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Repubblica: Così un esercito di lavoratori invisibili tiene in piedi la Pubblica amministrazione

Quanti sono i precari nella scuola, nella sanità, nei ministeri e negli enti? Secondo l'agenzia governativa Aran 317mila. Ma per la Cgia di Mestre sono almeno un milione perché mette nel conto tutte le figure non stabili. A partire da i "liberi professionisti" che sono invece dei dipendenti mascherati. Il governo ha messo in cantiere nuovi concorsi con posti riservati. Ma la Consulta ha mandato ai giudici europei tutta la questione dei lavoratori atipici perché un decreto Ue, recepito dall'Italia, prevede la stabilizzazione dopo tre anni.

ROMA - Vittorio ha vinto il concorso della scuola bandito nel lontano 1990 e da allora aspetta di essere assunto. Già, perché la graduatoria del suo concorso è miracolosamente ancora in vigore. Ogni anno, si reca in Provveditorato sperando che sia finalmente arrivato il suo turno. Ma poi se ne torna a casa e continua ad aspettare. Nel frattempo, la sua barba si è imbiancata e i suoi capelli sono diventati più radi: ventitré anni di attesa per un posto che sembrava a portata di mano sono troppi in qualsiasi paese. Oggi, ha 54 anni e aspetta sempre. Nel 1990, alla sua età si poteva andare in pensione, Vittorio non solo non ci è andato, ma non è stato neppure assunto. E ancora aspetta.

Senza lavoro sull'orlo della pensione. Stesso destino per Giuseppe Scaglione, anche lui di Palermo, che di anni ne ha addirittura 62 ed è in lista per essere assunto come professore di Costruzioni dal lontanissimo 1988, lo scorso millennio. Quando il suo nome comparve per la prima volta nelle graduatorie degli insegnanti precari, il muro di Berlino era ancora una ferita sul Vecchio continente, mentre adesso frotte di turisti affollano il checkpoint Charlie per le foto ricordo. Due storie, quelle di Vittorio e Giuseppe, che sembrano l'esatto paradigma del precariato lavorativo italiano: uno status che, per definizione, dovrebbe essere temporaneo si trasforma in una situazione quasi perenne. Come accade in alcuni Comuni siciliani, dove ci sono precari da 18/20 anni che reggono interi settori strategici. Oppure infermieri, personale tecnico e anche qualche medico precari nella sanità da 15 anni. O gli stagionali tra i vigili del fuoco.

Chi va considerato precario. Ma quanti sono i precari pubblici nel nostro Paese? Secondo l'Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni), i precari del pubblico, sono - dato del 2011 - poco meno di 317mila, secondo la Cgia di Mestre, (l'associazione degli artigiani e delle piccole imprese che produce ricerche sullo stato del Paese) sono invece tre volte di più: quasi un milione. Troppi? Il fatto è che si può essere precari anche da liberi professionisti, spiegano da Mestre. L'esercito delle cosiddette partite Iva spesso nasconde una sacca di precariato involontario: se vuoi lavorare, devi farlo alle nostre condizioni. Per la Cgia di Mestre vanno considerati come precari i lavoratori dipendenti con contratto a termine involontari, quelli cioè che lavorerebbero a tempo indeterminato se venisse data loro la possibilità di farlo: i lavoratori part-time involontari, ma anche collaboratori e liberi professionisti che presentano contemporaneamente tre vincoli di subordinazione (un solo committente, imposizione dell'orario di lavoro e utilizzo dei mezzi dell'azienda). Ed è difficile eccepire visto che le tre condizioni sono tipiche del lavoro subordinato.

Dieci milioni senza certezze. Analizzando i dati dell'Istat, ci si accorge che su oltre 22 milioni di lavoratori italiani - dato del mese di luglio del 2013 - soltanto il 53,6 per cento - poco più di 12 milioni - lavora stabilmente e a tempo pieno, Il resto sotto varie forme è precario. Un mondo fluido e mutevole dove è difficile distinguere tra liberi professionisti "per scelta" e involontari, come li definisce l'Istituto italiano di statistica: lavoratori che accettano di lavorare col part-time o con la partita Iva "in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno". Con il Pubblico impiego, lo Stato e gli enti locali, che, anziché promuovere lavoro stabile per garantire sicurezza alle famiglie, attinge a piene mani dall'enorme serbatoio del bisogno di lavoro che, all'articolo 4, la Costituzione sancisce come un "diritto".

Costituzione tradita. "È scandaloso", sbotta Gianni Faverin della Cisl "Se un posto di lavoro non serve più, lo Stato e gli enti locali dovrebbero abolirlo. Se invece è necessario per assicurare un servizio ai cittadini per anni, allora occorre stabilizzare il lavoratore. Non è corretto per lo stesso lavoratore e per la società mantenere un lavoratore precario per anni e anni". La Costituzione all'articolo 97 afferma che "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge" e il decreto legislativo 368 del 2001 - che attua una direttiva europea in materia di contratti a tempo determinato - stabilisce che dopo tre anni di proroghe "il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato", salvo i casi previsti dalla legge. Per questa ragione, su ricorso dell'Anief (Associazione professionale e sindacale della scuola), la Corte costituzionale ha rinviato ai giudici lussemburghesi l'eventuale trasformazione di 200mila rapporti di lavoro nella Pubblica amministrazione da lavoro precario a contratti a tempo indeterminato. Trasformazione che sta alla base della stabilizzazione dei precari. I comparti del Pubblico impiego che sfruttano maggiormente l'enorme sacca di precariato esistente in Italia sono soprattutto: scuola, sanità, enti locali, università e vigili del fuoco. In alcuni casi, come quello degli enti locali, il blocco contenuto nelle ultime Finanziarie impedisce alle regioni di bandire i concorsi. E il precariato "di Stato" lievita.

Un decreto. Secondo l'Aran tra scuola e sanità si contano 170mila precari, mentre la Cgia di Mestre ne conta quasi 515mila. Oltre 57mila per l'Aran, 118mila per la Cgia di Mestre, i precari della Pubblica amministrazione - Stato ed enti locali - oltre 4mila quelli dell'Università e 3mila e 600 i vigili del fuoco, lavoratori specializzati che rischiano la vita ogni giorno e non sono neppure stabili. A fare l'identikit del lavoratore sempre in bilico ci pensano a Mestre: diplomato, meridionale e con uno stipendio medio di 836 euro mensili. Ma adesso arriva il cosiddetto decreto D'Alia che dichiara guerra al precariato. L'intenzione è meritoria: "Viene rafforzato il principio in base al quale" - si leggeva nel comunicato di Palazzo Chigi del 26 agosto "il ricorso al lavoro flessibile nella Pubblica amministrazione è consentito esclusivamente per rispondere a esigenze temporanee o eccezionali: ne deriva che nella Pubblica amministrazione non è consentito sottoscrivere contratti elusivi del reclutamento tramite concorso. Il tutto al fine di evitare, per il futuro, la formazione di nuovo precariato".

Proroga al 2015. Il decreto, per ridurre il precariato nel settore pubblico, percorre due strade: nuovi concorsi riservati a coloro che nell'ultimo quinquennio hanno maturato almeno tre anni di servizio nella pubblica amministrazione; proroga fino al 31 dicembre 2015 delle graduatorie dei concorsi pubblici approvate dal primo gennaio 2008. Buoni propositi. O risposta politica in attesa che si pronuncino i giudici europei.

Fonte: Repubblica

 

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