre due scuole lombarde. I protagonisti del progetto: «Modello da esportare anche nel pubblico». I dubbi dei sindacati: a rischio 40mila cattedre.

Il liceo in quattro anni ha il via libera del ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza. Maturità con un anno di anticipo. All’università o al lavoro a diciott’anni, come in altri Paesi europei. La sperimentazione è stata autorizzata per tre scuole paritarie, il collegio San Carlo di Milano, il Guido Carli di Brescia e l’istituto Olga Fiorini di Busto Arsizio. La prima maturità «anticipata» sarà quella dei liceali milanesi, il prossimo anno.

SPERIMENTAZIONE - Nell’istituto religioso di corso Magenta il progetto era stato avviato tre anni fa con un primo (parziale) sì del ministro Mariastella Gelmini e poi con l’assenso di Francesco Profumo. Poi era partito a Brescia e in provincia di Varese. Il sì del ministero è arrivato per tutti dopo l’estate.
E in viale Trastevere si dice che il ministro vorrebbe introdurre il modello del doppio biennio anche nei licei statali. Immediata la reazione dei sindacati: «Comprimere il percorso scolastico comporterebbe sul quinquennio la perdita di 40 mila cattedre. E un risparmio di un miliardo e trecento milioni di euro», dice il presidente dell’Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori), Marcello Pacifico.

COME ALL’ESTERO - Intanto la sperimentazione procede. E altre scuole, da Brindisi a Verona, anche statali vorrebbero il via libera del Miur. «A Busto Arsizio ha chiesto l’autorizzazione anche lo scientifico statale Tosi. E il nostro obiettivo è arrivare alle scuole pubbliche», dice il direttore dell’Ufficio scolastico della Lombardia, Francesco de Sanctis. Un percorso di studi ridotto, come l’International Baccalaureate. E come i licei italiani all’estero, che durano quattro anni. Il ministro va avanti. Intanto dal San Carlo il rettore don Aldo Geranzani replica ai sindacati: «L’innovazione non ha impatto sull’organico, né sulle risorse. Nessun taglio, nessuna riduzione, piuttosto un nuovo modo di fare scuola che ci allinea all’Europa». Al Liceo internazionale del collegio milanese oggi sono iscritti cento studenti: due classi prime, due seconde e una terza. «Il livello è alto, svolgiamo gli stessi programmi dei licei italiani, non quelli delle scuole internazionali - assicura il rettore -, ma il metodo è nuovo». Al San Carlo ci sono classi da venti studenti, metà degli insegnanti madrelingua inglese, lavagne luminose e iPad, anche lezioni in videochat per gli studenti in stage all’estero: l’offerta è ricca, ma è una scuola privata, le famiglie pagano rette da novemila euro all’anno. Possibile replicare questo modello nella scuola pubblica? «Il metodo è esportabile anche con meno risorse», sostiene don Aldo Geranzani. «Tanti presidi mi hanno già contattato».

Fonte: Corriere della Sera

 

Non solo CGIL, CISL e UIL, dicono la propria anche UGL e ANIEF. Per i primi "sarebbe stato più opportuno mobilitarsi unitariamente", per i secondo lo sciopero è "inutile e incoerente".

Per Centrella, segretario UGL "sarebbe stato più per far comprendere a Governo e Parlamento quanto essa (la Legge sulla Stabilità ndr) sia iniqua nei confronti di quella fascia della popolazione che più ha sofferto negli ultimi anni, perdendo risorse e diritti, a causa della crisi e di scelte sbagliate di politica economica”.

Ed annuncia la proclamazione “di uno sciopero nazionale di 4 ore su base territoriale con data da definire nei prossimi giorni e che intanto oggi sono state inviate ai Capigruppo di Camera e Senato richieste di incontro per sensibilizzare il Parlamento sugli effetti devastanti della Legge di Stabilità”.

“L’Ugl – conclude il sindacalista – continuerà ad essere disponibile a protestare insieme a quanti condividono le stesse battaglie e difendono gli stessi interessi, perché se il sindacato riesce ad essere tutto unito ha maggiori possibilità di far ascoltare la propria voce e di far invertire la pericolosa consuetudine di far pagare di più a chi ha di meno”.

Diverso tenore le affermazioni di Pacifico, presidente ANIEF.

"Il blocco dei contratti deciso dal Governo è figlio degli accordi sottoscritti dalla maggior parte dei sindacati nel febbraio del 2011: che senso ha opporsi oggi, cavalcando la rabbia dei lavoratori statali che perderanno tra i 4 e i 20mila euro?"

"I sindacati - continua il comunicato - che indicono oggi lo sciopero generale contro la legge di stabilità, che farà perdere ai dipendenti statali 4-5mila euro e ai dirigenti pubblici oltre 20mila euro, dovrebbero mostrare almeno un po' di coerenza: perché nel 2011 avallarono, quasi all'unanimità, l'accordo interconfederale del 4 febbraio 2011, per poi sottoscrivere l’atto di indirizzo successivo all’Aran del 15 febbraio con l'allora ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, che andava a porre le basi per la cancellazione anticostituzionale degli 'scatti' stipendiali?"

E le scelte contenute nel DEF 2013 "non sono altro che la conseguenza di quell'accordo, a sua volta figlio del decreto legislativo 150/09"

Questi sono i motivi per cui lo sciopero proclamato da CGIL, CISL e UIL è, per l'ANIEF, "è inutile e incoerente". L'unica strada percorribile resta il ricorso alla giustizia.

Vedi anche

Blocco contratto, costerà 4-5mila euro lorde. Sindacati indicono sciopero

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il ministro autorizza una scuola paritaria ad avviare la sperimentazione e dice: "Dovrebbe diventare un modello". L'Anief teme che possa aprire la strada a una riforma contestata. E potrebbero far gola al governo i possibili 1.380 milioni di risparmi.

Si ritorna a parlare del liceo ridotto a quattro anni e ricominciano le polemiche. L'occasione è stata fornita dall'autorizzazione da parte del ministero dell'Istruzione di una sperimentazione in quel di Brescia. A provare la riduzione del percorso di studi liceale da 5 a 4 anni è il liceo internazionale per l'Impresa, Guido Carli, di Brescia, "sponsorizzato" dall'associazione industriale della città lombarda. E l'Anief paventa il pericolo di nuovi tagli al personale della scuola per fare cassa. Già nello scorso mese di marzo l'ex ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, annunciò ai sindacati l'intenzione di avviare una sperimentazione per accorciare il curriculum scolastico - attualmente di 13 anni - che porta al diploma. Ma i rappresentanti dei lavoratori insorsero e il progetto rimase nel cassetto.

Ora arriva l'autorizzazione al liceo Guido Carli da parte del ministro Maria Chiara Carrozza. Ma quello che più preoccupa l'Anief sono le parole dell'inquilino di viale Trastevere che cinque giorni fa ha incontrato una delegazione di studenti e insegnanti dell'istituto bresciano. "Se ci fosse stata quando ero studentessa", ha detto il Ministro Carrozza rispondendo alle domande dei ragazzi, "anch'io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra". E ha poi aggiunto: "Si tratta di un'esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica". Un'idea che preoccupa non poco i sindacati della scuola e non solo per le ripercussioni che si avrebbero sugli organici degli insegnanti.

Un accorciamento del percorso liceale da 5 a 4 anni, nell'arco di un quinquennio, determinerebbe la perdita netta di quasi 40mila cattedre con un risparmio per le casse del ministero di oltre un miliardo e 300 milioni di euro all'anno. Un'ipotesi che allontanerebbe per diverso tempo anche le possibilità di essere immessi in ruolo per decine di migliaia di precari in attesa da decenni di una cattedra fissa. Per Marcello Pacifico questa "sperimentazione non riguarda una semplice decurtazione del percorso di un anno, ma anche l'avvio di una metodologia che punti ad una didattica per competenze, laboratoriale e integrata. Il tutto con lo scopo di accorciare i tempi di apprendimento e consentire di ammortizzare la mancanza del quinto anno".

Secondo il rappresentante dei lavoratori, "l'obiettivo cui punta il ministero è quindi più che evidente: creare un precedente, per il quale nella prossima estate non potranno che essere tessute le lodi, per puntare dritto alla soppressione di 40mila cattedre. Già il Governo Monti - continua Pacifico - aveva quantificato un risparmio nazionale, attraverso la sparizione di altrettanti docenti oggi impegnati nelle classi quinte di tutte le superiori d'Italia, pari a 1.380 milioni di euro". Un tentativo che "fu fatto proprio da quel governo, prima tentando un improbabile sondaggio sulla riduzione di un anno della scuola secondaria superiore e successivamente provando a portare a 24 ore l'orario di insegnamento settimanale di tutti i docenti".

Le ipotesi per accorciare a 12 anni l'attuale curriculum di 13 anni - 5 di scuola primaria, 3 di scuola media e 5 di liceo o istituto tecnico o professionale - erano due: anticipare l'inizio della scuola primaria a 5 anni per tutti i bambini italiani oppure accorciare di un anno il percorso delle superiori. Ma anche la prima ipotesi è stata scartata dai pedagogisti più illustri che mettono in guardia dalle facili soluzioni in ambito didattico. Un anticipo generalizzato a tutti i bambini della scuola primaria potrebbe contribuire ad aggravare la già pesante situazione della dispersione scolastica italiana. Ne sanno qualcosa le insegnanti di scuola materna ed elementare che spesso si scontrano con le decisioni dei genitori di utilizzare l'anticipo scolastico avviato dalla Moratti.

Fonte: Repubblica

 

Lo ha fatto sapere Giancarlo Galan (Pdl) , presidente della Commissione Cultura di Montecitorio: colpa dell'ingente numero di emendamenti presentati. Anche perché per giustificarne l’esclusione occorrono motivazioni valide, che non si possono improvvisare. Cresce però ora il rischio che il testo venga blindato.

I tempi per l’approvazione del D.L. scuola si allungano. L'Aula della Camera li avrebbe dovuti esaminare martedì 22 ottobre. Poi la data è slittata di un paio di giorni, a giovedì 24. Ora, Giancarlo Galan (Pdl) , presidente della commissione Cultura di Montecitorio, ha chiesto uno spostamento ulteriore in avanti. Quel che preoccupa è che la discussione è posticipata a data da destinarsi. Un differimento dell'inizio dell'esame del testo non previsto, che Galan ha giustificato "in considerazione dell'ingente numero di emendamenti presentati". La Commissione Cultura della Camera, in pratica, chiede più tempo.

Anche perché per motivare le tante bocciature delle richieste di modifiche al decreto bisogna esaminare a fondo le carte. Il rischio ricorsi (a riammettere la discussione dei provvedimenti) è dietro l’angolo. Con il risultato di rendere ancora più difficoltosa la conclusione dell’iter che porta gli emendamenti all’esame dell’Aula.

Quanto sta accadendo a quelli dell’Anief è davvero significativo. “La VII Commissione – ha scritto l’associazione sindacale il 18 ottobre - vota l’emendamento del PD 12.11 sull’accordo in Conferenza unificata per i criteri di determinazione degli organici dei dirigenti-dsga e reputa assorbiti gli emendamenti 12.3/12.9 che avrebbero salvato le scuole montane o nelle piccole isole. Respinto anche il ripristino dell’autonomia cancellata a 1.700 scuole da una norma (art. 19, c. 4, L. 111/11) a sua volta cancellata dall’ordinamento (sentenza n. 147/12 Consulta)”.

Poi ci sono i restanti emendamenti, ancora da esaminare: quelli “per personale scolastico e AFAM (artt. 15 e 17) in votazione la prossima settimana”. E quelli che, seppure in casi davvero particolari, la Camera potrebbe anche recuperare. Non a caso, sempre l’Anief “chiede ai parlamentari di presentare in Aula emendamento riformulato su inserimento in Gae di abilitati TFA e idonei Concorso”.

Insomma, la linea prevalente rimane quella di modificare il decreto il meno possibile, in molti casi per mancanza di copertura finanziaria delle modifiche richieste. Ora però si fa largo anche un altro rischio: che alla fine il testo arrivi a Montecitorio blindato.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Ricerca nell’area Ocse delle competenze relative al sapere 'leggere, scrivere e far di conto'; preoccupate reazioni ai risultati dell’indagine che conferma l’Italia in fondo alla classifica internazionale; insegnanti di sostegno e risorse impegnate; una quinta liceo di Genova sceglie in blocco di non svolgere l’ora di religione cattolica.

Ascolta la rubrica del 13 ottobre 2013

 

Sferzata del presidente Napolitano ai governanti degli ultimi anni per aver attuato tagli alla cieca sull’istruzione pubblica italiana; soddisfazione del ministro Carrozza per l’approvazione del Decreto sulla Scuola; modifiche che associazioni e sindacati stanno cercando di far attuare al decreto; difficoltà ad assumere i 20mila docenti precari che si sono abilitati con il Tfa.

Ascolta la rubrica del 29 settembre 2013

 

La Commissione Istruzione sta attuando la “scrematura”, con l’eliminazione delle modifiche inammissibili. Proteste del M5S, che si è visto negare dal presidente Galan (PdL) l’esame di 50 emendamenti su 163: come si fa a dire che classi ‘pollaio’ e latino falcidiato nei licei non sono attinenti? Tante le richieste fatte pervenire dell’Anief, tra cui l'approdo dei neo-abilitati nelle GaE. I timori del Ministro: alcune sono preoccupanti.

Il Decreto Legge sulla Scuola entra nel vivo. La Commissione Istruzione del Senato sta infatti provvedendo alla prima “scrematura” dei tanti emendamenti presentati sul testo approvato lo scorso 9 settembre dal Consiglio dei Ministri, prima di approdare in Gazzetta Ufficiale il 12 dello stesso mese.

Se è ancora presto per fare un resoconto sul destino delle modifiche richieste da tante parti in causa (oltre al mondo politico, hanno presentato emendamenti diversi sindacati e associazioni di categoria), dalle parole del ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, pronunciate il 14 ottobre a margine dell'iniziativa, sempre in Senato, “La memoria e l'immagine - La scuola”, si comprende che l’attenzione per i provvedimenti legislativi sulla scuola è davvero alta.

Dopo aver annunciato l’intenzione di comporre “un gruppo di giuristi, per ricostruire un percorso delle leggi che hanno fatto la scuola, anche di quelle parzialmente attuate, per valutare l'impatto di tutti i provvedimenti”, Carrozza sul decreto istruzione ha detto che “stiamo discutendo: ora stiamo valutando gli emendamenti. Stamattina c'era l'ammissibilità e iniziamo la discussione credo stasera in commissione Istruzione”, ha aggiunto. Per poi concludere: alcuni “sono più preoccupanti altri meno, ne stiamo discutendo. Penso sia corretto lasciare alla commissione Istruzione il dibattito nel rispetto dei ruoli. Il mio compito è dare il parere del Governo”.

E quello che la Commissione di Palazzo Madama sta assumendo è un ruolo tutt’altro che marginale: il presiedente, Giancarlo Galan (PdL), si è già pronunciato sulle richieste considerate inammissibili. Tra queste ve ne sarebbero addirittura 50, su un totale di 163, presentate dal M5S: non verranno neppure discusse in Commissione Istruzione. Su molte delle dichiarazioni di inammissibilità il M5S ha presentato altrettanti ricorsi, che però sono stati respinti.

Ai grillini bruciano, in particolare, le bocciature del testo che riguardano classi ‘pollaio’ e aumento delle ore di latino: “solo la scorsa settimana – dice la deputata Silvia Chimienti - è stato approvato in aula un decreto sul femminicidio che conteneva provvedimenti in materia di province e di militarizzazione dei territori a rischio (TAV). E oggi vengono a raccontarci che la questione delle classi pollaio non ha a che vedere con l'art. 4 del decreto che parla di tutela della salute nelle scuole! O ancora, rendono inammissibile l'emendamento all'art. 5 (potenziamento dell'offerta formativa) per ripristinare le ore di latino falcidiate dalla Gelmini nei licei, dicendo che non è materia disciplinata dal decreto... Forse – conclude Chimienti - abbiamo sbagliato noi a presentare emendamenti attinenti alla scuola in un decreto che si chiama ‘decreto scuola’”. Per poi lanciare la stoccata finale: “di fronte a questi giochi procedurali e all’utilizzo di cavilli pretestuosi, è evidente che manca la volontà politica di far ripartire sul serio l’istruzione pubblica del nostro Paese, e che le parole altisonanti di Letta e del Ministro Carrozza sono semplici proclami”.

Ma tra gli emendamenti al D.L. 101 vi sono anche, come dicevamo, quelli dei sindacati (presentati comunque tramite esponenti che siedono in Parlamento). L’Anief, che ha presentato un lungo elenco di modifiche riguardanti precariato, dimensionamento, Afam, GaE, concorso, Tfa, Pas, Sfp e neo-assunti, sostiene che “è giunto il momento che la politica si assuma le sue responsabilità e ristabilisca le regole del diritto senza più demandare tale compito ai tribunali. La sensibilità mostrata da quasi tutti gli schieramenti al dibattito animato dall’Anief in audizione dimostra che c’è una maggioranza in Parlamento sensibile al mondo della scuola”.

Tra gli emendamenti del sindacato autonomo ve ne sono alcuni che avrebbero un’incidenza immediata sull’organizzazione scolastica. Ad iniziare dalla deroga per l’assegnazione del dirigente e del Dsga con 300 alunni per le scuole situate in piccole isole, comunità montane, specificità linguistiche prevista dal DPR 233/98. Ma anche il ripristino dell’autonomia scolastica delle 1.700 scuole elementari, materne e medie sottodimensionate a causa della legge 111/11.
Non poteva mancare, tra le richieste dell’Anief, il capitolo precari: il sindacato di Marcello Pacifico ha chiesto, a tal proposito, l’inserimento degli abilitati del TFA/SFP e degli Idonei del Concorso nella terza fascia delle GaE. E il contestuale inserimento nella fascia aggiuntiva dei futuri abilitati con il PAS e con il nuovo TFA ordinario. Inoltre, vorrebbe la validità delle graduatorie di merito fino a concorso successivo. C’è poi la richiesta, tramite alcuni deputati di Scelta Civica, di garantire la distribuzione degli organici di sostegno entro il 2015/16 nel rispetto degli organici attivati a livello regionale nell’a.s. 2005/06, al fin di superare l’attuale disomogeneità. Tramite il M5S, l’Anief ha chiesto, infine, di cancellare il testo sulla formazione obbligatoria (peraltro da attuare solo in casi particolari, derivanti anche dai pessimi risultati degli alunni ai test Invalsi).

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Se i giudici sovranazionali dovessero dire sì all’assunzione del personale della scuola italiana con 36 mesi di servizio, superando la Legge 106/2011, per molti si aprirebbero le porte del ruolo. Marcello Pacifico (Anief): finalmente tanti docenti e Ata troveranno giustizia nei tribunali, perché è impossibile aggirare il diritto dell’Unione.

Si torna a parlare dell’assunzione dei precari “storici” della scuola. Quelli, per intenderci, con almeno tre anni di supplenze svolte. Secondo una stima fornita il 13 ottobre dal quotidiano ‘Il Messaggero’, sarebbero almeno 20mila (poi ce ne sono circa altri 100mila, che vantano periodi di servizio inferiori). Ebbene, per loro, docenti in maggioranza ma anche tanti Ata, si sta avvicinando un pronunciamento storico: quello della Corte di Giustizia di Lussemburgo. A sollecitarlo, la scorsa estate, è stata anche la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 207/13, depositata il 18 giugno 2013, che ha rimesso ai giudici di Lussemburgo la questione sulla compatibilità della normativa italiana con la direttiva comunitaria in tema di reiterazione dei contratti a termine e assenza di risarcimento del danno per i precari della scuola. Sotto accusa è l’aggiramento in Italia della direttiva comunitaria 1999/70/CE, che da quasi tre lustri non ammette deroghe sulle assunzioni a tempo determinato per i precari con almeno 36 mesi di servizio, avvenuto attraverso il Decreto Legge 70/2011, convertito nella Legge 106 del 12 luglio 2011. E pensare che un anno prima, nel 2012, la Cassazione sembrava aver chiuso i giochi, sostenendo che la norma nazionale era chiara e che fosse quindi inutile rivolgersi ad un corte internazionale super partes per sanare possibili conflitti con la norma comunitaria. Ma poi la Consulta ha riaperto le speranze dei precari italiani. E spostato la partita in Europa. Dove, tra l’altro, la Commissione del vecchio Continente ha già sollecitato Lussemburgo, per avere una risposta definitiva su quattro ricorsi pendenti presso il tribunale di Napoli.

“Si tratta di un momento storico – dichiara al ‘Messaggero’ Marcello Pacifico, presidente dell’associazione sindacale Anief – perché le se le osservazioni della Commissione Ue saranno accolte della Corte di Giustizia, migliaia di precari troveranno giustizia in tribunale e si porrà fine alla precarietà”. Nel caso il tribunale di Lussemburgo dovessero dare ragione ai ricorrenti italiani, per i giudici italiani non ci sarebbe più possibilità di scelta: “il giudice nazionale – tiene a sottolineare Pacifico – ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni che contrastano con la legge nazionale”. Con la L. 106/2011 che andrebbe in soffitta senza essere abrogata. Dando il via libera all’immissione in ruolo, con tanto di risarcimenti danni, inizialmente ad almeno 20mila precari. Con altre diverse decine di migliaia pronti a rivendicare la stessa sorte. Ecco perché l’attesa per la decisione della Corte di Lussemburgo si fa sempre più colma di significato.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

La decisione, che riguarda solo docenti e Ata che hanno presentato ricorso, permette di superare la normativa vigente che prevede di conteggiare per intero solo i primi quattro anni di servizio precedente all’immissione in ruolo: ai dirigenti incaricati dei conteggi viene indicato anche come risarcire il “danno”. Decisive le sentenze dei Tribunali del lavoro che hanno riconosciuto l’esistenza dell’abuso della contrattazione a tempo determinato. Esulta l’Anief.

Buone notizie per gli assunti nella pubblica amministrazione: la direzione generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto ha inviato una comunicazione agli Uffici Scolastici Territoriali e ai dirigenti scolastici responsabili delle ricostruzioni di carriera, attraverso cui indica di riconoscere per intero il periodo di pre-ruolo. Anche se il conteggio totale (oggi previsto solo per i primi 4 anni di servizio pre-ruolo, successivamente si considerano utili solo i due terzi) dovrà essere adottato “esclusivamente nei confronti dei ricorrenti vincitori in sede giudiziale”, si tratta di un importante riconoscimento. Che giunge a seguito di quanto stabilito dai Tribunali del lavoro che “in alcune sentenze – si legge nella comunicazione dell’Usr per il Veneto - hanno riconosciuto l’esistenza dell’abuso della contrattazione a tempo determinato, condannando l’Amministrazione al risarcimento del danno, consistente in una sorta di ricostruzione della carriera, da determinarsi come se i contratti stipulati fossero stati tutti ex tunc a tempo indeterminato”.

Nelle indicazioni agli UU.SS.TT., l’Usr per il Veneto comunica anche che l’ammontare del riconoscimento economico da assegnare a docenti e Ata che hanno presentato ricorso deve scaturire dalla “differenza tra quanto effettivamente percepito dal lavoratore e quanto lo stesso avrebbe percepito qualora fosse stato da subito inquadrato quale lavoratore a tempo indeterminato. In pratica, si dovrà operare come se fossero stati ‘di ruolo’ fin dall’inizio, attribuendo le cosiddette ‘posizioni stipendiali’ previste dal CCNL comparto scuola per il personale ATA e per il personale docente alle varie scadenze degli ‘scaglioni’, cioè ad anni 3, anni 9 ecc.”.

La comunicazione dell’Usr per il Veneto è stata immediatamente commentata dall’Anief, il sindacato che ha presentato diversi ricorsi sulla questione. “In base a quanto è stato finalmente acclarato dai giudici italiani, che non potevano non tenere conto del pronunciamento favorevole da parte della Corte di giustizia europea, - sostiene il sindacato autonomo - questo trattamento deve essere obbligatoriamente adottato. Perché non vi è alcuna ragione oggettiva che giustifichi ancora una disparità di trattamento tra lavoro a termine e quello svolto dopo l’assunzione in ruolo”. Sempre l’Anief rileva che la disposizione dell’Usr veneto risulta “particolarmente vantaggiosa per coloro che hanno un congruo numero di anni di supplenze alle spalle”.

Il sindacato guidato da Marcello Pacifico, infine, con un secondo comunicato fa sapere che la Corte d’Appello di L’Aquila – presso cui il Miur aveva proposto appello avverso due sentenze favorevoli ottenute proprio dall’Anief – ha emesso “due sentenze di identico tenore in cui ribadisce “il diritto alla medesima progressione economica spettante ai docenti di ruolo”: in pratica, per il sindacato autonomo “il Ministero, non volendo riconoscere ai precari il medesimo trattamento economico attribuito al personale a tempo indeterminato, attua una disparità di trattamento illegittima e non giustificata”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Tornate a valorizzare gli insegnanti. È l’appello che le associazioni dei docenti rivolgono alle istituzioni in occasione della Giornata mondiale dell’insegnante che si è celebrata ieri in più di 100 Paesi con iniziative e convegni. L’Unesco stabilì questa giornata nel 1994, proprio per commemorare la firma della Raccomandazione sullo status degli insegnanti.

Raccomandazione redatta a Parigi, il 5 ottobre del 1966, da una speciale conferenza intergovernativa convocata dall’Unesco. «Non possiamo dimenticare le ‘tare’ con cui ormai si devono confrontare quotidianamente gli 800 mila professionisti dell’educazione del nostro Paese, sempre più osteggiati e messi in discussione: si sono sensibilmente ridotti di numero, in tanti sono avanti negli anni e costretti a lavorare loro malgrado, tutti sono sottopagati», ha sottolineato Marcello Pacifico, presidente Anief, uno dei sindacati dei docenti.

Per Pacifico «anche per colpa di una società che svilisce tutte le forme di sapere e di cultura, oggi più che mai il ruolo educativo di chi insegna è sempre più in discussione». Per questo l’Anief chiede alle istituzioni di invertire la tendenza, «tornando finalmente a valorizzare gli insegnanti italiani». La Giornata mondiale dei docenti si è trasformata in un momento emblematico per sottolineare il contributo vitale dei professori nell’ambito della formazione e dello sviluppo dell’individuo.

Continua il responsabile dell’Anief: «Il sindacato non può fare a meno di soffermarsi sull’azione distruttiva che, in particolare negli ultimi cinque anni, i nostri governanti hanno perpetrato nei loro confronti: 40 anni fa l’insegnante risultava tra le professionalità più rilevanti nella considerazione sociale e delle famiglie italiane. In molti casi rappresentava l’unica presenza tangibile dello Stato in zone povere ed emarginate. I tagli agli organici e le riforme attuate dal 2007 hanno via via ridotto il personale. I giovani docenti sono aumentati e il rapporto di lavoro si è sempre più precarizzato: piuttosto che assumere in ruolo, come indicato dall’Ue con una chiara direttiva del 1999, si è scelta la strada del licenziamento e della riassunzione a oltranza. Perfino la maggior parte dei vincitori dell’ultimo concorso a cattedra è composta da ultra 35enni». Nel frattempo i Cobas della scuola hanno indetto uno sciopero generale per il 18 ottobre.

Fonte: Corriere della Sera

 

“Mi sono abilitata nel 2000 e nel 2002 ho cominciato a lavorare. Primo incarico: otto giorni di sostituzione in un paesino della provincia Bresciana. Per me che venivo da Salerno i soldi che ho preso non sono bastati nemmeno per pagarmi il soggiorno di quella settimana”. La storia di Anna è comune a tantissimi insegnanti che lavorano in Lombardia. Come lei, molti neo abilitati alla professione hanno dovuto abbandonare la loro città nel Sud Italia e tentare la sorte al Nord.

Fonte: Tiscali notizie

 

 

Ora c'è anche il via libera della VII Commissione Cultura della Camera all'intenzione del Governo di cancellare gli scatti di anzianità del personale della scuola in occasione del rinnovo del contratto di categoria. Lo rende noto l'Anief aggiungendo che soltanto i deputati di Sel e del M5S si sono opposti.

"Nel Def viene esplicitato - sottolinea l'associazione - che 'la valorizzazione del personale docente passa per la definizione di nuove modalità di sviluppo di carriera dei docenti stessi, con l'avvio di un sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato a una progressione di carriera, svincolata dalla mera anzianità di servizio'. Ci sono poi altri importanti segnali, tutti indirizzati verso la stessa meta: nel Decreto Legge 104/2013 si conferma, infatti - fa notare - la volontà di congelare l'anzianità di servizio maturata dai neo-assunti per realizzare gli obiettivi di invarianza finanziaria. E proprio oggi il Ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, ha detto che serve il 'rinnovo contrattuale per gli insegnanti: una nuova forma di contratto, che per molti è un tabù', facendo intendere il suo assenso al nuovo modello governativo".

"A questo punto - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - è evidente la volontà politica di abbandonare la strada degli aumenti per anzianità e intraprendere, in corrispondenza della scadenza del blocco del rinnovo del contratto, quindi a fine 2014, la strada che porterà agli incrementi stipendiali riservati a una ristretta cerchia di dipendenti particolarmente meritevoli". "Così, dopo aver privatizzato il rapporto di lavoro del pubblico impiego, si compie un altro passo verso la perdita dei diritti dei suoi lavoratori" continua Pacifico facendo notare che "già oggi a fine carriera un docente percepisce quasi 10.000 euro in meno. E che la maggior parte del personale della scuola, dopo cinque anni di blocco imposto agli statali, continuerà a percepire uno stipendio sempre più vicino alla soglia di povertà".

Fonte: Ansa

 

Secondo l'organizzazione internazionale, gli adulti del Belpaese sono in fondo alla classifica europea che stima la capacità e preparazione letteraria e matematica di 24 paesi europei. Il ministro: a preoccupare maggiormente è la condizione dielle donne e dei neet, i giovani che né studiano né lavorano.

ROMA - Cittadini italiani in fondo alla classifica sui saperi essenziali per orientarsi nella società del terzo millennio. E in Italia, si ritorna a parlare di analfabetismo funzionale. Non importa, in altre parole, se gli italiani sanno tecnicamente leggere, scrivere e far di conto. Ma l'uso che sono in grado di fare delle informazioni che possono acquisire anche attraverso le tecnologie digitali. Nell'ultima classifica stilata dall'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), e diffusi oggi dall'Isfol, sulle competenze principali degli adulti il nostro Paese figura all'ultimo posto. Ci piazziamo in fondo alla classica - ultimi tra 24 paesi - per competenze in lettura e al penultimo posto sia per competenze in matematica sia per capacità di risolvere problemi in ambienti ricchi di tecnologia, come quelli delle società moderne.

L'ANALISI DI TITO BOERI

Una maglia nera che preoccupa la politica e che fa il paio con gli scarsi risultati dei quindicenni italiani nei test Ocse-Pisa in lettura, matematica e scienze. "I dati dell'Indagine PIAAC (Programme for the international assessment of adult competencies) dell'Ocse sono allarmanti e impongono un'inversione di marcia", dichiarano Enrico Giovannini e Maria Chiara Carrozza, rispettivamente a capo del dicastero del Lavoro e delle politiche sociali e del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. "Desta particolare preoccupazione - continuano - la condizione dei cosiddetti Neet, giovani che né studiano né lavorano: l'abbandono precoce dei percorsi di formazione rischia di pregiudicare il loro futuro, i dati Ocse lo dicono chiaramente".

"Così come - concludono i due membri del governo Letta - è evidente che in Italia c'è un capitale femminile sottoutilizzato sul piano professionale, uno spreco di risorse e talenti che il nostro Paese non può più permettersi". Ma quali sono le competenze indagate dall'Ocse? E a quale livello siamo in Italia? Per quanto riguarda la literacy proficiency, gli esperti parigini hanno preso in considerazione le capacità degli adulti di età compresa fra i 15 e i 65 anni "di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità".

Una competenza che prescinde dalla semplice capacità strumentale di leggere e scrivere. E in un mondo che utilizza ormai dati, tabelle e grafici per illustrare tantissimi aspetti della vita comune - dallo spread che, ci dà indicazioni sulle condizioni della nostra economia, alle previsioni del tempo - non sapere "accedere, utilizzare, interpretare e comunicare le informazioni numeriche", la numeracy proficiency , si trasforma in un gap considerevole per i cittadini italiani alle prese con una delle più gravi crisi del mercato del lavoro degli ultimi trent'anni. Nel Belpaese arranchiamo anche per capacità dell'uso delle tecnologie digitali e quelle offerte dalle reti internet "per acquisire informazioni, comunicare e svolgere compiti pratici".

Oltre un quarto degli italiani, il 28%, si piazzano a livello più basso, o addirittura al di sotto di tale livello, per competenze in Lettura. Percentuale che scende al 15% nei paesi Ocse e al 12% in Norvegia. Quasi un terzo della popolazione che leggendo un libro o qualsiasi altro testo scritto riesce ad interpretare soltanto informazioni semplici. Stesso discorso quando occorre confrontarsi con dati, tabelle e grafici. Gli italiani che si piazzano ai livelli più bassi - al primo livello o sotto il livello più basso - sono addirittura 32%. In Spagna che ci contende il gradino più basso sono il 31 per cento abbondante. La Finlandia si piazza al secondo posto col 13 per cento e il Giappone è in testa con appena l'8 per cento di adulti con scarse competenze matematiche.

"La clamorosa bocciatura emersa oggi dal rapporto Ocse-Isfol - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - conferma quello che il sindacato sostiene da tempo: occorre prima di tutto agire con urgenza per rendere obbligatoria la frequenza della scuola sino alla fine delle superiori. Poi è indispensabile restituire ai nostri allievi quel 10 per cento di tempo scuola sottratto nell'ultimo con le riforme Gelmini e infine - continua il sindacalista - invertire il trend dei cosiddetti Neet, quei 2 milioni e mezzo di giovani che vivono le loro giornate senza studiare né lavorare".

Fonte: Repubblica

 

Quanti sono i precari nella scuola, nella sanità, nei ministeri e negli enti? Secondo l'agenzia governativa Aran 317mila. Ma per la Cgia di Mestre sono almeno un milione perché mette nel conto tutte le figure non stabili. A partire da i "liberi professionisti" che sono invece dei dipendenti mascherati. Il governo ha messo in cantiere nuovi concorsi con posti riservati. Ma la Consulta ha mandato ai giudici europei tutta la questione dei lavoratori atipici perché un decreto Ue, recepito dall'Italia, prevede la stabilizzazione dopo tre anni.

ROMA - Vittorio ha vinto il concorso della scuola bandito nel lontano 1990 e da allora aspetta di essere assunto. Già, perché la graduatoria del suo concorso è miracolosamente ancora in vigore. Ogni anno, si reca in Provveditorato sperando che sia finalmente arrivato il suo turno. Ma poi se ne torna a casa e continua ad aspettare. Nel frattempo, la sua barba si è imbiancata e i suoi capelli sono diventati più radi: ventitré anni di attesa per un posto che sembrava a portata di mano sono troppi in qualsiasi paese. Oggi, ha 54 anni e aspetta sempre. Nel 1990, alla sua età si poteva andare in pensione, Vittorio non solo non ci è andato, ma non è stato neppure assunto. E ancora aspetta.

Senza lavoro sull'orlo della pensione. Stesso destino per Giuseppe Scaglione, anche lui di Palermo, che di anni ne ha addirittura 62 ed è in lista per essere assunto come professore di Costruzioni dal lontanissimo 1988, lo scorso millennio. Quando il suo nome comparve per la prima volta nelle graduatorie degli insegnanti precari, il muro di Berlino era ancora una ferita sul Vecchio continente, mentre adesso frotte di turisti affollano il checkpoint Charlie per le foto ricordo. Due storie, quelle di Vittorio e Giuseppe, che sembrano l'esatto paradigma del precariato lavorativo italiano: uno status che, per definizione, dovrebbe essere temporaneo si trasforma in una situazione quasi perenne. Come accade in alcuni Comuni siciliani, dove ci sono precari da 18/20 anni che reggono interi settori strategici. Oppure infermieri, personale tecnico e anche qualche medico precari nella sanità da 15 anni. O gli stagionali tra i vigili del fuoco.

Chi va considerato precario. Ma quanti sono i precari pubblici nel nostro Paese? Secondo l'Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni), i precari del pubblico, sono - dato del 2011 - poco meno di 317mila, secondo la Cgia di Mestre, (l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese che produce ricerche sullo stato del Paese) sono invece tre volte di più: quasi un milione. Troppi? Il fatto è che si può essere precari anche da liberi professionisti, spiegano da Mestre. L'esercito delle cosiddette partite Iva spesso nasconde una sacca di precariato involontario: se vuoi lavorare, devi farlo alle nostre condizioni. Per la Cgia di Mestre vanno considerati come precari i lavoratori dipendenti con contratto a termine involontari, quelli cioè che lavorerebbero a tempo indeterminato se venisse data loro la possibilità di farlo: i lavoratori part-time involontari, ma anche collaboratori e liberi professionisti che presentano contemporaneamente tre vincoli di subordinazione (un solo committente, imposizione dell'orario di lavoro e utilizzo dei mezzi dell'azienda). Ed è difficile eccepire visto che le tre condizioni sono tipiche del lavoro subordinato.

Dieci milioni senza certezze. Analizzando i dati dell'Istat, ci si accorge che su oltre 22 milioni di lavoratori italiani - dato del mese di luglio del 2013 - soltanto il 53,6 per cento - poco più di 12 milioni - lavora stabilmente e a tempo pieno, Il resto sotto varie forme è precario. Un mondo fluido e mutevole dove è difficile distinguere tra liberi professionisti "per scelta" e involontari, come li definisce l'Istituto italiano di statistica: lavoratori che accettano di lavorare col part-time o con la partita Iva "in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno". Con il Pubblico impiego, lo Stato e gli enti locali, che, anziché promuovere lavoro stabile per garantire sicurezza alle famiglie, attinge a piene mani dall'enorme serbatoio del bisogno di lavoro che, all'articolo 4, la Costituzione sancisce come un "diritto".

Costituzione tradita. "È scandaloso", sbotta Gianni Faverin della Cisl "Se un posto di lavoro non serve più, lo Stato e gli enti locali dovrebbero abolirlo. Se invece è necessario per assicurare un servizio ai cittadini per anni, allora occorre stabilizzare il lavoratore. Non è corretto per lo stesso lavoratore e per la società mantenere un lavoratore precario per anni e anni". La Costituzione all'articolo 97 afferma che "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge" e il decreto legislativo 368 del 2001 - che attua una direttiva europea in materia di contratti a tempo determinato - stabilisce che dopo tre anni di proroghe "il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato", salvo i casi previsti dalla legge. Per questa ragione, su ricorso dell'Anief (Associazione professionale e sindacale della scuola), la Corte costituzionale ha rinviato ai giudici lussemburghesi l'eventuale trasformazione di 200mila rapporti di lavoro nella Pubblica amministrazione da lavoro precario a contratti a tempo indeterminato. Trasformazione che sta alla base della stabilizzazione dei precari. I comparti del Pubblico impiego che sfruttano maggiormente l'enorme sacca di precariato esistente in Italia sono soprattutto: scuola, sanità, enti locali, università e vigili del fuoco. In alcuni casi, come quello degli enti locali, il blocco contenuto nelle ultime Finanziarie impedisce alle regioni di bandire i concorsi. E il precariato "di Stato" lievita.

Un decreto. Secondo l'Aran tra scuola e sanità si contano 170mila precari, mentre la Cgia di Mestre ne conta quasi 515mila. Oltre 57mila per l'Aran, 118mila per la Cgia di Mestre, i precari della Pubblica amministrazione - Stato ed enti locali - oltre 4mila quelli dell'Università e 3mila e 600 i vigili del fuoco, lavoratori specializzati che rischiano la vita ogni giorno e non sono neppure stabili. A fare l'identikit del lavoratore sempre in bilico ci pensano a Mestre: diplomato, meridionale e con uno stipendio medio di 836 euro mensili. Ma adesso arriva il cosiddetto decreto D'Alia che dichiara guerra al precariato. L'intenzione è meritoria: "Viene rafforzato il principio in base al quale" - si leggeva nel comunicato di Palazzo Chigi del 26 agosto "il ricorso al lavoro flessibile nella Pubblica amministrazione è consentito esclusivamente per rispondere a esigenze temporanee o eccezionali: ne deriva che nella Pubblica amministrazione non è consentito sottoscrivere contratti elusivi del reclutamento tramite concorso. Il tutto al fine di evitare, per il futuro, la formazione di nuovo precariato".

Proroga al 2015. Il decreto, per ridurre il precariato nel settore pubblico, percorre due strade: nuovi concorsi riservati a coloro che nell'ultimo quinquennio hanno maturato almeno tre anni di servizio nella pubblica amministrazione; proroga fino al 31 dicembre 2015 delle graduatorie dei concorsi pubblici approvate dal primo gennaio 2008. Buoni propositi. O risposta politica in attesa che si pronuncino i giudici europei.

Fonte: Repubblica

 

Il Ministro, intervistato da RaiNews24, si sofferma sul fatto che la Scuola è una delle istituzioni che deve essere governata meglio, in modo più efficace e senza far prevalere le sovrapposizioni. E sul sostegno occorre maggiore omogeneità.

Continuano le ammissioni da parte delle massime autorità italiane sui limiti del sistema scolastico italiano e sulla impellente necessità di migliorarlo. Dopo le dichiarazioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico al Quirinale, che si è soffermato sui “tagli alla cieca” attuati negli ultimi anni sull’istruzione pubblica, il 30 settembre è toccato al ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza. Nel corso di un'intervista a RaiNews24, il responsabile del Miur si è soffermato sulla necessità di ridefinire il titolo V della Costituzione (un percorso di revisione peraltro avviato da oltre dieci anni ma che sinora non ha prodotto modifiche legislative concrete): la scuola, ha detto il Ministro, "è una delle istituzioni che deve essere governata meglio, in modo più efficace".

Entrando poi nel merito, Carrozza ha dichiarato che "i livelli di governo nella scuola sono diversi, regione, enti locali e Stato, e spesso si tramutano in livelli di burocrazia". Spazio, quindi, a detta sempre del Ministro, ad una forma di governance meno burocratizzata, con gli enti locali che dovranno prendersi maggiori onori e responsabilità al fine di attuare una più efficace gestione del sistema formativo dei cittadini.

Sempre nel corso dell’intervista, il Ministro si é soffermato sulla questione degli insegnanti di sostegno: "c'è il problema - ha ricordato - di far sì che in tutte le scuole ci sia la stessa situazione". I numeri, invece, ci dicono che ad oggi prevale un sensibile squilibrio. Con alcune zone del paese dove il rapporto studenti disabili–docenti specializzati raggiunge standard accettabili; altre zone, invece, dove la carenza di personale di sostegno si fa particolarmente sentire. Evidenti disparità sarebbero però presenti, ha di recente denunciato l’Anief, anche nella tabella di suddivisione ministeriale dei 4.447 insegnanti di sostegno da immettere in ruolo entro questa settimana.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

La rivincita della precaria. È donna, con più di 35 anni e soprattutto già iscritta in una graduatoria a esaurimento e quindi, appunto, precaria. Questo l’identikit-tipo dei nuovi prof che, da quest’anno, salgono in cattedra dopo aver vinto il cosiddetto «concorsone» (oltre 326mila domande) voluto da Francesco Profumo. Un concorso che almeno nelle intenzioni dell’allora ministro avrebbe dovuto svecchiare la scuola italiana.

Così non sarà, stando ai dati diffusi dal ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (il Miur) che ha voluto divulgare una «Operazione trasparenza» sul concorso bandito a settembre dell’anno scorso. Una selezione durissima per arrivare a conquistare uno degli 11.542 posti in palio. Dell’esercito dei candidati, a superare le prove preselettive sono stati nemmeno 95mila aspiranti (94.814). Poi rimasti in 22.607 dopo gli scritti. Di questi, ad oggi, i vincitori sono 8.303, dei quali 3.255 sono stati nominati in ruolo il primo settembre (mentre gli altri dovranno avere la nomina nei prossimi due anni). Solo poco più di ottomila nuovi prof, perché in alcune regioni come la Toscana, il Lazio, la Sicilia, la Calabria e il Veneto, le commissioni sono ancora al lavoro.

Le donne sono in netta prevalenza sui maschi: l’80,9% (6.721) dei nuovi insegnanti. E una su due non è giovanissima visto che supera i 35 anni (il 51%), mentre nemmeno uno su 10 ha meno di 30 anni. Ma i dati statistici confermano che degli 8.303 vincitori ben 5.733 (il 69%) risulta essere iscritto in una graduatoria a esaurimento (le Gae). In realtà i precari hanno dominato la scena sempre, dalle preselezioni.

LA POLEMICA

Il concorso a cattedra? Un «autogol del Miur», commenta l’Anief, il sindacato guidato da Marcello Pacifico. Una «situazione paradossale – aggiunge - Con la preclusione a tutti i laureati negli ultimi 10 anni, il Miur ha creato i presupposti per aggravare, anziché alleggerire, l'età media dei docenti italiani». E sui precari il presidente commenta: «Due assunzioni su tre sono state effettuate su supplenti storici che avrebbero dovuto essere stabilizzati sulla base della direttiva europea».L’età media del corpo docente è uno dei problemi che affliggono la scuola italiana, secondo un report curato dalla Uil e diffuso ieri. La causa di un’età media così elevata è da rintracciare nelle procedure di selezione dei nuovi insegnanti che sono ferme da anni e i tanti precari a cui «scompostamente si è cercato di far fronte con provvedimenti legislativi di immissione tutt’altro che lineari», sostiene Lello Macro, coordinatore dell’ufficio studi e ricerche Uil scuola. Macro punta il dito contro «una ondivaga e assurdamente arzigogolata politica delle abilitazioni all’esercizio della professione docente». Sull’ingresso alla professione, sempre l’Anief ha annunciato di voler ricorrere al Tar dopo che il Miur ha stabilito, che da ora in poi per accedere alle graduatorie per l’insegnamento sarà necessario avere l’abilitazione. «L’operazione ministeriale nel corso degli anni lascerà fuori dalle graduatorie scolastiche centinaia di migliaia di neo laureati», è la denuncia di Pacifico. Che aggiunge: «D’ora in poi anche per fare le supplenze brevi sarà indispensabile l’abilitazione all’insegnamento».

Fonte: Il Messaggero

Il piano di 69mila immissioni in ruolo, varato dal Consiglio dei Ministri, rappresenta una prima importante risposta alle recenti denunce dell’Anief sulla volontà del Governo di voler stabilizzare solo una piccola parte dei precari della scuola: grazie anche ai migliaia di ricorsi depositati presso la Corte di Giustizia Europea, il piano programmatico triennali di assunzioni, inizialmente fissato a 44mila unità, è stato infatti elevato di un terzo. Anche se va nella giusta direzione, non è tuttavia ancora sufficiente.

Ascolta la rubrica del 15 settembre 2013

 

Ha preso il via alla Camera l’esame del decreto sulla scuola approvato lo scorso 9 settembre dal Consiglio dei Ministri. Sul suo esito pesano i possibili ritocchi sull’Iva e sull’estensione dell’Imu alla prima casa: se il Governo decidesse di approvarli, il Pdl minaccia di mandare all’aria i provvedimenti urgenti sull’istruzione.

In particolare, i fondi per l’assunzione dei docenti di sostegno e dei precari. Nel frattempo la VII Commissione della Camera sta valutando le varie proposte di emendamento. Anche sindacali. La Flc-Cgil chiede modifiche al patto di stabilità e la cancellazione dell’articolo sulle scuole all’estero che darebbe il via libera alla stipula di contratti locali per reclutare docenti di discipline italiane.

L’Anief vorrebbe modifiche alle norme sulle graduatorie, sulla formazione degli organici e sul blocco della ricostruzione di carriera per i neo-assunti: sempre l’Anief ha chiesto deroghe al dimensionamento scolastico, di ripristinare i concorsi per ricercatore, di utilizzare un organico funzionale per i professori in esubero e per gli inidonei. E di rimuovere, infine, l’obbligatorietà della formazione per i docenti degli alunni che hanno avuto un giudizio begativo alle prove Invalsi.

Fonte: Online News

 

FLCGIL interviene chiedendo modifiche a patto stabilità e cancellazione dell'articolo sulle scuole all'estero, ANIEF chiede modifiche per Idonei, TFA, PAS, SFP in GaE, precari AFAM, Dimensionamento.

Ieri, prima Galan, poi Brunetta, hanno svelato le intenzioni del PdL relativamente al Decreto istruzione, che ieri ha iniziato il suo percorso parlamentare.

Il percorso del Decreto non sarà facile, sono stati criticati alcuni punti, come l'aumento delle tasse per la copertura finanziaria, l'abolizione del bonus maturità e l'immissione in ruolo dei precari "senza alcuna valutazione preventiva e individuale delle loro qualità professionali", ha affermato Galan.

Su quest'ultimo punto i precari sono andati su tutte le furie. Dimentica, infatti, il Galan che all'interno delle graduatorie ci sono i docenti abilitati tramite SSIS, che sono già stati selezionati in ingresso e hanno affrontato due anni di formazione con esame finale. Ci sono pure i docenti formati tramite i corsi speciali, che hanno alle spalle anni di insegnamento.

Decreto fatto oggetto di critiche anche dalla responsabile scuola del PdL, Elena Centemero, che, se da un lato contraddice il Galan plaudendo al piano triennale di immissioni per i precari (sebbene chieda di pensare anche ai giovani tieffini), dall'altro critica pesantemente le iniziative di salvataggio dei docenti inidonei, avanzando l'idea di utilizzare i soldi per attuare l'assunzione di giovani docenti.

Brunetta da canto suo mostra, senza veli, la volontà di trasformare il Decreto Istruzione in terreno di scontro politico per ottenere il mantenimento dell'abolizione Imu, nonché del blocco dell'aumento dell'Iva, affermando che la scuola è tema caro al PD. Non del PdL? Verrebbe da chiedergli.

Ieri, intanto, è iniziato in VII commissione cultura il dibattito sul Decreto, con la lunga illustrazione, alla presenza del Ministro Carrozza, del testo da parte di Giancarlo Galan, il presidente. Ancora nessun intervento da parte dei parlamentari, ma iniziano già a circolare i primi documenti di richiesta di modifica del testo varato dal Governo.

Così la FLCGIL chiede tre interventi.

Nel primo chiede il non assoggettamento al patto di stabilità oltre che alle aziende speciali e
istituzioni che gestiscono servizi scolastici e per l’infanzia, anche ai costi sostenuti dai Comuni per la gestione diretta delle scuole dell’infanzia e dei nidi da parte degli enti locali.

Nel secondo chiede l'abrogazione del comma 2 dell'Art 9 che prevede la possibilità da parte delle istituzioni e delle iniziative scolastiche statali italiane all’estero di reclutare, anche per le materie curriculari previste dall’ordinamento italiano, personale docente italiano o straniero, con contratto locale.

Nel terzo chiede di consentire consente il non assoggettamento al patto di stabilità anche ai costi sostenuti dai Comuni per l’edilizia scolastica.

Scarica il documento FLCGIL

Altro sindacato che ha reso pubblici gli emendamenti chiesti è l'ANIEF che chiede un intervento più ampio relativamente ad idonei, TFA, PAS, SFP in GaE, precari AFAM, Dimensionamento

Corpose sono in particolare le richieste di intervento in tema di graduatorie ad esaurimento, esse prevedono:

il ripristino della giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie
la cancellazione del vincolo quinquennale per i docenti neo-assunti dal 1° settembre 2013 per le domande di assegnazione provvisoria e di trasferimento
la cancellazione del divieto di spostamento dei titoli dichiarati all’atto dell’aggiornamento
la cancellazione del depennamento dei docenti di ruolo
l’assorbimento della IV con la III fascia e l’inserimento nella terza fascia dei docenti inseriti nelle graduatorie di merito di cui al D.D.G. n. 82 del 24.9.12, dei docenti iscritti ai corsi di Scienze della Formazione a partire dall’a.a. 2008-2009, con riserva se non ancora laureati, dei docenti abilitati con il TFA ordinario, di tutti i docenti in possesso di abilitazione, con riserva dei docenti che conseguiranno il PAS speciale o che si iscriveranno al nuovo TFA ordinario.

Scarica il documento ANIEF

Decreto istruzione, tutto su: immissioni, sostegno dirigenti, IRC, formazione, inidonei, libri, studenti ...

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il clima turbolento a livello politico non aiuta. L’Anief chiede una serie di emendamenti: tra cui la rimozione dell’obbligatorietà della formazione e l’attivazione di un organico funzionale per gli Itp in esubero e per gli inidonei. Una proposta, quest’ultima, che però cozza con la mancanza cronica di fondi.

Non è stato un inizio fortunato quello dell’iter di approvazione del decreto sulla scuola n. 104: i sempre più possibili ritocchi sull’Iva, già in primavera, e sull’estensione dell’Imu anche alla prima casa, hanno scatenato le ira del Pdl. Che minaccia, tramite Giancarlo Galan, presidente della Commissione Cultura della Camera, e Renato Brunetta, capogruppo alla Camera, di mandare tutto all’aria. In particolare, i fondi destinati a sovvenzionare l’assunzione dei docenti di sostegno e dei precari della scuola.

Un’eventualità, questa, che farebbe naufragare i già non entusiastici progetti di immissioni in ruolo triennali. Disegni catastrofici a parte, la VII Commissione della Camera si è messa già al lavoro. Per valutare le varie proposte di emendamento. Anche sindacali.

Come quelle dell’Anief: che chiede di approvare alcune modifiche su graduatorie ad esaurimento e organici, trovare le relative coperture finanziarie per eliminare il blocco della ricostruzione di carriera per i neo-assunti, ripristinare i concorsi per ricercatore e rimuovere l’obbligatorietà della formazione (quindi anche in caso di esito negativo degli studenti nelle prove Invalsi).

L’associazione guidata da Marcello Pacifico chiede poi di utilizzare un organico funzionale per gli Itp in esubero e per gli inidonei. Ora, ammesso che vi sia questa volontà (ma soprattutto la copertura economica), nella modifica di testo si dovrebbe provvedere alla cancellazione dell’art. 15, comma 4 della L. 135/12: andando a cancellare, tramite lo stesso decreto scuola, la mobilità coatta di quel personale che oggi l’Anief vorrebbe che rimanesse a disposizione nelle scuole.

Tra gli emendamenti del sindacato autonomo vi è anche la richiesta di derogare dalla rigide norme sul dimensionamento scolastico (con autonomia e ds che scattano solo sopra i 900 alunni), in tutti quei casi in cui le scuole sono “collocate in zone disagiate del Paese, difficilmente raggiungibile o in Comuni situati in zone montane o piccole isole”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Secondo l'Anief per la quantificazione delle ferie dei supplenti temporanei nell’anno scolastico 2012/13 non possono essere sottratti dal computo i giorni di sospensione delle lezioni. Si tratterebbe di una posizione chiaramente in contrasto con le indicazioni comunitarie e con la giurisprudenza nazionale.

comunicato Anief - Quando sembrava che la questione della monetizzazione delle ferie non godute nell'anno scolastico 2012/13 dal personale precario temporaneo volgesse al termine positivamente, è arrivata un’altra doccia fredda: il Ministero dell'Economia, attraverso la Nota del 4 settembre 2013, ha comunicato alla Ragioneria territoriale dello Stato, dopo il quesito espresso proprio da quest’ultima, che per quantificare le ferie da pagare al supplente occorre detrarre i giorni di sospensione delle lezioni. In base a questa originale interpretazione, bisognerebbe scorporare, ad esempio, i giorni di lavoro effettivamente svolti a scuola dalle vacanze di Natale e di Pasqua, ma anche da ogni eventuale sospensione della didattica per l'organizzazione di attività non prettamente scolastico-formative. Come l’attivazione dei seggi elettorali o lo svolgimento di pubblici concorsi.

Tuttavia, ai consulenti legali dell’Anief risulta che questa scelta del Ministero dell’Economia, derivante da un’adozione estrema dell'art. 54 della Legge n. 228/12, è in palese contrasto con la Direttiva Comunitaria n. 2033/88. Oltre che con la giurisprudenza nazionale. Secondo cui, al fine dalla quantificazione corretta dei giorni di ferie da assegnare ad ogni lavoratore non di ruolo, va necessariamente computato l’intero periodo lavorativo svolto. Fermo restando che i tutti quei casi in cui i giorni di ferie non sono stati fruiti, vanno necessariamente quantificati e pagati (formula della modalità sostitutiva).

Anche i giorni di sospensione delle lezioni incidono, dunque, sulla quantità delle ferie da monetizzare ai supplenti temporanei in servizio nell’anno scolastico 2012/13. “Quanto indicato dal Mef alle ragionerie dello Stato - ribadisce Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - non solo appare in evidente contrasto con il dispositivo previsto in Europa. Ma anche con le varie decisioni assunte dal giudice nazionale su casi simili: in passato, ad esempio, è stato stabilito che non si può ridurre il monte ore delle ferie da far percepire ai lavoratori della scuola sottraendo dal computo il numero di giorni che il dipendente ha passato nello stato di malattia. Ora, per estensione, lo stesso ‘metro’, va applicato a coloro che al termine dell’anno scolastico chiedono all’amministrazione - conclude Pacifico - di veder monetizzare i propri giorni di ferie non godute”.

Dopo il dietrofront del Ministero dell’Istruzione sulle ferie ‘coatte’, che di fatto ha riabilitato quanto disposto dal CCNL sulle ferie dei precari agli artt. 13 e 19, presto potrebbe arrivare anche quello sulla quantificazione dei giorni da monetizzare. Ma per far valere questo diritto è necessario ricorrere al giudice del lavoro: tutti coloro che desiderano ricevere supporto sindacale per un’eventuale impugnazione possono inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Fonte: Orizzonte Scuola

 

È questo in sintesi il contenuto della sentenza del Tar del Lazio sul concorso a dirigente scolastico. Una sentenza storica che chiude il contenzioso promosso da Anief e il cui significato va ben oltre il tanto discusso concorso. Orizzonte Scuola ha intervistato a questo proposito l'avvocato Walter Miceli che, insieme al collega Fabio Ganci, ha seguito la causa.

Avvocato Miceli, come è stato possibile ottenere questa sentenza?

La vicenda è scaturita dal concorso a dirigente scolastico indetto nel 2011 che prevedeva tra i requisiti di accesso l'aver maturato almeno 5 anni di servizio come docente di ruolo, cioè solo dopo la stipula contratto a tempo indeterminato, non consentendo in pratica di prendere in considerazione il servizio pre-ruolo. Richiesta, questa, che applica in realtà una disposizione di legge.
Normalmente i giudici non possono fare altro che osservare la legge, a meno che non se ne sollevi l'incostituzionalità, nel qual caso è previsto il ricorso direttamente alla Corte costituzionale.
In linea generale quindi il giudice da solo non può giudicare illegittima una legge e abrogarla.
Mentre però la causa era in corso stava emergendo una tecnica di tutela dei diritti degli interessati consistente nell'invocare i principi stabiliti dall'accordo quadro sui contratti a tempo determinato siglato in sede di Unione europea nel 1999.
Ed è questo il nodo della vicenda: l'accordo quadro prevede indirettamente, in base al principio di non discriminazione, la possibilità di disapplicare una legge dello stato se questa discrimina i lavoratori assunti a termine dai colleghi a tempo indeterminato solo sulla base della durata del rapporto di lavoro. In altre parole è possibile discriminare i lavoratori solo sulla base di ragioni oggettive come una diversità di mansioni o di responsabilità. A questo punto il problema era convincere i giudici a non applicare la normativa italiana ma l'accordo quadro.

Nel frattempo però sono intervenute due altre importanti sentenze...

La Corte di giustizia europea con una sentenza pubblicata l'8 settembre 2011 ha dato ragione ad una docente in causa contro il Ministero della giustizia della Comunità autonoma dell'Andalusia. La docente chiedeva appunto di essere ammessa a partecipare a un concorso facendo valere come requisito di accesso anche il servizio svolto durante il precariato.
Con questa sentenza la Corte ha affermato per la prima volta la validità del principio di non discriminazione anche al di fuori dell'ambito economico.
L'altra importantissima novità della sentenza del Tar del Lazio è infatti che questo principio di non discriminazione finora era stato applicato solo in campo retributivo o comunque riguardo agli aspetti economici.
La nostra causa è stata poi decisa in maniera inequivocabile con la sentenza della Corte di giustizia europea del 18 ottobre 2012 (che ha negato l’efficacia della norma italiana contenuta nella finanziaria per il 2007 che non riconosceva la progressione stipendiale dei docenti con contratti a tempo determinato, Ndr).

Qual è quindi il valore di questa sentenza al di là del concorso a dirigente?

Crea un precedente, il primo in Italia, che potrebbe influenzare anche la macro-vertenza dei lavoratori a tempo determinato della scuola che da anni reclamano la parità di trattamento retributivo (cioè gli scatti di anzianità) rispetto ai collegi di ruolo, ma soprattutto la possibilità di ottenere la stabilizzazione facendo valere l'abuso nella reiterazione dei contratti a termine.
Nel momento in cui un autorevolissimo tribunale centrale (il Tar del Lazio, Ndr) dice che non si possono discriminare i lavoratori solo sulla base della durata del contratto questo crea un un precedente in grado di influenzare in modo decisivo i giudizi successivi.

A che punto è la macro-vertenza?

In questo momento è approdata alla Corte di giustizia europea, dopo l'ordinanza di remissione proveniente dal Tribunale di Napoli con il via libera della Corte costituzionale. La sentenza è attesa per la prossima primavera.

Quali gli aspetti politici della vicenda?

In queste ore il ministero dell'Istruzione sta contrattando con il ministero dell'Economia un piano programmatico per la stabilizzazione di 69mila docenti precari, anche per rispondere in qualche modo alla Corte di giustizia europea che presto si pronuncerà sulla legittimità della reiterazione dei contratti.
Va inoltre ricordato che nel frattempo la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione, mettendo in mora il nostra paese perché elimini la discriminazione tra personale a tempo determinato e indeterminato. Insomma il Governo è in corsa contro il tempo per evitare una condanna anche da parte della Corte di giustizia.
In questo contesto la sentenza del Tar è un ulteriore importante tassello.
Certo si tratta di un percorso difficile anche perché dall'altra parte si agita lo spettro della Grecia, addotto come giustificazione dell'impossibilità di assumere a tempo indeterminato tutti i precari

Quale sarà la sorte dei ricorrenti nella causa del concorso a dirigente scolastico? È ipotizzabile un ricorso contro la sentenza che riconosce le loro ragioni?

Il Ministero aveva già provato ad appellare l'ordinanza, ma il Consiglio di Stato gli ha dato torto. Per cui direi che difficilmente tenterà un nuovo appello contro la sentenza.
Per quanto riguarda i ricorrenti, quindi, saranno assunti. Inizialmente erano qualche centinaio, dei quali 13 sono risultati vincitori del concorso e ammessi con riserva. Ora la riserva è stata sciolta e quindi questi 13 entreranno di ruolo.
Vorrei infine ricordare che questo contenzioso non nasce da un'iniziativa dei due avvocati ma è promosso da Anief come parte di una strategia più ampia: senza quest'arma il clima di concertazione non avrebbe consentito di sollevare queste tematiche.
Inoltre l'altro fondamentale risvolto è che se ai docenti precari verrà riconosciuto il diritto alla progressione stipendiale verrà meno il vantaggio di farli lavorare, appunto, con un contratto precario.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

La storia di Gaia Triscornia stride con il 60% di assunti a oltre 50 anni di età: svolgerà esercitazioni pratiche di topografia nello stesso istituto tecnico di Carrara dove si è diplomata due anni fa. Con i suoi ex prof ora diventati colleghi. Lei si schernisce: sono la più giovane del concorso? Non sono certo andata a controllare. Intanto il Ministro apre uno spiraglio: tanti lavorano per la scuola ogni anno, perdono il lavoro a luglio e ricominciano a settembre, bisogna capirne il costo amministrativo e affrontare il tema una volta per tutte. Che significa: a conti fatti forse allo Stato converrebbe assumerli.

Finalmente una bella notizia: una ragazza di 21 anni, nativa di Carrara, ha vinto il concorso a cattedra ed è già stata immessa in ruolo. Insegnerà nell'istituto tecnico Domenico Zaccagna della sua città, dove lei stessa si è diplomata solo due anni fa. Con i suoi ex insegnanti che d’ora in poi diventeranno i colleghi di lavoro.
La notizia, ripresa in questi giorni da quotidiani locali Il Tirreno, La Nazione e Il Corriere Fiorentino, è di quelle che rincuorano. Perché significa che la scuola italiana è in grado di assumere non solo docenti con i capelli bianchi, ma anche giovani meritevoli.

La giovane prof si chiama Gaia Triscornia e si era iscritta all'università, poi ha deciso di tentare il “concorsone”, superando molti concorrenti che erano partiti con punteggi migliori.

"Non sarà facile farsi rispettare dai ragazzi, ma avrò il pugno di ferro. Ancora più strano – ammette - sarà avere come collega chi fino a poco tempo fa chiamavo prof". La cattedra che Gaia occuperà è, ovviamente, quella di insegnante tecnico pratico (non necessita della laurea, ma per accedervi basta il diploma di maturità tecnico o professionale): svolgerà esercitazioni pratiche di topografia.

La ragazza, diplomata geometra nel 2011 con 98/100, ha partecipato al concorso sostenendo quattro prove. "Dopo il diploma mi ero iscritta alla facoltà di ingegneria - racconta - poi ci ho ripensato, ho preferito mettermi subito in contatto con il mondo del lavoro". Le sue prove nel concorsone hanno superato in qualità quelle di molti altri che portavano in dote anche una laurea.

"Welcome, contratto a tempo indeterminato", ha quindi esultato su facebook, dopo aver avuto la notizia ed aver scelto la scuola presso l’Ufficio scolastico provinciale (oggi Ambito territoriale). L'11 settembre sarà con ogni probabilità il suo primo giorno di lezione. "Mi hanno detto che sono la più giovane del concorso - racconta - ma io non so, non sono certo andata a controllare".

La sua storia, dicevamo, stride non poco rispetto a quella di tanti altri docenti immessi in ruolo. Che spesso attendono anche più di 20 anni prima di firmare un contratto a tempo indeterminato. Come la professoressa grossetana Lia Baffetti, 62 anni, che dopo 33 anni di precariato pochi giorni fa aveva ottenuto l'incarico a tempo indeterminato (l’Anief aveva riportato la notizia ricordando che quasi il 60% dei neo-docenti immessi in ruolo ha più di 50 anni). Ma poi ha pure dovuto rinunciarvi: "Ho aspettato tanto questo momento, ma ho dovuto rinunciare per problemi familiari, la cattedra che mi era stata offerta era troppo distante da casa mia".

Intanto, dal Miur forse qualcosa si muove. "Sulla questione dei precari della scuola stiamo lavorando" ha detto il 5 settembre il ministro Carrozza a margine della Festa nazionale democratica a Genova. Aggiungendo che "ci sono tante persone che lavorano per la scuola ogni anno, perdono il lavoro a luglio e ricominciano a settembre. Bisogna capire anche il costo amministrativo di tutto questo e dimostrare che bisogna affrontare questo tema una volta per tutte. Ci sto lavorando". Il concetto sembra far affiorare quello espresso da anni dai sindacati: considerando il personale amministrativo impegnato, il Tfr da pagare subito dopo il termine della supplenza e i costi che lo Stato deve affrontare per l’indennità di disoccupazione da assegnare ai precari per i periodi di inattività lavorativa (per tutti coloro che vantano almeno 70 giorni di supplenza per ogni anno solare), al Governo non converrebbe forse assumere i precari su tutti i posti vacanti (sembrerebbe circa 100mila)? A conti fatti, forse, ci guadagnerebbe. Almeno per alcuni anni.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Il concorso DDG n. 82 del 24 settembre 2012 viene bandito per il 50% del reclutamento in due anni scolastici (2012/13, 2013/2014), magicamente la graduatoria diventa triennale, adesso il Miur non assicura la copertura dei posti entro i 3 anni. A che gioco giochiamo?

Una premessa importante: la situazione delle immissioni in ruolo da concorso 2012 (della quale abbiamo ad oggi solo dati parziali e aggregati) è molto variegata.

Il dato totale, comunicato dal Ministero durante un incontro con i sindacati, ci dice che entro il 31 agosto 2013 è stato assegnato il 28% dei posti messi a concorso, ma - è bene ricordarlo - il dato è viziato dalla mancate assunzioni nella regione Lazio (0%) e dalla parziali assunzioni in Toscana (2.52%) e controbilanciato da percentuali alte in Lombardia (66, 42%), Umbria, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte, con punte oltre il 50%.

Il Ministero ha assicurato che per le modalità del bando, che prevede un numero di posti determinato da assegnare a tempo indeterminato, l'assunzione di un numero di docenti pari ai posti messi a concorso sarà assicurata. Concorso docenti, come ti trasformo le graduatorie in triennali

In quanto tempo? Secondo la FLC CGIL - non ci risulta infatti che sia stato il Ministero a pronunciarsi su questo punto - non è garantita l'assunzione dei vincitori del Concorso entro il triennio previsto.

Anche qui vanno fatti dei distinguo. Ci risulta che alcune regioni, per alcune classi di concorso, abbiano già un numero di posti vacanti anche superiore alle immisioni in ruolo autorizzate quest'anno e abbiamo avanzato il sospetto che siano stati assegnati più ruoli rispetto ai posti messi a concorso. Concorso a cattedra, sospetti su nomine in ruolo in più rispetto ai posti a bando

In altre regioni e per alcune classi di concorso la pessimistica previsione della FLC CGIL potrebbe invece avere senso.

Concorso che d'altronde, sin dall'inizio, non è piaciuto a molti dei docenti inseriti nelle Graduatorie ad esaurimento.

L'Associazione Adida così riassume il disappunto dei candidati "Il Concorsone è diventata l’ennesima farsa della nostra storia italica e, da sud a nord, i precari in attesa di stabilizzazione hanno visto sfumare ogni legittima aspettativa, nonostante le denunce delle varie associazioni di categoria che hanno tentato in tutti i modi di fermare la carneficina prospettata da un concorso che ha bandito un numero esiguo di posti, rispetto al precariato sfruttato da anni e in attesa di immissione in ruolo, che ha sovvertito l’ordine “naturale” delle cose."

Il problema successivo sarà quello di dare una risposta ai docenti che, pur avendo superato tutte le prove, non rientreranno nel numero dei vincitori. La definizione utilizzata nei loro commenti è quella di "idonei", e rivendicano l'utilizzo della graduatoria fino al suo completo esaurimento, o comunque fino alla costituzione di una nuova graduatoria derivante da un ulteriore concorso, come previsto dal Testo Unico decreto legislativo n. 297/94, art. 400 comma 8 "Le graduatorie relative ai concorsi per titoli ed esami restano valide fino all'entrata in vigore della graduatoria relativa al concorso successivo corrispondente".

E c'è anche chi, come il sindacato Anief, propone da subito un ricorso al giudice del lavoro. Le previsioni sull'indizione di un nuovo concorso non sono infatti rosee Il nuovo concorso docenti nel 2015? Necessario completare concorso attuale e stabilire nuovi requisiti di accesso

Immissioni in ruolo: effettuato il 96.2% delle nomine, di cui il 38% del totale da concorso. La tabella diffusa dal Miur

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Sono almeno 4mila a lamentare l’ingiusta esclusione dalle immissioni in ruolo. Che sarebbero state “spostate” – a causa della mancanza di posti vacanti o ritardi della pubblicazione delle graduatorie – sulle liste di attesa dei vecchi concorsi o tutte sulle GaE. Proteste anche per l’errata assegnazione dei posizionamenti. L’Anief: hanno maturato il diritto all'assunzione, di cui si chiederà la certificazione in tribunale. La Flc-Cgil chiede un mega-piano triennale di assunzioni.

Era inevitabile. Malgrado i recenti appelli lanciati dal ministro Carrozza perché non si scatenasse una “guerra” tra le diverse tipologie di aspiranti alle immissioni in ruolo (precari delle GaE, neo-abilitati con il Tfa, vincitori delle procedure concorsuali che portano direttamente al ruolo, non abilitati, ecc.), la mancata assunzione di una parte dei neo-vincitori del concorso a cattedre sta producendo non pochi malumori. Con tanto di ricorsi al giudice del lavoro. Che, tra l’altro, La Tecnica della Scuola che aveva ipotizzato prima ancora che si scatenesse tutto.

A scatenare le proteste di migliaia di danneggiati sono una sommatoria di fattori. Prima di tutto vi sono le riduzioni dei posti vacanti e disponibili: in alcune realtà nessuno maestro è stato assunto. Vale per tutti l’esempio della primaria del Molise: in 27 avevano passato positivamente le prove del concorso, ma nemmeno uno di loro è entrato in ruolo.

Un secondo fattore è quello da ricondurre ai ritardi della pubblicazione delle graduatorie: nel Lazio non è stato fatto in tempo a produrne nemmeno una; in Sicilia e Toscana solo una parte. In questi casi si “pescato” dalle vecchie graduatorie. Sempre se ancora in vita. In caso contrario, i posti sono stati assegnati tutti attraverso lo scorrimento delle GaE.

C’è poi una terza motivazione che ha portato dei “mal di pancia” nei docenti che speravano nel ruolo: quella delle graduatorie sbagliate. Sembra che non siano rari i casi in cui le commissioni, al fine di stringere i tempi, abbiano operato pensando troppo al risultato. Con la complicità, in qualche caso, anche degli Usr. Come in Calabria, dove i dirigenti ministeriali hanno pensato bene di pubblicare direttamente la lista definitiva dei vincitori del concorso a cattedra. Saltando a piè pari quella provvisoria. Con “coda”, inevitabile, all’insegna di esposti e ricorsi.

Secondo il quotidiano “la Repubblica”, sarebbero solamente 3.123 i neo-assunti. A fronte degli 11.542 posti banditi e che sarebbero dovuti andare a ruolo nel biennio. Considerando che, di questi, a detta del Miur (in occasione della pubblicazione del D.D.G. n. 82 del 24 settembre 2012) ben 7.351 sarebbero dovuti essere stati assunti entro lo scorso 31 agosto, il conteggio dei danneggiati è presto fatto: oltre 4.200. E anche per i restanti le prospettive sono poco rassicuranti. Soprattutto perché il prossimo anno (al massimo nel 2015), la loro posizione di vincitori decadrà. In contemporanea alla pubblicazione delle nuove liste di candidati risultati idonei al prossimo concorso a cattedra.

Era inevitabile, dicevamo, che questo genere di situazione scatenasse delle reazioni. Con alcuni sindacati che danno manforte ai danneggiati. L’Anief sostiene, a tal proposito, che “non è colpa dei vincitori del concorso se i posti messi a concorso dal ministero non sono più disponibili, anzi, i vincitori hanno maturato il diritto a un contratto a tempo indeterminato, di cui si chiederà la certificazione in tribunale, vista la conclusione delle operazioni di nomina a t. i. e i ritardi nella pubblicazione delle altre graduatorie definitive”. La parte che l’Anief contesta (contenuta nell’art. 13 del D.D.G. n. 82) è la seguente: “Il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale competente approva la predetta graduatoria e con proprio decreto individua i vincitori parti al numero dei posti messi a concorso, dandone massima pubblicità”. Il sindacato guidato da Marcello Pacifico, quindi, farà partire “un’azione giudiziaria, individuale”, con il fine dichiarato di ridare anche “serietà a una prova concorsuale e ripristinare un diritto altrimenti leso, visti i continui tagli, le riconversioni professionali, i mancati pensionamenti”.

Anche la Flc-Cgil si lamenta. E chiede di “avviare al più presto il confronto sul reclutamento e la formazione iniziale degli insegnanti per dare risposta a tutte le legittime aspettative dei lavoratori precari della scuola”. Per garantire il completamento delle assunzioni dal concorso, ma anche dalle graduatorie da esaurimento, il sindacato guidato da Pantaleo reputa “necessario definire un nuovo piano triennale che parta anche dalla stabilizzazione in organico di diritto dei posti di organico di fatto, in particolare per il sostegno”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Le collaboratrici scolastiche hanno firmato il contratto a tempo indeterminato ormai ultrasessantenni. Un altro caso simile si era verificato sempre in Emilia-Romagna. Il sindacato Anief: "Sono gli effetti della legge Fornero".

MODENA - Dopo un lungo precariato, "due collaboratrici scolastiche in servizio nella provincia di Modena, sono state immesse in ruolo a 66 anni". Lo riferisce l'Anief-Confedir, secondo cui un altro caso si è verificato sempre in Emilia Romagna, dove una donna ha firmato l'assunzione a tempo indeterminato a 65 anni.

"Purtroppo siamo arrivati al punto che i tanti casi di ultrasessantenni assunti nella scuola, come quello della docente 62enne di educazione artistica del grossetano, tra l'altro costretta a rifiutare il ruolo perché la proposta su più scuole presentatagli dall'amministrazione era incompatibile con i suoi spostamenti, non dovrebbero più farci meravigliare", afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir.

Secondo Pacifico, grazie alla riforma Fornero "dal 1° gennaio 2012 tutte le dipendenti della scuola, che costituiscono oltre l'80% del personale docente e Ata, sono state costrette a rimanere in servizio fino a 66 anni e tre mesi di età". Quest'anno - precisa l'Anief in un comunicato - sono stati collocati in pensione 10.860 docenti e 3.662 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. Appena 14.522 lavoratori, un numero che corrisponde alla metà dei dipendenti pensionati del 2102 (lasciarono in 27.754), suddivisi tra 21.114 docenti e 5.338 Ata. Per Pacifico, "la scuola continua ad essere il settore dove più degli altri si continua a derogare alla direttiva comunitaria, la 1999/70/CE, che da 13 anni impone ai Paesi che fanno parte dell'Ue di assumere tutti i lavoratori che hanno svolto 36 mesi di servizio nell'ultimo quinquennio".

Fonte: Repubblica - ed. Bologna

 

Docenti, vincitori di concorso, fortemente indignati. Operazioni troppo affrettate quelle effettuate dall’Ufficio scolastico regionale della Calabria, in merito alla pubblicazione delle graduatorie definitive. Risultati sballati. I conti, per molti vincitori di concorso, non tornano.

Alla vista dei risultati, resi noti, già da due giorni, molti docenti sono stati costretti a fare reclamo poiché il punteggio della graduatoria risulta completamente errato. Maggiori errori si sono riscontrati nelle graduatorie relative alla scuola dell’infanzia e della primaria, in minore misura, invece, nelle altre.

Tanta l’indignazione da parte dei docenti, che, nelle ultime ore, hanno preso d’assalto l’ufficio scolastico regionale, molti, però, hanno optato per la via più breve e veloce, quella del fax, così nel giro di poche ore sono piovuti numerosi esposti.

Cosa prevedibile questa, poiché l’USR della Calabria(ufficio scolastico regionale) a differenza delle altre regioni, per rientrare nei tempi stabiliti per le immissioni in ruolo, ha ritenuto opportuno pubblicare direttamente la graduatoria definitiva bypassando quella provvisoria.

Così, già nella giornata di mercoledi, l’Anief aveva provveduto a diramare a tutti gli interessati un modello di reclamo, assumendo, nel contempo, una dura posizione nei confronti dell’Usr, definendo “illegittimo il provvedimento della pubblicazione delle graduatorie definitive”.

Il leader del giovane sindacato, Marcello Pacifico, tuona in merito a questa spinosa situazione, pertanto, chiede che il Miur faccia chiarezza, nel rispetto, soprattutto, di chi è risultato vincitore di concorso. E’ vero che il tempo stringe ed entro il 31 le operazioni relative alle immissioni in ruolo devono essere ultimate, ma, visti i dati pubblicati, si è venuto a creare solo caos e tanta ansia in chi attende e spera nell’immissione. Naturalmente, se i reclami non dovessero essere accolti, i vincitori di concorso saranno costretti a fare ricorso al Tar.

Intanto, l’ufficio scolastico regionale è riuscito a garantire solo alcune graduatorie, relative all’ infanzia, alla primaria, a matematica e scienze, a economia aziendale, laboratorio di edilizia ed esercitazioni di topografia e, ancora, filosofia e storia, disegno e storia dell’arte, ed educazione artistica.

Ovviamente, all’appello mancano altre classi di concorso, non pubblicate perché il concorso non è stato ancora espletato definitivamente.

Giorni cruciali questi e determinanti per molti vincitori di concorso che sperano nella ultimazione delle operazioni prima del 31 agosto, in modo da passare di ruolo ed essere già in servizio dal 2 settembre, visto che il 1° cade di domenica.

Intanto, da via Trastevere arriva fresca la notizia che i vincitori di concorso, pare, potranno esser assorbiti in tre anni, anziché due come stabilito precedentemente, quindi la validità delle graduatorie del concorso sarà triennale. Ora, resta da sperare che le graduatorie definitive siano corrette celermente, altrimenti, a passare di ruolo potrebbero essere i candidati sbagliati e poi si che ne vedremo delle belle.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

L’Usr decide di pubblicare le graduatorie definitive del concorso a cattedra del 2012, ma in tanti lamentano errori nei punteggi attribuiti. E presentano reclamo d’urgenza sostenuti dai sindacati.

“La Tecnica della Scuola” lo aveva espressamente detto in tempi non sospetti: la mancanza di direttive chiare e ufficiali da parte su come attuare le immissioni in ruolo de personale docente, nei casi in cui le graduatorie del concorso a cattedra bandito nel settembre 2012 non fossero pronte entro il 31 agosto, rischiava di produrre l’avvio di una miriade di contenziosi al Giudice del lavoro. E così è stato. Soprattutto nelle regioni dove gli Usr, nel tentativo di assumere tutti i docenti previsti nel contingente assegnato, hanno deciso di attuare dei “salti” normativi.

La situazione che più nelle ultime ore è diventata caotica è quella della Calabria, dove l'Ufficio scolastico regionale ha deciso di pubblicare direttamente le graduatorie definitive, forzando la procedura tradizionale che prevede sempre la pubblicazione precedente delle graduatorie provvisorie. Secondo tanti docenti la procedura affrettata, che priva i vincitori del concorso della possibilità di ricorrere in caso di errata attribuzione del punteggio complessivo, sta producendo più danni che benefici: tanti candidati al ruolo lamentano l’assegnazione di una posizione in graduatoria diversa da quella attesa dopo lo svolgimento del lungo e faticoso percorso selettivo. E hanno chiesto spiegazioni, presentando formale reclamo. L’Usr, che però ha fatto una scelta precisa, quella di dare la priorità alle assunzioni, sembrerebbe aver deciso di verificare la fondatezza dei reclami solo dopo le immissioni in ruolo: il tempo a disposizione, del resto, è troppo ridotto.

Con il risultato, però, di esasperare ulteriormente gli animi. E far intervenire i sindacati. La Flc-Cgil ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Catanzaro contro quella che definisce una “decisione illegittima”. Anche l’Anief ha provveduto a diramare a tutti gli interessati un modello di reclamo, assumendo, nel contempo, una dura posizione nei confronti dell’Usr, definendo “illegittimo il provvedimento della pubblicazione delle graduatorie definitive”. Per molti docenti l’assegnazione dei posti verrà decisa nelle aule dei tribunali.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

A darne comunicazione è l’Anief: il tribunale sospende il D.D.G. n. 58/13, contenente le norme di organizzazione del corsi abilitanti, nella parte in cui esclude gli insegnanti a tempo indeterminato. A sperare, ora, sono migliaia di ricorrenti, anche non ruolo, privi dei requisiti più “alti” richiesti dal Miur per questa tornata di corsi abilitanti.

Potrebbe presto allargarsi il numero di partecipanti ai Percorsi abilitanti speciali: il sindacato Anief ha dato notizia di aver ottenuto dal tribunale l’ammissione con riserva ai corsi per una docente già di ruolo. Con la sentenza, di cui ancora non sono stati resi noti gli estremi, viene di fatto sospeso il D.D.G. n. 58/13, contenente le norme di organizzazione del corsi abilitanti, nella parte in cui esclude gli insegnanti a tempo indeterminato (art. 2, c.1).

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, si tratta di una decisione che rende giustizia a quei “docenti di ruolo della scuola pubblica che hanno prestato un servizio specifico di 180 giorni come richiesto dal bando, a dispetto degli altri colleghi delle scuole private o degli altri dipendenti pubblici”, a cui l’amministrazione scolastica avrebbe dovuto dare l’opportunità di conseguire un'altra abilitazione dopo che “il dimensionamento e la riforma degli ordini scolastici” hanno prodotto una lunga serie “di classi di concorso in esubero e atipiche”.

Ora, trattandosi di una sentenza cosiddetta “pilota”, il sindacato autonomo spera che una decisione analoga possa essere presa di giudici anche per le altre tipologie di ricorso: coloro che non hanno svolto una annualità specifica sulla disciplina in cui ora intendono abilitarsi, coloro che hanno svolto solo 360 giorni complessivi, i dottori di ricerca e altri ancora. Con migliaia di ricorrenti che avrebbero così la possibilità di frequentare i corsi abilitanti.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Alle diversità territoriali del personale docente, derivanti dalla mancata pubblicazione delle graduatorie definitive del concorso a cattedra in tante province e per diversi insegnamenti, si aggiunge la difforme applicazione dell’art. 59 del CCNL: non tutti gli AT terrebbero conto della possibilità del personale di ruolo di accettare la supplenza annuale su profilo professionale superiore.

A pochi giorni dalla scadenza delle immissioni in ruolo con nomina giuridica ed economica 1° settembre 2013, continuano a pervenire notizie di situazioni diversificate sulle assegnazioni delle nomine: si tratta di difformità dovute in prevalenza alla mancata definizione delle graduatorie dei vincitori dell’ultimo concorso per docenti. I vari ex Provveditorati agli Studi, oggi chiamati Ambiti Territoriali, a cui il contingente è stato comunicato meno di una settimana fa, stanno operando una vera corsa contro il tempo. Alcuni si sono già tirati indietro. Altri riusciranno a terminare sul filo di lana. La maggior parte procederà solo ad una parte delle nomine. Per avere un quadro completo “La Tecnica della Scuola” ha predisposto in un unico articolo tutte le graduatorie dei vincitori del concorso che le commissioni, a volte un po’ frettolosamente (con appena uno o due giorni per fare reclamo), hanno decretato come definitive.

Ma le problematiche non risparmiano il personale Ata. Per il quale le assunzioni che si stanno attuando in queste ore riguardano il contingente dell’anno scolastico ormai passato. Un contingente, tra l’altro, che non comprende amministrativi e tecnici. Ancora “bloccati” dalla minaccia del transito dei docenti inidonei e degli ITP C555 - C999 introdotta con la spending review dell’anno passato. Il Miur, attraverso la nota 8468 del 26 agosto scorso, ha esplicitato le disposizione per attuare le supplenze. Tra cui le nomine fino all’avente titolo. Ma non si è espresso su come far esercitare la possibilità, per il personale di ruolo, di essere utilizzato in un profilo professionale superiore, come previsto dall’art. 59 del CCNL, mantenendo il proprio posto per l’intera l’annualità. E ciò starebbe determinando comportamenti difformi da parte degli AT. L’Anief parla addirittura di “una vera e propria ‘Torre di Babele’”. Con gli uffici scolastici provinciali che “come troppo spesso accade in occasioni simili, stanno agendo ognuno per proprio conto, senza alcuna regia ministeriale”.

Sempre secondo il sindacato autonomo “Verbania e Vercelli, convocano ‘il personale incluso nella graduatoria permanente appartenente ai profili di assistente amministrativo ed assistente tecnico per l’individuazione sui posti disponibili, compreso il personale già di ruolo in altro profilo o area’. Altri invece, stanno convocando tutti gli aspiranti presenti nelle graduatorie permanenti, tranne il personale di ruolo in altro profilo, ad esempio l’A.T. di Grosseto comunica: ‘gli aspiranti ‘Assistenti Amministrativi’ e ‘Assistenti Tecnici’, di ruolo su altro profilo non potranno essere individuati’”.

Quello che chiede l’Anief al Miur, per evitare che venga inondato di migliaia di richieste di conciliazione con inevitabili strascichi anche in tribunale, di pubblicare una nota, come fece prima dell’avvio dell’a.s. 2008/09, con la n.13561, attraverso cui espliciti che “Trattandosi di supplenze temporanee conferite su posti disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico, è fatta salva la possibilità di accettazione di rapporti di lavoro a tempo determinato da parte del personale A.T.A. di ruolo ai sensi dell’art. 59 del C.C.N.L. 2006/2009”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Il Consiglio dei Ministri di oggi ha dato il via al "pacchetto precariato" per la pubblica amministrazione che avrà quale scopo la "soluzione strutturale" del precariato, dicono dal Governo. Avrà effetti anche per la scuola?

L'esigenza della stabilizzazione dei precari nasce dall'abuso dei contratti a termine nella pubblia amministrazione che viola quelle che sono le direttive europee sull'argomento.

A meno di colpi di scena, il pacchetto approvato oggi non riguarderà i precari stori della scuola che, nonostante le numerose sentenze da parte dei Tar, non hanno avuto riconosciuto il diritto al ruolo dopo i tre anni di contratti a TD indicati dalla direttiva europea.

Quindi i precari, come spesso sono stati costretti nella loro storia lavorativa, si sono rivolti ai tribunali ed entro l'anno si attende la sentenza dela Corte di giustizia europea che si spera condanni lo Stato Italiano per la reiterazione dei contratti precari anche della scuola.

Possibile che l'approvazione del provvedimento di oggi per tutti i comparti della PA non possa avere risvolti anche per la scuola?

Non direttamente, ma rappresenta un precedente e potenzialmente una discriminazione: perché per tutta la Pubblica Amministrazione si è sanata una situazione di illegalità nella reiterazione dei contratti e per la scuola no?

Abbiamo il sospetto che oggi il Governo abbia fornito delle argomentazioni in più ai precari storici della scuola.

Ne è certa l'ANIEF, che in un comunicato, ricordano l'attesa della sentenza della Corte Euopea, lancia un monito al Governo su questo argomento.

Anzi, il giovane sindacato attacca il Governo proprio sullo strumento varato oggi, quello del concorso riservato, affermando che i precari devono essere assunti senza concorso riservato, ma solo perché hanno raggiunto i tre contratti a tempo determinato.

Secondo Anief-Confedir, "nel nostro ordinamento siamo obbligati a recepire la normativa comunitaria." “Anziché varare dei provvedimenti a metà – continua il comunicato - il Governo si assuma le proprie responsabilità sino in fondo: dopo l’approvazione della Legge Bassanini, infatti, sono soltanto accresciuti i costi della spesa pubblica. A causa di una moltiplicazione dei costi legata soprattutto alla politica."

Per quanto riguarda la scuola, ricorda Pacifico "sono stati cancellati negli ultimi sei anni 200mila posti tra docenti e Ata, 4mila presidenze e scuole autonome. Cui prodest?", si chiede il presidente dell'ANIEF "Non certo ai servizi resi ai cittadini. In assenza di risposte adeguate, pertanto, continueremo a ricorrere alla magistratura per ottenere giustizia”.

Certo è che ci pare improbabile che si possa applicare la stessa idea anche alla scuola. Cosa accaderebbe se si dovessero bandire concorsi solo per coloro che hanno tre anni di servizio, dividendo i posti con le graduatorie e i concorsi rivolti, invece, a tutti, copresi i nuovi abilitati?

Crediamo ci sia confunsione nell'ambito del reclutamento già con queste regole, complicarle non è proprio il caso. Ma certo oggi si è aperto un capitolo nuovo per la PA che non potrà lasciare indifferente i precari della scuola.

Attendiamo, nel contempo le sentenze dall'Europa.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Monito del sindacato al Governo: rispetti la normativa comunitaria o pagherà ingenti risarcimenti per il periodo di precariato pregresso e il pagamento dei mancati scatti di anzianità. La rabbia aumenta quando si scopre che negli ultimi 15 anni la spesa pubblica, al netto degli interessi sul debito, è aumentata del 68,7%. Perché tanto rigore solo coi precari?

L’approfondimento sull’attesa per la sentenza della Corte di Giustizia Europea sulla stabilizzazione del personale precario della scuola, svolto dalla nostra testata giornalistica, e il vivace dibattito che ne è seguito, non poteva lasciare impassibili i sindacati.

In particolare l’organizzazione che ha fatto della difesa, in tribunale, dei diritti dei precari il proprio cavallo di battaglia. Stiamo parlando dell’Anief, che alla vigilia del CdM che, attraverso le proposte del ministro della Funzione Pubblica Gianpiero D’Alia, dovrebbe approvare il provvedimento sulla Pubblica Amministrazione, ha mandato un avvertimento al Governo. Partendo dall’assunto che la cancellazione di mezzo milione di posti della PA in dieci anni non ha prodotto alcun risparmio, poiché il debito pubblico è continuato a crescere insieme ai costi della politica e del decentramento amministrativo, il leader del sindacato autonomo, Marcello Pacifico, ricorda che proprio “mentre si attende entro l’anno la sentenza della Corte di giustizia europea sulla reiterata e deliberata violazione da parte dello Stato italiano della direttiva comunitaria 1999/70/CE relativa alla stabilizzazione dei supplenti della scuola dopo tre anni di supplenze e al principio di non discriminazione tra personale assunto a tempo determinato, fermo allo stipendio iniziale, e personale di ruolo, il Governo sembra voler correre ai ripari per evitare la stabilizzazione dei precari della P.A. con dei concorsi riservati. La soluzione – continua il presidente Anief, che è anche segretario organizzativo Confedir - è inaccettabile e incostituzionale laddove nel nostro ordinamento siamo obbligati a recepire la normativa comunitaria. Inoltre non inibirà le domande risarcitorie relative al periodo di precariato pregresso o al pagamento degli scatti biennali di anzianità”.

Secondo Pacifico appare addirittura “patetico il tentativo di tagliare nuovi posti di lavoro sotto la scusa di una semplificazione che dopo l’approvazione della Legge Bassanini ha soltanto accresciuto i costi della spesa pubblica a causa di una moltiplicazione dei costi legata soprattutto alla politica”. Il riferimento è alle allarmanti stime sulla spesa pubblica, rese pubbliche nelle ultime ore: secondo l'Ufficio studi della Cgia di Mestre, dal 1997 la spesa pubblica, al netto degli interessi sul debito, è aumentata infatti del 68,7%. In termini assoluti è cresciuta di quasi 296 miliardi: alla fine di quest'anno le uscite, sempre al netto degli interessi, ammonteranno così a 726,6 miliardi. In linea generale, lo studio afferma che la spesa pubblica, al netto degli interessi, ha viaggiato a una velocità superiore a quella registrata dalle entrate fiscali, anche se a livello locale la tassazione ha subito una vera e propria impennata.

E nella scuola? Non va meglio: nel comparto, conclude Pacifico, “sono stati cancellati negli ultimi sei anni 200.000 posti tra docenti e ata, 4.000 presidenze e scuole autonome. Cui prodest? Non certo ai servizi resi ai cittadini. In assenza di risposte adeguate, pertanto, continueremo a ricorrere alla magistratura per ottenere giustizia”.

Come dire: passa il tempo, passano i governi, ma la musica non cambia.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Rabbia e delusione del personale del pubblico impiego, docenti compresi, a cui il Consiglio dei ministri ha prorogato fino al 31 dicembre 2014 il blocco degli stipendi e dei contratti; il difficile avvio dell'anno scolastico; l'appello pubblico del ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza: alla scuola italiana servono fondi, il piano B sarebbe la sua distruzione.

Ascolta la rubrica del 15 agosto 2013

 

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