La stampa scrive

shutterstock 123213130 bDopo appena due mesi, arriva la seconda bocciatura dell’Europa sui 140mila precari della scuola: se a novembre la presa di posizione dura della Commissione europea era arrivata sollecitata da un giudice di Napoli, stavolta a richiedere l’intervento di Bruxelles è la Corte costituzionale italiana, che nella primavera dell’anno scorso ha stoppato un ricorso rinviandolo alla Corte di giustizia europea. E, come da prassi, la Corte ha richiesto il parere della Commissione europea. Che puntualmente è arrivato, e ha dato una nuova stangata al governo italiano.

CONTRATTI A TERMINE SENZA LIMITI - La Commissione si chiede se «per garantire una certa flessibilità negli organici della scuola per far fronte, senza oneri eccessivi per lo Stato, a variazioni imprevedibili della popolazione scolastica sia veramente necessario autorizzare l’amministrazione a ricorrere a una successione di contratti a termine senza alcun limite quanto al numero dei rinnovi contrattuali e alla durata complessiva del rapporto. Ben si potrebbe - continua la Commissione - in effetti realizzare tale obiettivo anche prevedendo un numero massimo di rinnovi del contratto concluso con ciascuna unità di personale temporaneo o fissando un tetto massimo alla durata di detto contratto».Chiamata in causa per giudicare se la normativa italiana è aderente ai principi europei, la Commissione sostiene che«in tali circostanze non sembra si possa ritenere che la legislazione italiana sul reclutamento del personale docente e Ata a termine contenga criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare, in concreto, se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente a un’esigenza reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito». Quindi, «il ricorso a contratti a termine successivi per la copertura di vacanze in organico che tale legislazione consente non può pertanto considerarsi giustificato da ragioni obiettive come previsto dalla clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro».

UN ALLEATO PER I SINDACATI - «È dal 1970 che l’Italia abusa del precariato», ammonisce Marcello Pacifico (Anief-Confedir), «oggi è venuto il momento di dire basta». Il governo italiano, osserva l’Anief, «farebbe bene a tener conto di queste indicazioni della Commissione europea. Non si può continuare a lasciare precario il personale in presenza di diverse decine di migliaia di posti vacanti e disponibili». Soddisfatta la Gilda degli insegnanti, che rileva come i precari oggi abbiano un altro alleato, la Commissione europea: « La legislazione italiana, violando la direttiva comunitaria numero 99, consente il rinnovo dei contratti a tempo determinato per coprire le vacanze nell’organico docente e Ata in attesa della procedura concorsuale, senza però sapere se e quando il concorso si svolgerà. Ed è proprio su quest’ultimo punto che la Commissione europea punta l’indice, sottolineando che la reiterazione dei contratti a tempo determinato avviene senza prevedere alcun criterio obiettivo e trasparente per verificare che il rinnovo risponda a un’esigenza temporanea reale».

LA DIFESA DEL MIUR E I RISCHI PER L’ITALIA - Ma cosa farà adesso il ministero dell’Istruzione, chiamato direttamente in causa? Dal Miur arriva la conferma che anche stavolta, come due mesi fa, verrà preparata una sorta di memoria difensiva, per spiegare che il governo italiano non sta ignorando il problema dei precari, ma sta procedendo a stabilizzarli, compatibilmente con le esigenze del sistema e le risorse disponibili. Se la Corte di giustizia non dovesse accettare queste «giustificazioni», l’Italia rischierebbe un ricorso per inadempimento, e sanzioni economiche pesantissime.

Fonte: Corriere della Sera

 

 

La Corte di Giustizia Europea ha fissato per il prossimo 27 marzo la decisione su una serie di ricorsi sul precariato nella scuola, che potrebbe, secondo l'Anief, tra i primi promotori dell'iniziativa, "aprire le porte per l'assunzione a titolo definitivo nei ruoli dello Stato dei 140 mila docenti precari della scuola italiana".

"La Corte di Giustizia Europea - riferisce l'Anief in una nota - ha fissato per il prossimo 27 marzo la decisione sull'abuso di precariato che si attua in Italia nei confronti dei lavoratori che hanno svolto un impiego a tempo determinato, anche non continuativo, per almeno 36 mesi. È stata quindi reputata pertinente la linea intrapresa prima di tutti dall'Anief, nel 2010, di considerare illegittima l'assunzione reiterata nel tempo su posti vacanti e disponibili fino al 30 giugno o al 31 agosto di ogni anno scolastico. Come del resto già chiaramente indicato nella direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato".

Secondo il sindacato, il mancato rispetto delle eventuali sentenze a favore dei ricorsi, "potrebbe costare allo Stato una multa davvero esosa, anche di 8 milioni di euro". Si ricorda, infine, che "per godere dei benefici di quanto dovesse essere disposto dal giudice europeo, occorre aderire al contenzioso prima delle sentenza definitiva di fine marzo".

Fonte: ANSA

 

Le organizzazioni sindacali Anief, Cub-Sur, Orsa Scuola, Sab, Unicobas Scuola, Usb PI- Scuola e Usi Scuola hanno proclamato lo stato di agitazione della categoria, e hanno organizzato, per la settimana dal 5 al 10 novembre, in concomitanza con la discussione in Parlamento degli emendamenti al testo della Legge di stabilità, l'iniziativa di lotta 'Profumo di didattica’: assemblee dei lavoratori, con studenti e genitori, didattica alternativa e astensione da ogni attività aggiuntiva non obbligatoria, presìdi ed iniziative locali. Motivo della protesta il "gravissimo attacco alla scuola pubblica Statale portato avanti dal Governo Monti, prima con la spending review e ora con la Legge di stabilità".

L'Usb, l'Unicobas, l'Usi, L'Orsa e il Sab intendono mantenere la propria iniziativa di sciopero generale dei lavoratori per il 16 novembre con manifestazione nazionale a Roma e si riservano, "vista la situazione generale dei lavoratori di tutte le categorie e nel caso le Confederazioni Generali individuassero una data diversa di mobilitazione nazionale, di conformare date e iniziative, coscienti dell'attacco su tutti i fronti ai lavoratori della Scuola. Tutte si impegnano insieme all'Anief e alla Cub-Sur a individuare un'ulteriore data largamente condivisa, che possa garantire la massima partecipazione dei lavoratori". 

Fonte: Tuttoscuola

 

Dopo appena due mesi, arriva la seconda bocciatura dell’Europa sui 140mila precari della scuola: se a novembre la presa di posizione dura della Commissione europea era arrivata sollecitata da un giudice di Napoli, stavolta a richiedere l’intervento di Bruxelles è la Corte costituzionale italiana, che nella primavera dell’anno scorso ha stoppato un ricorso rinviandolo alla Corte di giustizia europea. E, come da prassi, la Corte ha richiesto il parere della Commissione europea. Che puntualmente è arrivato, e ha dato una nuova stangata al governo italiano.

CONTRATTI A TERMINE SENZA LIMITI - La Commissione si chiede se «per garantire una certa flessibilità negli organici della scuola per far fronte, senza oneri eccessivi per lo Stato, a variazioni imprevedibili della popolazione scolastica sia veramente necessario autorizzare l’amministrazione a ricorrere a una successione di contratti a termine senza alcun limite quanto al numero dei rinnovi contrattuali e alla durata complessiva del rapporto. Ben si potrebbe - continua la Commissione - in effetti realizzare tale obiettivo anche prevedendo un numero massimo di rinnovi del contratto concluso con ciascuna unità di personale temporaneo o fissando un tetto massimo alla durata di detto contratto».Chiamata in causa per giudicare se la normativa italiana è aderente ai principi europei, la Commissione sostiene che«in tali circostanze non sembra si possa ritenere che la legislazione italiana sul reclutamento del personale docente e Ata a termine contenga criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare, in concreto, se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente a un’esigenza reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito». Quindi, «il ricorso a contratti a termine successivi per la copertura di vacanze in organico che tale legislazione consente non può pertanto considerarsi giustificato da ragioni obiettive come previsto dalla clausola 5, punto 1, lett. a), dell’accordo quadro».

UN ALLEATO PER I SINDACATI - «È dal 1970 che l’Italia abusa del precariato», ammonisce Marcello Pacifico (Anief-Confedir), «oggi è venuto il momento di dire basta». Il governo italiano, osserva l’Anief, «farebbe bene a tener conto di queste indicazioni della Commissione europea. Non si può continuare a lasciare precario il personale in presenza di diverse decine di migliaia di posti vacanti e disponibili». Soddisfatta la Gilda degli insegnanti, che rileva come i precari oggi abbiano un altro alleato, la Commissione europea: « La legislazione italiana, violando la direttiva comunitaria numero 99, consente il rinnovo dei contratti a tempo determinato per coprire le vacanze nell’organico docente e Ata in attesa della procedura concorsuale, senza però sapere se e quando il concorso si svolgerà. Ed è proprio su quest’ultimo punto che la Commissione europea punta l’indice, sottolineando che la reiterazione dei contratti a tempo determinato avviene senza prevedere alcun criterio obiettivo e trasparente per verificare che il rinnovo risponda a un’esigenza temporanea reale».

LA DIFESA DEL MIUR E I RISCHI PER L’ITALIA - Ma cosa farà adesso il ministero dell’Istruzione, chiamato direttamente in causa? Dal Miur arriva la conferma che anche stavolta, come due mesi fa, verrà preparata una sorta di memoria difensiva, per spiegare che il governo italiano non sta ignorando il problema dei precari, ma sta procedendo a stabilizzarli, compatibilmente con le esigenze del sistema e le risorse disponibili. Se la Corte di giustizia non dovesse accettare queste «giustificazioni», l’Italia rischierebbe un ricorso per inadempimento, e sanzioni economiche pesantissime.

Fonte: Corriere della Sera

 

Le graduatorie provinciali per il reclutamento dei docenti sono state trasformate in "graduatorie ad esaurimento" nel 2006. Da allora il mantra di Ministri e governanti è stato quello di svuotarle per dare avvio ad una nuova stagione di reclutamento. Sono trascorsi 8 anni e le graduatorie ad esaurimento, un po' sfoltite, sono ancora in piedi. Chi sarà il Ministro che avrà l'onore di dire: ce l'ho fatta?
Letta. Reclutamento nuovi insegnanti con concorsi triennali, riformare cicli scolastici e valutazione del merito

La legge 296/06 ha trasformato le graduatorie provinciali dei docenti (utilizzate per il 50% delle immissioni in ruolo, nonchè per le supplenze al 30 giugno o 31 agosto) da permanenti in "ad esaurimento", affiancando a tale innovazione un piano straordinario di 150.000 immissioni in ruolo, che avrebbe dovuto perlomeno scalfire il fenomeno del precariato.
Graduatorie chiuse a nuovi inserimenti dunque, da esaurire nel più breve tempo possibile. Nel frattempo la legge 169/08 inserisce nelle graduatorie i docenti abilitati con il IX ciclo Ssis, i laureati in Scienze della formazione primaria, i corsi biennali abilitanti di II livello ad indirizzo didattico (Cobaslid), attivati nell'anno accademico 2007/08, i docenti del primo corso biennale di II livello presso i Conservatori di musica e gli istituti musicali pareggiati per le classi A031 e A032, i docenti in possesso di abilitazione o idoneità rilasciato da uno degli Stati Europei, e permette l'ingresso con riserva per gli iscritti nell'a.a. 2007/08 al corso di Laurea in Scienze della formazione primaria e ai corsi quadriennali di Didattica della musica per A031 e A032.

Nel 2012 è stata poi disposta una fascia aggiuntiva alla III, che comprende i docenti che si sono abilitati negli anni accademici 2008/09, 2009/10 e 2010/11 a seguito della frequenza :

dei corsi biennali abilitanti di secondo livello presso le Accademie di Belle Arti (COBASLID);
del secondo e del terzo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale (classi di concorso A031-A032) e di strumento musicale (classe di concorso A077);
dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria.
Questi sono stati gli ultimi inserimenti. Finora qualsiasi richiesta in tal senso è stata respinta.
Graduatorie ad esaurimento: no a nuovi inserimenti insegnanti di Musica. Impegno del Ministro a ripensare abilitazioni e reclutamento
Graduatorie ad esaurimento out per laureati in Scienze della formazione primaria non inclusi con riserva
25.000 docenti con titolo di sostegno sono esclusi dalle graduatorie ad esaurimento
Sono invece andati a buon fine alcuni ricorsi individuali per il reinserimento nelle graduatorie, dopo esserne stati esclusi per varie problematiche
Graduatorie ad esaurimento: tribunale riammette docente cancellato per non aver presentato domanda di aggiornamento
Graduatorie ad esaurimento: consiglio di Stato riammette "ex congelata Ssis"
Le graduatorie ad esaurimento, dicevamo, sono utilizzate per il 50% delle immissioni in ruolo (il rimanente 50% dalle graduatorie dei concorsi). Il sindacato Anief ne chiede la riaperturaper i docenti abilitati selezionati con Tfa, agli idonei al concorso a cattedra e ai laureati in scienze della formazione primaria, in virtù del fatto che in Italia solo lo 0,1% degli insegnanti ha meno di 30 anni, il 60% più di 50.
Le immissioni in ruolo dei docenti negli ultimi anni hanno smaltito le graduatorie? Non ancora. I dati più aggiornati saranno presentati in occasione dell'aggiornamento delle graduatorie previsto per il 2014, ma basta scorrere gli elenchi del 2013 per comprendere che siamo ancora lontani dall'obiettivo.
Il premier Letta ha posto questi obiettivi per il documento Impegno Italia

confermare la chiusura definitiva delle graduatorie a esaurimento (ndr significa che le graduatorie ad esaurimento saranno svuotate, con l'assunzione di tutti coloro che vi sono attualmente inseriti e che possono aggiornare ed eventualmente modificare la provincia ogni triennio. Non sono previsti nuovi inserimenti. Prossimo aggiornamento previsto per la primavera 2014 )
avviare corsi universitari abilitanti calibrati sul fabbisogno effettivo;
indire concorsi a cadenza triennale.
Come? I primi segnali sono le immissioni in ruolo aggiuntive su sostegno (prima tranche 4.447 per il 2013/14), e il piano di immissioni in ruolo previsto per il 2014/15
Non vogliamo aggiungere altro. Chi pensa che sarà il Governo Letta a poter scrivere la parola "fine" sulle graduatorie ad esaurimento?
Letta. Reclutamento nuovi insegnanti con concorsi triennali, riformare cicli scolastici e valutazione del merito

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Categorica la Flc Cgil: “Il fondo per il Miglioramento dell’offerta formativa (MOF) non si tocca, in pericolo l’autonomia scolastica. Il Parlamento è con noi”. Di tutt’altro avviso Cisl, Uil e Gilda: quei 200 milioni di euro non sono il ‘tesoretto’ dei presidi, devono tornare nelle tasche dei lavoratori, “i corsi di recupero non peggiorano né migliorano l’offerta formativa”. Per Anief toccare il MOF significa avallare l’idea che gli aumenti di stipendio non siano ormai più materia contrattuale.

Insomma, sono arroventati più che mai i toni con cui in questi giorni i rappresentanti delle principali organizzazioni sindacali della scuola hanno commentato l’indugio con cui il ministro dell’Economia Saccomanni si sta occupando della faccenda scatti di anzianità. L’oggetto del contendere è il congruo gruzzolo di soldi tornati a via XX Settembre dalle scuole che, per esempio, non hanno attivato i corsi di recupero. Su questo ‘tesoretto’ - che secondo quanto ci ha detto il responsabile di Uil Scuola Massimo Di Menna ammonta a non meno di 200 milioni di euro - sono catalizzate, infatti, gran parte delle speranze delle centinaia di migliaia di lavoratori che aspettano il pagamento degli scatti di stipendio relativi al 2012 e 2013.

Per Mimmo Pantaleo, Flc Cgil, non è nemmeno lontanamente pensabile stabilire un nesso tra le due cose: “Per il pagamento degli scatti 2012-13 bisogna che il Governo stanzi risorse aggiuntive. Non siamo disponibili a un accordo che intacchi ancora una volta i soldi destinati alle scuole per corsi di recupero o innovazione didattica: questo peggiorerebbe in modo drammatico l’offerta formativa dei nostri istituti e costringerebbe tantissimi lavoratori a lavorare gratis. Senza mezzi termini noi della Flc Cgil chiediamo un atto di indirizzo al Governo con cui si trovino risorse aggiuntive. La nostra posizione è ampiamente condivisa dal Parlamento. Bisogna essere chiari: se si tocca di nuovo il MOF salta completamente l’autonomia scolastica”.

Marcello Pacifico, Presidente Anief, che questa volta è in sintonia con la Cgil, non perde l’occasione per rimproverare i sindacati rappresentativi di non battersi a sufficienza perché gli scatti, che sono materia contrattuale, tornino a dipendere dal rinnovo contrattuale e non da risorse che sono destinate a un altro scopo. “Fino al 2009 – precisa - i soldi per gli aumenti venivano decisi in Finanziaria. Adesso accettare che vengano presi dai fondi destinati agli istituti significa indebolire ulteriormente la contrattazione della scuola. E’ legittimo, per carità, voler accontentare i lavoratori mettendo subito qualcosa di più in busta paga, ma questa dinamica alla lunga si rivelerà molto controproducente”.

Di tutt’altro avviso la Gilda: “Se quei soldi non saranno presto disponibili per rispondere alle legittime attese dei lavoratori e i tempi si allungheranno ancora – ci ha detto Fabrizio Reberschegg - andremo allo sciopero. Sappiamo che l’atto di indirizzo è già stato firmato dalla Carrozza, manca solo il sigillo del MEF. Su una cosa teniamo a essere chiari: questi 200 milioni non sono un ‘tesoretto’ dei presidi, non possono essere spesi per coprire i costi della figure di gestione, ma sono soldi dei lavoratori e a loro vanno restituiti sotto forma di scatti”. E ci ricorda che i compensi dei coordinatori di classe, dei collaboratori del preside e così via vanno da un minimo di 3000 a un massimo di 7000 euro lordi l’anno. Che non sono proprio spiccioletti. Il Dirigente Gilda è forte del sondaggio fatto lo scorso anno: “L’80% dei lavoratori si è dichiarato favorevole all’utilizzo di quei soldi per gli scatti, un dato che non lascia spazio ad interpretazioni: sanno benissimo che i corsi di recupero non migliorano né peggiorano l’offerta formativa di un istituto”. La loro soddisfazione economica invece sì, sottintende, e conclude: “Se ha a cuore i corsi di recupero e le figure di gestione il Governo intervenga con un fondo specifico. Spesso ci si dimentica anche che ormai i collaboratori del preside non sono più nemmeno eletti dai collegi, ma nominati”.

Anche Di Menna, Uil, è preoccupato per questo ritardo del Governo, ma è molto bravo a sfumare e pensa che qualcosa, al netto della cifra che occorrerà per assicurare il pagamento degli scatti, possa restare anche al MOF.

Fonte: Orizzonte Scuola

Bisogna salvare gli stipendi di circa 1 milione di dipendenti della scuola. Con questo intento i sindacati scuola si sono presentati stamane al Senato, per chiedere all’unisono di superare il blocco delle progressioni stipendiali e di carriera introdotto a settembre.

In particolare le varie sigle dei rappresentanti dei lavoratori hanno ricordato ai parlamentari che il Decreto Legge n. 3 sugli scatti di anzianità, approvato dal CdM a metà gennaio, necessita di alcuni emendamenti, in parte illustrati ai senatori dal coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio.
Lo stesso ha poi sottolineato che l’anzianità di servizio, riconosciuta ai docenti in tutti i Paesi europei, in Italia è la più bassa in termini assoluti e che, secondo il rapporto Ocse, tra il 2001 e il 2010, in controtendenza rispetto ad altri Paesi europei, la spesa per studente è calata dell’8%.

Anche l’Anief ha consegnato alla Commissione Cultura una serie di emendamenti al Decreto Legge da sottoporre all’Aula, puntando l'attenzione sui precari e spiegando che per non calpestare i loro diritti basterebbe utilizzare una parte di quel 30% degli 8 miliardi di euro risparmiati dal dimensionamento delle scuole e dal piano di razionalizzazione scolastica derivante dalla Legge Tremonti-Gelmini.

"In tutto – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Cofnedir - si tratta di estrapolare dei risparmi della scuola: l’operazione, che è quindi senza oneri per lo Stato, prevede l’utilizzo di circa 1 miliardo e 650 milioni di euro. È una cifra importante, ma non si può continuare a calpestare il diritto dei precari alla crescita del loro stipendio, prescindendo dall’immissione in ruolo, e a mantenere in vita la cancellazione illegittima del primo gradino stipendiale degli assunti in ruolo. Con i nostri emendamenti, inoltre, sarà finalmente anche possibile valutare per intero, ai fini della ricostruzione di carriera, quel servizio pre-ruolo che oggi invece – conclude Pacifico - viene considerato integralmente solo per i primi quattro anni di supplenze".

Fonte: Teleborsa

 

 

Nelle ultime settimane sono circolate sul web notizie esageratamente ottimistiche sull’effetto immediato che il pronunciamento della Corte di giustizia europea potrebbe avere sulla stabilizzazione delle migliaia di docenti precari con oltre 36 mesi di servizio. Abbiamo chiesto all’Avvocato Walter Miceli, che patrocina le cause per Anief, di fare chiarezza sui punti più delicati e di spiegarci esattamente i passaggi che dovranno essere compiuti prima che un’eventuale sentenza favorevole possa tradursi nei tanto agognati contratti a tempo indeterminato.

Su due cose in particolare l’avvocato ha tenuto a essere chiaro: anche se la Corte di Giustizia Europea darà ragione ai precari, dovranno comunque essere i giudici del lavoro italiani, adeguandosi alla decisione comunitaria, a pronunciarsi per i risarcimenti o le stabilizzazioni. Auspicabile, poi, ma niente affatto scontato un intervento legislativo che sani la situazione per tutti i precari che si trovino nella stessa situazione dei ricorrenti. “A Lussemburgo si giocherà la partita finale tra due opposte visioni dell’Europa: quella in grado di difendere i diritti dei lavoratori o quella che, con il pretesto di una fantomatica emergenza finanziaria, decide per una temporanea sospensione del principio di legalità, con conseguente impossibilità di ottenere giustizia contro gli abusi commessi a danno dei precari”. Una partita che non è solo dei lavoratori della scuola, vuole dire Miceli, ma che interessa l’intera società civile.

Avvocato, è ormai diffusa un’attesa quasi messianica su questo pronunciamento della Corte di giustizia dell’Unione europea. E’ ragionevole questa speranza secondo lei?

“Sì, ma occorre fare alcune precisazioni. La Corte di Giustizia ha il compito di compito di garantire l'osservanza del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati fondativi dell'Unione europea. La decisione che arriverà dalla Corte, dunque, consentirà di superare definitivamente il parere della Cassazione che, nel giugno 2012, aveva gelato le speranze dei ricorrenti negando ogni tutela contro gli abusi del contratto a tempo determinato. Se questo pronunciamento sarà favorevole ai ricorrenti, allora le migliaia di processi fermati dalla Cassazione potranno riprendere il loro iter con pieno accoglimento delle richieste dei lavoratori della scuola”.

La sentenza non avrà, dunque, un effetto immediato sulla stabilizzazione dei precari, ma servirà a rimettere in moto il lavoro dei giudici italiani, giusto?

“Esatto. La Corte di giustizia europea non risolverà direttamente i nostri contenziosi, ma vincolerà i giudici italiani a dare una certa interpretazione del diritto, interpretazione che nessun Tribunale potrà disattendere. Tengo a richiamare l’attenzione sul fatto che è solo per il merito di magistrati coraggiosi come il giudice Paolo Coppola di Napoli se la vicenda dei lavoratori precari della scuola è arrivata alla Corte di Giustizia e non si è arenata, visto che la Cassazione aveva intimato ai giudici italiani di non sollevare il caso davanti alla magistratura europea”.

Nell’ipotesi di un parere favorevole ai lavoratori della scuola italiani, a beneficiarne saranno solo i ricorrenti oppure il diritto alla stabilizzazione diventerà automatico anche per chi non ha percorso le vie legali?

“Per ottenere la stabilizzazione sarà necessario richiedere una tutela giudiziaria, non ci sarà nessun automatismo”.

In altre parole sarà necessario passare da un tribunale…

“Esatto, anche se sarebbe auspicabile un intervento legislativo: solo in questo modo si sanerebbero tutte le situazioni in cui sono stati commessi abusi. Ma purtroppo un’azione del genere non è scontata, in passato non è accaduto spesso che il legislatore abbia recepito le indicazioni provenienti dall’Europa”.

I giudici italiani hanno la facoltà di ignorare le indicazioni che arrivano dalla Corte europea?

“No, l’interpretazione della Corte di Giustizia è vincolante. Se la decisione sarà favorevole ai ricorrenti, tuttavia, per i giudici italiani si profileranno due alternative: alcuni potranno optare per la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato; altri invece, rifacendosi a una diversa corrente di pensiero, probabilmente affermeranno che la stabilizzazione è in contrasto col Decreto Sviluppo del 2011 (che vieta di estendere ai dipendenti del comparto scolastico le tutele previste per gli altri lavoratori) e così si pronunceranno piuttosto per cospicui risarcimenti”.

A quanto potranno ammontare questi risarcimenti?

“Si tratta di cifre ingenti: proprio di recente Anief ha ottenuto al Trapani un risarcimento di 200.000 euro. Certo è che allo Stato converrà di gran lunga accettare la stabilizzazione”.

Che tempi bisognerà attendere per arrivare alle prime stabilizzazioni o ai primi risarcimenti?

“La decisione della Corte di Giustizia è attesa tra luglio e settembre. A quel punto potranno rimettersi in moto le cause con i loro tempi tecnici, che in Italia variano dai pochi mesi a più di un anno nei tribunali più affollati. Per tirare le somme, direi che in Europa questa volta si gioca una partita cruciale per il diritto di tutti i cittadini, non solo dei lavoratori precari della scuola: si deciderà se le ragioni di un fantomatico dissesto finanziario in un determinato momento storico possono valere più dello stato di diritto”.

Fonte: Orizzonte Scuola

Il sindacato Anief ha consegnato alla VII Commissione del Senato gli emendamenti al Decreto Legge n. 3 sugli scatti di anzianità approvato dal CdM a gennaio, tra cui l’adozione degli scatti anche per i supplenti e il reintegro del secondo “gradone” stipendiale per chi è stato immesso in ruolo. Il finanziamento potrebbe venire da parte del 30% degli 8 miliardi di euro risparmiati sull’Istruzione nell’ultimo quinquennio.

Anief chiede al Parlamento di cancellare il doppio “scippo” attuato nei confronti di docenti e Ata. I supplenti (tranne quelli di religione) infatti non hanno avuto diritto finora ad alcuno scatto stipendiale, indipendentemente dagli anni di precariato, che spesso sfiorano anche il ventennio.

Il riconoscimento dello scatto stipendiale farebbe venir meno le condizioni dell'accordo firmato il 4 agosto 2011, che abolisce il primo gradone stipendiale per i neo assunti dal 1° settembre 2011. Il leit motiv di questi anni è stato: assunzioni sì, ma a costo zero, ad invarianza finanziaria. E dunque il primo gradone stipendiale è stato spostato dal terzo all'ottavo anno di ruolo (in concreto dipende dalla singola situazione che scaturisce dalla ricostruzione di carriera).

Il sindacato Anief ha fatto i conti di quanto tale accordo sottragga per un lustro al personale della scuola: 1.130 euro annui per i docenti, 300 euro per i collaboratori scolastici, 400 euro per gli assistenti tecnici amministrativi e 650 euro per i direttori dei servizi generali e amministrativi.

Come fare? Dove reperire i soldi necessari per finanziare l'operazione?

“In tutto – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Cofnedir - si tratta di estrapolare dei risparmi della scuola: l’operazione, che è quindi senza oneri per lo Stato, prevede l’utilizzo di circa 1 miliardo e 650 milioni di euro. È una cifra importante, ma non si può continuare a calpestare il diritto dei precari alla crescita del loro stipendio, prescindendo dall’immissione in ruolo, e a mantenere in vita la cancellazione illegittima del primo gradino stipendiale degli assunti in ruolo. Con i nostri emendamenti, inoltre, sarà finalmente anche possibile valutare per intero, ai fini della ricostruzione di carriera, quel servizio pre-ruolo che oggi invece – conclude Pacifico - viene considerato integralmente solo per i primi quattro anni di supplenze”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"Se si vogliono veramente garantire gli scatti di anzianità e impedire la restituzione degli aumenti stipendiali ai dipendenti della scuola, i meno pagati di tutta la Pubblica Amministrazione, è necessario adottare alcuni emendamenti al Decreto Legge approvato dal Governo". La proposta dell'Anief, presentata oggi alla VII Commissione del Senato, "eviterebbe il tracollo del potere di acquisto degli stipendi del personale scolastico, già nel 2012 ridotti di 790 euro rispetto all'anno precedente".

La proposta emendativa all'art. 1, comma 4, prevede il ripristino della deroga per il personale della scuola al blocco stipendiale (Legge, 183, art. 4, comma 83) ripristinato dal D.P.R. 122/2013 che nega ai fini della progressione di carriera il riconoscimento di eventuali scatti stipendiali pagati a partire dal 2011. "Si tratta di una modifica che andrebbe anche a superare - si spiega - la proroga al blocco stipendiale per tutto il personale della P.A. nell'anno 2013 e 2014, ribadita dall'ultima Legge di Stabilità che livella ancora i valori di corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale del 2017 a quelli del 2013, ma che in realtà per la scuola sono addirittura quelli del 2010".

"E in tutto questo, non si tiene conto del personale precario che svolge le stesse funzioni di quello di ruolo. Nonostante un ultimatum della Commissione europea, già scaduto, del 20 novembre scorso, che imponeva all'Italia di adeguare la propria normativa entro 60 giorni sul principio di non discriminazione derivato dalla direttiva comunitaria 1999/70, da cui scaturisce la seconda proposta emendativa Anief all'art. 1, comma 4-ter: una volta riconosciuto lo scatto stipendiale al personale precario, verrà meno la ragione sottesa alla contrattazione collettiva nazionale firmata il 4 agosto 2011 che abolisce il primo gradone stipendiale per i neo-assunti al fine di garantire l'invarianza finanziaria".

Un'altra proposta di modifica del decreto, all'art. 1, comma 1, consentirebbe di evitare la restituzione di somme relative al beneficio della prima e seconda posizione stipendiale del personale Ata, conseguente al superamento di una procedura concorsuale in cui è prevista la frequenza di un apposito corso di formazione e il superamento di una prova conclusiva. L'ultima proposta emendativa all'art. 1, comma 4-bis intende risolvere il problema del blocco delle risorse aggiuntive destinate ai dirigenti scolastici, attraverso l'utilizzo dei risparmi derivanti dalla mancata corresponsione della RIA dei dirigenti collocati a riposo: si tratta di 36.421.995,48 euro, che vanno considerati un risparmio di sistema e riutilizzati a favore dei ds in servizio

Fonte: ANSA

 

Ancora troppi i nodi irrisolti, come i mancati chiarimento sulla validità abilitante dei titoli di scuola magistrale ottenuti dal 1997 al 2001. E continuano le resistenze degli atenei all’attivazione di alcuni corsi, soprattutto per la scuola dell’infanzia e primaria.

Continua la confusione sui Percorsi abilitanti speciali e in molti casi si brancola ancora nel buio.

È la Gilda degli Insegnanti a lanciare l’allarme.

Con un comunicato stampa del 4 febbraio il sindacato degli insegnanti ha chiesto al ministro Carrozza di intervenire con urgenza “per evitare che un provvedimento così importante per la scuola e le migliaia di docenti precari venga travolto dalla macchina burocratica del Miur e dagli interessi degli atenei”.

Infatti, Gilda denuncia la mancata attivazione di alcuni corsi, soprattutto per la scuola dell'infanzia e la primaria, a causa delle resistenze delle università. Inoltre, ad oggi mancano i necessari chiarimenti sulla validità abilitante dei titoli di scuola magistrale ottenuti dal 1997 al 2001.

Anche Anief torna a spronare il Ministero affinché dia risposte immediate alle tante questioni irrisolte. Oltre a quanto denunciato dalla Gilda, l’Anief chiede la pubblicazione definitiva da parte degli atenei dei corsi che effettivamente verranno attivati, al fine di permettere ai tanti candidati ai Pas, una volta acquisita la certezza della mancata attivazione del corso richiesto, di poter avviare la richiesta formale del nulla osta utile allo spostamento in un'altra regione.

Altra questione fondamentale riguarda la possibilità per tutti i corsisti di poter fruire dei permessi per il diritto allo studio, anche per un numero inferiore alle 150 previste dal C.C.N.L.. Per tale ragione l’Associazione chiede si sollecitare tutti gli atenei a pubblicare il programma delle lezioni e l’elenco degli ammessi ai corsi.

“Una volta superati questi aspetti organizzativi - scrive l’Anief - il nodo più difficile da sciogliere rimane sicuramente quello della spendibilità del titolo: premesso che gli atenei organizzatori dovranno ottemperare all’indicazione del Miur di assegnare i titoli di abilitazione entro la fine del prossimo mese di luglio: ciò permetterebbe l’immediato inserimento dei neo-abilitati nella seconda fascia delle graduatorie d’Istituto, la cui “finestra” di aggiornamento dovrebbe chiudersi più o meno in quei giorni”.

“Ma soprattutto, - continua l’Associazione - il Ministro Carrozza colga l’occasione per inserire i prossimi abilitati tramite i Pas, come attraverso i Tfa ordinari, all’interno delle graduatorie permanenti, da qualche anno ribattezzate “ad esaurimento”, perché rappresentano l’unico canale di assunzione, per il 50% dei posti vacanti, destinato al personale abilitato attraverso i corsi universitari”.

Tante dunque ancora le questioni rimaste aperte, mentre il tempo stringe.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Incontro tra ministro e rappresentanti di categoria. Promosso l'annuncio delle nuove immissioni in ruolo, ma l'Anief critica: pochi i docenti di sostegno. Altre critiche al governo sugli scatti d'anzianità e sui fondi.

IN ARRIVO più di 18mila assunzioni nella scuola per il prossimo anno scolastico, ma i sindacati non sono affatto soddisfatti dell'azione di governo sulla scuola. Oggi, durante l'incontro con i sindacati, il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza e i sindacati ha annunciato la prima tranche di assunzioni nella scuola a partire dal mese di settembre. Si tratta, per entrare nel dettaglio, di 12.625 immissioni in ruolo per i docenti su posto comune, 1.604 per gli insegnanti di sostegno e 4.317 posti per il personale Ata: amministrativi, tecnici e ausiliari. Un pacchetto di assunzioni che farà scattare il nuovo Piano triennale varato dal governo Letta che prevede oltre 82mila assunzioni.

L'annuncio è arrivato mentre ancora sulla questione degli scatti di anzianità non si è ancora trovata la soluzione definitiva. "Un confronto su molti temi - è il commento piuttosto interlocutorio di Francesco Scrima, della Cisl scuola - e con qualche interessante spunto di apertura, ma nessuna concreta soluzione per le emergenze su cui abbiamo ancora una volta posto l'accento nell'incontro di oggi con la ministra". Prima fra tutte quella per le cosiddette posizioni economiche del personale Ata, scatti che hanno già prodotto aumenti stipendiali, che per effetto del blocco degli automatismi economici, gli Ata rischiano di dovere restituire.

Una eventualità che Scrima definisce come "un vero e proprio furto a danno di lavoratori che hanno già svolto le attività per cui sono stati retribuiti". Anche la Flc Cgil è piuttosto critica nei confronti della Carrozza e parla di incontro con "poche luci e molte ombre". "Sul versante del ripristino degli scatti di anzianità di docenti e Ata - dichiara Mimmo Pantaleo - pur apprezzando l'impegno del ministro per evitare il recupero forzoso in busta paga, dobbiamo rilevare che nessuna risorsa aggiuntiva è stata prevista e l'unica possibilità che ci è stata prospettata è la decurtazione del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa". "Nessuna soluzione invece - continua Pantaleo - per le posizioni economiche del personale Ata e per il salario di posizione dei dirigenti scolastici".

La Gilda degli insegnanti parla di importante "passo in avanti" per le prime assunzioni del Piano triennale e chiede al ministro di affrettare l'incontro all'Aran per trovare una soluzione alla questione degli scatti stipendiali. Ma sul contingente delle assunzioni su sostegno secondo l'Anief "i conti non tornano". "Col decreto Scuola - dichiara Marcello Pacifico - si era stabilito un numero di assunzioni su sostegno superiore di dieci volte. Con questi numeri, oltre a danneggiare gli allievi, si rischia di lasciare per strada almeno 2mila docenti specializzati vincitori di concorso. Mentre Marco Paolo Nigi, dello Snals, "ha espresso con forza l'insoddisfazione del sindacato che non può dichiararsi soddisfatto soltanto perché il governo ha ridotto le penalizzazioni per il personale scolastico".

Fonte: Repubblica

 

Abbiamo chiesto al presidente Anief la sua opinione sulla grande consultazione lanciata dal ministro sul web, ma anche sulla valutazione degli insegnanti dopo la tempesta mediatica che si è scatenata intorno alla restituzione degli scatti. “Il tentativo del Governo è bloccare i salari della massa dei docenti ai livelli di ingresso per tutta la carriera, per poi consentire le progressioni solo a chi si distingue”.

“La costituente mi sembra un’idea pessima. Nella scuola – prosegue Marcello Pacifico - abbiamo migliaia di professionisti che, operando da anni nella didattica, facendo sperimentazioni, misurandosi ormai tutti i giorni con le nuove tecnologie, sarebbero in grado di dare un contributo specifico sui contenuti di rinnovamento della scuola. Non credo che un referendum sul web serva a qualcosa , mentre il ministro avrebbe fatto bene ad aprire uno spazio di confronto con tutti i sindacati, non solo quelli rappresentativi, con le associazioni professionali e con tutti i lavoratori, rivolgendo loro domande specifiche su temi specifici”. Ma in questo modo sarebbe stato, forse, meno democratico? “Solo in apparenza la costituente così come l’ha lanciata il ministro è democratica: in realtà già solo il fatto di doversi collegare a internet rappresenta una discriminazione”.

Assodate le riserve del presidente Anief sulla grande consultazione del ministro Carrozza per evitare la “riforma della riforma della riforma”, come ha fatto scrivere a Repubblica, viriamo la conversazione sul tema della valutazione, che Pacifico trova subito il modo di collegare al bubbone della restituzione degli scatti esploso in questi giorni con tanto di titoloni anche nei tg: “Tutto questo è il risultato del patto scellerato col Governo tra 2010 e 2011, quando i sindacati rappresentativi in cambio del rinnovo delle rappresentanze per ulteriori tre anni accettarono la sostituzione del principio di anzianità con quello di performance, cui si lega naturalmente la valutazione. Il corollario naturale è stato il blocco dei contratti”.

E adesso, quindi, i nodi iniziano a venire al pettine: “La vera ‘magagna’ – continua Pacifico - consiste nel fatto che da allora è stato inaugurato un sistema per cui non si prevedono soldi in più per premiare il merito, ma solo tagli aggiuntivi per recuperare in questo modo le risorse per gratificare chi fa di più. Si vorrebbe semplicemente livellare verso il basso gli stupendi di tutti gli insegnanti nella loro globalità, mantenendoli per tutta la carriera il livello del salario di ingresso, che è poco superiore al reddito minimo che propone Grillo, e consentire gli scatti solo a chi si impegna di più ed è più bravo”. Insomma, una bella strategia per fare un regalo riciclato agli insegnanti: ti restituisco ciò che in realtà già ti spetta, “ma il problema – conclude Pacifico – non è dare di più a chi vale di più, è capire a priori qual è un equo compenso per gli insegnanti e contestualmente gratificare chi fa meglio e di più anche alla luce dello stretto legame che insiste tra scelte nel campo dell’istruzione e livello economico di un paese. Gli ultimi 150 anni, così come sintetizzano bene i rapporti Ocse Pisa, Education at a glance e così via, hanno evidenziato le ricadute nel tessuto sociale e produttivo del livello di istruzione di un popolo, non si può continuare a far finta di nulla”.

“Per tornare alla valutazione – conclude il responsabile Anief – la nostra organizzazione è favorevole a una valutazione del lavoro dei docenti, a condizione che però si stabiliscano criteri trasparenti per premiare il merito individuale ma anche per migliorare in generale i redditi di tutti coloro che lavorano nella scuola, e non solo dei più bravi”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Docenti aumentati, ma l’assegnazione è sbilanciata a favore di Sud e isole. Il ministero dell’Economia chiede di razionalizzare i criteri per stabilire chi ha diritto all’aiuto. Sindacati divisi.

Duecentomila bambini e ragazzi disabili che frequentano le nostre scuole, poco più di 103 mila insegnanti di sostegno, una norma - quella italiana - che ci mette ai primi posti nelle classifiche Ocse sull’integrazione, ma che poi fatica a tenere il passo con le esigenze delle famiglie. Un esempio su tutti: nel Lazio ci sono genitori che sono stati invitati dai presidi a fare ricorso preventivo al Tar per ottenere l’assegnazione delle ore di assistenza che spetterebbero al proprio figlio. Eppure si tratta di una regione con il migliore rapporto insegnanti di sostegno/alunni. Un sistema molto poco efficiente ma costoso. Da qui l’idea di «razionalizzare»: ci sta lavorando il ministero dell’Economia e delle finanze, in uno dei gruppi guidati dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli.

Sotto la lente di ingrandimento non c’è il numero di insegnanti: quest’anno, per la prima volta dopo anni, quelli che aiutano i ragazzi disabili a integrarsi nelle scuole e a partecipare alle attività didattiche sono cresciuti (+8,8%) più che gli stessi studenti disagiati (+3,7%). E il decreto istruzione approvato a ottobre prevede la stabilizzazione di 26 mila docenti (dei 43 mila precari che lavorano nel sostegno) nei prossimi tre anni: 4.447 entreranno in ruolo già nel 2014. Ma ci sono troppe discrepanze tra regione e regione per numero di disabili certificati dalle Asl, e di conseguenza per numero di ore di assistenza richieste agli uffici regionali scolastici. Se la media degli studenti disabili in Italia, ad esempio, è del 2,63%, rispetto agli studenti nelle classi, ci sono regioni dove la quota si alza, come l’Abruzzo (3,28%) e il Lazio (3,31%), e altre dove si abbassa drasticamente, come la Basilicata (1,95%). Ma anche l’assegnazione degli insegnanti è fortemente sbilanciata: rispetto a un rapporto medio nazionale sceso a 1,90 alunni disabili per docente, si registra infatti uno stato di non equa distribuzione dei posti di sostegno, pesantemente a favore del Sud e delle Isole, con il Molise a 1,45, la Basilicata a 1,57, la Calabria e la Campania a 1,58. Da qui la necessità di uniformare i criteri di assegnazione dei punti di disabilità, adottando protocolli standard e ottimizzando le prestazioni del servizio.

I sindacati temono che dietro la razionalizzazione si nasconda l’idea di tagliare le ore e gli insegnanti. L’Anief aveva già lanciato l’allarme giorni fa, quando sembrava che la stabilizzazione della prima tranche di insegnanti di sostegno stesse slittando. Mimmo Pantaleo, della Cgil scuola, precisa: «Se si parla di riorganizzazione del sistema del sostegno, va bene, purché non si tocchino i numeri degli insegnanti. È inconcepibile anche solo pensarci, la nostra capacità di integrazione è uno degli aspetti più qualificanti della scuola italiana. Anzi, bisognerebbe ricordarsi che l’assistenza ai disabili a scuola è anche data dai collaboratori scolastici, che spesso li supportano per i servizi igienici, la mensa, gli spostamenti: anche a loro va riconosciuto il giusto compenso economico».

«Un riequilibrio ci deve essere - sostiene invece Francesco Scrima, Cisl -. Significa che dobbiamo evitare ciò che accade ora, e cioè che qualche regione abbia di più e altre di meno. Per quanto riguarda gli insegnanti, bisognerebbe ripristinare il principio originale della norma sull’integrazione, e cioè che l’insegnante è di sostegno alla classe e non solo all’alunno». Avverte invece Massimo Di Menna, della Uil: «Non vorrei che razionalizzazione fosse un modo elegante per dire che si vogliono tagliare i costi». Ma il ministero dell’Economia replica: «Vogliamo usare meglio il lavoro degli insegnanti e riorganizzare la distribuzione del personale. Stiamo lavorando con le associazioni di disabili e dei genitori dei disabili». 

Fonte: Corriere della Sera

 

Negli ultimi giorni ha destato grande scalpore il taglio delle buste paga degli insegnanti, una ulteriore dimostrazione che i "pasticci di Stato" finiscono sempre per essere risolti a discapito dei cittadini. Ma di chi sono le responsabilità? E come mai nonostante la propaganda dei vari governi, si continuano a tagliare gli investimenti sull’istruzione? Lo abbiamo chiesto a Marcello Pacifico, Presidente ANIEF, Associazione Nazionale Insegnanti e formatori nella videointervista di oggi.

Fonte: Teleborsa

 

 

Una due giorni dedicata al mondo della scuola è stata organizzata dall'Anief a Taormina, presso l'Hotel Villa Diodoro. Nel programma dei lavori spicca, nella mattinata di sabato 18 gennaio (dalle ore 9 alle 14), un seminario di studio, articolato in più sezioni, che verterà principalmente sulla “Legislazione scolastica” (dimensionamento, spending review, stabilizzazione, blocco contratti, tfr/tfs, pensioni, D.L. 104/2013 ed altro) alla luce delle ultime novità normative per il personale precario e di ruolo.

Il seminario, rivolto a docenti, personale Ata, dirigenti e direttori dei servizi generali ed amministrativi, sarà curato, oltre che da esperti del settore, dal presidente nazionale Anief, prof. Marcello Pacifico. La mattinata proseguirà con un workshop su “Il ruolo delle Rsu nella contrattazione integrativa” (Rls e sicurezza, Fondo d’Istituto, contrattazione integrativa ed altro), rivolto alle Rsu di tutte le sigle sindacali del comparto scuola ed ai dirigenti, a cura dei dsga, dott. Leonardo Gesù e dott. Giuseppe Capuana e con la presenza, in qualità di ospite, della dott.ssa Caterina De Luca, responsabile relazioni sindacali dell’ufficio di gabinetto del Miur, che curerà parte dei lavori con un interessante intervento di alto profilo tecnico-giuridico. Il seminario – gratuito per tutti – prevede l’esonero dal servizio ed il rilascio di un certificato di partecipazione. A seguire si aprirà l’assise per lo svolgimento del Congresso Regionale per il rinnovo delle cariche statutarie con la partecipazione di tutte le componenti del direttivo regionale Anief, dei delegati ed osservatori designati, oltre alla presenza dei legali territoriali nonché di tutti gli iscritti che vorranno prendere parte.

L'Anief è un'associazione sindacale e professionale nazionale, qualificata dal Ministero dell’Istruzione per la formazione del personale scolastico. La segreteria provinciale e regionale dall'Anief è coordinata dalla prof.ssa Bernadette Arrigo. Rosario Trischitta, consigliere comunale e capogruppo di maggioranza a S. Alessio Siculo, si è adoperato affinché l'importante appuntamento si tenesse in provincia di Messina e in particolare nella fascia jonica.

Fonte: SikilyNews

 

Appello al Ministro Carrozza: aprire le graduatorie ai giovani abilitati.

«L’Italia è il Paese con meno giovani docenti di tutta l’area Ocse: solamente lo 0,1% dei nostri insegnanti di ruolo ha meno di 30 anni. Mentre il 60% ha più di 50 anni, contro una media Ocse del 36%. Se si vuole invertire questo triste doppio primato occorrono interventi urgenti e mirati. Ad iniziare dall’inserimento nelle Graduatorie ad esaurimento dei circa 11mila nuovi abilitati con il Tfa ordinario, dei 7mila laureati risultati idonei all’ultimo concorso a cattedra ancora non immessi in ruolo e delle tante migliaia di ragazzi e ragazze che ogni anno si laureano in scienze della formazione primaria».

A chiederlo al ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza è l’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti E Formatori) evidenziando che «sono tutti aspiranti docenti, in larga parte giovani e già selezionati dallo Stato, ma ai quali oggi non si dà alcuna possibilità di potere essere stabilizzati. La loro graduale assunzione a tempo indeterminato, invece, svecchierebbe il corpo docente italiano portando nuova linfa a un sistema diventato sempre più autoreferenziale».

Il sindacato indica al rappresentante del Governo quale sarebbe la modalità immediata per introdurre il provvedimento: il D.L. 151/2013 Milleproroghe, in questi giorni all’esame del Parlamento. «Nella parte dell’articolo 6 del decreto, dedicata alla scuola - spiega l’Anief - va aggiunto un emendamento che oltre a prevedere l’inserimento dei nuovi abilitati nelle GaE, preveda anche la riduzione delle graduatorie su tre scaglioni, anziché cinque, eliminando in tal modo anche quella fascia aggiuntiva reputata incostituzionale prima dal tribunale amministrativo e poi dalla Consulta. Si tratterebbe di un provvedimento, tra l’altro, già prodotto nel decreto Milleproroghe del 2012, all’articolo 14. E, soprattutto, senza costi: anzi, trasformare questi giovani abilitati in supplenti comporterebbe un sicuro aggravio di spesa per l’erario, visto che i precari della pubblica amministrazione fanno sprecare allo Stato 700 milioni di euro l’anno per effetto della legge 92/2012, che ha introdotto le indennità AspI e mini-AspI».

«Se il tema vuole essere affrontato - sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - lo si faccia finalmente con le azioni concrete. E non i con i soliti proclami. A costo di rivedere la questione a 360 gradi. Anche perché anche su questo fronte i numeri ci dicono che siamo impietosamente indietro rispetto a tutti gli altri: l’Ocse ha detto che nel 2011 nelle scuole secondare italiane di insegnanti sotto i 30 anni non c’era traccia. Ed è tutto dire che il nostro era l’unico Paese a trovarsi in questo stato».

Fonte: La Stampa

 

TFA ordinario va inserito in GaE, per immissioni sostegno mancano ancora 1.600 posti da assegnare. Dopo le parole di ieri sera pronunciate dal Ministro durante la trasmissione "Che tempo che fa", è intervenuto il Presidente dell'ANIEF, che ha rilasciato alcune dichiarazioni a Orizzonte Scuola. Per quanto riguarda i precari "sarà l'Europa a dare la sua benedizione alle migliaia di richieste di risarcimento inoltrare da supplenti pluriennali che chiedono la stabilizzazione".

8 x 1.000
È grave che un ministro della Repubblica non segua i lavori parlamentari e non sia aggiornata sulle decisioni del Parlamento che riguardano lo stesso funzionamento delle scuole. Come OS ha rimarcato, non è un auspicio ma una proposta avanzata con successo dal M5S, oggi legge e soltanto nella scorsa legislatura una battaglia portata avanti dall’on. Russo (PD).

Scuola non statale
In tempo di nuova spending review che ha bloccato persino i lavori della Conferenza unificata sui nuovi criteri di dimensionamento viste le richieste pressanti del MEF, il ministro farebbe bene a riaprire il tema tra scuole pubbliche e paritarie e dirottare i residui finanziamenti verso le prime o a ripensare il sistema istruzione con verifiche più stringenti sui risultati ma anche sulla gestione del personale assunto. Il dovere è tanto più forte se ha conseguito l’ordinariato presso un’università telematica.

Riforma cicli
Più che una riforma dei cicli, è necessaria una riflessione sul cambiamento del mercato del lavoro, sulla speranza di vita degli italiani, sulle regole dell’apprendistato, sul tessuto produttivo del Paese, sul piano industriale del Governo, per orientare il successo formativo degli studenti e per combattere il fenomeno dei NEET. Non è la moda del momento che può risolvere il problema della disoccupazione. La riforma Moratti del primo e secondo ciclo d’istruzione durò due anni come idea e poi fu archiviata. E in ogni caso non si può pensare che chiunque passi per la rete scriva quello che vuole e poi si decide di conseguenza. Questo è già un segno della poca serietà del lavoro che si intende svolgere con migliaia di professionisti che si potrebbero consultare.

Scatti stipendiali
Dire che la vicenda è chiusa appare una semplice bugia perché significa che non si è capito niente di quello che è successo. Il blocco dei contratti (Legge 122/2010) avviene dopo la riforma Brunetta (d.lgs. 150/09) ed è seguito da un atto di indirizzo all’ARAN del 2011 condiviso dalla maggior parte dei sindacati - la cui rappresentatività era stata prorogata dallo stesso ministro - che abolisce gli scatti di anzianità e introduce una diversa valutazione del merito a invarianza finanziaria per la nuova stagione contrattuale. Quegli stessi sindacati contrattano, comunque, nelle more il pagamento di un assegno ad personam per il 2010 dai risparmi dei 50.000 tagli avvenuti, e poi degli scatti per il 2011 dal taglio del 25% delle risorse del MOF, finché il D.P.R. 122/2013 non decide che ogni aumento disposto dal 2011 non può essere ritenuto valido ai fini di progressione di carriera perché altera l’invarianza finanziaria sottesa dal blocco contrattale e richiede nuovi soldi da stanziare nella legge di stabilità. Pertanto, la vicenda si chiude solo se si modifica il D.P.R. citato con una deroga esplicita per la scuola. Rimane la scelta dei lavoratori alle prossime elezioni RSU se ridare fiducia ai sindacati che hanno già manifestato la volontà di firmare un contratto senza più gli scatti di anzianità o di darla ad altri perché non firmino quell’accordo.

TFA ordinari
Il ministro non può continuare a prendere in giro giovani laureati che rappresentato il fiore all’occhiello della futura classe docente. Senza fare il TFA ordinario erano già inseriti nelle graduatorie d’istituto. Voglio ricordare al ministro che il nuovo sistema di formazione iniziale era stato pensato nel 2008 per migliorare quello precedente delle SSIS e assumere giovani insegnanti in un Paese che, oggi, ha il 60% del suo personale over 50, il doppio della media OCSE. Farebbe bene, nel mille-proroghe, allora, a pensare all’inserimento dei docenti abilitati con il TFA ordinario nelle Graduatorie ad esaurimento, unica loro possibilità per essere assunti anche dopo dieci anni. Si può sbagliare nei giudizi, ma perseverare è diabolico. E poi non ci si dimentichi dei 7.000 idonei dell’ultimo concorso a cattedra, idonei per insegnare ma oggi lasciati per strada. E per finire, che dire dei 60.000 docenti che il Miur ha deciso di abilitare dopo che hanno maturato 540 giorni di insegnamento?

Precariato
Non è un tema da affrontare ma una necessità cui rispondere con urgenza perché prima o poi l’Europa darà la sua benedizione alle migliaia di richieste di risarcimento inoltrare da supplenti pluriennali che chiedono la stabilizzazione. Grazie all’Anief questo tema che doveva essere proposto già nel 2001, oggi è al centro dell’opinione pubblica. Bisogna avere rispetto delle regole anche nel pubblico dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro. E se stabilizzi non proponi un contratto con lo stesso stipendio da precario, perché così eludi la normativa comunitaria. Le 65.000 immissioni in ruolo previste nel prossimo triennio coprono a malapena i soli pensionamenti ridotti dalla riforma e lasciano il 13% dell’organico di diritto scoperto. Anche nel sostegno le assunzioni autorizzate dalla legge porteranno nel 2017 alla copertura del 70% del fabbisogno di organico come nel 2007, considerato la crescita esponenziale degli alunni con handicap che oggi supera le 210.000 unità.

Immissioni in ruolo sul sostegno
Ancora mancano 1.600 posti da assegnare ai sensi della legge previgente dal 1° settembre a cui aggiungere altri 4.000 ai sensi dell’ultimo decreto legge sulla scuola. Non è più tempo di chiacchere, il primo quadrimestre si è già concluso e sono passati due mesi dall’approvazione della legge. Se non fosse stato per le denunce di parlamentari e sindacalisti oggi non se ne parlerebbe proprio. Bisogna firmare subito e assumere.

Dispersione scolastica
E' arrivato il momento di affrontare il tema della destinazione delle risorse nelle scuole laddove maggiore è il tasso di abbandono scolastico, maggiore è la disoccupazione, minore è la messa in sicurezza degli edifici scolastici. Per fare un esempio: il parametro dei 22 alunni per classi non può essere lo stesso a Milano o a Palermo né a Palermo tra Via Libertà e lo Zen. Stessa cosa per l'autorizzazione o l'obbligatorietà del tempo pieno e prolungato. E ancora penso agli alloglotti o a zone dove non esiste alcun tessuto industriale. Non basta non dormire la notte ma lavorare di giorno.

Compiti
Il problema non è assegnarli durante le vacanze o farsi aiutare, il problema è far capire agli alunni che devono impegnarsi nella nostra società che è fondata sul lavoro e utilizzare e migliorare gli strumenti di valutazione. L'arte, come lo sport, si dovrebbero praticare a scuola perché se non li conosci è inutile che vai nei musei o in palestra. Mi fa piacere che il ministro mostri questa sensibilità, allora agisca di conseguenza e potenzi gli spazi riservate a queste discipline già nel curriculum.

L’intervista di Orizzonte Scuola

 

Dopo lo scontro Saccomanni-Carrozza, l'accusa del Movimento ripresa dai sindacati della scuola: "Disconosciute le assunzioni". Ma il ministero di Saccommani dice: tutto inventato.

ROMA - Altro scontro tra Saccomanni e Carrozza? Dopo quello sulla restituzione degli scatti stipendiali, vinto dal ministro dell'Istruzione, adesso si profila un'altra querelle: quella sull'assunzione di circa 27mila docenti di sostegno prevista dal decreto-scuola, di cui 4.447 per l'anno scolastico in corso. Ma dal ministero dell'Economia smentiscono qualsiasi intenzione di volere bloccare la stabilizzazione degli insegnanti di sostegno. "Il Mef - dicono da via XX settembre - non ha sollevato nessuna obiezione sull'assunzione dei docenti di sostegno. Ha anzi espresso un avviso favorevole alla richiesta del ministero dell'Istruzione pervenuta a fine dicembre. La Funzione Pubblica predisporrà lo schema del Decreto del Presidente della Repubblica necessario per il completamento dell'iter di assunzione che potrà essere sottoposto quanto prima al Consiglio dei Ministri". Nelle prossime ore il ministro Saccomanni provvederà a firmare il decreto che verrà poi restituito al Miur.

A denunciare il presunto blocco era stato qualche giorno fa l'onorevole del M5S Luigi Gallo che attraverso un massaggio su Facebook accusava via XX settembre di non volere "firmare neanche la prima tranche di assunzioni di insegnanti di sostegno.

Il motivo - spiegava - è che la Ragioneria di stato e il ministero dell'Economia disconoscono i 26.684 docenti di sostegno di nuova costituzione previsti dal decreto". Una denuncia raccolta oggi anche anche da Anief e Gilda. Il sindacato guidato da Marcello Pacifico parla di "bluff sui docenti di sostegno" puntando il dito contro il "Mef che si mette di traverso sulle l'assunzioni stabilite per legge". "Sarebbe una vera beffa - continua il leader dell'Anief - perché il contingente era stato già dimezzato rispetto al reale fabbisogno. Evidentemente viene reputata troppo alta la spesa di 4 miliardi di euro l'anno per garantire la didattica ad oltre 220mila alunni, le cui Asl chiedono il docente specializzato". "Ma che scuola è - si chiede pacifico - quella dove le logiche di risparmio prevalgono pure sui disabili, che così ogni anno continueranno a cambiare insegnante?".

L'assunzione dei 27mila docenti di sostegno prevista dal decreto dello scorso settembre è in effetti una stabilizzazione, perché attualmente su oltre 110mila docenti specializzati che seguono i portatori di handicap soltanto 63mila sono a tempo indeterminato. La restante parte, circa 47mila insegnanti vengo reclutati ogni anno dalle liste dei precari. E vengono quindi pagati ugualmente. Non si tratta di assunzioni ex novo, insomma. Ma la stabilizzazione garantirebbe la continuità didattica a circa 100mila alunni disabili costretti ogni anno a cambiare "angelo custode". Anche la Gilda degli insegnanti insorge contro lo stop di Saccomanni alla richiesta inviata da viale Trastevere, ancora disattesa. "Dopo gli scatti automatici le indennità al personale Ata e ai dirigenti scolastici - conclude Pacifico - anche le immissioni in ruolo dei docenti di sostegno rischiano di trasformarsi in una telenovela".

La vicenda degli scatti - che 90mila lavoratori della scuola avrebbero dovuto restituire, dopo averli percepiti, con minirate da 150 euro al mese prelevate direttamente dallo stipendio - ha richiesto l'intervento del premier Enrico Letta che ha affrontato il difficile punto nel Consiglio dei ministri di due giorni fa. Sull'organico di sostegno invece starebbe lavorando - per "armonizzarlo" - anche il commissario Carlo Cottarelli, nominato da Letta per la revisione della spesa pubblica: la cosiddetta Spending review.

Fonte: Repubblica

 

Gli stipendi dei prof sono salvi ma a rimetterci è sempre la scuola: il prelievo infatti non avverrà più dalle tasche dei docenti ma direttamente dalle casse delle scuole, alleggerite di ben 350 milioni di euro.

Un dietrofront da parte del governo che, dopo la bufera di polemiche esplose ieri, lascia comunque l'amaro in bocca. Per il momento possono dormire sonni tranquilli gli oltre 90 mila docenti che nel 2013 hanno avuto dei soldi in più in busta paga per gli scatti di anzianità raggiunti: il recupero crediti infatti non si farà e nello stipendio di gennaio saranno garantiti i 150 euro che, altrimenti sarebbero stati tagliati. Ma non è tutto oro quel che luccica.

I SINDACATI. L'allarme parte dal sindacato Anief: “la decisione del governo – spiega il segretario Marcello Pacifico - di non far restituire a 90mila insegnanti i 150 euro degli scatti automatici già a loro assegnati rappresenta un passo in avanti, ma non cancella il danno che lo Stato continua a perpetrare nei confronti della scuola pubblica: i 350 milioni di euro necessari a pagare gli aumenti in busta paga dei lavoratori, così come oggi deciso a Palazzo Chigi, verranno infatti prelevati dal fondo per il Miglioramento dell’offerta formativa, che serve a finanziare le attività e i progetti a supporto della didattica, in particolare nelle aree a rischio. Così, per i dirigenti diventerà sempre più frequente doversi affidare al buon cuore dei genitori degli alunni. Anche per comprare materiale scolastico di primaria necessità: come la carta igienica, i gessetti per le lavagne, i toner, l’assistenza per i computer e l’attivazione dei progetti a sostegno della didattica”.

CAOS POLITICO. Intanto la questione continua a tenere banco anche all'interno della maggioranza, con Renzi che ha definito il problema da “scherzi a parte”, provocando inoltre non poche spaccature anche all'interno del Governo. Mentre il ministro Maria Chiara Carrozza, al termine della riunione a Palazzo Chigi, twittava “gli insegnanti non dovranno restituire i 150 euro. Sono soddisfatta per gli insegnanti”, dal ministero dell'economia arrivava secca la precisazione del ministro Saccomanni: “Sugli stipendi dei professori c'è stato un problema di comunicazione: il ministero dell'Economia e delle finanze è mero esecutore. Aspettavamo istruzioni che non ci sono pervenute. Il Ministero dell'Istruzione fu avvisato: in data 9 dicembre 2013 il Ministero dell'Economia ha informato il Ministero dell'Istruzione che avrebbe proceduto al calcolo e al recupero delle somme relative agli scatti, dando al Ministero il tempo necessario a formulare diverse istruzioni. Si è operato secondo le leggi in vigore”.

Fonte: Leggo

 

Il cane che si morde la coda: l'Italia ha il record di docenti "vecchi", dicono, e la causa è il sistema di reclutamento, dicono altri. Nel frattempo si abilitano precari che "invecchiano" nelle graduatorie o in attesa di un prossimo, improbabile, concorso. Precari, che costano milioni di euro annui.

E' l'OCSE che ci ricorda (non è certo una novità) che l'Italia ha il record per età media dei docenti, il 62% degli insegnanti ha più di 50 anni. Con la riforma Fornero gli uomini lasceremo le cattedre a 67 anni. A ciò aggiungiamo che l'età media delle immissioni in ruolo è alle soglie dei 40 anni di età

La colpa? l'innalzamento dei limiti di età per a pensione e di conseguenza la mancanza di ricambio generazionale.

E non basta, denuncia l'ANIEF che " il 2014 porterà un altro bel giro di vite sul fronte della pensione dei lavoratori. In particolare per quella delle donne. Dopo che la riforma Fornero ha elevato, dal 1° gennaio del 2012, l’età minima per accedere all’assegno di quiescenza da 60 a 62 anni, nel 2014 serviranno 63 anni e 9 mesi. Mentre per quelle che non posseggono il requisito dell’età anagrafica, servirà un’anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi entro il 31 dicembre 2014 (per gli uomini un anno in più). Considerando che oltre l’80 per cento dei docenti italiani è composto da donne, il nostro corpo insegnante non potrà che confermarsi negli anni il più vecchio al mondo."

E c'è poco da interpretare sui numeri della scuola: quest’anno hanno lasciato il lavoro circa 11mila docenti e 4mila Ata. Mentre 12 mesi prima erano stati complessivamente 28mila. E nel 2007 oltre 35mila. Se non è un blocco del turn over, poco ci manca

"Insegnanti vecchi? Colpa del reclutamento" dice la responsabile scuola di Forza Italia, Elena Centemero. "Il nostro corpo insegnante si conferma il più vecchio al mondo anche a causa del sistema di reclutamento molto più che superato. Per diventare insegnanti bisogna scalare graduatorie ad esaurimento che scorrono lentissime e che consentono, se tutto va bene, di entrare in ruolo a quarant'anni." E chiede una riforma che prevede concorsi ogni due anni.

Precari, alcuni vanno in pensione senza un contratto a tempo indeterminato, precari che costano. A fare i conti lo SNALS, "i precari nella scuola sono 300mila, compresi quelli che lavorano anche solo qualche giorno, ma sono 100mila (90mila docenti e 10mila personale Ata) quelli con incarico annuale".

L’organico complessivo, di fatto e di diritto, è di 1 milione. Lo SNALS punta il dito su tale distinzione, che reputa assurda e dispendiosa.

Infatti, "per il personale a tempo determinato l’Amministrazione versa all’Inps l’1,61 per cento sullo stipendio mensile, ai fini della corresponsione delle due nuove indennità mensili introdotte dalla legge 92/2012 (l’ASpI e la mini-ASpI) per il sostegno al reddito dei lavoratori subordinati che perdono involontariamente l’occupazione.

Sullo stipendio medio annuale lordo (calcolato sulle diverse categorie di personale) di 31.305,25 euro, la differenza in più per ciascun precario è di 2.641,70 euro che, moltiplicata per i 100mila precari, dà un costo in più per lo Stato di 264.170.000,00 euro".

Insomma, sostiene Nigi, il segretario SNALS, mantenere l'organico di fatto non conviene perché dispendioso. Forse è meglio assumere o riportare tutto al'organico di diritto, si risparmierebbe.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Nel nostro paese il 62% degli insegnanti ha più di 50 anni. Colpa anche del rialzo dei limiti d'anzianità per ottenere la pensione e della mancanza di un ricambio generazionale. Solo 27 docenti su mille hanno meno di 30 anni.

Domande di pensionamento per gli insegnanti entro il prossimo 7 febbraio, ma potranno lasciare la cattedra in pochi. Intanto l'età media dei docenti italiani sale e siamo la nazione con la classe docente più vecchia al mondo. A denunciare la pericolosa deriva cui si sta dirigendo il nostro Paese è l'Anief , il giovane sindacato della scuola fondato da Marcello Pacifico, che parla di "blocco del turn over". "Con il 2014 - dichiara Pacifico - altro giro di vite sulle pensioni. Particolarmente penalizzate le donne, che nel comparto istruzione rappresentano oltre l'80 per cento del personale".

"Nel 2014 per la pensione di vecchiaia - spiega il leader dell'Anief - serviranno 63 anni e 9 mesi di età; per quella anticipata servirà un'anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi, ma rispetto a pochi anni fa lascia il servizio meno della metà degli insegnanti e Ata: siamo quasi al blocco del turn over". A guardare i dati, in effetti, le cose stanno proprio in questi termini. Nell'anno che volge al termine, per effetto della legge Fornero che ha innalzato i limiti d'età e di anzianità per lasciare il lavoro, sono riusciti a salutare la cattedra meno di 11mila insegnanti.

Meno della metà rispetto ai 28mila insegnanti che hanno raggiunto l'agognato traguardo nel 2011 e quasi un terzo dei 32mila del 2009. "Chiederemo - continua Pacifico - un'interpretazione autentica alla Consulta, perché la professione docente è tra le più alte a rischio burnout. Già oggi l'età media è oltre i 50 anni e presto si lascerà la cattedra non prima dei 67 anni". Una situazione che nei prossimi anni rischia di scavare un solco ancora più profondo tra generazioni sempre più digitali e insegnanti sempre più vecchi.

Gli ultimi dati forniti dall'Ocse nel rapporto Education at a glance 2013 non lasciano spazio a molti dubbi. Le aule italiane ospitano gli insegnanti più canuti dei 32 paesi censiti dall'Ocse. Un vero e proprio record che, se non interverranno modifiche alla legge Fornero, sarà difficile strappare al Belpaese anche nei prossimi anni. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in Italia nel 2011 62 insegnanti su cento avevano già festeggiato i 50 anni, mentre i giovani docenti in cattedra erano una rarità: appena lo 0,27 per cento. In altre parole, 27 su mille.

Il paese più vicino al nostro è la Germania, con il 49,7 per cento di docenti over 50 e il 4,8 per cento under 30. Ma appena si volge lo sguardo oltre la Manica 32 insegnanti su cento over 50 e ben 20 con meno di 30 anni. Anche nella vicina Francia, dove i docenti matusa (gli over 50) rappresentano soltanto un terzo del totale, le cose sono molto diverse dall'Italia. Con la media Ocse che il 35 per cento con oltre mezzo secolo di vita. "Oltre a questi numeri, che non necessitano di commenti per la loro limpidezza - commenta Pacifico - c'è da dire che in Italia i nostri governanti continuano a dimenticare che l'insegnamento è scientificamente collocato tra le categoria professionali più a rischio burnout".

"Mentre nel nostro Paese - conclude il presidente dell'Anief - si continuano a tutelare altri dipendenti, come quelli di sicurezza, difesa e soccorso pubblico, che ancora possono lasciare a 57 anni, in certi casi a 53: in questi casi, infatti, la somma età-contributi si ferma non a quota 96, ma addirittura a 92 anni. Tanto è vero che nel primo semestre 2013 i dati ufficiali emessi dall'Inps hanno rivelato che i corpi di polizia hanno lasciato il servizio in media a 54,8 anni ed i militari a 57 anni. È davvero grave che a fronte di certe deroghe, su cui non spetta a noi entrare nel merito, per gli insegnanti la soglia della pensione è stata posticipata, quando entrerà a regime, a 67-68 anni".

Fonte: Repubblica

 

Con un’informativa del 27 dicembre, il ministero dell’Economia chiede il graduale recupero degli aumenti attraverso “rate di importo fisso lordo di € 150,00 fino a concorrenza del debito”. Insorgono i sindacati. Scrima (Cisl) si scaglia contro il Governo Letta: un atto di palese incoerenza rispetto alle tante affermazioni di voler sostenere e valorizzare il lavoro nella scuola. L’Anief ricorre alla Cedu. Intanto crolla il potere di acquisto dei redditi delle famiglie.

Quello sugli scatti di anzianità del personale scolastico sta diventando un vero “giallo”. Mentre i sindacati speravano di aver portato a caso il recupero delle tre annualità bloccate a seguito dell’applicazione dell’art. 9 della Legge 122/2010, dal ministero dell’Economia e delle Finanze è stata pubblicata un’informativa, la 157/2013 che fredda tutti gli entusiasmi: nella comunicazione, rivolta agli utenti NoiPA, il Mef indica la necessità di realizzare quanto previsto dal D.P.R. n. 122/2013, che ha sancito la nullità dell'accordo sulla copertura degli scatti automatici e sugli aumenti disposti dai contratti. Pertanto, continua l’informativa emessa dal dicastero di Via XX Settembre, “per il personale che prima dell’applicazione risultava con maturazione della progressione economica nel corso dell’anno 2013 sono stati accertati crediti erariali che verranno recuperati con rate di importo fisso lordo di € 150,00 fino a concorrenza del debito”. In pratica, sembrerebbe di capire che tutti coloro che hanno maturato lo scatto automatico in busta paga nel 2012 dovranno restituirlo.

Ad interpretare in tal modo, l’informativa è anche la Cisl. Il cui segretario generale, Francesco Scrima, non ha tardato ad emettere un duro comunicato contro l’operato del Governo Letta.

“Le istruzioni impartite dal Ministero dell'Economia per un graduale recupero degli scatti maturati nel 2012 – dice Scrima - costituiscono una decisione inaccettabile che va bloccata, una vera e propria provocazione che se attuata non potrà rimanere senza risposta”. Per il leader di comparto non vi sono dubbi: quello condotto da Governo è un atto di “palese incoerenza rispetto alle tante affermazioni di voler sostenere e valorizzare il lavoro nella scuola”.

E ancora: “non è ammissibile che si intervenga a recuperare quote di salario già erogate, e ancor di più - sottolinea il sindacalista - che lo si faccia mentre è in fase di avvio la trattativa proprio per il recupero di validità del 2012 ai fini delle progressioni di anzianità. Chiediamo al Governo di sospendere ogni procedura di recupero, impegnandoci ovviamente a sostenere le azioni di impugnativa ove queste si rendessero necessarie da parte degli interessati”. Come sempre, aggiunge Scrima, "sono i fatti, sono le scelte concrete a valere più degli impegni assunti con parole altisonanti: ne ha spese molte anche questo governo, quando ha dichiarato di voler ridare centralità a istruzione e formazione. Ma se la decisione di intervenire sugli stipendi fosse confermata, quelle parole verrebbero palesemente smentite, con una clamorosa caduta di credibilità per chi le ha pronunciate, oltre che - conclude - di autorevolezza e affidabilità per chi nel governo è investito di diretta responsabilità in materia di istruzione e formazione".

Meno sorpreso, ma comunque sempre allarmato, per come si sta delineando la vicenda degli scatti è l’Anief. Il sindacato autonomo, che ha sempre dubitato della piena validità del patto di salvataggio degli scatti automatici, sostiene che qualora “venisse confermato il blocco stipendiale”, centinaia di migliaia di lavoratori “subirebbero una palese diversità di trattamento rispetto ai magistrati e agli avvocati dello Stato”. Il riferimento dell’Anief è sempre alla sentenza n. 223/12, attraverso cui la Corte Costituzionale ha annullato l’art. 9, c. 21 della L. 122/2010. Tornando quindi a concedere gli aumenti solo ai magistrati statali. L’organizzazione guidata da Marcello Pacifico, quindi, si batterà in tribunale per cercare di fa fruire dello stesso trattamento il personale della scuola: “il sindacato invita tutto il personale della scuola a costituirsi presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. L’obiettivo è ribaltare nelle aule di giustizia quanto deciso dal Governo e avallato dal Parlamento. Non vi sono altre possibilità, ormai, per difendere il potere di acquisto degli stipendi e la professionalità di chi opera nella PA”.

In effetti, il potere di acquisto degli stipendi dei dipendenti statali sta toccando livelli sempre più bassi. Proprio in questi giorni l’Inps ha comunicato che “nel 2012, anno "tra i più critici" per l'economia e la società italiana, i redditi delle famiglie ne hanno risentito in "maniera rilevante". Si sono infatti ridotti del 2% in termini monetari, ma in termini di potere d'acquisto la caduta è stata di ben 4,9 punti”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Buone notizie per i supplenti: sono disponibili, per le scuole, gli importi per il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie. Lo comunica il Ministero dell' istruzione sulla home page del sito, dove è stata pubblicato il relativo avviso.

Nell'avviso, datato 24 dicembre 2013, si comunica agli Uffici scolastici regionali e ai revisori dei conti delle istituzioni scolastiche che si è provveduto "a caricare su ciascun Pos di ciascuna scuola gli importi per i pagamenti su 'cedolino unico' delle supplenze brevi e saltuarie dei contratti rilevati alla data del 15 dicembre 2013 per prestazioni rese fino al 31 dicembre 2013 e per supplenze da pagare a partire da gennaio 2014". I dettagli finanziari, viene specificato, saranno forniti a ciascuna scuola, che pertanto può procedere agli adempimenti necessari ai relativi pagamenti.

Il 15 dicembre scorso l'Anief (Associazione professionale sindacale) aveva denunciato che migliaia di supplenti avrebbero passato il Natale senza lo stipendio, riferendosi appunto a docenti e Ata che hanno stipulato contratti con gli istituti per sostituire colleghi in malattia o in aspettativa. E questo perché il Ministero non aveva inviato a diverse scuole i fondi necessari per pagare le mensilità di novembre e dicembre dei cosiddetti supplenti "brevi". 

Fonte: ANSA

 

Il decreto Istruzione ha portato una grossa novità per i docenti assunti in ruolo a partire dal 1° settembre 2011, e cioè la possibilità di poter richiedere il trasferimento interprovinciale dopo 3 anni, e non più 5. Ma assegnazione provvisoria e utilizzazione rimangono vincolate ai 3 anni, invece i colleghi assunti prima di tale data hanno potuto richiederle fin dal primo anno di servizio. Il sindacato Anief continua a depositare ricorsi presso il tribunale del lavoro per la violazione dell’articolo 8 della CEDU, la Convenzione dei diritti dell’uomo.

La legge 128/2013, di conversione del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, (in Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 214 del 12 settembre 2013), coordinato con la legge di conversione 8 novembre 2013, n. 128, (in questa stessa Gazzetta Ufficiale alla pag. 1), recante: «Misure urgenti in materia di istruzione, universita' e ricerca.». (13A09118) (GU Serie Generale n.264 del 11-11-2013) dispone

«I docenti destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l'assegnazione provvisoria o l'utilizzazione in altra provincia dopo tre anni di effettivo servizio nella provincia di titolarità. La disposizione del presente comma non si applica al personale di cui all'articolo 21 della legge 5 febbraio 1992, n.104. "

Cade quindi, a partire dalle prossime operazioni di mobilità per l'a.s. 2014/15, il vincolo per i docenti dei 5 anni di permanenza nella provincia di assunzione in ruolo, così come imposto dalla legge dall'art. 9 della Legge 106/2011. Questo significa che potranno richiedere il trasferimento interprovinciale anche i docenti assunti a tempo indeterminato dal 1° settembre 2011. Vedi le novità dell'Ipotesi di contratto mobilità firmata il 17 dicembre 2013

Ma sembra trattarsi di una vittoria a metà. Critica infatti la posizione del sindacato Anief. Il sindacato infatti, sostenitore dell’emendamento PD alla Legge 128/2013 , che ha generato il ritorno ai tre anni di obbligo di servizio anziché cinque, si è impegnato sino all’ultimo per permettere l’assegnazione provvisoria già dopo il primo anno immissione in ruolo. Come, del resto, previsto dalla Legge 124 del 1999.

"Come sindacato – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – abbiamo sempre ricordato che lo Stato ha il dovere di adottare tutte le misure necessarie al rispetto della vita familiare e alle relazioni tra gli individui appartenenti a una famiglia. È bene ricordare che per essere adeguate queste misure atte a riunire, ad esempio, un genitore con il proprio figlio, devono essere prese rapidamente. Perché il passare del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili nelle relazioni affettive tra un bambino e il suo genitore. In questi casi, chi è artefice immotivatamente del distacco forzato può essere imputato dei danni morali, che nelle ultime cause – conclude Pacifico - sono stati quantificati in 15mila euro più le spese di giudizio sostenute dal ricorrente nelle giurisdizioni interne".

Pertanto il sindacato promuove delle iniziative volte a ripristinate l'assegnazione provvisoria già dal primo anno di servizio per i docenti assunti dal 1° settembre 2011. Per informazioni vai al comunicato

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Gli insegnanti dovranno soprattutto fornire assistenza agli studenti stranieri, ma tra di loro potrebbero esserci anche ex ingegneri e musicisti. Dura la reazione dell'Anief: "Dopo la carta igienica pagata dalle famiglie, arriva il prof che lavora senza compenso".

BRESCIA - Pensionati e scuola: un binomio che, fino ad oggi, faceva venire in mente solo il giubbotto arancione con cui i più anziani aiutavano i bambini ad attraversare la strada e gestivano il traffico. A Brescia, invece, i pensionati torneranno persino tra le mura scolastiche: ex docenti e professionisti lavoreranno gratuitamente, secondo una proposta arrivata dalle stesse scuole e approvata dall'assessore comunale alla Pubblica Istruzione Roberta Morelli.

Per questi ex insegnanti sarà creato un albo ad hoc e gi interessati dovranno solo consegnare il loro curriculum al Comune. Le loro richieste saranno poi comunicate ai singoli istituti e il loro compito sarà soprattutto quello di fornire assistenza agli studenti stranieri, che in quest'anno scolastico sono, solo a Brescia, oltre il 25 per cento di tutti gli iscritti alle scuole statali elementari e medie della città.

La soluzione bresciana di fronte alla mancanza di fondi destinati all'istruzione, in particolare all'assunzione di nuovi insegnanti, ha subito scatenato le reazioni dell'Anief, l'associazione sindacale che raggruppa docenti e ricercatori: "Dopo la carta igienica pagata dalle famiglie, le minacce di ridurre i riscaldamenti, i ritardi nel pagamento dei supplenti e il tentativo di assicurare gli aumenti di stipendio con il taglio delle attività extra-didattiche, arriva il professore in quiescenza che torna a lavorare senza compenso: la carenza di soldi nelle scuole sta producendo delle soluzioni sempre più ingegnose. Ma che a volte sembrano oltrepassare il buon senso". L'Anief si è scagliata contro il ritorno dei docenti in pensione affermando che questo "è solo un modo per evitare di pagare dei professionisti, una deriva che trae origine dai tagli ai finanziamenti per le scuole e dalle inadempienze dei pagamenti da parte del Ministero delle Finanze".

La protesta dell'Anief procede soprattutto su due fronti: da un lato, l'associazione si chiede perché "non si sia neppure aspettato lo stanziamento dei fondi del Miur (ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), previsti dall'ultima legge per gli studenti alloglotti, destinati alla formazione dei docenti impegnati nell'insegnamento dell'italiano come seconda lingua"; dall'altro sottolinea la riduzione delle risorse destinate al Mof (fondo per il miglioramento dell'offerta formativa). "Nell'anno scolatisco 2013-14 è stato infatti eliminato il 25 per cento del Mof - fa sapere l'Anief - che serviva per il recupero, come assegno ad personam, dei mancati aumenti di stipendio che da contratto sarebbero dovuti essere previsti per il 2011".

Tra i pensionati pronti a lavorare gratuitamente nelle scuole bresciane ci saranno non solo ex docenti ma anche ingegneri e musicisti, che potrebbero potenziare l'insegnamento della matematica e organizzare varie attività.

Fonte: Repubblica

 

Per questo abbiamo sentito il Presidente dell'ANIEF, Marcello Pacifico, sindacato che per primo aveva denunciato l'eventuale non correttezza del bando del concorso a cattedra che poneva come limite l'anno accademico 2002-03 per i candidati che accedevano al concorso solo con il titolo di laurea. "No ad abilitati di serie A e di serie B".

Presidente Anief, una sentenza del Tar Lazio le dà ragione. I docenti laureati dopo il 2002 potevano partecipare al concorso, ci spiega perché?

Lo abbiamo denunciato già all’indomani della pubblicazione del bando di concorso: la decisione dell’amministrazione assunta nel 1998 di far partecipare i laureati all’atto della nuova procedura concorsuale, in attesa dei corsi SSIS, doveva essere attualizzata alla circostanza di un rinvio prorogato per dieci anni durante i quali le Università hanno laureato migliaia di cittadini.

Quali scenari possiamo ipotizzare per i futuri concorsi dopo questa sentenza?

Difficile descriverli, dipende se il Governo pensa a un nuovo sistema di reclutamento. L'errore del ministro Profumo è stato quello di pensare a modalità nuove utilizzando una legge vecchia che disciplinava in ogni momento tutta la procedura concorsuale. Dal Miur volevano prima bandire un concorso ogni due anni, ma la legge parlava di tre, volevano l'inglese obbligatorio per la primaria ma la legge diceva facoltativo, hanno aperto ai laureati ma sino al 2002 quando la legge accettava i soli abilitati.

Resta il fatto che se questo principio dovesse essere assunto per i futuri concorsi gli abilitati TFA avrebbero quale unico vantaggio l'iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie di istituto ...

Dalla stretta sulle graduatorie d'istituto inserita nel Regolamento sulla formazione iniziale sembra che i futuri concorsi saranno aperti ai soli docenti abilitati, oggi il Miur ha perso perché distingueva laureati di serie A e di serie B tra gli ammessi. Ma il problema si riproporrà nuovamente, perchè non sono all'orizzonte nuovi concorsi e perchè il Miur discrimina abilitati di serie A (corsi riservati, concorsi, SSIS) e di serie B (TFA e PAS). Per questo abbiamo iniziato una battaglia al Tar Lazio che potrebbe continuare al giudice del lavoro all'atto del nuovo aggiornamento triennale delle graduatorie. Chi si è abilitato con il TFA lo ha fatto su un numero programmato e in aluni casi come cinese, arabo su graduatorie relative a classi di concorso esaurite. Questi colleghi hanno diritto ad insegnare subito senza aspettare un regalo dalla befana nel 2020 ...

Tornando al Concorso 2012. Ci ricordiamo che l'Anief individuava nel settembre 2012 otto buoni motivi per ricorrere contro il bando, come è lo stato del contenzioso?

Siamo riusciti a ottenere ordinanze cautelari, considerato in prima facie il fumus, sui requisiti di accesso relativi alla laurea conseguita dopo il 2002 (oggetto della recente sentenza n. 11178/2013), allo stato di servizio in ruolo o al diploma magistrale, sulla contestazione della soglia 35/50 alla prova preselettiva, sulla sufficienza come criterio di accesso alla prova laboratoriale, sulla lingua inglese non obbligatoria alla scuola elementare. I ricorsi, invece, relativi alla graduatoria di merito e al punteggio più favorevole sono stati ritenuti, di recente, di competenza del giudice del lavoro e attendiamo conferma dai giudici di appello prima di riassumere il contenzioso.

Questa volta, però, non siete arrivati per primi ad una sentenza ...

Qui non c’è chi arriva prima o dopo ma chi pone i problemi. L’attività dell’Anief non soltanto costringe le altre forze sindacali a sposare, spesso, le sue rivendicazioni sindacali e a portare avanti le stesse iniziative legali come sulla stabilizzazione dei precari; ma influisce anche sul lavoro di diversi professionisti del settore che ritengono i ricorsi procedibili e potenzialmente vittoriosi nelle aule dei tribunali. Il ricorso rimane ad oggi l’unica strada per il sindacato per difendere i lavoratori. Ma docenti e ata devono sapere che un ricorso non si conclude con la scrittura della memoria da parte del legale ma con un’attività alacre e attenta sul piano parlamentare, istituzionale e mediatico di tutto il sindacato che corretta in punto di diritto non può portare che al successo: alla fine il tempo paga. Per questo siamo più di 30.000 e abbiamo quasi doppiato per numero di deleghe il primo dei sindacati non rappresentativi.

Quali nuove battaglie legali ci dobbiamo aspettare?

Certamente la perequazione degli stipendi al costo della vita, ragion per cui ricorreremo alla CEDU perché non vi possono essere cittadini di serie A con automatismi di carriera sbloccati e cittadini di serie B con stipendi fermi al palo per un decennio. Né le ragioni finanziarie possono derogare ai principi basilari su cui si sorregge lo stato sociale: il diritto al contratto, al pagamento dello stipendio e alla carriera, alle ferie, alla pensione e alla liquidazione. Infine, non si può pensare di superare le denunce dell’Europa sull’abuso dei contratti a termine dei precari della scuola, assumendo in ruolo i supplenti con lo stipendio da precari come concordato da alcuni sindacati (v. CCNL 4 agosto 2011). Tutti i neo-assunti hanno diritto al primo gradone stipendiale (fascia 0-8 anni) e hanno diritto alla ricostruzione di carriera di tutto il servizio pre-ruolo (superiore ai quattro anni) nel rispetto della direttiva comunitaria 1999/70/Ce. Siamo pronti a ritornare a Lussemburgo per dare loro ragione. Lo abbiamo fatto una volta e la storia sembra non darci torto.

Insomma, nell’orizzonte dell’Anief sempre nuovi ricorsi …

Ma sempre vittoriosi, finché non diventeremo rappresentativi, almeno, grazie alle prossime elezioni RSU per le quali ci stiamo organizzando cercando candidati. La speranza è che nel divenire rappresentativi, forse, potremo essere da esempio per gli altri sindacati ed essere ascoltati durante le sessioni negoziali. Attenzione, l’Anief, comunque, rimarrà sempre un sindacato libero, giusto e solidale.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Sono circa 67 mila i docenti precari della scuola che si accingono ad iniziare, nelle prime settimane del 2014, i corsi di abilitazione a pagamento: si tratta dei Pas, i Percorsi Abilitanti Speciali riservati ai supplenti che hanno maturato almeno tre anni di servizio. Lo rende noto l'Anief, ricordando che ''i corsi, tenuti dalle Universita', termineranno in estate, ma chi conseguira' il titolo non ha alcuna garanzia sulla sua spendibilita'.

Come se non bastasse, mentre il Ministero dell'Istruzione non accenna a cambiare idea sul voler tenere blindate le graduatorie ad esaurimento, ora si scopre che per svolgere i corsi abilitanti, sino a qualche anno fa gratuiti, i docenti precari dovranno pagare tra i 2.000 euro e i 2.500 euro''.

Il sindacato ''non puo' essere indifferente a tutto questo - afferma in una nota Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -. La verita' e' che dopo aver trattato i futuri docenti di sostegno come una sorta di bancomat stiamo assistendo all'ennesima truffa ai danni di tantissimi precari che da anni gia' svolgono la professione. Quanto sta accadendo, tra l'altro, tiene lontano il nostro Paese del sistema di reclutamento che l'Europa indica ai suoi stati membri attraverso una precisa direttiva comunitaria, la quale prevede il riconoscimento formale della professionalita' acquisita dopo tre anni di servizio''.

Fonte: ASCA

 

Dopo una lunga attesa stanno per partire i corsi di specializzazione per diventare insegnanti di sostegno. Con il nuovo anno si completeranno, infatti, le preselezioni e subito dopo inizieranno i corsi, una trentina, sparsi per il territorio nazione. Nella maggior parte dei casi i corsi si concluderanno entro la metà del 2015.

"Per arrivarci, però, i docenti dovranno versare nelle casse delle Università cifre fuori mercato", sostiene l'Anief, che ha fatto i cont . "Il record per accedere alla prova preselettiva e alla frequenza dei corsi è dell'Università di Enna 'Kore', dove ad ogni candidato vengono chiesti rispettivamente 200 e 3.700 euro. Nelle ultime ore anche Palermo ha pubblicato il bando di concorso, indicando delle cifre non molto distanti: 150 euro per la 'lotteria' dei quiz selettivi e 3.500 per partecipare a lezioni e tirocini".

Il sindacato parla di cifre "non giustificate" e fa una stima: "Considerando che i posti complessivi che verranno messi a bando per specializzarsi sul sostegno, in base al Decreto Ministeriale 706/13, sono 6.398 (1.285 riguardano per la scuola dell´infanzia, 1.826 per la primaria, 1.753 per la secondaria di primo grado e 1.534 per quella di secondo grado), alle Università incaricate dal Miur di organizzare i corsi verrà corrisposta dagli aspiranti docenti di sostegno una cifra complessiva vicina ai 20 milioni di euro (considerano 3.000 euro di spesa a corsista). A cui vanno aggiunti almeno altri 3 milioni derivanti dal 'contributo' richiesto ai 20mila candidati (a tenersi 'bassi', stimando il triplo dei candidati rispetto ai posti messi a concorso) che tenteranno di accedere ai corsi attraverso i test: ad ogni aspirante alla frequenza del corso di sostegno viene infatti chiesta una quota di partecipazione che va tra i 75 (Trento) e i 200 euro ('Luspio' Roma, Macerata, 'Carlo Bo' Urbino e 'Kore' Enna). Che non verrà 'restituita in alcun caso'".

Fonte: Tuttoscuola

 

Nei giorni scorsi, a seguito di alcuni interventi politici e sindacali, era riapparsa la tesi secondo cui le vecchie abilitazioni conseguite a tutto il 2001-2002 presso gli ex-istituti magistrali erano titolo valido per l’ammissione ai corsi di specializzazione per il sostegno (e implicitamente erano anche validi per l’immissione in ruolo.

Il Ministero dell’istruzione, con nota n. 13390 dell’11 dicembre2013, a chiarimento ha fornito l’elenco dei titoli abilitanti utili sia per la partecipazione ai corsi di specializzazione per il Sostegno di cui al D.M. 706/2013 sia per le immissioni in ruolo:

Facendo seguito alla nota di questa Direzione Generale prot. n. 13190 del 6 dicembre 2013 ed in risposta a numerosi quesiti, si precisa che per “abilitazione valida per l’immissione in ruolo”, si deve intendere l’abilitazione all’insegnamento conseguita a qualsiasi titolo, come da elenco seguente:

- Laurea in Scienze delle formazione primaria (per la scuola dell’Infanzia e primaria);

- SSIS (per la scuola secondaria);

- COBASLID (per la scuola secondaria)

- Diplomi accademici di II livello rilasciati dalle istituzioni AFAM per l’insegnamento

dell’Educazione musicale o dello Strumento;

- Diploma di Didattica della Musica (Legge 268/2002);

- Concorsi per titoli ed esami indetti antecedentemente al DDG 82/2012;

- Concorso per titoli ed esami indetto con DDG 82/2012 (esclusivamente all’atto della

costituzione del rapporto di lavoro);

- Sessioni riservate di abilitazione (D.M. 85/2005, D.M. 21/2005, D.M. 100/2004; O.M.

153/1999, O.M. 33/2000, O.M. 3/2001, ecc.)

- Titoli professionali conseguiti all’estero e riconosciuti abilitanti all’insegnamento con

apposito Decreto del Ministro dell’Istruzione;

- TFA

- PAS

Come si può vedere, il titolo di abilitazione conseguito negli ex-istituti magistrali non è valido ai fini dell’immissione in ruolo e dell’ammissione ai corsi di specializzazione per il sostegno.

Tutto finito? Probabilmente no, perché l’Anief, impegnato a sostenere con ricorsi le aspettative di molti docenti in possesso di quell’abilitazione, non si darà per vinto.

Fonte: Tuttoscuola

 

“Non è possibile assumere docenti in ruolo e continuare a trattarli da precari”. Dopo l’interpretazione penalizzante dell’Aran (per i neoimmessi in ruolo niente scatti per otto anni), Anief è sempre più certa che i tribunali del lavoro faranno giustizia. A inizio della prossima estate i primi pronunciamenti. Pacifico ribadisce: “Il meccanismo dell’invarianza finanziaria crea discriminazioni tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni e operano nello stesso comparto della Pubblica Amministrazione, perciò è anticostituzionale”.

"Una delle più brutte pagine del sindacalismo italiano”: con queste parole Marcello Pacifico, presidente Anief, nell’estate 2011 stigmatizzava l’accordo tra i principali sindacati della scuola e il Governo per lo sblocco delle assunzioni su posti vacanti e disponibili in cambio dell’assorbimento del primo gradone nel secondo, che di fatto blocca per ben otto anni gli scatti di stipendio ai neoassunti dal 1° settembre 2010. “Prendiamo atto che il meccanismo dell’invarianza finanziaria non è applicabile al comparto scuola dopo che l’Unione europea ha riconosciuto il diritto agli scatti maturati durante gli anni del precariato. Questo è stato confermato da centinaia di sentenze di primo grado e, in alcuni casi, anche già in appello”. A chi va la responsabilità della sua introduzione? “Ce la prendiamo soprattutto con i quattro sindacati unitari, Cisl, Uil, Snals-Confsal e Gilda, che il 4 agosto 2011 hanno firmato l’accordo. Una vera doccia fredda (ancora di più perché retroattiva di un anno) per i tantissimi neo-assunti che avevano vagheggiato il primo scatto dopo tre anni”.

Dall’altra parte si sostiene che senza invarianza finanziaria sarà sempre più difficile procedere a nuove immissioni in ruolo: “Non è una affermazione credibile, già 67.000 assunzioni rappresentano una goccia nel mare a fronte dei 25.000 posti liberi all’anno creati dai pensionamenti della legge Fornero. Noi come Anief ci batteremo per la disapplicazione della norma sull’invarianza, e i quattro sindacati che l’hanno avallata dovranno rendere conto ai loro iscritti della loro scelta”. Gli iscritti Anief, invece, nutrono speranze fondate sul fatto che “sia un contratto sia una norma di legge possono essere disapplicati dal giudice se si accerta che si trovano in contrasto con una direttiva sovranazionale”.

“Purtroppo – continua Pacifico – non si è tenuto in alcun conto delle indicazioni comunitarie incluse nella direttiva 1999/70/CE, facendo prevalere le logiche dell’invarianza finanziaria come principio imperativo. Questo significa una cosa sola, cioè negare la parità del trattamento stipendiale a dipendenti che lavorano nello stesso comparto della pubblica amministrazione”. ‘Puniti’, insomma, perché assunti in anni di crisi economica. “L’Anief non può accettare questa iniquità ed è convinta che il tribunale restituirà giustizia a chi oggi teme che il suo stipendio possa restare fermo per ben otto anni consecutivi”.

Una perdita economica significativa con l’inflazione di questi anni e un livello stipendiale tra i più bassi dell’area OCSE. “L’invarianza finanziaria è un meccanismo sbagliato nelle premesse, ma anche e soprattutto perché, lo ribadisco, crea delle discriminazioni di fatto tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni . A inevitabili disparità di trattamento andranno incontro, per esempio, i neoassunti dal concorsone”. In pratica è come se il datore di lavoro, in questo caso il Miur, facesse delle discriminazioni tra i suoi dipendenti che svolgono lo stesso lavoro e hanno firmato lo stesso tipo di contratto: “Non è possibile immettere in ruolo e continuare a trattare da precari”, sintetizza ancora meglio Pacifico. Che tempi prevedete? “Contiamo entro l’inizio di giugno di poter avere i primi responsi dai tribunali del lavoro”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il Miur è uscito nei giorni scorsi con una nota in cui, per l'ammissione ai corsi per insegnanti di sostegno, esclude i docenti di scuola primaria in possesso della vecchia abilitazione conseguita prima dell'anno scolastico 2001-02 (ultimo anno di validità dei vecchi istituti magistrali).

La posizione del Miur su questo problema e' nota da tempo, ma l'Anief la contrasta da qualche anno a questa parte, forte anche del fatto che in Parlamento recentemente ha trovato anche una sponda di sostegno nel M5S. Ancora una volta, quindi, l'Anief invita i docenti interessati ad impugnare l'esclusione, aderendo ad apposita iniziativa legale predisposta dall'associazione.

C'è da dire che se passasse il principio della piena validità della vecchia abilitazione (connessa al titolo di studio conseguito), si aprirebbero anche le porte alle graduatorie ad esaurimento.

Fonte: Tuttoscuola

 

L’Anief, in un recente incontro al Miur, ha affrontato con i Dirigenti ministeriali le questioni relative ai PAS. Confermata dal Miur l’indisponibilità di molte Università ad attivare i PAS per infanzia e primaria.

Il MIUR – ci comunica l’Anief – ha, inoltre confermato l’indisponibilità di molte università ad attivare i Pas per infanzia e primaria, ragion per cui sta valutando l’offerta formativa di alcune università private e/o telematiche.

Nel corso dell’incontro il sindacato ha ricordato come il legislatore, in tema di corsi riservati abilitanti, ha sempre ritenuto la competenza didattica esercitata in un biennio (360 giorni) come una condizione di per sé sufficiente per conseguire l’abilitazione, e ha sottolineato l’incoerenza della richiesta di un anno di insegnamento specifico (180 giorni) rispetto alla direttiva comunitaria invocata che prevede il mero riconoscimento della professionalità acquisita dopo tre anni di servizio.

L’amministrazione, pur prendendo atto che, in alcuni casi, come per gli educatori, in passato, è stata consentita l’iscrizione ai corsi abilitanti o ancora che il servizio prestato nelle sezioni primavera è stato svolto nello Stato, ancorché sperimentale, ha ribadito le proprie scelte, peraltro, oggetto di un contenzioso seriale presso il TAR.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Il dossier Ocse-Pisa ogni tre anni valuta le capacità di 510.000 studenti 15enni di 65 Paesi. Stando agli ultimi dati, gli italiani sono ancora una volta indietro rispetto ai colleghi del Paesi Ocse anche se hanno registrato i più importanti progressi in matematica e scienze. Maria Chiara Carrozza: "E'uno stimolo per continuare a lavorare per migliorare la performance dei nostri studenti". Per il ministro adesso ci sono due gap da risolvere: quello di genere e quello regionale.

ROMA - I conti tornano. Tornano per gli studenti italiani che hanno registrato progressi nelle materie scientifiche, in particolare matematica e scienze. Anche se i risultati in matematica risultano inferiori alla media Ocse. Ancora una volta, l'Italia divisa in due tra studenti del nord più competenti in materia e quelli del sud che fanno registrare risultati al di sotto della media italiana. E' quanto emerge dal dossier Ocse-Pisa (Program for International student assessment) che ogni tre anni valuta le capacità di 510.000 studenti 15enni di 65 Paesi. Stando agli ultimi dati, gli italiani sono ancora una volta indietro rispetto ai colleghi del Paesi Ocse anche se hanno registrato i più importanti progressi in matematica e scienze: dal 2003 al 2012 i risultati medi dei test sono migliorati di 20 punti, avvicinandosi notevolmente alla media Ocse che si attesta al 23%. La media degli studenti è di 485 punti in matematica comparabile ai risultati di Federazione Russa, Lettonia, Lituania, Norvegia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Spagna e Stati Uniti. Il miglior progresso in matematica si è avuto tra il 2006 e il 2009. In generale, i ragazzi superano le ragazze di 18 punti. Un gap più ampio rispetto a quanto osservato in media negli altri Pesi. I progressi in matematica, pero', non riguardano tutti: se per gli studenti di Trento, Friuli Venezia Giulia e Veneto rappresenta la materia più riuscita con un punteggio superiore alla media Ocse, al sud gli studenti registrano risultati sotto la media. Ma a dividere lo stivale non è solo la matematica. Lo stesso vale per la lettura e le scienze. Un divario regionale talmente forte che se dipendesse dagli studenti del nord, l'Italia sarebbe in tutte le materie al di sopra della media Ocse. Pur non trascurando i risultati inferiori rispetto alla media Ocse da parte degli studenti italiani, il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza vede nei progressi dei ragazzi uno "stimolo per continuare a lavorare per migliorare la performance dei nostri studenti". Per il ministro adesso ci sono due gap da risolvere: quello di genere e quello regionale. "Al Meridione - ha osservato - occorre guardare con più attenzione, come abbiamo già iniziato a fare nel decreto Istruzione, con maggiori investimenti per la lotta alla dispersione scolastica nelle aree più a rischio". Altro dato significativo è l'aumento di studenti stranieri che però restano indietro rispetto ai loro colleghi: il numero è aumentato di cinque punti percentuali e sono il 7,5% del totale contro una media Ocse del 12%. Dalla relazione emerge che la differenza di competenze tra italiani e immigrati e' ben superiore alla media Ocse.

Matematica, croce e delizia
Se la matematica resta un ostacolo per gli studenti italiani, nonostante i progressi registrati negli ultimi anni, per gli studenti di Trento, del Friuli Venezia Giulia e del Veneto è la materia preferita, tanto che ottengono un punteggio ben superiore alla media Ocse, rispettivamente di 524, 523 e 523 punti. Un risultato che inorgoglisce il presidente del Veneto Luca Zaia: "E' una risposta che vogliamo dare a coloro che ritengono si debba andare all'estero per imparare. Il merito va a chi forma le nuove generazioni, perché questi risultati significano che la formazione scientifica in Veneto, è di assoluta qualità'". "Voglio fare i complimenti - aggiunge - agli insegnanti del Veneto, perché i nostri ragazzi delle scuole superiori sono risultati tra i primi al mondo nella matematica e nelle materie scientifiche".

L'Anief: il Sud è abbandonato
''I dati Ocse confermano l'abbandono del Sud''. A lanciare l'allarme e' l'Anief Confedir secondo cui ''i dati Ocse-Pisa 2012 sulle competenze degli studenti 15enni, presentati oggi al Miur, confermano il gap formativo cui sono destinati gli iscritti a una scuola del nord rispetto ai coetanei che frequentano un istituto del sud''. ''I dati Ocse-Pisa sul divario Nord-Sud ci amareggiano - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - ma purtroppo non ci sorprendono: questi numeri non fanno altro che certificare il gap di investimenti che lo Stato ha riservato alle regioni, abbandonando di fatto quelle meridionali. Per tutti vale quanto è accaduto in Sicilia nel 2012, dove la mancanza di risorse e di mense scolastiche ha fatto sì che il tempo pieno nella scuola primaria è stato attivato solo per il 3 per cento degli alunni. Mentre il tempo pieno in Lombardia è presente nel 90 per cento delle scuole primarie''.
''Ed è evidente - sottolinea l'Anief - che tenere gli alunni a scuola anche nel pomeriggio significa garantire loro una maggior offerta formativa. Mentre al termine dei cinque anni di scuola primaria i bambini della Sicilia studieranno 430 giorni in meno, che corrispondono a oltre 2 anni scolastici. A questi dati va aggiunta la scarsità di investimenti per combattere la dispersione scolastica e migliorare l'orientamento. Al sud non c'è solo un problema demografico e migratorio, ma anche un alto tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Con il risultato che negli
ultimi cinque anni tra il sud e le isole si sono persi 150mila alunni - con Molise, Basilicata e Calabria che accusano riduzioni tra il 7% ed il 9% - mentre al nord c'e' stato un incremento di 200mila iscritti (incremento maggiore del 5%)''.
"Così - evidenzia l'Anief - mentre l'Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso medio nazionale di abbandono
del 10%, con alcune aree del centro-nord gia' vicine a questa soglia, ancora una volta il sud va per conto suo: in Sicilia la quota dei ragazzi che lasciano gli studi in eta' di obbligo formativo supera in certe aree ancora il 25%. E' evidente - commenta ancora Pacifico - che se non si inverte questa tendenza con un serio piano di sviluppo
economico, di implementazione di idee e risorse, il meridione è condannato all'eutanasia. Con il Nord che guarda sempre più da vicino l'Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a garantire il diritto allo studio''. A dare la ''mazzata'' finale alle regioni del sud, che hanno meno risorse, ci hanno poi pensato le riforme scolastiche degli ultimi
anni. Con l'orario curricolare ridotto di un sesto: oggi l'Italia detiene il triste primato di 4.455 ore studio nell'istruzione
primaria, rispetto alle 4.717 dell'area Ocse; in quella superiore di primo grado siamo scesi a 2.970, rispetto alle 3.034 sempre dell'Ocse. Preoccupa, inoltre, il crollo al 20,5% del tasso di occupazione dei 15-24enni. Per non parlare della quota di giovani che non sono né nel mondo del lavoro, ne' in educazione ne' in formazione (Neet), la cui
percentuale è cresciuta in cinque anni, tra gli under 25, di oltre 5 punti, arrivando a fine 2012 al 21,4%. E non vale nemmeno la teoria che tutti sono in queste condizioni: solo Grecia e Turchia, tra i 34 Paesi dell'organizzazione, hanno infatti una quota di Neet più elevata.

Fonte: Giornale Radio RAI

 

Pas Scuola: a dicembre inizieranno i corsi relativi all’abilitazione all’insegnamento. Nel frattempo, il 90% dei docenti precari esclusi dai Pas ha scelto di ricorrere con l’Anief, Associazione Sindacale e Professionale.

I Percorsi Abilitanti Speciali – Pas - sono finalizzati al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento presso scuole secondarie, primarie e dell’infanzia.

Il fulcro nevralgico della disciplina dei Pas alberga nella preparazione e nell’accesso alla seconda fascia delle graduatorie dei docenti (non di ruolo) che abbiano maturato almeno tre anni di servizio.

Il nuovo sistema di formazione può essere descritto nel seguente modo:

  • conseguimento di una laurea magistrale specifica
  • conseguimento dell’abilitazione tramite il tirocinio formativo attivo

Il Pas è, invece, un percorso abilitante speciale riservato agli insegnanti, già laureati, con alle spalle almeno tre anni di supplenze.

Il Decreto Scuola 2013 varato dal Governo Letta ha scalfito e innovato, in maniera a dir poco emblematica, il sistema dell’istruzione italiana, dando vita ad emendamenti di non poco conto. Convertito, con modificazioni nevralgiche, dalla legge n. 128 dell’8 novembre 2013, il decreto firmato dal Ministro Carrozza ha avuto il pregio di prevedere un piano triennale per l’immissione in ruolo di circa 69mila docenti e 16mila Ata, nonché l’assunzione di oltre 26mila insegnanti di sostegno. Il leitmotiv dell’agognata normativa affonda le proprie radici nella dichiarata esigenza di salvare i precari dall’incubo simboleggiato dalla destabilizzazione.

La spada di Damocle del Sistema Scolastico italiano, infatti, è storicamente rappresentata dalla mancanza di una progressiva e proficua stabilizzazione contrattuale dei docenti precari, costretti, ormai da tempo, a vivere una sorta di dramma esistenziale.

Tuttavia, seppur foriera di novità e progetti non del tutto nefasti, la filosofia normativa del Miur è apparsa tutt’altro che avulsa da critiche e polemiche. A finire nell’occhio del ciclone, in particolare, sono stati alcuni articoli del Decreto attuativo dei percorsi abilitanti speciali, il numero 58 del 2013. Si pensi alla norma che non concede a coloro i quali abbiano conseguito l’abilitazione tramite il tirocinio formativo attivo ordinario di potersi inserire nelle graduatorie ad esaurimento, ed a quella che impedisce illegittimamente a disparate categorie di aspiranti docenti di ottenere l’abilitazione attraverso i percorsi abilitanti speciali (Pas). Tali norme, infatti, hanno dato vita ad innumerevoli polemiche, scaturite, poi, in veri e propri ricorsi di massa.

Desiderosi di approfondire l’intricata faccenda relativa ai Pas, Percorsi Abilitanti Speciali, ed all’abnorme impiego dei contratti a tempo determinato, abbiamo sentito il Dott. Marcello Pacifico, Presidente dell’Associazione Professionale Sindacale (Anief)

Presidente potrebbe renderci edotti in merito agli obiettivi dell’Anief e parlarci dei Pas 2013?

“L’Anief ha come obiettivo la valorizzazione della professione docente e la tutela dei diritti di tutto il personale della scuola quale condizione imprescindibile per avviare un piano di sviluppo economico per il Paese. Il diritto al lavoro, ad un’equa retribuzione, alla selezione per merito, a una carriera dignitosa, a una proporzionale pensione sono principi fondanti della nostra Repubblica su cui ogni giorno fondiamo le nostre scelte educative per costruire una società migliore, più giusta e solidale. Nel momento in cui il Governo blocca per cinque anni il contratto di lavoro perché non sa trovare altrove le risorse necessarie per garantire gli equilibri di bilancio, l’unica strada che il sindacato può percorrere non è più lo sciopero ma il ricorso in tribunale.

“Nell’attesa, si cerca di continuare a svolgere il proprio dovere con onore e lealtà senza mai perdere la formazione continua”.

Secondo alcune correnti di pensiero, l’esercito dei docenti precari sarebbe aumentato del 10% rispetto all’anno scorso. Alcuni dati nazionali rivelano che dall’inizio di quest’anno scolastico sono stati sottoscritti circa 136.900 contratti di supplenza annuali. Presidente Pacifico, che cosa ne pensa dell’abnorme impiego dei contratti a termine relativo al settore pubblico ed, in particolare, a quello scolastico? Potrebbe renderci edotti in merito al funzionamento e alle finalità dei percorsi abilitanti speciali – Pas Scuola – ?

“Sono dati incredibili. Se pensi un piano programmatico di immissioni in ruolo di 68.000 unità nel prossimo triennio devi tenere conto, con questi numeri, che coprirai soltanto i pensionamenti, seppur ridotti dopo la riforma Fornero, mentre almeno la metà dei posti attutali affidati a supplenza sono su posto vacante e disponibile e secondo la Commissione UE dovrebbero assegnati in ruolo. Per questa ragione, Anief ha avviato ricorsi risarcitori presso le Corti del lavoro italiane per ottenere la condanna del Ministero e i dovuti compensi ai precari anche per i mancati scatti di anzianità e le mensilità estive su cui si vorrebbe risparmiare. Lo scandalo appare ancora più grande quando si ha la pretesa di formare gli insegnanti del domani – v. attraverso il TFA ordinario – senza permettere loro di inserirsi nel mondo del lavoro, ovvero nelle graduatorie ad inserimento. Questo errore il Governo lo ripropone anche nei confronti di chi ha prestato un determinato servizio nelle scuole e attraverso il Pas speciale chiede la certificazione della funzione docente svolta. Senza parlare dei costi lievitati per la frequenza dei corsi universitari o per le selezioni a numero chiuso come per il sostegno. Al danno si aggiunge la beffa”.

Circa il 90 % dei precari esclusi dai Pas, percorsi abilitanti speciali, ha scelto di ricorrere con Anief, Associazione Professionale Sindacale, al fine di ottenere l’iscrizione con riserva ai corsi universitari abilitanti. Presidente Pacifico, qual è la Sua opinione professionale in merito all’attuale disciplina normativa relativa ai percorsi abilitanti speciali?

“Si ricorre perché c’è stata molta confusione, perché il regolamento sui Pas speciali è nato da una modifica al Regolamento sul TFA ordinario – che già rappresentava una fase transitoria, che avrebbe doluto logicamente, in assenza di una nuova decisione del legislatore, richiamare quanto già approntato dalle università, per legge, con i corsi riservati nel 2006-2008. Si è sempre consentito, nel nostro ordinamento, a chi maturava 360 giorni di servizio di partecipare alle procedure abilitanti riservate e si è cambiato tutto a un tratto indirizzo, nonostante sia stato consentito sempre di insegnare senza abilitazione. Ma vi è di più, si è tradita la volontà del Parlamento che aveva chiesto di tenere unite la formazione al reclutamento. E quando si viola la legge, è diritto di ogni cittadino rivolgersi alla giustizia. Anief ritiene che legge e giustizia debbano camminare sempre di pari passo, sorores sunt ha detto l’imperatore Federico II”.

In collaborazione con Antonio Migliorino

Fonte: Controcampus

 

La confusione che si è venuta a determinare dalla proposta del Ministero di permettere ai candidati con diploma magistrale conseguito entro l'a.s.2001/02 di accedere alle selezioni per il corso di sostegno ha creato disorientamento tra i candidati, che spetta alle Università dover gestire.

Il Miur infatti, in pausa di riflessione dopo le osservazioni dei sindacati, non ha diramato indicazioni e quindi le Uni si trovano nell'impossibilità di fornire una risposta concreta. Intanto i bandi sono in scadenza. Il sindacato Anief: pieno diritto. Il sindacato Snals: estendere anche ai laureati.

Le indicazioni delle Università

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Voci insistenti indicano una nuova spending review comprendente la cancellazione del 10% degli istituti. Secondo l’Anief siamo di fronte ad una ipotesi impraticabile che porterebbe ulteriori disservizi: già oggi i ds costretti a gestire 5 istituti, preoccupa poi il personale Ata che ha aumentato i carichi di lavoro ma negli ultimi tre anni ha già perso 47mila posti.

La stagione dei tagli alla scuola non sembra finire mai. Voci insistenti danno per imminente l’approvazione di un nuova spending review, affidata all’esperto internazionale Carlo Cottarelli, che ingloberebbe anche la cancellazione del 10% degli istituti pubblici. In pratica, oltre 800 scuole autonome verrebbero soppresse.

Per ora si tratta di indiscrezioni. Intanto, però, l’Anief ha già messo le mani avanti. Reputando l’ipotesi “improponibile”, perché “già oggi un dirigente scolastico gestisce 5 sedi. Inoltre, tagliare di un altro 10% il numero di scuole, oltre che incostituzionale, comporterebbe un danno sociale ulteriore per le aree già oggi più in difficoltà”.

Il presidente del sindacato autonomo, Marcello Pacifico, è convinto che questa ipotesi “comporterebbe sicuri disservizi all'utenza scolastica: bisogna infatti ricordare che negli ultimi sei anni è stata già cancellata una scuola su tre. Visto che da 12mila sono passate alle attuali 8mila. Con conseguente riduzione dell’organico di dirigenti e Dsga di 4mila unità per profilo. Con il risultato finale che oggi un preside gestisce la propria scuola, più, in media, altri 4 plessi. Tra l'altro spesso posizionati a decine di chilometri l'uno dall'altro”.

L’Anief, come suo stile, è pronto a dare battaglia patrocinando i ricorsi contro il conseguente taglio al personale: il sindacato, a tal proposito, ricorda che “esistono leggi sulla formazione degli istituti scolastici mai decadute, a partire dai criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998. E che la Consulta con la sentenza n. 147 del 7 giugno 2012 ha anche bocciato la chiusura o l'accorpamento degli istituti con meno di mille alunni”.

Sempre il sindacato autonomo si è detto preoccupato per le conseguenze negative che si rifletteranno sul personale Ata. Durante un seminario nazionale, svolto a Roma su ‘pianeta Ata e scuola autonoma’, è stato ricordato che negli ultimi tre anni sono già stati tagliati 47mila non docenti. E che “anziché aumentare gli organici delle scuole, diventate autonome, gli ultimi governi hanno ridotto di un quinto il contingente nazionale degli Ata”. Inoltre, “con la nuova spending review” sarebbero “a rischio altri 10mila posti” tra amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici.

“Uno dei punti centrali per risparmiare sulla spesa pubblica – ha detto il presidente Anief, Marcello Pacifico – dovrebbe anche stavolta andare incostituzionalmente a ridurre il numero di istituti e plessi scolastici. Dimenticando che ha però già messo in ginocchio l'erogazione del servizio, visto che oggi una scuola, quindi un solo dirigente scolastico, in media coordina a distanza altre quattro scuole”.

Durante il seminario è anche emersa l’esiguità delle nuove immissioni in ruolo previste nel triennio 2013-2015 attraverso la Legge 128/13: appena 13.400 tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. A tal proposito i delegati Anief hanno messo in luce che tra i posti già vacanti, al netto dei futuri pensionamenti, ve ne sono quasi altrettanti ancora disponibili: ben 12.773, considerando 2.692 assistenti amministrativi, 1.032 assistenti tecnici, 8.172 collaboratori scolastici, 126 cuochi, 104 collaboratori scolastici tecnici, 111 guardarobieri, 36 infermieri.

Il giovane sindacato autonomo ha, infine, preso posizione contro l'illegittimità dell'invarianza finanziaria che lascia allo stipendio iniziale i neo-assunti, nonostante i tanti anni di precariato alle spalle.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Ora salari più alti e più certezze o Bruxelles va a Corte Ue.

Basta con la discriminazione degli insegnanti precari della scuola pubblica, lo Stato deve assicurare stipendi uguali a quelli di ruolo e dare più certezze visto che svolgono lo stesso lavoro ma hanno un contratto diverso che li lascia precari anche dopo tanti anni di lavoro continuativo: lo chiede la Commissione Ue all'Italia, mandando avanti la procedura d'infrazione già aperta. L'Italia ha due mesi di tempo per rispondere a Bruxelles altrimenti la Commissione la porterà dinanzi alla Corte Ue.

La Commissione Ue, spiega un comunicato, ha ricevuto numerosi ricorsi che indicano come questo tipo di staff è trattato in modo meno favorevole di quello permanente. In particolare, sono impiegati con contratti a termine ma 'continuativi', per molti anni, che li lasciano in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri. E le leggi non prevedono misure per prevenire tali abusi. Inoltre, ricevono un salario più basso dello staff permanente nonostante abbiano le stesse qualifiche ed esperienze. Per la Commissione, la situazione dei precari è contraria alla direttiva sul lavoro a tempo determinato.

Fonte: ANSA

«Testo superato». La precisazione dopo le proteste di sindacati e studenti: «No a colpi di mano che scavalcano il Parlamento».

E’ bastato il tam tam della rete a far scoppiare un piccolo caso intorno all’ipotesi della legge delega al governo sull’istruzione. Il testo della bozza, i cui contenuti non erano ancora noti, è infatti stato messo in circolazione ieri mattina, scatenando prima una serie di polemiche da parte dei sindacati, contrari al metodo più che ai contenuti, e poi la reazione netta del ministero dell’Istruzione: «Il testo a cui si fa riferimento- è stato costretto a chiarire – è da ritenersi del tutto superato». Una precisazione doverosa, per specificare che quella su cui si stava già sollevando il dibattito pubblico era solo un’ipotesi di lavoro, e per stroncare quindi ogni illazione. Tanto più che sembra difficile che la delega, che avrebbe dovuto essere inserita nella legge di stabilità, possa ricevere il via libera. Fortissime sono le perplessità da parte di tutte le forze politiche. Come nel caso di ogni legge delega, la bozza non elencava in maniera dettagliata gli interventi normativi da adottare, ma impegnava il governo a produrre entro nove mesi dall’approvazione della legge delega «uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riassetto e alla codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca». E poi elencava una serie di priorità, considerate cruciali dai sindacati.

SINDACATI E STUDENTI IN TRINCEA - «Un attacco di questo tipo per noi è inaccettabile», era sbottato Mimmo Pantaleo dell Cgil, chiedendo uno stop ai «colpi di mano» e agli «interventi unilaterali» che «non hanno portato fortuna ai precedenti governi né hanno migliorato la scuola, l’università, la ricerca e l’alta formazione artistica e musicale». L’Anief, che aveva parlato di gesto «dannoso e inopportuno», ha subito applaudito al passo indietro del ministero, chiedendo al ministro Carrozza di convocare le parti interessate a una vera riforma del settore. Sul piede di guerra si erano messe pure le associazioni degli studenti: «E’ gravissimo che, a quattro anni dalla riforma Gelmini, il governo pensi di intervenire sull’ istruzione attraverso una delega, sottraendo al Parlamento la discussione ed elaborazione di misure che andrebbero ad incidere fortemente su un sistema ormai stremato da anni di tagli e riforme devastanti», aveva tuonato l’Unione degli universitari. Si erano accodate Rete della conoscenza e Link coordinamento nazionale, notando che si trattava di una «delega in bianco», per riformare, «tra i tanti punti spinosi, anche gli organi collegiali».

LE PRIORITÀ ELENCATE - Pur non entrando nei dettagli, la legge delega elencava infatti alcune tra le priorità individuate dal governo per riformare l’istruzione: in primo luogo, la tutela degli insegnanti, alla ricerca di un «equilibrio tra assunzioni e scorrimenti di graduatoria» ma anche di un «riequilibrio del trattamento economico». Previsto poi un cambiamento notevole degli organi collegiali della scuola, a cui si attribuiva solo potere consultivo. Per l’università, si immaginava la riduzione dei vincoli oggi esistenti al reclutamento, ma anche un taglio al numero di ricercatori e assegnisti, e l’incentivazione dei finanziamenti privati ed europei. Per la ricerca, l’ipotesi disegnava un piano di flessibilità nella destinazione delle risorse finanziarie, con tempi di finanziamento più snelli, e una corrispondenza netta tra stato giuridico e funzioni svolte attualmente da ricercatori e tecnologi, cioè gli addetti ai laboratori. Il tutto, ovviamente, «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

Fonte: Corriere della Sera

 

Era il sindacato dei precari inseriti a pettine, ma oggi punta a diventare rappresentativo di una fetta ben più grossa dei lavoratori della scuola. Forte delle battaglie vinte in tribunale, l’Anief ha cambiato il modo di fare sindacato nella scuola, dimostrando che spesso le regole del gioco presentano falle su cui si può insistere per sbriciolare l’intonaco. Alla fine il sistema barcolla, ma non collassa…

Luciano insegna lettere alle medie. Nell’estate del 2012 ha partecipato al quiz preselettivo per acceder al TFA, e per un soffio non ce l’ha fatta. Così ha fatto ricorso con Anief, perché quel punteggio minimo richiesto per passare alle prove successive, come sulla rete si sa da un po’, potrebbe essere ‘arbitrario’. Anche Marzia ha fatto il test, l’ha passato e si è abilitata. Il ricorso, però, lo ha fatto pure lei per entrare nelle graduatorie a esaurimento. Poi, non contenta di mettersi in tasca solo l’abilitazione, da ‘ricorrente’, sempre con Anief, si è iscritta al ‘concorsone’ di Profumo, e l’ha vinto. La Regione Lazio però quest’anno non l’ha assunta, così ecco all’orizzonte un nuovo ricorso…

Dieci anni fa Luciano e Marzia forse avrebbero aderito a uno sciopero, sarebbero scesi in piazza, a un ricorso non ci avrebbero nemmeno pensato. Oggi l’opzione, invece, è quasi automatica: il ricorso si fa a prescindere, tanto il Ministero in qualche modo tenta comunque di fregarti, mentre il tribunale, nazionale o europeo, potrebbe darti ragione.

È pur vero che non tutti la pensano così, in un forum leggiamo: “Se tutti facciamo come ci pare… Bisogna dare un po’ di fiducia alle istituzioni di questo Paese e non affossarle in base all’utilità del momento. E poi se si sceglie di partecipare a un gioco, si accettano le regole di quel gioco e non è corretto cambiarle a metà”.

Marcello Pacifico, ben conscio del fatto che i ricorsi sono il carburante della sua vitalissima organizzazione, però, non ha dubbi: “Se le regole sono scritte male, non ha senso rispettarle. Se un bando ignora le direttive comunitarie o la stessa Costituzione, lede in maniera grave i diritti dei cittadini, e quindi è giusto opporsi”. Come è accaduto nel primo grande successo dell’Anief, il ricorso vinto nel 2008 presso il Tar del Lazio per l’inserimento a pettine di alcuni docenti (la normativa vietava ai lavoratori della scuola i trasferimenti da una provincia all’altra). La rete ha molti ricordi dei roventi attacchi scagliati contro l’associazione da quel momento in poi, Pittoni della Lega, per esempio, ce l’aveva a morte con i “ricorsi facili che acuiscono lo scontro sociale, alzando le barricate tra i cittadini”. Ma anche su questo Pacifico è perentorio: “Ha senso rispettare le regole se queste vengono fatte nel rispetto dei principi della legge e della giustizia. Noi ci battiamo per una società giusta e solidale, per sradicare quei meccanismi di slealtà che travolgono il senso di giustizia. I nostri principi ispiratori vengono dalla paideia platonica. La legge e la giustizia devono essere sorores, come voleva Federico II”. È uno studioso di storia medievale Pacifico, ma se ci mettiamo a guardare indietro, della mania dei tribunali Aristofane, commediografo ateniese del V secolo a.C., faceva una gustosissima dissacrazione…

Digressioni culturali a parte, è innegabile che l’Anief abbia cambiato il modo di fare sindacato nella scuola. Anche lo sciopero non è più lo strumento principe: “Con il contratto bloccato le forme di protesta classiche non hanno più nessun senso. L’opinione pubblica è fin troppo informata, non ha bisogno di ulteriori pressioni. Il problema è nel fatto che il Governo ha deciso di agire per decreti legge, invocando come scusa motivi di bilancio, ma con l’obiettivo vero di evitare il confronto parlamentare”. Quindi la piega, come dire, ‘legalista’ o ‘giustizialista’ è una necessità? “Il nostro sindacato nasce dal bisogno di legalità che si sente tra i lavoratori della scuola e non ha preso affatto una deriva ‘legalista’, né tanto meno ‘giustizialista’. Il nostro è un nuovo modo di fare sindacato perché offriamo un servizio di consulenza giuridica al lavoratore, a danno del quale il Governo continua a emanare leggi palesemente in contrasto col diritto comunitario e con quello costituzionale. È inutile dirsele in piazza queste cose, tutti sanno che 1200 euro rappresentano uno stipendio da soglia della povertà, non c’è bisogno di fare lo sciopero. Noi abbiamo deciso di lottare nei tribunali, anche di fronte a giudici conservativi”.

Sarà senso comune, eppure a volte sembra che l’Anief si spinga troppo in là. Per esempio, anche nell’ultimo concorso a cattedra chi non aveva raggiunto il punteggio minimo per proseguire nella selezione ha potuto presentare il suo ricorso. Alla fine non sembra tutto una gran presa in giro? “In riferimento a questo caso specifico, il ministro non può permettersi di emanare un bando identificando un minimo arbitrario, in nome di una legge di cui ignora i contenuti. I criteri di selezione devono necessariamente ispirarsi a principi di giustizia”.

Ma da dove viene e dove vuole arrivare Anief? “Anief è un sindacato non rappresentativo, non ancora. L’obiettivo è quello di arrivare con liste capillarmente presenti nelle scuole alle prossime elezioni delle rappresentanze sindacali, che si terranno nel 2015. Alle ultime elezioni abbiamo avuto solo l’1 per cento dei voti, ma eravamo in una scuola su dieci. Adesso l’obiettivo è stare in una scuola su due. Siamo molto ottimisti, abbiamo già superato i Cobas per numero di deleghe. Fino a poco tempo fa venivamo percepiti ancora come il sindacato dei precari, e nemmeno di tutti i precari, solo di quelli inseriti a pettine. Per quanto riguarda la nostra identità, il rapporto con gli associati si sostanzia in momenti di consulenza individuale, che sfuggono al meccanismo della ‘sede ovunque’. Siamo indubbiamente legati alla rivoluzione telematica, ma siamo strutturati anche territorialmente con assemblee periodiche a livello provinciale, seminari di aggiornamento, scuole estive”.

Assodato anche questo, facciamo presente che nel collegato alla legge stabilità 2014 si legge la volontà di una sistemazione, semplificazione e "disboscamento della giungla normativa attualmente esistente, attraverso lo strumento della codificazione (con testi unici) della normativa di scuola, università e ricerca". Il Ministro Carrozza sta forse lavorando per disinnescare la macchina dei ricorsi? “Il cittadino in ogni caso deve poter ricorrere. Il Governo invoca la riscrittura delle normative nel rispetto delle leggi comunitarie, ma sconfessa questa sua volontà nel momento in cui continua a non assumere stabilmente lavoratori con 36 mesi di servizio, per esempio. Perciò dubitiamo fortemente che la semplificazione e la sistemazione normativa possano avvenire a vantaggio dei lavoratori. Si faranno nuovi pasticci, come nel caso dei corsi-concorsi. Abbiamo reso pubbliche le nostre intenzioni e come sempre continueremo a batterci in Parlamento, in modo da tentare di risolvere i contenziosi prima a livello politico, attraverso la mediazione, e solo in ultima istanza nei tribunali”.

Che cosa pensa, infine, il leader di Anief dei sindacati rappresentativi? “Che dopo la spaccatura del 2011 - la Cgil fu l’unica a opporsi alla sostituzione del principio dell’anzianità con quello di performance – oggi, proprio sotto il governo delle larghe intese, sono tutti allegramente tornati all’unità sindacale”. I rapporti sono cordiali? “Sono inesistenti, non ci sentiamo. Ma noi restiamo aperti al dialogo”. Chissà, magari questa volta qualcuno risponderà.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Proteste dei sindacati contro la legge di stabilità, decreto scuola e blocco dei contratti; interessamento della Commissione Europea sulle supplenze perpetrate per troppi anni nella scuola italiana; pentimento di quasi uno studente su due del corso di studi superiori prescelto; volontà del Ministro Carrozza di rivedere i programmi della scuola media.

Ascolta la rubrica del 27 ottobre 2013

Assieme al decreto Istruzione sono passati alcuni ordini del giorno (M5S e LN-Aut) favorevoli all’attuale suddivisione legata alle competenze dei prof. Del resto, se un alunno ha un deficit nell'area logico matematica ha diritto ad un docente che provenga da tale area. Come previsto dalla norma “faro” in materia: la Legge 104/92. Intanto, in alcune province la soppressione delle aree sarà immediata.

Sembra essere nata sono una cattiva stella l’unificazione graduale delle aree di sostegno nella scuola superiore, approvata con il decreto istruzione convertito in legge a Palazzo Madama lo scorso 7 novembre. Dopo i “tira e molla” che hanno contrassegnato l’iter di approvazione degli articoli sul tema, dal Senato esce un testo sulla materia decisamente indebolito da alcune approvazioni non formali della stessa Aula: un ordine del giorno trasversale, G.15.108, a firma di diversi senatori all’opposizione – appartenenti al M5S e al Gruppo LN-Aut Bignami, Blundo, Catalfo, De Pin, Gambaro, Candiani Puglia, Anitori - ha infatti invitato il Governo a ripristinare l’attuale suddivisione nelle quattro aree.

Secondo l’Anief, che ha fatto un’analisi degli ordini del giorno approvati al Senato, questa situazione è “segno che ancora la questione merita di essere affrontata in maniera seria e sistematica e non avventurosa, rispettosa di una seria riflessione sulle certificazioni e sull’esperienza maturata negli ultimi vent’anni d’integrazione scolastica, mai purtroppo effettuata dopo le ultime sperimentazioni dell’I.C.A.R.E. come rimarcato fin dall’inizio da Anief”. Viene da chiedersi, se c’era l’esigenza di avviare un confronto e una seria riflessione in materia, perché non si sia approfondita la questione prima che l’unificazione approdasse in Parlamento. I dubbi dell’Anief, del resto, sono quelli di tanti addetti ai lavori: che tipo di sostegno potrà dare un insegnante tecnico pratico, tanto per fare un esempio, al liceale disabile assegnato nelle tante materie mai affrontate durante i propri studi?

E anche negli ordini del giorno approvati al Senato prima del via libera definitiva al dl, attraverso “raccomandazioni” o con la formula “valutare l’opportunità di”, si sottolineava che “l'attività formativa del docente specializzato non può prescindere dalle sue competenze e conoscenze di base, dalla sua formazione scientifica, umanistica o tecnica”. Ma anche che “il diritto all'istruzione del disabile e quello di avere insegnanti di sostegno con competenze specifiche”. E che quindi “se un alunno ha un deficit nell'area logico matematica, ha diritto ad un docente che provenga da tale area”, mentre “unificare le aree significherebbe inoltre sganciare l'attività di sostegno dalla professionalità del docente”. Tutte indicazioni, del resto, previste dall'articolo 13, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Intanto, però, il decreto Istruzione 104 è diventato legge. E l’unificazione troverà adozione immediata, in primavera, in tutte le province dove sono esaurite le graduatorie.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Il Miur ha caricato sul POS delle istituzioni scolastiche parte delle somme spettanti per la retribuzione delle supplenze brevi e saltuarie. Il sindacato Anief aveva inviato una diffida, i docenti stessi avevano "urlato" tutto il proprio disagio, i sindacati hanno aperto un tavolo tecnico. Emissione straordinaria il 15 novembre, incontro al Miur il 20.

I soldi. Sembra siano state caricate sui POS delle scuole somme sufficienti per il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie svolte nei mesi di settembre e ottobre 2013.

Il sindacato Anief. "Risolto quindi il problema per i mesi di settembre e ottobre, speriamo di non dover diffidare l'amministrazione per il mese di novembre e i successivi. Sin da subito il MIUR, dopo la nostra diffida, ci aveva rassicurato del fatto che avrebbe provveduto al versamento delle somme dovute ai supplenti"

I docenti Il blog Supplenti della scuola ha raccolto alcune testimonianze, con l'indicazione delle scuole ancora inadempienti. Supplenti della scuola, grave il disagio per i mancati stipendi

Emissione speciale il 15 novembre. Il Mef ha programmato una emissione speciale per la giornata del 15 novembre per consentire il pagamento delle retribuzioni arretrate al personale supplente breve e saltuario. Pertanto, tutti gli elenchi che entro le ore 17.00 del suddetto giorno avranno completato l'iter autorizzativo, saranno oggetto di emissione speciale. La nota

Incontro al Miur 20 novembre. Le tematiche da affrontare

  • il pagamento del sabato e domenica nel caso di svolgimento dell'intero orario settimanale ordinario
  • le ferie maturate (30 o 32 giorni qualora si maturino 3 anni di anzianità a qualsiasi titolo)
  • diritto al pagamento di periodi di sospensione delle lezioni ai sensi artt. 40 (docenti) e 60 (personale ATA) del CCNL
  • i contratti stipulati in attesa dell'avente diritto
  • la liquidazione del corretto compenso spettante in caso di completamento o, comunque, elevazione dell'orario settimanale svolt
  • certificazione di prestato servizio per consentire al servizio NoiPA di liquidare correttamente lo stipendio

Fonte: Orizzonte Scuola

 

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