La stampa scrive

Rimane alto il rischio di uno stop degli incrementi economici sino al 31 dicembre 2014: dopo il via libera della commissione Bilancio della Camera, a momenti arriverà il parere di quella Affari Costituzionali al Senato. Intanto, nel corso di un’audizione, Anief-Confedir rivelano un’altra amara sorpresa: se passerà il testo ereditato dal Governo Monti, gli scatti in busta paga recuperati nel 2011 non avrebbero effetti per la progressione di carriera.

Non sembrerebbe voler risparmiare la Scuola la proposta di proroga, a tutto il 2014, del blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici lasciata in eredità dal Governo Monti, attraverso la bozza di decreto legislativo approvata dal CdM uscente: l’ipotesi, su cui già il Consiglio di Stato ha dato il suo parere positivo, lo scorso 3 maggio è stata trasmessa alla Presidenza della Camera, dove anche la Commissione Bilancio ha dato il suo assenso al provvedimento. Nelle prossime ore anche un ristretto gruppo di senatori, costituenti la commissione Affari Costituzionali si esprimerà al riguardo. L’ultima parola spetterà però al nuovo Governo. Che qualora dovesse opporsi, dovrebbe però anche trovare le modalità per recuperare fondi alternativi a quelli che avrebbe dovuto garantire la proroga del blocco degli stipendi del dipendenti pubblici.

La decisione è molto attesa. Prima di tutto perché se il progetto dovesse essere approvato, dalla scuola scaturirà almeno il 30% del risparmio previsto per tutta la pubblica amministrazione. Queste le novità previste dal decreto: la proroga, fino al 31 dicembre 2014, del blocco della maturazione delle posizioni stipendiali e dei conseguenti incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti; il blocco, senza possibilità di recupero, delle procedure contrattuali e negoziali degli anni 2013-2014; lo stop al riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti dal 2011; il blocco del riconoscimento di incrementi a titolo di indennità di vacanza contrattuale, anche questi senza possibilità di recupero.

Tutti i sindacati che si occupano di scuola e di dipendenti pubblici si sono detti, al pari dei lavoratori, molto preoccupati di una prospettiva di questo genere. Tra i più combattivi c’è sicuramente Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalità “Se il Governo Letta non saprà uscire da questa ‘trappola’ – sostiene il sindacalista siciliano – ai dipendenti pubblici e alle loro famiglie verrà conferita una mazzata da cui sarà difficile riprendersi: più di 3 milioni di lavoratori si ritroveranno privati di circa il 10% dello stipendio, che corrisponde a circa 200 euro al mese. Non bisogna poi mai dimenticare che tale misura si abbatterebbe su dei dipendenti, quelli della scuola, che nel 99 per cento dei casi non potendo attuare su alcun tipo di carriera professionale, vengono compensati proprio da quegli scatti e 'gradoni' stipendiali che dal 2010 il Governo ha deciso di sottrargli per far quadrare i conti pubblici”.

Per il sindacato, quindi, non vi sono dubbi: “il blocco è lesivo degli articoli 1, 4, 36, 39 e 53 della Costituzione, per analogia non potrà negare lo stesso trattamento agli altri dipendenti pubblici che rivendicano il medesimo diritto allo stipendio equo”. Pacifico lo ha ribadito a chiare lettere il 23 maggio, nel corso di un’audizione in Senato a nome della Confedir: il blocco degli stipendi si basa su una “norma illegittima perché non transeunte, arbitraria e inutile”, ha chiosato il sindacalista. Ricordando che a sostenerlo è stata la Consulta con la sentenza 223/2012, che ha dato ragione ai magistrati. Ora, il blocco degli stipendi e dell'indennità di vacanza contrattuale fino al 2014 e fino al 2013 per il personale della scuola non è eccezionale e transeunte perché non riguarda un solo anno ma un quadriennio, è arbitrario perché non ad tempus ma ad libitum visto il carattere tributario della norma nei confronti di una sola categoria di contribuenti, i dipendenti pubblici, e non consentaneo allo scopo prefisso perché il blocco che si intende prorogare e non recuperare insieme ai 300.000 tagli effettuati nella P.A. negli ultimi tre anni non ha prodotto risparmi visto l'aumento di 10 punti di spesa del debito pubblico”.

Anief-Confedir hanno infine accennato ad un’altra probabile “tegola” in arrivo per docenti e Ata: “i recenti aumenti contrattuali disposti per legge per la scuola nel 2011, sembrano non siano più considerabili come tali ai fini della progressione di carriera”. Se così fosse, per i tribunali della Repubblica si profila un’altra ondata di ricorsi in arrivo.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

La norma sul blocco degli scatti nella Pubblica Amministrazione "è illegittima perché non transeunte, arbitraria e inutile". Lo afferma Marcello Pacifico, delegato Confedir al Contenzioso, al termine della sua audizione in Commissione Affari Costituzionali del Senato.

"Per i giudici della Consulta - dichiara Pacifico - i sacrifici richiesti a tutti i dirigenti e dipendenti pubblici devono essere eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. Ora, il blocco degli stipendi e dell'indennità di vacanza contrattuale fino al 2014 e fino al 2013 per il personale della scuola non è eccezionale e transeunte perché non riguarda un solo anno ma un quadriennio, è arbitrario perché non ad tempus ma ad libitum visto il carattere tributario della norma nei confronti di una sola categoria di contribuenti, i dipendenti pubblici, e non consentaneo allo scopo prefisso perché il blocco che si intende prorogare e non recuperare insieme ai 300.000 tagli effettuati nella P.A. negli ultimi tre anni non ha prodotto risparmi visto l'aumento di 10 punti di spesa del debito pubblico".

"A rischio, infine, i recenti aumenti contrattuali disposti per legge per la scuola nel 2011, che sembrano non siano più considerabili come tali ai fini della progressione di carriera - sottolinea la Confedir -. Se dovesse essere approvato il regolamento, il sindacato chiederà giustizia ai tribunali della Repubblica per ottenere il giusto riconoscimento al lavoro svolto in questi anni".

Fonte: Italpress

 

Anief conferma la volontà di ricorrere contro questo blocco che viola l’articolo 8 della Cedu. E che diventa ancora più anacronistico dal momento che si sta discutendo sempre più seriamente sulla necessità di abolire le province. I dubbi aumentano se, come sembra, il trasferimento sarebbe possibile per i neo-assunti che chiedono il passaggio di ruolo o di cattedra.

Non si può vietare per un quinquennio il trasferimento interprovinciale degli immessi in ruolo a partire dall’anno scolastico 2011/2012, dice Anief. In questi giorni, infatti, ad almeno 30 mila insegnanti e Ata, assunti a partire dal 1° settembre 2011, è stato negato di potersi avvicinare ai loro figli, coniugi, compagni e genitori. Negando loro pure l’assegnazione provvisoria annuale anche qualora vi fossero “cattedre” e posti liberi nella loro provincia di residenza.

Tutta colpa degli effetti nefasti dell’applicazione del CCNI del 29 febbraio, 13 luglio e 6 dicembre 2012. Oltre che dell’approvazione dell’art. 9, c. 21 della Legge 106/2011.

La norma, dice sempre Anief, sembrerebbe lasciare aperto più di uno spiraglio per i passaggi di cattedra e di ruolo di tipo interprovinciale. A tal proposito viene da chiedersi se si siamo di fronte ad un “buco” normativo, ad una dimenticanza, oppure ad una precisa volontà del legislatore. Se dovesse rivelarsi esatta quest’ultima ipotesi, con l’apertura concessa solo ai neo-assunti che chiedono di cambiare classe di concorso o livello scolastico, sarebbe ancora più evidente la discriminazione in atto.

Per questo Anief pensa che quanto sta accadendo rappresenti un palese oltraggio dell’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo, attraverso cui si tutelano gli interessi superiori del fanciullo. Inoltre, come ha ricordato a più riprese la Corte di Strasburgo, lo Stato ha il dovere di adottare tutte le misure necessarie al rispetto della vita familiare e alle relazioni tra gli individui appartenenti a una famiglia. E tutto ciò diventa ancora più paradossale, dal momento che si bloccano decine di migliaia di docenti proprio mentre si sta discutendo sempre più seriamente sulla necessità di abolire le province”.

In attesa dell’esito di centinaia di ricorsi presentati ai giudici del lavoro, il sindacato conferma la volontà di rivolgersi alla Corte Costituzionale, proprio per l’evidente violazione dell’articolo 8 della Cedu e in ultima istanza anche alla Corte di Strasburgo.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

L'Anief lamenta che su concorsi e tirocini abilitanti continuano a prevalere allungamento dei tempi e tanti quesiti irrisolti.

"Ci sono tante decine di migliaia di docenti - spiega il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - a cui erano state indicate delle scadenze. Sulla base delle quali sono stati fatti progetti professionali e personali. Tutte queste date, tuttavia, sono state sistematicamente non rispettate.

"Ma poiché si preannunciano dei rilievi, con conseguenti modifiche sul testo, è inevitabile che l'avvio della prova nazionale prevista per giugno non potrà essere rispettata - continua Pacifico - . Come non porta ad alcuna certezza la conclusione del Tfa normale, frequentato da oltre 21 mila candidati: a loro era stato detto che avrebbero potuto accedere ad un nuovo concorso a cattedra di cui si sono perse le tracce. Se a questo aggiungiamo che verrà ingiustamente negato di potersi inserire nelle graduatorie ad esaurimento, dopo che per 13 anni era stato invece permesso, viene da chiedersi che genere di spendibilità avrà questo duro e oneroso percorso formativo".

Anief conferma dunque l'intenzione di avviare contenziosi, presso i tribunali della Repubblica, a tutela dei diritti dei lavoratori.

Fonte: Italpress

 

Su concorsi e tirocini abilitanti continuano a prevalere allungamento dei tempi e tanti quesiti irrisolti: il procrastinarsi dei termini per le correzioni delle prove scritte del concorso a cattedra, il silenzio assordante sui Tfa speciali e i tanti punti interrogativi che permangono su quelli ordinari stanno lasciando oltre 100 mila docenti della scuola pubblica, in parte precari in parte di ruolo, in uno stato di pericolosa incertezza.

Anche le dichiarazioni odierne del ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, orientate a rimandare qualsiasi decisione su reclutamento e nuove abilitazioni, confermando la logica del “tutto è possibile”, non fanno altro che aumentare questo stato di insicurezza. Uno stato che, però, tanti professionisti della formazione e dell’educazione pubblica non meritano. Dopo che il Miur ha dato conferma di non volere o potere assumersi alcuna responsabilità in merito al rispetto dei tempi prefissati, il nostro sindacato ha deciso di rivolgersi direttamente al Parlamento: “ci sono tante decine di migliaia di docenti – spiega il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – a cui erano state indicate delle scadenze. Sulla base delle quali sono stati fatti progetti professionali e personali. Tutte queste date, tuttavia, sono state sistematicamente non rispettate”.

A partire dal concorso a cattedre, da cui sarebbero dovuti scaturire circa 11.500 nuovi insegnanti entro la fine di quest’anno scolastico, ma per il quale più di una regione ha fatto sapere che chiuderà le operazioni solo in autunno. Facendo così saltare le immissioni in ruolo, previste in estate, per tutti quei vincitori. Senza contare che il drastico calo di pensionamenti, con conseguente riduzione di posti liberi previsti, ha nel frattempo posto seri dubbi pure sull’attuazione del turn over. Problemi seri si stanno riscontrando anche per il Tfa speciale, che avrebbe dovuto far abilitare tra i 75 mila e i 100 mila docenti.

Dopo il ‘colpo di mano’ del Miur, che lo scorso 25 marzo ha pubblicato un regolamento dei corsi comprensivo di novità importanti, come l’allargamento a tre anni di supplenze e l’indizione di un test d’accesso, le quali avrebbero dovuto comportare il consulto di organi istituzionali, come le commissioni parlamentari (sono migliaia i ricorsi che l’Anief ha raccolto e si prepara a presentare non appena il decreto sarà ufficializzato), le modifiche al decreto 249/2010 sul reclutamento scolastico risultano ad oggi ancora ferme alla Corte di Conti. “Ma poiché si preannunciano dei rilievi, con conseguenti modifiche sul testo, è inevitabile che l’avvio della prova nazionale prevista per giugno non potrà essere rispettata – continua Pacifico - . Come non porta ad alcuna certezza la conclusione del Tfa normale, frequentato da oltre 21 mila candidati: a loro era stato detto che avrebbero potuto accedere ad un nuovo concorso a cattedra di cui si sono perse le tracce. Se a questo aggiungiamo che verrà ingiustamente negato di potersi inserire nelle graduatorie ad esaurimento, dopo che per 13 anni era stato invece permesso, viene da chiedersi che genere di spendibilità avrà questo duro e oneroso percorso formativo”.

Anief conferma dunque l’intenzione di avviare contenziosi, presso i tribunali della Repubblica, a tutela dei diritti dei lavoratori: non si possono disperdere o congelare le competenze accertate di decine di migliaia di docenti.

Fonte: AgenParl

 

"Dopo il taglio di 300 mila posti in sei anni ed il reiterato blocco dei contratti, i dipendenti pubblici accusano un altro duro colpo: stavolta ad essere penalizzati sono i lavoratori di ruolo, per la cui formazione ed aggiornamento professionale l'amministrazione spende sempre meno soldi". A rilevarlo e' il rapporto annuale della Scuola superiore della P.A. (Sspa), secondo cui a partire da un dl del 2010 si e' assistito ad una progressiva riduzione dei fondi dedicati alle attivita' formative.

Nel solo ultimo anno la contrazione media nella PA e' stata del 30%, con punte di oltre il 50% in meno per i lavoratori che operano nelle Camere di commercio (-60,1%), nelle Province (-62,9%) e nei Comuni (-56,7%).

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalita', "con il passare dei mesi il processo peggiorativo delle condizioni lavorative dei dipendenti pubblici diventa sempre piu' evidente: anziche' puntare su azioni di rafforzamento di educazione permanente e di aggiornamento 'in progress', come da tempo indica anche l'Unione europea, l'Italia si mette in evidenza per la mancata formazione dei suoi lavoratori statali. Una 'performance' che si va ad aggiungere, tra l'altro, al sostanzioso taglio agli organici, in particolare nella scuola dove in pochi anni sono stati cancellati 200 mila posti tra docenti e Ata, ed al congelamento dei contratti avviato a partire dal 2010".

"Anief e Confedir non possono che condannare questo modo di procedere: alla lunga portera' ad un peggioramento della qualita' dei servizi pubblici - si legge in una nota -. Considerati dallo Stato sempre piu' un 'salvadanaio' e non una preziosa risorsa da valorizzare e mettere a disposizione della cittadinanza. Con un inevitabile allargamento della forbice rispetto al comparto privato, dove invece la formazione e l'aggiornamento del personale rimangono essenziali per lo sviluppo e la crescita aziendale".

"C'e' un'ultima considerazione da fare: poiche' rispetto al 2011 il debito pubblico e' aumentato del 10% - continua Pacifico - , viene da chiedersi dove sono finiti i fondi che annualmente lo Stato dovrebbe spendere per la pubblica amministrazione. E lo stesso vale per i finanziamenti di provenienza comunitaria annualmente stanziati per questo preciso obiettivo. Il nuovo Governo faccia chiarezza al piu' presto: ci sono oltre 3 milioni di dipendenti pubblici che meritano risposte".

Fonte: Italpress

 

Nel cedolino di aprile degli statali assunti dal 2000 è subentrata una sorta di ‘tassa’ “compensativa per garantire parità retributiva tra vecchi e nuovi. Anief: il Mef fa il mea culpa e corre ai ripari per non restituire niente, chi è in regime di TFR deve rivolgesi al tribunale. Intanto Palazzo Chigi farebbe bene a mettere da parte 3 miliardi…

Non c’è pace sulle trattenute stipendiali che alcuni sindacati continuano a considerare non lecite. Anche le novità introdotte dal Governo sulla trattenuta del 2,5% sullo stipendio di aprile dei dipendenti pubblici assunti a partire dal 2000, apparentemente favorevole a questi circa 700 mila lavoratori, non soddisfa proprio l’Anief.

Il sindacato di Pacifico, che aveva fatto pervenire migliaia di diffide del personale della scuola contro la trattenuta da intendersi come contributo obbligatorio per la costituzione del TFR, sostiene che ora “il Governo cambia la giustificazione della trattenuta, perché, in verità” sostiene di aver inserito una sorta di ‘tassa’ “compensativa per garantire parità retributiva tra vecchi e nuovi assunti, ai sensi dell’art. 1, c. 3, del DPCM 1999”.

E qui sta il punto. Per l’Anief, infatti, il CCNQ 26 luglio 1999, recepito dal DPCM 20 dicembre 1999 prevede dal maggio 2000 per i neo-assunti statali il passaggio da regime di TFS con aliquota 9,60% e trattenuta 2,5% a regime TFR con aliquota 6,91% totalmente a carico del datore di lavoro (nota Inpdap 9 giugno 2000). Dopo 13 anni, a seguito delle recenti diffide sindacali, il Mef sembra fare mea culpa e correre, invano, ai ripari per non restituire niente.

“Ma forse – si chiede il sindacato autonomo - la pensione non è una retribuzione differita? Come è possibile affermare un principio, quello corretto della parità retributiva, dopo averlo sconfessato nei commi precedenti a sfavore delle nuove generazioni sulle buonuscite future? E questa trattenuta, se non doveva essere data, perché è tassata all’origine? E perché non è stata recuperata esplicitamente a livello figurativo nella contrattazione? Forse che il 2,5% pagato in regime di TFS non garantisce una maggiore buonuscita rispetto alla riduzione già penalizzante dello 0,19 (7,10% - 6,91%) dell’aliquota o della liquidazione?”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir al contenzioso, tutto questo è paradossale, tanto che “pone queste domande non soltanto al Governo ma a tutte le Confederazioni sindacali perché non si adotti più una riforma che penalizzi i lavoratori in base all’anno di assunzione, proprio mentre il Governo pensa di portare a 70 anni l’età anagrafica necessaria dal 2020 per andare in pensione e di erogare dal 2030 ai lavoratori in quiescenza soltanto il 40% del loro ultimo stipendio”.

Per il sindacato, quindi, il mea culpa del Mef, se mea culpa è stato, non convince, perché non si tratta di un mero errore formale in un Paese nel cui ordinamento giuridico la forma è sostanza, ma di un’evidente ingiustizia. L’Anief, già dopo la pubblicazione della sentenza n. 223/12 della Consulta aveva già messo a disposizione un primo modello di diffida per interrompere la trattenuta (ottobre 2012), superato poi dalla legge 228/12 (art. 1, cc. 98-99) che ha ripristinato la situazione precedente. In seguito, a tale norma, il sindacato ha elaborato un secondo modello di diffida (febbraio 2013) atto alla certificazione del credito figurativo del 2,69% (9,60%-6,91%) quale differenza tra le due aliquote per gli anni 2011-2012 per chi è ritornato in regime TFS. Oltre che all’interruzione della trattenuta del 2,5% con richiesta risarcitoria-recupero credito per gli ultimi dieci anni per chi è stato assunto in regime TFR o ha optato per esso.

Pertanto, il sindacato oggi fa sapere che continuerà a raccogliere le diffide per i lavoratori in regime di TFR, al fine di avviare “le opportune iniziative giudiziarie nei tribunali della Repubblica perché possa essere rispettato il principio della parità di trattamento tra tutti i cittadini senza distinzione di età e perché i lavoratori del pubblico impiego non siano penalizzati rispetto ai privati soltanto perché il Governo ha la potestà di legiferare d’urgenza e di disapplicare i contratti da lui firmati in contrasto con la legge da lui voluta”.

L’Anief invita quindi “Palazzo Chigi farebbero bene a fare bene i conti” per coprire le spese dovute ai dipendenti che, anche se con qualche anno di ritardo rispetto alla vecchia tabella di marcia, andranno in pensione: “oltre ai soldi per cassa integrazione o proroga dei contratti”, il Governo dovrebbe preoccuparsi di “trovare la copertura anche per quei 3 miliardi (corrispondente al 2,69%, frutto della differenza tra le due aliquote TFS e TFR per gli anni 2011-2012) necessari per onorare interamente le future buonuscite dei 2,5 milioni di dirigenti e dipendenti pubblici che nei prossimi anni andranno in pensione, rispetto ai 41 milioni già stanziati nell’ultima finanziaria bastevoli a riliquidare il trattamento di fine servizio di chi è andato illegittimamente, nel frattempo, in pensione in regime di TFR”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Alla luce della novità introdotta nei cedolini a partire dalla rata di aprile 2013, la spiegazione del MEFsull'importo risultante nelle ritenute previdenziali non convince l'Anief, che continua a mettere a disposizione le diffide per i lavoratori in regime di TFR.

Ufficio Stampa Anief - Il CCNQ 26 luglio 1999, recepito dal DPCM 20 dicembre 1999 prevede dal maggio 2000 per i neo-assunti statali il passaggio da regime di TFS con aliquota 9,60% e trattenuta 2,5% a regime TFR con aliquota 6,91% totalmente a carico del datore di lavoro (nota Inpdap 9 giugno 2000). Dopo 13 anni, a seguito delle recenti diffide sindacali, il Mef sembra fare mea culpa e correre, invano, ai ripari per non restituire niente. Mancano, inoltre, ancora i 3 miliardi necessari per liquidare interamente i TFS futuri.

I più di 700.000 dirigenti e dipendenti pubblici passati al nuovo regime di TFR regolato dall’articolo 2120 del Codice civile introdotto dalla legge 297/1982, secondo quanto disposto dalla legge 335/1995 che prevede l’armonizzazione del sistema previdenziale pubblico a quello privato dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego (d.lgs. 29/1993), hanno sempre letto nei loro cedolini, in questi tredici anni, una voce: TRATTENUTA 2,5% TFR – OPZ. PREV. corrispondente a 35 € mensili per uno stipendio medio di 1.250 €

Questa voce, in verità, non è dovuta visto che l’azienda privata non opera alcuna trattenuta nella busta paga dei suoi lavoratori.

L’Anief, già dopo la pubblicazione della sentenza n. 223/12 della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il passaggio anche dei lavoratori rimasti in regime TFS allo stesso regime TFR dal 1° gennaio 2011 con la trattenuta del 2,5%, ha messo a disposizione un primo modello di diffida per interrompere la trattenuta (ottobre 2012), superato poi dalla legge 228/12 (art. 1, cc. 98-99) che ha ripristinato la situazione precedente. In seguito, a tale norma, il sindacato ha elaborato un secondo modello di diffida (febbraio 2013) atto

· alla certificazione del credito figurativo del 2,69% (9,60%-6,91%) quale differenza tra le due aliquote per gli anni 2011-2012 per chi è ritornato in regime TFS;
· all’interruzione della trattenuta del 2,5% con richiesta risarcitoria-recupero credito per gli ultimi dieci anni per chi è stato assunto in regime TFR o ha optato per esso.

Nel cedolino di aprile 2013, dopo l’arrivo di migliaia di diffide del personale della scuola, il Governo cambia la giustificazione della trattenuta, perché, in verità, non voleva trattenere il 2,5% come contributo obbligatorio per la costituzione del TFR ma come trattenuta compensativa per garantire parità retributiva tra vecchi e nuovi assunti, ai sensi dell’art. 1, c. 3, del DPCM 1999.

Ma forse la pensione non è una retribuzione differita? Come è possibile affermare un principio, quello corretto della parità retributiva, dopo averlo sconfessato nei commi precedenti a sfavore delle nuove generazioni sulle buonuscite future? E questa trattenuta, se non doveva essere data, perché è tassata all’origine? E perché non è stata recuperata esplicitamente a livello figurativo nella contrattazione? Forse che il 2,5% pagato in regime di TFS non garantisce una maggiore buonuscita rispetto alla riduzione già penalizzante dello 0,19 (7,10% - 6,91%) dell’aliquota o della liquidazione?

Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir al contenzioso, pone queste domande non soltanto al Governo ma a tutte le Confederazioni sindacali perché non si adotti più una riforma che penalizzi i lavoratori in base all’anno di assunzione, proprio mentre il Governo pensa di portare a 70 anni l’età anagrafica necessaria dal 2020 per andare in pensione e di erogare dal 2030 ai lavoratori in quiescenza soltanto il 40% del loro ultimo stipendio.

Il mea culpa del Mef, se mea culpa è stato, non convince, perché non si tratta di un mero errore formale in un Paese nel cui ordinamento giuridico la forma è sostanza, ma di un’evidente ingiustizia. Pertanto, Anief-Confedir continua a mettere a disposizione le diffide per i lavoratori in regime di TFR e avvierà le opportune iniziative giudiziarie nei tribunali della Repubblica perché possa essere rispettato il principio della parità di trattamento tra tutti i cittadini senza distinzione di età e perché i lavoratori del pubblico impiego non siano penalizzati rispetto ai privati soltanto perché il Governo ha la potestà di legiferare d’urgenza e di disapplicare i contratti da lui firmati in contrasto con la legge da lui voluta.

Nel frattempo, a Palazzo Chigi farebbero bene a fare bene i conti perché oltre ai soldi per cassa integrazione o proroga dei contratti bisogna trovare la copertura anche per quei 3 miliardi (corrispondente al 2,69%, frutto della differenza tra le due aliquote TFS e TFR per gli anni 2011-2012) necessari per onorare interamente le future buonuscite dei 2,5 milioni di dirigenti e dipendenti pubblici che nei prossimi anni andranno in pensione, rispetto ai 41 milioni già stanziati nell’ultima finanziaria bastevoli a riliquidare il trattamento di fine servizio di chi è andato illegittimamente, nel frattempo, in pensione in regime di TFR. Anche per questa ragione, rimangono validi i modelli di diffida per il TFS.

Il link alla pagina da cui scaricare i modelli di diffida

Avviso per il personale in regime di TFR: le novità dal mese di aprile 2013

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Anche l'Anief interviene su uno degli argomenti più importanti di fine anno scolastico per i supplenti con contratto al 30 giugno: la monetizzazione delle ferie non godute, e lo fa ribadendo che l'art. 56 della legge di Stabilità è chiaro: "Le disposizioni di cui ai commi 54 e 55 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013”.

L'Anief pertanto non chiede nessuna nota di chiarimento al MIUR, infatti
Il ripristino del pagamento delle ferie dei precari della scuola contenuto nell’attuale versione della Legge di Stabilità, che a seguito della spending review non si sarebbero dovute monetizzare, rappresenta un dato importante perché costituisce il ripristino di un diritto, che se altrimenti negato avrebbe chiaramente violato tutta la normativa vigente.

L’ art. 2113 c.c. afferma: “le rinunzie e le transazioni aventi per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi non sono valide.” A tal proposito, riceviamo dai supplenti diverse segnalazioni in merito alla decisione di alcuni Dirigenti scolastici che suggeriscono ed in alcuni casi “obbligano” a richiedere le ferie già maturate.

Fino ad un mutamento della normativa vigente, ANIEF si rivolge a tutto il personale precario interessato e lo invita a non dare seguito alcuno agli “inviti” a fruire delle ferie entro lo scadere del contratto, da parte dei dirigenti scolastici. Nel caso in cui questi ultimi volessero “forzare la mano”, emanando provvedimenti di collocamento in ferie d’ufficio, sarà sufficiente inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. per richiedere il modello di risposta da presentare contro tale provvedimento.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

La proroga decisa dal Cdm ieri sui contratti di circa 100mila dipendenti della P.A., rappresenta solo il prolungamento della loro agonia lavorativa voluta dallo Stato italiano. A sostenerlo e' Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per il contenzioso.

"Allungare i contratti lavorativi sembrerebbe un segnale positivo - spiega Pacifico – ed in effetti lo e' per le decine di migliaia di lavoratori che avranno la possibilita' di lavorare sino alla fine del 2013. Ma le buone notizie finiscono qui. Perche' rimangono in piedi, almeno due gravi storture che il nuovo Governo e' chiamato ad eliminare. La prima, e' la volonta' di escludere i dirigenti pubblici dalla nuova contrattazione del pubblico impiego, come se non si trattasse di lavoratori e alte professionalita' da salvaguardare. A cui va aggiunta l'ostinazione dei governanti italiani nel disapplicare la normativa sulla stabilizzazione dei precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo. Siamo di fronte - continua il sindacalista - alla violazione di una precisa direttiva, in particolare dell'art. 4 della 1999/70/CE, peraltro gia' da tempo recepita nel nostro paese dall'articolo 6 del decreto legislativo 268 del 2001. Allungare di sei mesi dei contratti a tempo determinato, quindi, non ci puo' soddisfare. Il sindacato conferma la volonta' di ricorrere, in tutte le sedi possibili, contro questa politica lesiva dei diritti dei dipendenti pubblici".

Fonte: Italpress

 

La proroga decisa dal Consiglio dei Ministri sui contratti di circa 100mila dipendenti della pubblica amministrazione "rappresenta solo il prolungamento della loro agonia lavorativa voluta dallo Stato italiano". A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato di Confedir (Confederazione dei dirigenti, funzionari, quadri ed alte professionalità della Pubblica Amministrazione).

"Allungare i contratti lavorativi sembrerebbe un segnale positivo - spiega Pacifico - ed in effetti lo è per le decine di migliaia di lavoratori che avranno la possibilità di lavorare sino alla fine del 2013. Ma le buone notizie finiscono qui. Perché rimangono in piedi almeno due gravi storture che il nuovo Governo è chiamato ad eliminare. La prima è la volontà di escludere i dirigenti pubblici dalla nuova contrattazione del pubblico impiego, come se non si trattasse di lavoratori e alte professionalità da salvaguardare. A cui va aggiunta l'ostinazione dei governanti italiani nel disapplicare la normativa sulla stabilizzazione dei precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo".

"Siamo di fronte - continua il sindacalista Anief-Confedir - alla violazione di una precisa direttiva, in particolare dell'articolo 4 della 1999/70/CE, peraltro già da tempo recepita nel nostro paese dall'articolo 6 del decreto legislativo 268 del 2001. Allungare di sei mesi dei contratti a tempo determinato, quindi, non ci può soddisfare. Il sindacato conferma la volontà di ricorrere, in tutte le sedi possibili, contro questa politica lesiva dei diritti dei dipendenti pubblici".

Fonte: TMNews

 

"Uno Stato che non investe nei selezionatori dei docenti e negli ispettori della qualita' scolastica e' destinato al massimo a tenersi a galla". E' quanto si legge in una nota dell'associazione sindacale Anief, nello stesso giorno in cui "un noto quotidiano nazionale ha denunciato le grosse difficolta' che ha l'amministrazione scolastica nel reperire dei docenti-eroi che si prestino a lavorare tutta la prossima estate, senza andare in ferie ed in cambio di appena 500 euro, per fare da esaminatori del concorso a cattedra da cui entro il 31 agosto scaturiranno 11mila nuovi insegnanti".

"Se a questo aggiungiamo l'ormai cronica carenza di ispettori addetti alla valutazione scolastica, rilanciata da una testata giornalistica specializzata – prosegue la nota - non possiamo che giungere ad una triste conclusione: non servono le riforme dei concorsi e i nuovi sistemi di valutazione scolastica, se poi non c'e' la volonta' di incentivare adeguatamente i commissari e di selezionare nuovi ispettori".

"Il sindacato, come tutti i lavoratori della scuola - prosegue la nota - sono convinti che un sistema d'istruzione di qualita' non puo' continuare a reggersi sul volontariato di chi ama l'insegnamento oppure sulla professionalita' di un "pugno" di esperti chiamati a valutare l'operato di quasi 10 mila scuole. E' quindi urgente porre un rimedio a questa situazione, tornando a dare la giusta considerazione per i selezionatori dei nuovi docenti e assumendo nuovi ispettori. Altrimenti tutto il sistema scolastico rischia di regredire ulteriormente".

"Uno Stato che non investe in queste figure professionali, da cui dipende il destino di un milione di dipendenti tra docenti e Ata, oltre che la formazione di sette milioni di alunni, non puo' permettersi di svilire certe figure professionali", sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief.

"Occorre il prima possibile porre rimedio a tale limite. Altrimenti, non si capisce perche' dei commissari, ridotti a lavorare come dei lavoratori dell'Ottocento, malpagati, senza sosta e privati anche del riposo settimanale, debbano decidere di immolarsi per una causa in cui nessuno crede. Ad iniziare proprio dallo Stato", conclude Pacifico.

Fonte: Italpress

 

"Uno Stato che non investe nei selezionatori dei docenti e negli ispettori della qualità scolastica è destinato al massimo a tenersi a galla". La denuncia arriva dall'associazione sindacale Anief che fa riferimento a notizie secondo cui l'amministrazione scolastica avrebbe grosse difficoltà nel reperire "docenti-eroi che si prestino a lavorare tutta la prossima estate, senza andare in ferie e in cambio di appena 500 euro, per fare da esaminatori del concorso a cattedra da cui entro il 31 agosto scaturiranno 11mila nuovi insegnanti".

"Se a questo aggiungiamo l'ormai cronica carenza di ispettori addetti alla valutazione scolastica, rilanciata da una testata giornalistica specializzata, non possiamo che giungere a una triste conclusione: non servono le riforme dei concorsi e i nuovi sistemi di valutazione scolastica, se poi - osserva l'Anief - non c'é la volontà di incentivare adeguatamente i commissari e di selezionare nuovi ispettori".

Secondo il sindacato "un sistema d'istruzione di qualità non può continuare a reggersi sul volontariato di chi ama l'insegnamento oppure sulla professionalità di un 'pugno' di esperti chiamati a valutare l'operato di quasi 10 mila scuole".

"E' quindi urgente - afferma - porre un rimedio a questa situazione, tornando a dare la giusta considerazione per i selezionatori dei nuovi docenti e assumendo nuovi ispettori. Altrimenti tutto il sistema scolastico rischia di regredire ulteriormente".

"Uno Stato che non investe in queste figure professionali, da cui dipende il destino di un milione di dipendenti tra docenti e Ata, oltre che la formazione di sette milioni di alunni, non può permettersi di svilire certe figure professionali. Occorre il prima possibile - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief - porre rimedio a tale limite. Altrimenti, non si capisce perché dei commissari, ridotti a lavorare come lavoratori dell'Ottocento, malpagati, senza sosta e privati anche del riposo settimanale, debbano decidere di immolarsi per una causa in cui nessuno crede. A iniziare proprio dallo Stato".

Fonte: ANSA

 

Dall'Europa giunge un altro importante segnale che indica la necessita' di abbattere la precarieta' lavorativa e non incentivarla, come purtroppo avviene in Italia da tempo e ancora di piu' dopo l'approvazione della riforma Fornero. Da un vasto studio dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, pubblicato in queste ore, che ha visto coinvolti 16.622 cittadini europei appartenenti a 31 Paesi diversi (gli attuali 27 Stati membri dell'UE, insieme a Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera), risulta che "la precarieta' dell'impiego o la riorganizzazione del lavoro sono considerate le cause piu' comuni dello stress legato all'attivita' lavorativa".

"La meta' dei lavoratori europei - si legge nelle conclusioni del rapporto - ritiene che lo stress legato al lavoro sia un fenomeno comune, mentre quattro su dieci ritengono che non sia gestito adeguatamente nel proprio luogo di lavoro".

E' davvero significativo che "la causa piu' comune dello stress da lavoro in Europa, individuata nella precarieta' dell'impiego o nella riorganizzazione del posto di lavoro (72%)" sia maggiormente sentita rispetto addirittura agli eccessi di ore passate sul posto di lavoro e pure "al carico di lavoro (66%)". E' anche sintomatico che l'Agenzia europea abbia ravvisato che "nei paesi con un debito pubblico piu' elevato, i lavoratori tendono maggiormente a citare la precarieta' dell'impiego o la riorganizzazione del posto di lavoro come causa percepita dello stress legato al lavoro". dp/com

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalita', "questi dati confermano quanto sosteniamo da tempo: in Italia si ha paura della precarieta'. Al punto che non si fa nulla per combatterla. Il nostro, infatti, e' uno dei Paesi europei dove le amare conclusioni del rapporto si riscontrano in pieno. Troppo spesso il lavoro e' considerato come un 'male oscuro', per il quale non esiste pero' alcuna terapia o medicina".

A tal proposito, il sindacato ricorda che lo Stato italiano non ha mai voluto recepire la giurisprudenza e le direttive comunitarie, in particolare la direttiva europea 1999/70, che avrebbero calmierato sicuramente l'aumento del 10% di disoccupazione nell'ultimo anno: assumere definitivamente i precari dopo 36 mesi di servizio, infatti, permetterebbe in un "colpo" solo di investire in professionisti competenti, che migliorerebbero la macchina lavorativa, oltre che stabilizzare tantissimi lavoratori dando loro l'opportunita' di realizzare il loro progetto di vita.

"Le indicazioni fornite dal rapporto europeo - continua Pacifico - ci confermano quanto siano state inopportune e ingiustificate le deroghe adottate dall'Italia rispetto alle indicazioni dell'Ue. Il Governo Letta non puo' non prenderne atto. E' infatti giunta l'ora di voltare pagina. Mettendosi finalmente alle spalle le discriminazioni effettuate, persino dallo Stato; basta vedere cosa accade nella scuola, nei confronti dei lavoratori precari: dalla stessa Europa e' stato infatti piu' volte segnalato che le differenze di trattamento tra dipendenti di ruolo e precari di lunga data non sono accettabili. In caso contrario si incappa nella discriminazione. Il Governo non puo' continuare ad eludere questi campanelli di allarme sovranazionali: e' giunto il momento - conclude il rappresentante Anief-Confedir - di investire seriamente, aumentando in modo significativo i finanziamenti rispetto al Pil, sulla formazione e sulla cultura. Oltre che affrontare una volta per tutte il problema della precarieta' lavorativa crescente: allargarla ulteriormente sarebbe un vero dramma nazionale".

Fonte: Italpress

 

E' incostituzionale obbligare i professori e i ricercatori universitari a lasciare il servizio al compimento dei 70 anni, negando loro la proroga di due anni concessa invece a tutti i dipendenti pubblici: a stabilirlo sono i giudici della Consulta, con la sentenza n. 83/2013, pubblicata oggi, che hanno di fatto annullato gli effetti attuativi dell'art. 25 della Legge 240/2010 voluta dall'ex ministro dell'Istruzione, Universita' e Ricerca, Maria Stella Gelmini.

"Nella sentenza - spiega l'Anief in una nota -, gli ermellini hanno ravvisato palesi contraddizioni tra il testo contenuto nella citata legge rispetto, in particolare, agli articoli 3 e 97 della Costituzione. Di conseguenza, la Consulta ritiene che la L. 240/2010 non tiene conto delle peculiarita' relative alla professione dei docenti e dei ricercatori accademici: negando loro la possibilita' di mettere al servizio degli studenti e della societa' tutta le competenze acquisite nel tempo nei rispettivi specifici ambiti di competenza, si e' tentato di introdurre 'una disciplina sbilanciata e irrazionale'".

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalita', la sentenza "rimette ordine ad un sistema danneggiato da una evidente forzatura voluta dall'ex Governo Berlusconi", permettendo di "mantenere in essere delle alte professionalita' al servizio dello Stato e favorire nel contempo una continuita' didattica sempre piu' spesso minacciata dalla mancanza di turn over".

Il sindacalista ritiene, inoltre, che "la cancellazione dell'articolo 25 della Legge 240/2010 rappresenta l'occasione giusta per tornare a chiedere e con maggior forza al nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, di adoperarsi per restituire dignita' alla figura del ricercatore universitario, cancellata da quella stessa legge. Allo stesso modo – continua Pacifico - e' indispensabile che si torni a dare la possibilita'ai ricercatori di essere collocati in una loro fascia professionale, oggi ad esaurimento. E di far loro conseguire l'abilitazione all'insegnamento come docenti associati, attraverso il ripristino della macchina concorsuale".

"Il ministro Carrozza, professore universitario con un'esperienza rilevante da rettore della Scuola Superiore S. Anna di Pisa, comprendera' bene che senza i ricercatori l'universita' italiana non potra' mai essere rilanciata. Si tratta di figure indispensabili, che meritano di essere finalmente collocati nel ruolo che spettano, come anche previsto - conclude il rappresentante Anief-Confedir - dalla carta dei ricercatori europei".

Fonte: Italpress

 

La Corte Costituzionale "rimette ordine a un sistema danneggiato da una evidente forzatura voluta dall'ex Governo Berlusconi", permettendo di "mantenere in essere delle alte professionalità al servizio dello Stato e favorire nel contempo una continuità didattica sempre più spesso minacciata dalla mancanza di turn over". Così l'Anief commenta la sentenza della Consulta che riabilita i prof universitari a rimanere altri due anni in servizio oltre i 70 anni di età.

"La cancellazione dell'articolo 25 della Legge 240/2010 - afferma il presidente dell'associazione, Marcello Pacifico - rappresenta l'occasione giusta per tornare a chiedere e con maggior forza al nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, di adoperarsi per restituire dignità alla figura del ricercatore universitario, cancellata da quella stessa legge.

Allo stesso modo - continua Pacifico - è indispensabile che si torni a dare la possibilità ai ricercatori di essere collocati in una loro fascia professionale, oggi ad esaurimento. E di far loro conseguire l'abilitazione all'insegnamento come docenti associati, attraverso il ripristino della macchina concorsuale.

Il ministro Carrozza, professore universitario con un'esperienza rilevante da rettore della Scuola Superiore S. Anna di Pisa, comprenderà bene - conclude Pacifico - che senza i ricercatori l'università italiana non potrà mai essere rilanciata".

Fonte: ANSA

 

Giorno 9 maggio si è svolto presso il Ministero un incontro con i sindacati sui tagli del dimensionamento. Intervengono ANIEF e FLCGIL.

Secondo quanto riferito dal Ministero le scuole dotate di autonomia passano da 9.131 dell’anno corrente a 8.646 nel 2013-2014, mentre quelle con dirigente scolastico e direttore dei servizi (DSGA) passano da 8106 a 8094 (che diventano 8149 se vengono considerate anche le sedi Centri per l’Istruzione degli Adulti -CPIA). Scompaiono, dunque, altre 485 scuole: un numero superiore a quello preventivato sulla media dei 900 alunni ipotizzato nell’Intesa Stato Regioni.

Sulla faccenda, ieri, è intervenuta l'ANIEF che ha chiesto al MIUR di "applicare la sentenza della Consulta" che ha ritenuto "incostituzionale la norma voluta dal Parlamento che ha soppresso almeno 1.500 istituti scolastici: in particolare ha abrogato l'articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, nella parte che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi di scuole d'infanzia, primaria e medie con meno di mille alunni."

Tale abrogazione ha comportato, come noto, il ripristino dei criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998, la cui applicazione garantisce comunque la collocazione di questo personale in uno stato di titolarità. "E non di certo il loro posizionamento in esubero. - sottolinea Marcello Pacifico - Con tutte le conseguenze, professionali e personali, che ne derivano."

La FLCGIL ha, invece, chiesto un semplice ripensamento sulla questione dimensionamento, superando "le norme che impediscono la preposizione di dirigente scolastico e DSGA alle scuole cosiddette sottodimensionate (sotto i 600 alunni e i 400 nelle situazioni particolari)" e ripensando "la stessa media dei 900 alunni che non fa i conti con le specificità territoriali e non tiene conto delle ingestibilità delle scuole sovradimensionate, pluriplesso o insistenti su più comuni."

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Una scuola al centro dell'agenda politica del governo, è quanto chiedono i sindacati dopo la nomina di Maria Chiara Carrozza al ministero dell'Istruzione. Abbiamo chiesto ai segretari.

E una scuola al centro dell'agenda è sinonimo di investimenti “La scuola – sottolinea come in altre occasioni Francesco Scrima, segretario di Cisl Scuola – non deve essere considerata un capitolo di spesa ma di investimento sul nostro futuro”. Cosa chiedono quindi le sigle sindacali al nuovo Ministro? “Migliorare l'offerta formativa, garantire la sicurezza delle strutture scolastiche e e stabilizzare il personale – sintetizza Scrima –. Serve infine il rinnovo di un piano triennale di assunzione”.

Anche Domenico Pantaleo, segretario di Flc-Cgil, chiede investimenti e un adeguamento della spesa per l'istruzione agli standard europei: “Chiediamo un investimento di 4 miliardi annui aggiuntivi, per migliorare le infrastrutture, allargare il tempo scuola e migliorare la qualità didattica”.

Rino Di Meglio, segretario della Gilda insegnanti conferma come urgenti gli stessi provvedimenti, edilizia scolastica e precariato, riguardo ai quali il ministro stesso ha già manifestato una certa attenzione senza però sbilanciarsi in indicazione sulle politiche. “Anche se in passato – mette in guardia Di Meglio – ci hanno già abituato a tante belle parole poi smentite dai fatti”.

I sindacati chiedono poi un intervento deciso e prioritario sugli organici: “Serve al più presto un organico pluriennale funzionale a livello delle singole scuole”, dice Marco Paolo Nigi, segretario di Snals-Confsal. “È necessario insomma abolire la differenza tra organico si fatto e di diritto e fare le nomine di ruolo su questo nuovo organico”. E, aggiunge Massimo di Menna di Uil Scuola “si tratta di una modifica urgente perché fondamentale che a settembre si inizi con un organico più stabile”.

E c'è poi una questione salariale aperta: “Bisogna abolire le norme che vanno in contrasto con la contrattazione collettiva nazionale in merito a ferie e permessi e garantire la qualità della scuola anche attraverso la valorizzazione del personale – spiega Marcello Pacifico, presidente di Anief -. Chiediamo inoltre innalzamento dell'obbligo scolastico al diploma superiore e una riforma dell'apprendistato che consenta di collegare gli ultimi tre anni delle superiori al lavoro. Questo consentirebbe di combattere la dispersione scolastica e aumentare gli organici. Infine – conclude Pacifico – auspichiamo che sia introdotto un sistema di valutazione e riconoscimento del merito degli insegnati che però non vada a discapito degli scatti di anzianità e che non sia affidato al dirigente o sindacalista di turno”.

Infine altro punto centrale è la sburocratizzazione del Miur:
“È fondamentale che il Miur si liberi dal commissariamento del ministero dell'Economia. In questo senso diciamo che la responsabilità politica della scuola deve essere affidata al presidente del Consiglio”, commenta Pantaleo. “Il Ministero – aggiunge Di Menna – si deve trasformare in un rogano di supporto per le scuole, occorre evitare un appesantimento e un eccessiva centralizzazione. Oltretutto un intervento del genere consentirebbe anche di risparmiare risorse”.

Fonte: Orizzonte Scuola

 

"E' passato piu' di un anno da quando l'ex ministro dell'istruzione, Francesco Profumo, annunciava, con un'intervista rilasciata al piu' importante quotidiano nazionale, l'intenzione di avviare i corsi di abilitazione specifici per il personale docente precario: tutto il mondo della scuola ha accolto con soddisfazione questa decisione, poiche' per una volta l'amministrazione e' sembrata volere andare incontro alle esigenze di almeno 100 mila supplenti che necessitano dell'abilitazione all'insegnamento".

Lo afferma in una nota l'Anief, che aggiunge: "Le belle notizie pero' si sono fermate con quell'intervista. Presto il ministero dell'Istruzione ha ripreso ad assumere il solito atteggiamento di boicottaggio verso una categoria, i precari, per la quale occorrerebbe ben altro rispetto e senza la quale il sistema scolastico italiano si bloccherebbe all'istante. Oltre all'attesa infinita, con il decreto che oggi sarebbe ancora fermo alla Corte di Conti, il Miur lo scorso 25 marzo ha prodotto un regolamento che contiene dei requisiti di accesso maggiorati (tre supplenze annuali o almeno dal 1° febbraio, anziche' 360 giorni complessivi a partire dall'anno scolastico 1999/2000) e l'inutile creazione di un test nazionale d'ingresso (al fine di suddividere su tre anni i candidati ai corsi, quando sarebbe bastato sceglierli per anzianita' di servizio o in base ad altri criteri oggettivi)".

Fonte: Italpress

 

Il nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, "si attivi per far avviare il prima possibile i corsi abilitanti speciali. Ovviamente facendo apporre le dovute modifiche". Lo chiede l'Anief sottolineando che circa 100 mila supplenti attendono da oltre un anno l'avvio di questi corsi. L'associazione ricorda che "l'annuncio dell'ex ministro Profumo risale al 6 maggio 2012: in tutto questo tempo quel che é stato prodotto è solo la pubblicazione di un pessimo regolamento".

"Oltre all'attesa infinita, con il decreto che oggi sarebbe ancora fermo alla Corte di Conti, il Miur lo scorso 25 marzo ha prodotto un regolamento che - spiega l'Anief - contiene requisiti di accesso maggiorati (tre supplenze annuali o almeno dal 1 febbraio, anziché 360 giorni complessivi a partire dall'anno scolastico 1999/2000) e l'inutile creazione di un test nazionale d'ingresso (al fine di suddividere su tre anni i candidati ai corsi, quando sarebbe bastato sceglierli per anzianità di servizio o in base ad altri criteri oggettivi).

"Ancora una volta il Miur - commenta il presidente, Marcello Pacifico - incurante delle richieste dei docenti precari e del sindacato, ha preferito tenere la testa nella sabbia. E meritarsi, con questo atteggiamento, l'avvio del contenzioso presso i tribunali della Repubblica a tutela dei diritti dei lavoratori: nel frattempo, infatti, sono migliaia i ricorsi che l'Anief ha raccolto e si prepara a presentare non appena il decreto sui Tfa speciali sarà ufficializzato".

Fonte: ANSA

 

Prendono il via domani le prove Invalsi: i primi a cui verranno somministrati i quesiti, 20 domande a cui rispondere in 45 minuti, saranno gli alunni delle seconde e quinte classi della scuola primaria; il 14 maggio sara' la volta degli iscritti alla prima media (30-35 test con un'ora e 15 minuti di tempo a disposizione); il 16 maggio di tutte le classi del secondo superiore (50 domande, un'ora e mezza di tempo). Il 17 giugno, infine, quasi 600 mila alunni saranno chiamati ad affrontarli all'interno dell'esame di Stato per conseguire la licenza media (con l'esito che varra' per un sesto del voto d'esame finale).

"Le novita' introdotte dai responsabili delle prove - piu' spazio alle domande aperte di matematica per dare la possibilita' di rispondere in modo piu' articolato, per l'italiano quesiti che richiedono una maggiore comprensione complessiva dei testi, in generale test piu' mirati sulle competenze e meno sulle conoscenze scolastiche - non cambiano il giudizio negativo sull'operazione ministeriale - spiega l'Anief in una nota -. Riteniamo che queste verifiche, ereditate dalla tradizione docimologica di altri Paesi, per come sono predisposte e somministrate non servono: non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi. Non si puo', infatti, valutare il percorso di apprendimento di un alunno e le performance di una scuola prendendo come riferimento delle variabili fortemente soggettive e tutt'altro che standardizzabili".

"Costruire un sistema di valutazione e' cosa ben piu' complessa. E di piu' ampio respiro. I risultati delle prove Invalsi sarebbero utili solo se 'incrociati' con altri descrittori, peraltro ben pregni di significato rispetto agli esiti derivanti dai asettici risultati di test a risposta multipla - sottolinea il sindacato -: questi descrittori, al momento non considerati dall'Invalsi, servirebbero infatti per verificare il punto di partenza delle conoscenze del gruppo classe, gli effettivi strumenti operativi a disposizione di docenti e discenti. Ma anche il grado di cultura delle famiglie di provenienza, le risorse e i servizi offerti dal territorio circostante (in diverse zone d'Italia inesistenti) e il grado di integrazione. Ci fermiamo qui, non perche' siano terminati, solo per rimanere ai piu' importanti".

Secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico "quella di valutare il rendimento dei nostri alunni con test standardizzati e' una scelta che contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi due decenni, sempre piu' orientata al 'saper fare' e alla centralita' dell'alunno nel suo percorso educativo. Anche dopo le modifiche adottate quest'anno, la sostanza e lo spirito dei test rimangono in forte antitesi con il terreno normativo e le tante esperienze didattiche e progettuali percorse per anni nelle scuole. Ci riferiamo al Portfolio delle competenze e delle abilita', oltre che alla creazione della carta d'identita' dello studente e dell'istituto scolastico".

Fonte: Italpress

 

"Un inutile spreco di energie, soldi e tempo". Così l'Anief giudica le prove Invalsi che prendono il via domani. "Gli accorgimenti introdotti - spiega - non cambiano la sostanza: è un errore pensare di valutare il complesso percorso di apprendimento di oltre due milioni di alunni e le performance di migliaia di scuole prendendo come unico riferimento i risultati forniti da test in larga parte nozionistici. Una valutazione seria dovrebbe tenere conto di diversi fattori, ad iniziare da uno studio preliminare del territorio e delle famiglie degli studenti".

"Quella di valutare il rendimento dei nostri alunni con test standardizzati - afferma il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - è una scelta che contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi due decenni, sempre più orientata al 'saper fare' e alla centralità dell'alunno nel suo percorso educativo. Anche dopo le modifiche adottate quest'anno, la sostanza e lo spirito dei test rimangono in forte antitesi con il terreno normativo e le tante esperienze didattiche e progettuali percorse per anni nelle scuole. Ci riferiamo al Portfolio delle competenze e delle abilità, oltre che alla creazione della carta d'identità dello studente e dell'istituto scolastico".

Secondo Pacifico "questo genere di attività di verifica, tra l'altro affidate a decine di migliaia docenti, sottoposti a un lavoro supplementare e gratuito, non può essere considerata seria e attendibile per lo sviluppo e il miglioramento della scuola". "E' bene - conclude che il nuovo ministro dell'Istruzione lo sappia. E prenda appena possibile i provvedimenti che ne conseguono".

Fonte: ANSA

 

Non si ferma l'azione dell'Anief, che dopo il ripristino dei posti in deroga sul sostegno, la cancellazione delle code nelle graduatorie ad esaurimento, il riconoscimento degli scatti di anzianita' ai precari, in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea sulla stabilizzazione dei supplenti con 36 mesi di servizio, ora ottiene dal Tar Lazio anche il rinvio della norma di legge sulla cancellazione dei docenti di ruolo dalle stesse graduatorie ad esaurimento.

Per il tribunale amministrativo - si legge nell'ordinanza di remissione n. 3309 del 2 aprile 2013 - la norma "appare il frutto piu' di scelte politiche contrastanti con principio meritocratico di inclusione nelle graduatorie, che non piuttosto rivolte a eliminare discriminazioni o a promuovere il lavoro di docente su tutto il territorio nazionale".

Gli avvocati Ganci e Miceli, su mandato dell'Anief e dei suoi 62 iscritti ricorrenti, con i ricorsi nn. 4716/10 e 4717/10 hanno impugnato il decreto Miur dell'11 marzo 2010 che disponeva, in ossequio a quanto introdotto dal legislatore nella legge di conversione n. 167 del 24 novembre 2009 - incurante delle memorie presentate dal sindacato nelle audizioni presso le Commissioni referenti durante l'esame del decreto legge n. 134 del 25 settembre 2009 -, la cancellazione dei docenti di ruolo dalle graduatorie ad esaurimento, in possesso di abilitazioni per altre classi di concorso o ordini di scuola. Tale depennamento avveniva automaticamente ad opera del gestore del sistema informativo del Miur.

"Il provvedimento era stato inserito, come ben ricostruisce il Collegio - spiega l'Anief in una nota -, dopo l'estenuante braccio di ferro sulla natura delle stesse graduatorie permanenti di cui alla legge 124/99 trasformate ad esaurimento dalla legge 296/06, ovvero sul divieto del trasferimento a pettine in alta provincia all'atto dell'aggiornamento delle graduatorie previsto nel 2009, contestato dall'Anief ma assunto dal legislatore prima, su richiesta del ministro Gelmini dopo il suo commissariamento e cancellato dalla Corte costituzionale, in seguito al nuovo ricorso presentato dal sindacato al Tar Lazio".

"Giova ricordare, peraltro - prosegue il sindacato -, che all'interno dello stesso articolo di legge, veniva introdotto anche il c. 4-quater, attualmente al vaglio dei giudici del lavoro, che vanificava i successi ottenuti sempre dal sindacato presso il Consiglio di Stato in merito al riconoscimento della liceita' dello spostamento dei titoli di servizio o culturali gia' dichiarati all'atto dell'aggiornamento. A niente e' valsa la difesa dell'amministrazione in merito all'esistenza dei meccanismi di mobilita' professionale che sono stati introdotti dal legislatore proprio per garantire la continuita' didattica da parte del personale in servizio e non per togliere posti ai precari".

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, "e' l'ennesima conferma di come la cultura giuridica guida la nostra azione sindacale. L'ordinanza conferma la denuncia che fin dall'inizio abbiamo espresso nei confronti di un intervento legislativo disorganico, pasticciato e illogico, attuato contro gli interessi del Paese e in tutta fretta soltanto per ostacolare le sentenze della magistratura che vedevano l'amministrazione soccombente".

In attesa della decisione della Consulta, pertanto, l'Anief invita tutto il personale docente di ruolo cancellato d'ufficio dalle graduatorie ad esaurimento che ha interesse e puo' dimostrare ad aver diritto, per scorrimento, a un incarico a tempo indeterminato in altra classe concorsuale o ordine di scuola, a partire dal 1° settembre 2011, "a instaurare il contenzioso presso il giudice del lavoro e a chiedere le istruzioni operative per ricorrere inviando un'e-mail con i propri dati anagrafici e recapiti telefonici a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.".

Fonte: Italpress

 

Le graduatorie dei precari sono da rifare, perché per il Tar del Lazio è incostituzionale la norma che ha cancellato nel 2009 i docenti di ruolo dalle graduatorie a esaurimento: è quanto sostiene l'Anief in una nota.


"Su due ricorsi presentati dall'Anief nel 2010 - si legge nella nota - il Tar solleva alla Consulta questione pregiudiziale per violazione di 5 articoli della Costituzione.
Tutti i docenti di ruolo cancellati d'ufficio, che dal primo settembre 2010 avrebbero potuto accettare un altro posto per scorrimento di graduatoria in altra classe concorsuale o ordine di scuola, possono ancora fare ricorso".

Per il tribunale amministrativo, sostiene l'Anief, la norma "appare il frutto più di scelte politiche contrastanti con principio meritocratico di inclusione nelle graduatorie, che non piuttosto rivolte a eliminare discriminazioni o a promuovere il lavoro di docente su tutto il territorio nazionale".
Per Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, "l'ordinanza conferma la denuncia che fin dall'inizio abbiamo espresso nei confronti di un intervento legislativo disorganico, pasticciato e illogico, attuato contro gli interessi del Paese e in tutta fretta soltanto per ostacolare le sentenze della magistratura che vedevano l'amministrazione soccombente". In attesa della decisione della Consulta, pertanto, l'Anief invita tutto il personale docente di ruolo cancellato d'ufficio dalle Graduatorie ad esaurimento che ha interesse e può dimostrare ad aver diritto, per scorrimento, a un incarico a tempo indeterminato in altra classe concorsuale o ordine di scuola a partire dal 1 settembre 2010, a instaurare il contenzioso presso il giudice del lavoro.

Fonte: ANSA

 

"Per far tornare la scuola italiana su livelli accettabili non serve una nuova grande riforma. Occorre, piuttosto, ripristinare il prima possibile un orario scolastico adeguato, dando la possibilita' a tutti gli alunni che lo richiedono di fruire del tempo pieno, adottare finalmente quell'organico funzionale che permetterebbe alle scuole di attuare l'autonomia scolastica, assumere tutti i precari su tutti i posti liberi".

Sono questi i provvedimenti urgenti che l'Anief sottopone all'attenzione del neo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, dopo aver colto nelle sue prime dichiarazioni ufficiali "la voglia di imprimere un cambio di marcia all'istruzione italiana, rinunciando giustamente ai vuoti annunci e prestando attenzione alle questioni aperte della macchina amministrativa, piuttosto che rispondere alle numerose richieste di interviste o di apparizione in televisione".

A tal proposito, l'Anief nell'augurare al nuovo ministro una convincente e positiva conduzione del Miur, coglie l'occasione per ricordarle che "l'istruzione rappresenta il piu' grande investimento che un Paese moderno possa condurre: da una scuola e un'universita' di alto livello scaturiscono dei cittadini istruiti e competenti, utili a centrare un sicuro progresso personale e sociale. Ma per raggiungere questi obiettivi, imprescindibili, e' necessario che si esca dalle logiche incentrate sui tagli ad oltranza che intravedono nella cultura e nella formazione dei settori su cui risparmiare".

"Occorre sin da subito affrancarsi dalle strategie politiche che negli ultimi sei anni hanno portato alla cancellazione di 200 mila posti di lavoro e, a seguito della scellerata Legge 133 del 2008, al taglio di 8 miliardi di euro solo nel comparto dell'istruzione - sottolinea il sindacato -. Per non parlare dell'affossamento operato alle universita', dove alla riduzione progressiva del fondo ordinario e delle borse di studio rivolte agli atenei, si e' aggiunta l'incredibile eliminazione di una figura chiave anche ai fini del progresso scientifico e tecnologico: quella del ricercatore a tempo indeterminato".

"Chiediamo quindi al ministro Carrozza di dire basta a questa politica miope, figlia di una concezione errata della Conoscenza. Ci rendiamo conto - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - che le problematiche da affrontare per il nuovo ministro dell'Istruzione sono diversificate, intrecciate e complesse. Soprattutto perche' i danni prodotti dai suoi predecessori sono molteplici. Vi sono, tuttavia, delle priorita' che, anche in vista del regolare svolgimento del prossimo anno scolastico, vanno affrontate con estrema urgenza".

"Su tutte - continua Pacifico - ricordiamo al ministro che occorre riportare il tempo scuola medio quotidiano da 4 a 6 ore in ogni grado scolastico, garantendo l'orario pieno a tutte le circa 200 mila famiglie che lo hanno richiesto per la scuola primaria. A livello di personale, non e' poi piu' procrastinabile l'avvio dell'organico funzionale, con i docenti e il personale Ata assegnati alle loro scuole per almeno tre anni. Cio' permetterebbe anche di ammortizzare gli ultimi assurdi tagli attuati su migliaia di docenti inidonei e insegnanti tecnico pratici".

Piu' in generale, il sindacato invita Maria Chiara Carrozza "ad operare affinche' l'istruzione recuperi il suo ruolo di luogo di promozione di valori sani e di educazione alla cittadinanza, che ci impone la Costituzione oltre che indispensabili per muoversi agevolmente nella societa' contemporanea. A tale scopo, le biblioteche scolastiche devono aprirsi a studenti e cittadini, in modo, anche, che l'istituzione scuola recuperi quel senso dello Stato di cui si sono perse le tracce".

Fonte: Italpress

 

Per la scuola "non serve una nuova riforma". Lo afferma in una nota l'associazione sindacale Anief che ha scritto al nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza.

Per il sindacato quel che occorre è "solo il ripristino dei principi fondamentali su educazione e lavoro. Si inizi da un maggiore tempo scuola, organici stabili e l'assunzione dei precari su tutti i posti liberi".

"Ci rendiamo conto - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - che le problematiche da affrontare per il nuovo ministro dell'Istruzione sono diversificate, intrecciate e complesse.
Soprattutto perché i danni prodotti dai suoi predecessori sono molteplici. Vi sono, tuttavia, delle priorità che, anche in vista del regolare svolgimento del prossimo anno scolastico, vanno affrontate con estrema urgenza".

"Su tutte - continua Pacifico - ricordiamo al ministro che occorre riportare il tempo scuola medio quotidiano da 4 a 6 ore in ogni grado scolastico, garantendo l'orario pieno a tutte le circa 200 mila famiglie che lo hanno richiesto per la scuola primaria. A livello di personale, non è poi più procrastinabile l'avvio dell'organico funzionale, con i docenti e il personale Ata assegnati alle loro scuole per almeno tre anni. Ciò permetterebbe anche di ammortizzare gli ultimi assurdi tagli attuati su migliaia di docenti inidonei e insegnanti tecnico pratici".

Fonte: ANSA

 

Il Consiglio di Stato, attraverso la sezione per gli atti normativi, ha dato parere favorevole alla proroga sino al 31 dicembre 2013, con effetto sull'anno 2014, dei blocchi degli scatti di anzianita' dei dipendenti pubblici. Per Anief e Confedir qualsiasi atto che prevede un blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, rimane sempre in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale 223/2012, la quale ha dato ragione a quei magistrati che avevano rivendicato il diritto allo stipendio equo.

"A rigor di logica - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per il contenzioso - l'indirizzo che la Consulta ha dato per i magistrati deve necessariamente valere anche per tutti gli altri dipendenti dello Stato. Ma non solo: se l'Italia e' ancora una Repubblica fondata sul lavoro, allora i contratti vanno rispettati. E siccome lo Stato, che li ha sottoscritti attraverso l'Aran, si e' impegnato a riconoscere il merito dei suoi dipendenti, questi patti formali non possono essere disattesi in itinere. Ancora di piu' se si tratta dei dipendenti pubblici dell'Italia - continua Pacifico - dove il costo della vita ha da alcuni anni avuto una sensibile impennata, mentre i salari degli statali, in proporzione, sono rimasti quelli di quasi 25 anni fa. Giunti a questo punto non e' piu' possibile accettare che il Governo italiano continui a vestire contemporaneamente i panni del datore di lavoro e del legislatore. Visto che le cose non stanno cosi', per i nostri sindacati sara' inevitabile aprire una nuova stagione di contenziosi. Lo faremo gia' a maggio, non appena si completera' l'iter di approvazione del DPR che toglie una porzione di stipendio a tre milioni e mezzo di dipendenti".

Fonte: Italpress

 

Parliamo della batteria di test, i 5.663 quesiti a risposta multipla, da cui verranno estrapolate le 100 domande da sottoporre ai candidati nella prova preselettiva del concorso per dirigenti scolastici 2011.

Che i quesiti fossero online prima del tempo lo dimostrerebbe, secondo i ricorrenti, la "memoria di Google": Google Cache, che ha archiviato una loro "immagine" già 6 luglio 2011 e 12 luglio 2011, un mese e mezzo prima della loro pubblicazione ufficiale, che avverrà il primo settembre 2011.

Secondo gli avvocati, questo violerebbe il principio di parità di accesso dei cittadini negli impieghi pubblici, ma secondo i giudici si tratta di "osservazioni generiche ovvero soggettivamente opinabili"

Sulla questione legata ai 976 quesiti errati, cioè 1/5 delle domande presenti nella batteria, e che, secondo gli avvocati, dimostrerebbe come "la prima fase di elaborazione dei test preselettivi è stata conotata da difetto di istruttoria e opacità" per la nomina della commissione atta a individuare tali errori, per i criteri utilizzati e per l'assenza di un verbale delle operazioni effettuate, i giudici hanno affermato che tale tesi non è condivisibile, "la brevità del tempo occorrente ai candidati per la preparazione della prova preselettiva - si legge nel testo della sentenza - e la circostanza della asserita tardiva comunicazione delle indicate 900 domande risultate errate non è idonea ad invalidare la procedura".

Pertanto, su queti punti e sugli altri punti di illegittimità avanzati dai ricorrenti, il Tar ha respinto il ricorso.

"Al di là della poco condivisibile affermazione secondo cui la pubblicazione in rete dei quiz anzitempo non è apprezzabile come tale, - ha sottolineato l'ANIEF in un comunicato giunto nella tarda serata di ieri, primo Maggio - rimane ancora da accertare nel merito definitivo se alcune risposte siano state veramente errate, fuorvianti o ingannevoli, se anche una sola risposta errata possa invalidare il bando di concorso o se una commissione di esperti si possa riunire senza verbalizzare i criteri nella selezione delle domande, tutte domande senza risposta nella sentenza contestata n. 4323/13 su ricorso reg. n. 9258/2011".

E il Presidente del giovane sindacato rilancia: "l'Anief ha deciso, in questa fase, gratuitamente, di invitare i ricorrenti ad appellare questa sentenza e tutti gli altri ricorrenti degli analoghi ricorsi a costituirsi ad adiuvandum così da avere la parola definitiva dai giudici del Consiglio di Stato su una vicenda che comunque non ha reso onore al Miur e ai sindacati dei dirigenti scolastici che, anziché vigilare sulla correttezza delle procedure od opporsi alla cancellazione delle presidenze, hanno preferito curare i propri interessi. Una vicenda sulla quale i giudici di Palazzo Spada, con atteggiamento altrettanto granitico, hanno dimostrato in più occasioni di dubitare della legittimità dell’intera procedura concorsuale.
Per informazioni, scrivi ad Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro il 21 maggio 2013 per ricevere le istruzioni operative per appellarti."

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Con i primi giorni di maggio si esaurisce in molti casi il tempo per fare ricorso in caso di posizionamento errato (per il mancato riconoscimento di titoli o servizi). Ignorare questo passaggio potrebbe costare molto caro, perché si rischia di entrare nel vortice della mobilità coatta. Che alla luce della spending review della scorsa estate potrebbe tradursi non solo nel trasferimento ma anche nello spostamento coatto in altri comparti pubblici. E non solo…

Con l’avvento del mese di maggio, per il personale di ruolo dichiarato dai dirigenti scolastici soprannumerario sarà già il momento dei resoconti. Come già rilevato da questa testata giornalistica, gli istituti avrebbero dovuto realizzare entro il 24 aprile scorso le graduatorie d’istituto suddivise per tipologia di ruoli. E tra i docenti anche per classi di concorso. Considerano che il tempo per presentare ricorso scade è di soli 10 giorni dalla pubblicazione delle graduatorie occorre prestare la massima attenzione.

Per molti, certo, si tratta di un’operazione ininfluente. Ma per decine di migliaia di dipendenti potrebbe invece decretare il motivo alla base di un trasferimento coatto. Che, sulla base della spending review approvata la scorsa estate, potrebbe tradursi, in casi limite, anche in uno spostamento di ruolo (nello stesso Miur, come in un altro comparto della pubblica amministrazione) e in linea teorica (se non vi sono proprio possibilità di impiego alternativo, laddove coesistano scarsità di posti vacanti e limitatezza del titolo di studio spendibile) addirittura al licenziamento (dopo due anni di non ricollocazione).

È bene, quindi, che il personale interessato rivolga la massima attenzione a questo appuntamento. Ancora di più nelle scuole dove la pubblicazione delle graduatorie non è stata ancora realizzata. In questi casi, infatti, la condizione di soprannumerarietà potrebbe manifestarsi a ridosso del termine dell’anno scolastico. Quando l’attenzione, soprattutto per i docenti, è spostata sulle tante scadenze professionali da rispettare e sugli scrutini finali. Col risultato di ritrovarsi inseriti in graduatorie imposte d’ufficio. Giuste o sbagliate che siano.

Detto che dalla loro correttezza potrebbe anche dipendere l’esito della mobilità volontaria – trasferimento, utilizzazione o assegnazione provvisoria – , vale la pena ricordare che le graduatorie interne agli istituti riguarderanno anche tutti quelli cosiddetti “dimensionati”. Ovvero quelli che nel corso dell’estate verranno meno per non aver rispettato i limiti minimo di iscritti imposti sempre dalla “stretta” dal Governo Monti.

Soprattutto in quest’ultimo caso, il personale interessato farebbe bene a chiedere conforto ai sindacati. A tal proposito segnaliamo le indicazioni fornite dall’Anief, che riassumono l’ampia casistica di titolo o servizi che possono non essere riconosciuti dagli istituti: il sindacato autonomo ricorda che “tutti coloro che hanno richiesto il riconoscimento dei titoli non valutati o valutati solo parzialmente dal CCNI (abilitazione SSIS, titolo Supervisore o Tutor Tfa, diploma SSIS anche di sostegno, il servizio pre-ruolo al pari di quello prestato dopo la nomina, il servizio militare prestato non in costanza di nomina, il servizio prestato in qualità di presidente o commissario interno/esterno agli esami di maturità dopo l’a.s. 2000/2001) e che non lo hanno ottenuto, dovranno presentare reclamo, quindi – in caso di mancato accoglimento dello stesso – richiesta di tentativo di conciliazione”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

In busta paga a maggio pure l’aumento di stipendio. Scrima (Cisl): gli accordi pagano. Poi altre frecciatine alla Cgil: chi non ha firmato quell’accordo non può oggi dirsi soddisfatto contestando l’intesa che li ha resi esigibili. In attesa della replica di Pantaleo, arrivano le critiche di Pacifico (Anief): il recupero non è totale, perché il personale non è tornato all’anzianità retributiva del cedolino del 2010.

Finalmente, dopo tanta attesa, per diverse decine di migliaia di docenti e Ata della scuola è giunto il momento dell’accredito degli arretrati maturati nel 2011 a seguito dello “scatto” degli aumenti automatici sinora non riconosciuto. L’accordo raggiunto tra Cisl, Uil, Snals, Gilda e amministrazione ha infatti permesso (pur sacrificando risorse interne non certo trascurabili, tra cui un quarto dei fondi destinati al Mof), lo sblocco di una situazione che si trascinava da troppo tempo.

Per Francesco Scrima, leader della Cisl Scuola, è la dimostrazione che “gli accordi pagano”. Dopo aver ricordato che “con la busta paga di maggio si avrà poi la regolarizzazione di tutte le posizioni stipendiali (per molti ci sarà un aumento di retribuzione, per tutti si accorcerà di un anno l’attesa del passaggio allo scatto successivo)”, Scrima ha colto l’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Tornando a mandare frecciatine a quella Flc-Cgil con cui da alcuni anni non si trova più in sintonia.

“Rispettiamo la decisione di chi ha fatto scelte diverse, ma – dice il sindacalista – chi non ha firmato quell’accordo non può oggi esprimere soddisfazione perché si ridanno gli scatti e contemporaneamente contestare l’intesa che li ha resi esigibili. Non c’è alcuna logica in dichiarazioni di questo tenore, che mascherano a fatica il disagio per l’inconcludenza di comportamenti più ideologici e politici che sindacali”.

Scrima non nasconde l’importanza di riallacciare un dialogo con le istituzioni che governano il Paese. “L’obiettivo di una piena valorizzazione, anche economica, del lavoro nella scuola resta per noi al primo posto nel confronto che vogliamo aprire da subito col nuovo Governo, se andrà in porto positivamente il tentativo di formarlo. Per noi è importante arrivarci avendo nel frattempo portato a soluzione qualche problema, senza limitarci soltanto a denunciarne l’esistenza”.

In attesa della replica della Flc-Cgil, che visti i precedenti non tarderà ad arrivare, a rispondere indirettamente a Scrima è stato il presidente dell’Anief Marcello Pacifico. Il quale non ha mancato di ricordare che il pagamento degli scatti è stato “ottenuto nel 2010 e 2011, rivendicato dai sindacati rappresentativi (eccetto FLC)”, solo “grazie al taglio di 50.000 posti di lavoro e del 25% delle risorse del MOF”. E il futuro non promette nulla di buono, visto che “nel nuovo contratto, per un dipendente su quattro, gli scatti scompariranno in favore del merito – performance individuale, a parità di nuovi risparmi”. Per il rappresentante dell’Anief “quando sarà sbloccato (il blocco permane per il 2012-2013) la filosofia rimarrà”, infatti, “quella definita nell’atto di indirizzo all’ARAN a seguito dell’intesa confederale firmata sempre da alcune organizzazioni sindacali il 4 febbraio 2011: soldi in cambio di risparmi, ma non più per tutti i dipendenti ma per fasce, ovvero soltanto al 75% di essi (con un’ulteriore differenziazione tra il 25% e il 50% di essi), e non più come criterio di merito in base all’anzianità di servizio ma alla misurazione della performance individuale all’interno dell’unità aziendale virtuosa che ha raggiunto i livelli di prestazione di efficienza e di efficacia o ancora di produttività previsti a livello nazionale”.

Pacifico sostiene, inoltre, che malgrado “il riconoscimento degli scatti, a carissimo prezzo, per il 2010 e 2011”, il personale della scuola “continua a essere vessato perché non è ritornato all’anzianità retributiva prevista nel cedolino del 2010, se neo-assunto o pensionato ha avuto la ricostruzione di carriera e lo stipendio bloccato con perdita di ulteriori benefici economici”. L’Anief, quindi, si muoverà come gli riesce meglio: invitando il personale danneggiato a diffidare Mef e Miur “per ottenere quanto spettante”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

I docenti della scuola pubblica possono essere assunti solo dallo Stato: a stabilirlo e' la Corte Costituzionale, che bocciando l'articolo 8 della legge n.2/2012 della Lombardia ha accolto il ricorso presentato il 19 giugno scorso dalla Presidenza del Consiglio - Dipartimento per gli Affari Regionali – per rigettare il tentativo dell'ex Giunta Formigoni di rivendicare la piena applicazione del Titolo V della Costituzione, al fine di porre in capo alle Regioni la responsabilita' della gestione del sistema scolastico e degli organici.

Secondo la regione Lombardia, quindi, la scuola statale avrebbe avuto la possibilita' di bandire i concorsi per il reclutamento dei docenti precari con incarico annuale.

Secondo l'Anief "siamo di fronte all'ennesima dimostrazione che laddove non arriva il legislatore occorre fare rispettare la giustizia rivolgendosi alle aule dei Tribunali. Lo avevamo detto sin dall'inizio - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalita' - che l'ordinario svolgimento delle attivita' didattiche deve essere affidato a docenti assunti dallo Stato tramite concorsi meritocratici. E non attraverso un reclutamento per mezzo di concorsi differenziati a seconda del titolo di studi. Se in Lombardia pensavano di introdurre anche ai dipendenti l'applicazione sistematica dello 'spoiling system', che ha distrutto la classe dirigente dello Stato, hanno evidentemente sbagliato qualche calcolo: il tentativo di controllare l'accesso all'intera pubblica amministrazione - conclude Pacifico - e' andato clamorosamente a vuoto".

Fonte: Italpress

 

I docenti della scuola pubblica possono essere assunti solo dallo Stato: a stabilirlo è la Corte Costituzionale che, bocciando l'articolo 8 della legge n.2/2012 della Lombardia ha accolto il ricorso presentato il 19 giugno scorso dalla Presidenza del Consiglio - Dipartimento per gli Affari Regionali, per rigettare il tentativo dell'ex giunta Formigoni di rivendicare la piena applicazione del Titolo V della Costituzione, al fine di porre in capo alle Regioni la responsabilità della gestione del sistema scolastico e degli organici. Lo sottolinea in una nota l'Anief.

In questo modo, evidenzia l'associazione, "cade prima del via il tentativo lombardo di introdurre il modello di assunzioni dei docenti per mezzo di concorsi differenziati a seconda del titolo di studi. La legge stabiliva infatti che, a titolo sperimentale, le istituzioni scolastiche statali avrebbero potuto organizzare per un triennio, a partire dall'anno scolastico successivo alla stipula, dei concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi". "Lo avevamo detto sin dall'inizio - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalità - che l'ordinario svolgimento delle attività didattiche deve essere affidato a docenti assunti dallo Stato tramite concorsi meritocratici. E non attraverso un reclutamento per mezzo di concorsi differenziati a seconda del titolo di studi. Se in Lombardia pensavano di introdurre anche ai dipendenti l'applicazione sistematica dello 'spoiling system', che ha distrutto la classe dirigente dello Stato, hanno evidentemente sbagliato qualche calcolo: il tentativo di controllare l'accesso all'intera pubblica amministrazione - conclude Pacifico - è andato clamorosamente a vuoto".

Fonte: ANSA

 

Salta in Toscana il concorso per dirigenti scolastici. "Per colpa delle buste trasparenti, dei commissari nominati in conflitto di interessi e della presenza di un numero imprecisato di quesiti errati, anche il Tar toscano, dopo quelli di Lombardia, Lazio e Calabria, si arrende all'evidenza e annulla le prove dello scritto" rende noto l'Anief che definisce il concorso per diventare dirigente nella scuola pubblica italiana "il più brutto degli ultimi due decenni".

"Gli ultimi accadimenti nei tribunali - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - indicano la necessità di trovare una soluzione politica. Che tuteli vincitori e ricorrenti. E che nel caso della Toscana, l'ultimo in ordine cronologico con un epilogo favorevole ai ricorrenti, mantenga comunque gli oltre 100 vincitori del concorso. Solo in tal caso si ridurrebbero gli effetti negativi di questa pessima procedura concorsuale, nata male e finita peggio. Con decine di migliaia di candidati costretti a subire le conseguenze di una selezione dimostratasi davvero disorganizzata, per certi versi addirittura improvvisata. E su cui pende anche il giudizio della Corte di Conti".

Anief confida a questo punto nell'opera della magistratura, sottolineando che nel corso degli ultimi sei anni il numero delle dirigenze si è ridotto, passando da circa 12mila a 8mila: "quello che è ancora più grave - commenta ancora Pacifico - è che la riduzione di circa un terzo del numero totale dei dirigenti di tutta Italia è stata attuata nella totale indifferenza dei sindacati di settore. Un taglio che ha tra l'altro come origine l'opera di dimensionamento delle scuole: migliaia di istituti venuti meno per puri calcoli ragionieristici, ignorando la loro funzionalità formativa e sociale. Meno male - conclude il presidente Anief - che proprio di recente la Consulta ha reputato incostituzionale questa decisione, perché decisa a livello centrale bypassando il ruolo imprescindibile degli enti locali".

Fonte: ANSA

 

"Per il giudice, gli interventi del legislatore nel settore della scuola non brillano per coerenza e chiarezza in quanto danno l'idea di qualcosa di raffazzonato, eppure e' indubbio come siano precettive le norme del decreto legislativo 368/01, in tema di stabilizzazione dei precari, nel rapporto di lavoro privatizzato dei dipendenti afferenti al pubblico impiego e alla scuola, prima della previsione di una speciale deroga introdotta dal legislatore gia' il 24 settembre 2009". Lo afferma in una nota l'Anief, che ha vinto due ricorsi a Bari.

"Di conseguenza, anche per effetto della legge finanziaria 2008, tutti i dipendenti pubblici che hanno maturato un servizio superiore ai 36 mesi anche non continuativi tra il 2004 e il 2009 hanno diritto all'assunzione a tempo determinato dal 1° aprile 2009, anche nella scuola, dove peraltro il personale docente ricorrente ha superato un pubblico concorso - come la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di apprezzare - grazie al quale e' stato inserito nelle graduatorie permanenti da cui si assume per il 50% dei posti - prosegue il sindacato -. Le due docenti precarie, insegnanti di sostegno rispettivamente dal 2004 e dal 2005, state assistite dall'avvocato Michele Ursini dell'Anief nei ricorsi patrocinati dal sindacato e depositati il 22 gennaio 2013, nel contenzioso seriale coordinato dagli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli".

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola, "e' l'ennesimo successo che premia la costanza e la competenza di chi vorrebbe restituire alla nostra Repubblica il dovere di rimuovere ogni ostacolo al lavoro, inteso come cittadinanza. La precarieta' nei rapporti di lavoro e' fuori non soltanto dalla nostra Costituzione ma dall'Europa, dai cui giudici (Corte di Giustizia europea), entro l'anno, si attende il giudizio sulla compatibilita' della normativa derogatoria introdotta dallo Stato italiano con la direttiva 1999/70/CE".

"Nel frattempo, a Bari si rimarca come la sentenza della Cassazione non sia di per se' applicabile, tout court, a tutto il contenzioso seriale promosso dal sindacato sulla stabilizzazione dei precari - conclude l'Anief -, mentre le recenti sentenze di appello delle Corti di Torino e dell'Aquila confermano il diritto dei precari al pagamento degli scatti di anzianita', in ossequio al principio di non discriminazione sancito sempre dalla stessa giurisprudenza comunitaria".

Fonte: Italpress

 

L'Anief, nell'augurare al presidente della Repubblica "un secondo mandato proficuo e ricco di soddisfazioni, soprattutto in chiave di rinascita del Paese, intende sottoporre alla sua attenzione il problema dell'istruzione dei nostri alunni: sebbene dovesse costituire un obiettivo nazionale primario e imprescindibile, da alcuni anni sta accusando un evidente decremento qualitativo - si legge in una nota -. Tanto che stiamo perdendo terreno pure a livello internazionale: le ultime rilevazioni, di livello Ocse e europeo, indicano la scuola italiana in caduta libera. Con risultati deludenti in tutte le materie, in particolare in quelle scientifiche, abbandoni che calano ovunque meno che in Italia e investimenti ormai cosi' modesti da essere paragonati a quelli della Grecia. Inutile sottolineare che tutto cio' non puo' essere casuale, ma e' frutto di una dissennata politica dei tagli e del ricorso a norme che hanno danneggiato gli alunni, le loro famiglie, i docenti e tutto il personale che opera nella scuola".

"Se si vuole tornare ad avere delle scuole di primordine e degli alunni competenti e preparati alle sempre piu' difficili sfide del lavoro - dichiara Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, rivolgendosi al Capo dello Stato - e' giunto il momento di cambiare pagina. Per questo ci rivolgiamo al presidente della Repubblica appena rieletto. La prima istituzione dello Stato italiano, che dall'alto della sua responsabilita' e sensibilita' sapra' indicare al Parlamento le scelte che portano verso una scuola sana e finalmente competitiva".

Anief e' convinto che "per fare questo occorre ripartire anche da una diversa gestione del personale, cominciando ad abbattere il precariato attraverso l'assunzione a titolo definitivo degli 80mila precari della scuola italiana, in servizio su altrettanti posti vacanti. La necessita' e' garantire il rispetto delle piu' moderne direttive comunitarie, sia ai fini della stabilizzazione professionale dei precari che hanno svolto piu' di 36 mesi di servizio per lo Stato negli ultimi 5 anni, sia per trovare delle rinnovate soluzioni a proposito della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti".

"Vale la pena ricordare che e' anche interesse dello Stato italiano provvedere alla stabilizzazione di queste decine di migliaia di docenti e Ata precari su posti liberi. Diverse sentenze emesse nelle ultime settimane, infatti, hanno tutte indicato la necessita' di far sborsare alle casse statali centinaia di milioni di euro per compensare l'abuso dei contratti a tempo determinato, i mancati scatti di anzianita', le mensilita' estive non corrisposte per gli anni passati e per quelli futuri fino all'eta' pensionabile degli attuali precari di lungo corso - spiega ancora il sindacato -. I tre recenti indennizzi record di oltre 150mila euro netti, piu' accessori e interessi, decisi nelle ultime settimane dai giudici del lavoro di Trapani costituiscono infatti dei precedenti che convinceranno migliaia di precari a ricorrere in tribunale per opporsi sia al trattamento economico diversificato rispetto ai colleghi di ruolo, sia alla stipula di contratti al 30 giugno, anziche' al 31 agosto, anche quando il posto e' vacante".

"Ma riformare la gestione del personale significa anche rivedere dei lavoratori della scuola in uscita. Come accade in Belgio, dove per questo stesso personale, che svolge un lavoro altamente logorante, sono previste delle "finestre" per uscire anticipatamente ed evitare, come accade per tanti docenti della scuola, di incorrere nel 'burnout' - spiega ancora l'Anief -. Per coloro che hanno alle spalle oltre due decenni di insegnamento e non intendono lasciare il servizio, e' poi sempre piu' indispensabile prevederne l'utilizzazione come "tutor professionali" da mettere a disposizione delle nuove leve di insegnanti. Come e' necessario introdurre una reale formazione in servizio di tutto il personale scolastico, sia per l'approfondimento/aggiornamento di ogni disciplina, sia per l'adozione delle procedure scientificamente piu' adeguate nel campo del sostegno agli alunni disabili".

Fonte: Italpress

 

"Il problema del precariato della scuola non risparmia nessuna zona d'Italia: anche la provincia di Trento, dove il problema della disoccupazione e' decisamente meno marcato rispetto alla media nazionale, fa registrare nella scuola una presenza record di docenti non di ruolo. La scarsita' di assunzioni degli ultimi anni, con il conseguente mancato turn over, hanno fatto lievitare il numero di precari. Cosi' oggi mentre a livello nazionale si registra una media del 20% di personale in organico non di ruolo, nella provincia di Trento la percentuale e' salita ad oltre il 33%".

Lo afferma in una nota l'Anief, spiegando che il dato e' stato presentato oggi nel corso del seminario "La legislazione scolastica nella normativa recente', svolto nell'istituto comprensivo di Trento "J.A. Comenius" e organizzato dall'associazione professionale attiva anche in campo di sindacale.

"E' grave che anche in questa zona, notoriamente prodiga di posti di lavoro stabili, l'assunzione del personale stia diventando sempre piu' una chimera - ha detto Marcello Pacifico, presidente nazionale dell'Anief -. I dati ufficiali indicano, infatti, che ormai un terzo del personale docente della provincia sia precario. Nemmeno una delle province piu' floride del Paese riesce ad imporre, quindi, la direttiva 1999/70/CE che obbliga i datori di lavoro ad assumere il personale assunto per oltre 36 mesi complessivi. Anche nelle province a statuto speciale la logica e' sempre la stessa: fare cassa a tutti i costi, riducendo il tempo scuola, a danno degli alunni".

Il futuro prossimo, tra l'altro, non promette nulla di buono. I relatori del gruppo trentino Anief hanno ricordato che "le nuove regole locali renderanno ancora piu' dura la vita lavorativa dei precari del posto: alle superiori, ad esempio, l'introduzione generalizzata dei 50 minuti di lezione, al posto dell'ora canonica, comportera' l'obbligo di far 'spalmare' ad ogni docente di ruolo ben 70 ore a disposizione per le supplenze. E anche alla primaria non va meglio, visto che le ore aggiuntive annuali da dedicare alle supplenze passeranno da 10 a 15. Alcuni precari presenti al seminario hanno poi sottolineato le loro perplessita'
sull'introduzione della IV fascia nelle graduatorie trentine, considerate illegittime perche' contrarie ad una recente sentenza della Consulta che premia il voto piuttosto che la data di abilitazione".

Durante la giornata si e' anche parlato delle leggi provinciali n. 7/97 e 21/97, attraverso le quali e' possibile derogare alla normativa nazionale che disapplicata dall'amministrazione centrale e periferica ha trattenuto il 2,5% di TFR dal 2002 a tutto il personale di ruolo e precario neo-assunto contro quanto previsto dal decreto della presidenza del Consiglio del 20 dicembre 1999 e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 223/12. Si e' ricordato che anche chi e' ritornato in regime di TFS merita di aver ripristinato l'aliquota del 2,69% presa dallo Stato negli anni 2011 e 2012.

Infine, si e' affrontato il tema della spending review e dell'istituzione di un unico fondo di finanziamento delle scuole da cui prelevare i risparmi che potrebbero fare perdere piu' di 100 posti dell'organico del personale non docente, Ata, nella Provincia. L'Anief ha manifestato "la volonta' di avviare azioni legali per il ripristino della legalita' dopo anni di cattiva gestione della macchina pubblica che ha subito la privatizzazione del rapporto di lavoro e l'invasione della politica".

"A tal proposito - ha ricordato il presidente Marcello Pacifico - e' notizia di questi giorni che dopo il blocco del contratto, l'obiettivo di chi ci governa e' arrivare all'eliminazione degli scatti di anzianita', mentre i neo-assunti hanno la carriera ferma per dieci anni".

Fonte: Italpress

 

La "piaga" del precariato della scuola non risparmia nessuna provincia: anche quella di Trento, dove il problema della disoccupazione e' meno marcato rispetto alla media nazionale, fa registrare nella scuola una presenza record di docenti non di ruolo. La scarsita' di assunzioni degli ultimi anni, con il conseguente mancato turn over, hanno fatto lievitare il numero di precari. Cosi' oggi mentre la media nazionale del personale non di ruolo e' del 20%, nella provincia di Trento la percentuale e' salita in pochi anni ad oltre il 33%.

A denunciarlo e' l'Anief. "E' grave che anche in questa zona, notoriamente prodiga di posti di lavoro stabili, l'assunzione del personale stia diventando sempre piu' una chimera", sottolinea Marcello Pacifico, presidente dell'Anief.

"I dati ufficiali indicano che ormai un terzo del personale docente della provincia di Trento lavora nelle scuole con contratti a tempo determinato. Dunque, nemmeno una delle province piu' floride del Paese riesce ad imporre la direttiva 1999/70/CE che obbliga i datori di lavoro ad assumere il personale assunto per oltre 36 mesi complessivi. Anche nelle province a statuto speciale la logica che prevale e' sempre la stessa: fare cassa a tutti i costi, riducendo il tempo scuola, a danno degli alunni".

Il futuro prossimo, tra l'altro, non promette nulla di buono: "le nuove regole locali - ha fatto sapere il gruppo trentino Anief - renderanno ancora piu' dura la vita lavorativa dei precari. Desta perplessita', infine, l'introduzione della IV fascia nelle graduatorie trentine: si tratta di un'operazione illegittima perche' contraria ad una recente sentenza della Consulta che premia il voto piuttosto che la data di abilitazione".

Fonte: Italpress

 

A fornire assistenza è l’Anief. Interessati coloro che hanno svolto solo 360 giorni negli ultimi 12 anni, tutto servizio aspecifico, sono entrati in possesso del diploma magistrale entro il 2001/2002. Ma anche chi è di ruolo e i soprannumerari. Contestata anche la parte che rende incompatibile la frequenza del Tfa speciale con altro corso abilitante. Le questioni verranno trattate dai giudici di primo grado del Lazio.

Dopo il concorso a cattedra, anche il Tfa speciale diventa oggetto di ricorso da parte dei sindacati della scuola. A farsi promotore dell’ennesima battaglia giudiziaria contro delle norme reputate troppo restrittive è ancora una volta l’Anief, l’organizzazione più incline a questo genere di percorsi a tutela dei propri iscritti. Stavolta il sindacato se la prende con le norme – incluse nel Regolamento aggiuntivo che modifica il Decreto n. 249 del 10 settembre 2010, per la cui approvazione definitiva si attende solo il via libera della Corte dei Conti - che lascerebbero fuori decine di migliaia di potenziali precari interessati ai tirocini formativi.

Le contestazioni, da sottoporre al Tar del Lazio, sono tante. Si va dall’obbligo di svolgere tre annualità da 180 giorni ciascuna nell’arco degli ultimi dodici anni scolastici, anziché i tradizionali 360 giorni complessivi, alla richiesta di inclusione del servizio svolto nell’anno in corso; dalla norma che prevede di aver svolto i 540 giorni, ma che dovrebbe far valere anche il servizio (aspecifico) su classi di concorso diverse da quelle per cui ora si chiede l’abilitazione, a quella che esclude gli insegnanti in possesso del titolo conclusivo del corso di studi dell’istituto magistrale conseguito in uno degli anni 1999, 2000, 2001 e 2002, privi di abilitazione o idoneità e che abbiano prestato servizio per almeno 360 giorni nella scuola materna e nella scuola elementare dal 1° settembre 1999. Il sindacato tenterà poi di includere coloro che sono entrati in possesso del diploma magistrale entro il 2001/2002, quelli che sono di ruolo e soprannumerari. L’opposizione al decreto non risparmia, inoltre, la parte che rende incompatibile la frequenza del Tfa speciale con altro corso abilitante (idoneità presso SSIS o TFA ordinario).

Infine, rimane aperta la questione dell’inserimento in GaE, da cui sono esclusi sia i prossimi abilitati con il TFA ordinario sia quelli che si abiliteranno con il TFA speciale, “questione che Anief ha già messo all’attenzione del nuovo Parlamento e che sarà oggetto di un’audizione specifica non appena saranno insediate le Commissioni parlamentari, visto il divieto attuale di nuovi inserimenti previsto dalla norma in contrasto con gli interventi derogatori degli ultimi anni (L. 169/08, L. ), ottenuti sempre grazie all’Anief (IX ciclo SSIS, SFP e III AFAM) e per la quale saranno lanciati due ricorsi specifici nei prossimi giorni”.

Il sindacato ritiene che “ancora una volta, la legge è stata disattesa e bisogna rivolgersi al Tar per ottenere equità e ragionevolezza nell’adozione dell’ennesima norma riguardante i precari della scuola. In maniera discrezionale, infatti, il Governo approva un Regolamento (…) attraverso una sessione riservata di esami, disattendendo quanto previsto dal Parlamento in tre leggi dello Stato, la L. 124/99 (art. 2, c. 4), L. 306/2000 (art. 1 c. 6bis), L. 143/2004 (art. 2, c. 1ter)”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

La scarsità di fondi per le scuole "sta raggiungendo livelli record. Al punto che le province, da cui dipende la gestione degli istituti superiori, stanno cominciando a mettere le mani avanti in vista del prossimo anno scolastico. Come a Savona, dove, per risparmiare sulle bollette elettriche e del gasolio da riscaldamento, i responsabili della giunta provinciale hanno scritto ai dirigenti scolastici del loro territorio chiedendo esplicitamente di predisporre le condizioni per introdurre la settimana corta". La denuncia arriva dall'Anief.

"A parte il fatto che questo genere di decisioni, l'allargamento o la riduzione del piano di lezioni settimanali, sono di competenza degli organi collegiali, è evidente - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief - che le mutazioni scolastiche degli ultimi tempi stanno sempre più spesso condannando gli studenti a usufruire di una formazione a mezzo servizio. Oggi si chiede di ridurre la settimana scolastica da 6 a 5 giorni, il passo successivo, già peraltro tentato dal ministro Profumo, sarà quello di anticipare la maturità a 18 anni, cancellando addirittura di un anno il tempo scuola".

L'Anief parla di "chiaro progetto di smantellamento del settore" citando, a questo proposito, il taglio di un terzo del Fondo d'istituto, il tentativo del Governo di ricondurre a 24 ore l'insegnamento settimanale, le classi-pollaio,la chiusura di quasi 2mila istituti. E ricorda i dati Eurostat secondo cui per quanto riguarda la spesa pubblica per cultura, l'Italia si colloca in fondo alla classifica europea, con appena l'1,1% di investimenti rispetto al Pil, a fronte di una media Ue pari al doppio. Scarso anche l'investimento a favore dell'istruzione, per la quale in Italia si spende solo l'8,5% del Pil: se confrontato con la media Ue del 10,9%, non ci collochiamo all'ultimo posto solo per la presenza della Grecia.

"E noi che facciamo? Anziché cambiare rotta, continuiamo su questa strada", sostiene il presidente dell'Anief. Che poi aggiunge: "la richiesta formulata dalla Provincia di Savona, di accorpare le ore di lezione indistintamente in tutte le scuole non può trovarci d'accordo. Perché non si può chiedere a un ragazzo che studia in un istituto tecnico o in un liceo di rimanere sui banchi per 7-8 ore, magari affrontando nella stessa giornata materie complesse come matematica, latino e greco. E' una soluzione didatticamente inaccettabile"

Fonte: ANSA

 

"La scarsita' di fondi per le scuole italiane sta raggiungendo livelli record. Al punto che le province, da cui dipende la gestione e la manutenzione degli istituti superiori, stanno cominciando a mettere le mani avanti in vista dell'organizzazione del prossimo anno scolastico. Come a Savona, dove per risparmiare sulle bollette elettriche e del gasolio da riscaldamento i responsabili della giunta provinciale hanno scritto ai dirigenti scolastici del loro territorio chiedendo loro esplicitamente di predisporre le condizioni per l'introduzione la settimana corta. Che significa far quadrare i conti cancellando un giorno di scuola, il sabato". Lo afferma in una nota l'Anief.

"Ora, a parte il fatto che questo genere di decisioni - l'allargamento o la riduzione del piano di lezioni settimanali - sono di competenza degli organi collegiali, e' evidente – dice Marcello Pacifico, presidente Anief - che le mutazioni scolastiche degli ultimi tempi stanno sempre piu' spesso condannando gli studenti a usufruire di una formazione a mezzo servizio. Anche perche' oggi si chiede di ridurre la settimana scolastica da 6 a 5 giorni. Il passo successivo, gia' peraltro tentato dal ministro Profumo, sara' quello di anticipare la maturita' a 18 anni, cancellando addirittura di un anno il tempo scuola".

"Un sindacato serio, come l'Anief, non puo' rimanere in silenzio di fronte a questa tendenza formativa al ribasso - prosegue la nota -. Semplicemente perche' incide negativamente sull'organizzazione scolastica e di chi vi opera, oltre che sulle competenze che devono acquisire gli allievi. Soprattutto quando fa parte di un sempre piu' chiaro progetto di smantellamento del settore: basti solamente pensare al taglio di un terzo del Fondo d'istituto da utilizzare per tutte le attivita' collaterali e progettuali alla didattica; alla volonta' del Governo, poi sfumata solo per la forte protesta di piazza, di ricondurre a 24 ore l'insegnamento settimanale di tutti i docenti; alle classi 'pollaio', con un numero di alunni per aula che si aggira ormai mediamente sulle 28-30 unita'; alla chiusura incostituzionale di quasi 2 mila istituti".

"Si tratta di decisioni, inoltre, che vanno tutte a confluire verso quanto rilevato appena pochi giorni fa dall'istituto europeo di statistica. Attraverso un dettagliato studio, Eurostat ha messo a confronto gli investimenti di spesa pubblica per cultura e scuola - spiega ancora il sindacato -. Per quanto riguarda la prima, l'Italia si colloca in fondo alla classifica europea, con appena l'1,1% di investimenti rispetto al Pil, a fronte di una media Ue pari al doppio. Scarso anche l'investimento a favore dell'istruzione, per la quale in Italia si spende solo l'8,5% del Pil: se confrontato con la media Ue del 10,9%, non ci collochiamo all'ultimo posto solo per la presenza della Grecia".

"E noi che facciamo? Anziche' cambiare rotta, continuiamo su questa strada - sostiene il presidente dell'Anief -. La richiesta formulata dalla Provincia di Savona, di accorpare le ore di lezione indistintamente in tutte le scuole non puo' trovarci d'accordo. Perche' non si puo' chiedere ad un ragazzo che studia in un importante istituto tecnico o in un liceo di rimanere sui banchi per 7-8 ore, magari affrontando nella stessa giornata materie complesse come matematica, latino e greco. E' una soluzione didatticamente inaccettabile. Che, sempre secondo il sindacato, i capi d'istituto non possono nemmeno prendere in considerazione. Qualora, invece, i dirigenti la presentassero al Collegio dei Docenti, spettera' al corpo insegnante bocciarla sul nascere".

"Vale la pena ricordare - continua Pacifico - che le scuole italiane sono ormai abituate ad andare avanti tra mille difficolta'. Tanto e' vero che da anni devono fare i conti con mancanze di ogni genere: dalla carta igienica, ai gessetti per le lavagne, dai toner per le stampanti all'assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria. Sino a sorteggiare i supplenti per decidere quali pagare con i pochi fondi a disposizione. Se l'indicazione delle province dovesse realizzarsi - conclude il presidente dell'Anief - vorra' dire che si stavolta si organizzeranno per sopravvivere anche al freddo e alla mancanza di luce".

Fonte: Italpress

 

"Dall'approvazione del decreto legislativo 150 del 2009, gli incentivi possono essere pagati se nello stesso comparto vengono assicurati risparmi di finanza pubblica. Cosi' e' stato nella scuola, dove si e' provveduto a concedere gli scatti automatici di 2010 e 2011 solo grazie al recupero del 30% dei fondi derivanti dai tagli agli organici voluti dall'ex ministro Gelmini. E piu' di recente attraverso la riduzione di un quarto del miglioramento dell'offerta formativa. Le prospettive? Nere. Chi ci governa intende lasciare in vita gli incrementi stipendiali legandoli alle performance individuali. Con i dipendenti trasformati in 'cannibali'".

Lo afferma l'Anief in una nota.

Fonte: Italpress

 

"Si consolida su tutto il territorio nazionale l'orientamento dei giudici di secondo grado in merito al diritto che hanno i precari della scuola di percepire gli scatti di anzianita', anziche' essere mantenuti dal Miur al livello stipendiale d'ingresso e retribuiti alla stregua di un docente al suo primo incarico di lavoro: dopo che nei giorni scorsi la Corte di Appello di Torino ha respinto il ricorso dell'avvocatura dello Stato contro la sentenza che in primo grado aveva dato ragione all'Anief, disponendo che le ragioni di risparmio della spesa pubblica non possono essere reputate necessarie per disapplicare la normativa comunitaria sui contratti a termine, dai giudici dell'Aquila giunge una sentenza analoga". Lo afferma in una nota l'Anief.

"La Corte di Appello abruzzese ha infatti ricordato che gli scatti di anzianita' ai precari vanno corrisposti, applicando a tal fine il 'principio di non discriminazione' sancito dalla clausola 4 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE - spiega il sindacato -. Il quale dispone che, sempre riguardo alle condizioni d'impiego i lavoratori a tempo determinato, questi non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori di ruolo. I giudici di secondo grado dell'Aquila, inoltre, hanno fatto preciso riferimento alla sentenza 355/2010 della Corte di Cassazione, con la quale si e' stabilito che 'il giudice statale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e delle finalita' della direttiva europea, onde garantire la piena effettivita' della direttiva stessa e conseguire il risultato perseguito da quest'ultima'".

"E' a questo punto sempre piu' evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - che i giudici nazionali, a tutti i livelli, hanno smascherato il disegno speculativo del Miur, volto a un'evidente operazione di risparmio a danno dei lavoratori precari, che si realizza attraverso il mancato riconoscimento agli stessi di qualsiasi progressione stipendiale e degli scatti di anzianita'. Anche perche' questa interpretazione va a 'cozzare' con l'obbligo degli Stati membri dell'Ue, giustamente richiamato dalla Cassazione nel 2010, di conformarsi a quanto disposto dalla giurisprudenza comunitaria".

"I giudici italiani, in conclusione, non riescono a dare alcuna motivazione per giustificare il diverso trattamento stipendiale tra i supplenti e il personale di ruolo. E cio' nonostante l'intervento derogatorio del legislatore italiano rispetto alla stabilizzazione nella scuola del personale che ha svolto almeno 36 mesi di supplenze", prosegue l'Anief.

"La sentenza della Corte di Appello dell'Aquila - afferma Pacifico - rappresenta l'ennesima conferma della bonta' della denuncia presentata tre anni fa dall'Anief, nata proprio per dire basta al crescente precariato della scuola. Un fenomeno tutto italiano, che negli ultimi anni per mere ragioni di risparmio pubblico e' arrivato a coprire un quinto dell'organico complessivo. Un disegno poi agevolato dalla cancellazione di 160 mila posti in tre anni e dai drastici piani di dimensionamento che hanno portato alla cancellazione di quasi 2 mila istituti. Ma anche se gli organici si riducono, gli scatti vanno sempre pagati".

Fonte: Italpress

 

Approvare al piu' presto una carta europea, frutto del lavoro svolto da una commissione 'super partes', che sia in grado di garantire la mission universale e le regole dei dipendenti pubblici dell'Europa a 27. La proposta e' stata lanciata oggi a Roma da Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalita', direttivi e quadri PA, a conclusione del convegno Confedir-Unadis "Venti anni dalla privatizzazione del pubblico impiego: la dirigenza dello Stato tra riforma, controriforma e prospettive future".

Il sindacalista ha ricordato che negli ultimi due decenni l'azione combinata di norme e leggi volute dai vari Governi, per mere ragioni di finanza pubblica, in particolare i decreti legislativi 29/1993, 165/01 e 150/09, hanno spostato i contratti di circa 3 milioni e mezzo di dipendenti e dirigenti pubblici verso modalita' sempre piu' di tipo privatistico. Influendo negativamente su piu' ambiti: dalla "stretta" sulle pensioni a quella che riguarda il trattamento di fine servizio, dal merito legato alle perfomance alla razionalizzazione esasperata delle spese, dai licenziamenti alla mobilita' intercompartimentale coatta, sino alla cancellazione del 13% dei posti in un solo anno, al perdurante blocco dei contratti, alla mancata stabilizzazione e all'appiattimento delle carriere.

Alla luce di questo andamento a senso unico, Pacifico ha quindi pubblicamente posto ai presenti al convegno due domande: "Perche' si e' voluto privatizzare il settore pubblico? E perche' l'Europa non interviene?". Il sindacalista ha quindi detto che l'intervento di un documento "di portata sovranazionale appare al momento l'unica strada percorribile per contrastare quella 'controriforma' in atto voluta dei decisori politici italiani. Una deriva che ha reso sempre piu' instabili gli impegni assunti negli anni dai Governi con le parti sociali, sotto la scure dei mercati, fino a penalizzare ingiustificatamente e discriminativamente i lavoratori assunti nel pubblico rispetto al comparto privato".

Secondo il sindacato, dunque, "la realizzazione di un documento di stampo europeo, ancora di piu' in questa situazione di incertezza governativa nazionale, rimane al momento l'unica strada percorribile per arrestare la deriva di norme e contratti che negli ultimi anni si sono abbattuti contro i lavoratori statali italiani".

"La sua attuazione, accompagnata da un serio piano di investimenti, sia sul versante dell'istruzione sia su quello della cultura, questo si' correttamente mutuato dai privati, porterebbe finalmente - ha concluso Pacifico - ad una corretta gestione dell'apparato pubblico. Della cui maggiore funzionalita' godrebbero tutti i cittadini italiani e di tutta Europa".

Fonte: Italpress

 

"Le penalizzazioni cui sono stati sottoposti i dipendenti pubblici nell'ultimo ventennio sono state talmente pesanti e vessatorie che oggi in Italia conviene nettamente essere assunti dalle aziende private: gli storici vantaggi di essere dipendenti dello Stato non ci sono piu'". Lo ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalita', direttivi e quadri PA, nel corso della tavola rotonda "Status della dirigenza in venti anni di contrattazioni", organizzata all'interno del convegno Confedir-Unadis "Venti anni dalla privatizzazione del pubblico impiego: la dirigenza dello Stato tra riforma, controriforma e prospettive future", in corso di svolgimento al Centro Congressi Cavour di Roma.

Pacifico ha ricordato come in Italia l'approvazione negli ultimi due decenni di una serie di decreti legislativi, in particolare il 29/1993, il 165/01 e il piu' recente 150/09, noto anche come decreto Brunetta, per mere ragioni di finanza pubblica ha in realta' introdotto una sempre piu' spinta privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, con evidenti riflessi negativi sulla carriera di dirigenti e dipendenti dello Stato, anche in deroga a precise scelte negoziali e diritti non comprimibili.

"L'esperienza privatistica nel pubblico - ha sottolineato il sindacalista Anief-Confedir - ha influito sulla materia delle pensioni, del trattamento di fine servizio, della produttivita' e del merito, della razionalizzazione, dei licenziamenti, della mobilita', della stabilizzazione, subendo una controriforma che ha reso precari gli impegni assunti negli anni dai Governi con le parti sociali, sotto la scure dei mercati, fino a penalizzare ingiustificatamente e discriminativamente i lavoratori assunti nel pubblico rispetto al comparto privato".

Durante l'intervento, Pacifico ha ricordato che i Governi degli ultimi anni si sono particolarmente accaniti contro i dipendenti pubblici: non e' stata prevista alcuna 'finestra' sulla riforma delle pensioni attuata dalla riforma Fornero, si e' tornati alla trattenuta del 2,5% sul Tfr, si e' attuato il blocco del contratto per il quadriennio 2010-2013 con riduzione del potere d'acquisto degli stipendi a 23 anni fa, si e' attuata la riduzione degli organici della PA (-275.000 posti di lavoro negli ultimi sei anni) con conseguente applicazione della mobilita' coatta-cassa integrazione, si e' introdotta la deroga alla stabilizzazione dei precari della scuola e della sanita' prevista dalla Unione Europea (direttiva 1999/70/CE).

Su quest'ultimo punto, la mancata assunzione dei precari di lungo corso, con almeno 36 mesi di servizio, il sindacalista ha ricordato che l'Italia si e' gia' meritata, da parte dell'Ue, l'avvio di pericolose procedure d'infrazione: "la logica che prevale - ha detto Pacifico - e' ormai quella di un sistema che ha fatto della precarieta' in questi ultimi anni uno strumento di finanza pubblica per conseguire risparmi altrimenti irraggiungibili ma in spregio al principio di non discriminazione censurato dai tribunali del lavoro".

Pacifico si e' infine soffermato sulla proposta di intesa sulle nuove relazioni sindacali, avanzata il 6 marzo 2013 dal Governo alle parti sociali, in aderenza al decreto Brunetta: "ignorando l'espressione negativa della Consulta (sentenza n. 223/12) sul blocco degli automatismi di carriera dei magistrati (art. 9, c. 21, L. 122/2010), il Governo uscente ha caldeggiato la sostituzione, a partire dagli anni successivi, degli scatti di stipendio con il sistema premiale della performance individuale, sempre che siano reperite risorse aggiuntive derivate da nuovi risparmi. A questo punto ogni ulteriore commento e' superfluo".

Fonte: Italpress

 

A vent'anni dalla riforma (dl 29/1993) che ha 'privatizzato' il pubblico impiego, l'Unione nazionale dei dirigenti dello Stato (Unidas) e la Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione (Confedir), nel corso di un convegno a Roma al quale hanno partecipato numerosi dicenti universitari e alti dirigenti dello Stato, si sono interrogati sui risultati degli interventi normativi che negli ultimi anni hanno ridisegnato l'intero sistema amministrativo italiano e hanno lanciato alcune proposte.

"Siamo di fronte ad una grossa riforma che e' rimasta incompleta - ha spiegato Stefano Biasioli, segretario generale di Confedir -, perche' la volonta' specifica dell'intervento normativo, cioe' separare le responsabilita' politiche, d'indirizzo, da quelle gestionali, da affidare ai dirigenti, e' stata largamente non realizzata, per colpa di una classe politica che, a tutti livelli, ha continuamente interferito nell'attivita' dei dirigenti". Nello specifico, ha continuato Biasioli, "la regola generale riguardante la scelta, esclusivamente per concorso, della dirigenza pubblica e' stata piu' volte derogata dalle politica, portando ad un ampio utilizzo dello spoil-system all'interno di tutta la P.A., condizionandone cosi' la qualita' e quantita' degli atti".

"Bisogna ritornare - ha auspicato il leader di Confedir – allo spirito iniziale della norma e cioe' una netta separazione dei compiti, creando delle chiare dicotomie tra l'indirizzo politico e le gestione, attraverso una diversa organizzazione della dirigenza pubblica, ripristinando in tutti gli enti i due livelli dirigenziali e realizzando delle fasce di merito per dare a ogni dirigente la giusta valorizzazione".

Per Biasoli, quindi, i due strumenti fondamentali sono "la trasparenza e considerare la dirigenza della P.A. come una parte sociale, non escludendola, cosi' come e' accaduto, invece, nel corso delle recenti consultazioni del premier incaricato Pierluigi Bersani. Ha incontrato tutti, tranne i dirigenti".

"Noi chiediamo - ha detto Barbara Casagrande, segretario generale di Unidas - che si torni ad avere reale autonomia per la dirigenza pubblica. Quindi, a una revisione delle norme che rendono la dirigenza schiava di una cattiva politica, con una spoil-system becero e deleterio. Vogliamo, di nuovo, la clausola di salvaguardia che prevede lo spostamento a un incarico inferiore solo dopo una valutazione negativa. Oggi - ha continuato - non e' cosi' e questo non ci rende liberi nello svolgere le funzioni".

Altra richiesta riguarda la maggiore attenzione ai profili di responsabilita' della dirigenza, cioe' "il riconoscimento di retribuzioni diverse a fronte di responsabilita' diverse. Non tutti gli uffici dirigenziali sono uguali: un ufficio di un consigliere e' diverso da un ufficio operativo di gestione che emette mandati di pagamenti per milioni di euro".

Casagrande ha inoltre sottolineato che "la riforma di venti anni fa, con le controriforme avvenute nel tempo, purtroppo e' stata surclassata. Esiste, ad esempio, una norma che in venti anni e' stata modificata diciannove volte. Noi vorremmo la certezza del diritto. Per questo - ha concluso - chiediamo anche che si intervenga una volta sola, nel corso di una legislatura, precisando bene l'autonomia e il ruolo della dirigenza".

Fonte: Italpress

 

"L'Eurostat torna a 'bacchettare' lo Stato italiano per i suoi pessimi risultati in ambito scolastico. Stavolta l'istituto statistico dell'Ue ha messo in evidenza un dato di cui il nostro Paese dovrebbe vergognarsi: siamo l'unico nell'Europa a 27 dove gli abbandoni scolastici non si riducono. Mentre l'Ue ci chiede di far anticipare l'uscita dal sistema scolastico a meno del 10% di giovani, noi ne continuiamo a perdere prima del termine dell'obbligo formativo quasi il doppio. Con punte del 25% in Sicilia, Sardegna e Campania. E facciamo rilevare una situazione da allarme rosso nel biennio delle superiori". Lo afferma in una nota l'Anief.

Secondo Marcello Pacifico, presidente del sindacato, quanto rilevato dall'Eurostat e' una conseguenza della politica dei tagli ad oltranza adottati negli ultimi anni: "Negli ultimi sei anni - spiega il sindacalista - sono stati cancellati 200 mila posti, sottratti 8 miliardi di euro ed ultimamente si e' pensato bene di far sparire quasi 2mila scuole a seguito del cosiddetto dimensionamento, anche se poi ritenuto illegittimo dalla Consulta. Ora, siccome e' scientificamente provato che i finanziamenti sono strettamente correlati al successo formativo, questi dati non sorprendono. Ma sicuramente amareggiano".

"Con gli istituti ridotti allo stremo, tanto che alcuni dirigenti sono arrivati a chiedere ad ogni famiglia fino a 300 euro l'anno di contributi, e' una conseguenza inevitabile che le scuole non possano organizzare un adeguato orientamento scolastico e universitario - spiega l'Anief -. Anche nel canale d'istruzione terziario, infatti, ci distinguiamo. E sempre in negativo. Il numero di giovani iscritti all'universita' che raggiunge la laurea e' infatti il piu' basso di tutti. Tanto che l'Italia si posiziona, in alcune fasce d'eta', oltre 15 punti percentuali sotto la media europea".

"Il problema - continua Pacifico - e' che invece di investire nella formazione, in professionalita', in tempo scuola, in competenze, ad iniziare da quelle nell'Ict, in Italia si continua a considerare l'istruzione un comparto da cui sottrarre risorse. Anche a livello universitario, si e' pensato che eliminare la figura (fondamentale!) del ricercatore non avrebbe avuto contraccolpi. Invece eccoci ancora una volta a tirare delle somme clamorosamente in perdita. Per il nuovo governo, quando arrivera', quello dell'istruzione e della formazione dovra' per forza diventare un settore centrale: con artigianato, turismo e nuove tecnologie a supporto. Il tempo sta scadendo: il baratro e' dietro l'angolo".

Fonte: Italpress

 

"Il presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, Marcello Pacifico, lo aveva scoperto e denunciato da tempo, confrontando il numero degli aventi diritto al voto alle ultime due tornate per l'elezione delle RSU. Ora la conferma arriva dai tecnici del Tesoro. La riduzione avvenuta tra il 2008 e il 2013 di 4.000 scuole autonome su 12.000 (con la scomparsa di altrettanti posti di dirigenti, dsga, ata), la riduzione del 35% del personale ATA e di 4 ore del tempo scuola settimanale degli studenti in ogni ordine e grado, l'introduzione del maestro unico e l'eliminazione dell'insegnante specialistico di lingua inglese (con la caduta dei livelli di apprendimento degli alunni dal 2° al 32° posto nei rapporti Pirls), il tetto sugli insegnanti di sostegno (dichiarato incostituzionale nel 2010), l'innalzamento di un punto percentuale del rapporto alunni/docenti hanno peggiorato il servizio scolastico, aumentato la dispersione e peggiorato i livelli di apprendimento dei nostri studenti, mortificando le aspettative maturate dai 200.000 precari formati dallo Stato per insegnare e lasciate nel limbo delle graduatorie ad esaurimento". E' quanto si legge in una nota dell'Anief.

"Soltanto di recente, dopo i ricorso seriali nei tribunali del lavoro per la violazione della Direttiva europea 1999/70/CE in tema di stabilizzazione, il Governo ha sbloccato migliaia di immissioni in ruolo senza, pero', smettere di discriminare i supplenti, ai quali continua a non riconoscere gli scatti stipendiali di anzianita'", prosegue il sindacato.

Per Marcello Pacifico "questi dati ci confermano che le riforme approvate negli ultimi anni sulla scuola sono state dettate soltanto da esigenze di risparmi senza alcun progetto pedagogico. E' arrivato il momento di cancellarle in questa legislatura e puntare verso una direzione opposta: obbligo scolastico fino all'universita', riforma dell'apprendistato, aumento degli investimenti e degli organici".

Fonte: Italpress

 

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