La stampa scrive

Per i sindacati è una vera miseria. Soprattutto perché il numero dovrà essere distribuito per tutte le regioni e nel lungo periodo (2013-2016). A tenere bassa la cifra hanno contribuito la già alta presenza di precari, la mancanza di posti liberi e la riforma delle pensioni.

Saranno quindi 12mila, per l’esattezza 11.892, da suddividere per tutte le regioni italiane, le cattedre d’insegnamento che il ministero dell’Istruzione è intenzionato a mettere in “palio” attraverso il canale del concorso pubblico, probabilmente riservato sogli agli attuali abilitati, il cui bando dovrebbe essere pubblicato nel prossimo autunno. Il numero limitato, decisamente inferiore alle aspettative, sarebbe dovuto a due motivazioni principali: la prima è da connettere con l’effettiva scarsità di posti oggi attualmente vacanti (soprattutto a seguito dell’ondata di assunzioni della scorsa estate); la seconda all’innalzamento dei requisiti per andare in pensione, da cui scaturirà un progressiva sempre minora esigenza di fare turn over. Il numero di posti messi a concorso diventa ancora più limitato se si pensa che saranno utili per le assunzioni di tre anni scolastici: 2013/14 – 2014/15 e 2015/16.

I sindacati, a cui è stata fornita la notizia durante gli incontri tenuti a viale Trastevere il 31 maggio, non hanno colto con favore la quota di posti annunciati dal Miur: la Gilda ha parlato di “una vera miseria, di fronte a circa 200.000 docenti iscritti alle gae e a circa 70.000 docenti non abilitati in possesso di almeno tre anni si servizio. Non si capisce poi – ha continua il sindacato guidato da Di Meglio - se il concorso sarà fatto sulle vecchie classi di concorso o sulle nuove (anche se a dire il vero le ultime indicazioni del Miur davano per quasi certa l’adozione delle nuove classi di concorso ndr)”.

Come non si capisce, aggiungiamo noi, perché il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, ricorda da mesi che la “scatola” delle immissioni in ruolo tramite concorso pubblico sarà più piccola di quella derivante dall’esercito di abilitati iscritti nelle graduatorie ad esaurimento. Mentre alle stesse organizzazioni sindacali sarebbe stato detto che la suddivisione tra le due liste di attesa (maxi-concorso e Gae) sarà del 50%.

Secondo l’Anief fa pensare molto il fatto che per arrivare a bandire il prima possibile il maxiconcorso ci si “dimentichi dei precari della scuola”. Il sindacato di Marcello Pacifico ritiene infatti poco coerente il fatto che si cerchi di organizzare a tutti i costi il concorso pubblico proprio “mentre i tribunali della repubblica condannano a risarcimenti milionari l’amministrazione per la mancata stabilizzazione del personale precario e per l’abuso dei contratti a termini in violazione della normativa comunitaria”.

Per lo Snals sono risultate inoltre “vaghe” le indicazioni “che sono state fornite circa il contenuto del bando che potrà essere emanato solo successivamente all’autorizzazione. In assenza di un nuovo Regolamento sul reclutamento, il concorso – conclude il sindacato autonomo - non potrà che essere emanato sulla base dei titoli di accesso richiesti dalla normativa vigente”.

Cosa accadrà ora? Di sicuro, al ministero stanno accelerando sul lavoro di progettazione e predisposizione del provvedimento, al fine di chiedere entro pochi giorni o settimane l´avvio della procedura per la sua indizione. Il bando, infatti, come previsto dalla normativa in vigore, deve obbligatoriamente passare per il parere di Funzione Pubblica, organi in seno al Miur preposti a questo ruolo, Consiglio nazionale della pubblica istruzione, e via dicendo. Diversi passaggi non sarebbero vincolanti. Ma necessitano di tempo. Quello che il Miur invece non vuole può perdere.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Centinaia di docenti precari iscritti alle Facoltà di Scienze della formazione primaria hanno protestato oggi, giovedì, a Roma davanti al Miur per opporsi alla loro esclusione dalle graduatorie ad esaurimento.

Terminata la manifestazione, una delegazione dei precari, appartenenti al Coordinamento Nazionale Docenti Abilitandi ed Abilitati per le GaE e all'Anief, ha messo in evidenza ai dirigenti ministeriali la disparità di trattamento che l'amministrazione sta attuando dal 2008 rispetto agli stessi colleghi abilitati precedentemente.

Per il presidente nazionale dell'Anief, Marcello Pacifico, "la manifestazione di oggi testimonia la consapevolezza di questi docenti della scuola primaria nel rivendicare un diritto sacrosanto: quello di essere inseriti, come prescrive la legge, nelle graduatorie ad esaurimento e così insegnare nelle nostre scuole". Il presidente del giovane sindacato ha ricordato che il Governo non può continuare ad eludere la volontà parlamentare espressa con l'ordine del giorno approvato alla Camera lo scorso 23 febbraio: "è una presa di posizione importante quella assunta da uno dei rami del Parlamento - ha sottolineato Pacifico - perché impegna il Governo ad inserire nell'imminente decreto di aggiornamento straordinario delle graduatorie ad esaurimento anche tutti gli iscritti ai corsi abilitanti in Scienze della Formazione Primaria e gli abilitati attraverso lo stesso percorso formativo".

L'Anief, dopo aver preso contatti con la nuova presidenza della VII Commissione Cultura della Camera al fine di sollecitare l'esigenza di assumere un ruolo ispettivo sull'azione dell'amministrazione pubblica, ha confermato ai docenti interessati che adirà le vie legali in caso di mancato riconoscimento del diritto all'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento.

Fonte: Italpress

Si avvicina la scadenza della domanda di partecipazione al TFA ordinario (4 giugno) e aumenta la polemica tra i precari che vorrebbero l’ammissione in soprannumero senza sostenere le prove selettive di ammissione e chi, al contrario, non solo si oppone a questa richiesta ma critica pesantemente la soluzione di compromesso delineatasi negli incontri svoltisi al Miur, quella di ammettere i precari con l’anzianità di servizio di almeno 3 anni (o 540 giorni anche in più di tre anni) a TFA ‘speciali’, con tirocinio fortemente ridotto, da varare dopo il completamento di un non breve percorso regolamentare.

Tra i primi si collocano in prima fila i precari dell’Adida (Associazione docenti invisibili da abilitare) e il sindacato Anief, deciso quest’ultimo, secondo il suo stile, a battere la strada del ricorso alla magistratura (da presentare entro il prossimo 12 giugno).

Sul fronte opposto si schiera l’ADi (Associazione Docenti italiani), che in una dura nota pubblicata sul suo sito parla di “giovani ancora una volta discriminati” e di  “merito gettato alle ortiche” .

L’Associazione ricorda che “dopo il concorso ordinario del 1999 sono state effettuate ulteriori sanatorie attraverso corsi abilitanti speciali ( DM 85/2005) per i docenti di tutti i gradi e ordini di scuola, ivi compreso gli insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria e inoltre  fino al 2007 si sono svolte le ammissioni Ssis. Tra i non abilitati con tre anni di servizio scolastico vi è certo un piccolo numero di laureati dal 2008 in poi, ma la maggior parte di essi sono più anziani e o sono stati bocciati nei concorsi o nelle ammissioni Ssis o a quelle neppure si sono presentati”.

Se questi dicenti meno giovani si abilitassero in massa attraverso il TFA ‘speciale’, sostiene l'Associazione guidata da Alessandra Cenerini, toglierebbero spazio e opportunità ai più giovani, selezionati e formati su base meritocratica.

L’ADi chiede quindi tre cose:

- che l’abilitazione sia conseguita da tutti allo stesso modo attraverso il TFA ordinario come previsto dal D.M. n. 249/2010 senza deroghe, quindi senza alcun TFA ‘speciale’ o riservato;

- che il concorso ordinario, da concludersi entro il 2013, sia indetto entro il 2012 attraverso il nuovo Regolamento previsto dall’art. 2 comma 416 della legge 244/2007, “che se tempestivamente redatto sarà pronto prima della fine dell’anno in corso”;

- che al concorso possano partecipare con riserva coloro che stanno seguendo il TFA.

Fonte: Tuttoscuola

 

 

Ancora proteste da parte dei docenti precari della scuola: stavolta centinaia di docenti iscritti a Scienze della formazione primaria hanno manifestato a Roma davanti al Ministero dell'Istruzione, contro la loro esclusione nelle graduatorie ad esaurimento. Terminata la manifestazione, una delegazione dei precari - appartenenti al Coordinamento nazionale docenti abilitandi ed abilitati per le GaE e all'Anief - ha spiegato ai dirigenti del Miur le ragioni della disparità di trattamento rispetto agli stessi colleghi immatricolati prima del 2008.

Secondo il presidente nazionale dell'Anief, Marcello Pacifico, "la manifestazione di oggi testimonia la consapevolezza di questi docenti della scuola primaria nel rivendicare un diritto sacrosanto: quello di essere inseriti, come prescrive la legge, nelle graduatorie ad esaurimento e così insegnare nelle nostre scuole".

Pacifico ha ricordato che il Governo non può continuare ad eludere la volontà parlamentare espressa con l'ordine del giorno approvato alla Camera lo scorso 23 febbraio: "E' una presa di posizione importante quella assunta da uno dei rami del Parlamento - ha sottolineato - perchè impegna il Governo ad inserire nell'imminente decreto di aggiornamento straordinario delle graduatorie ad esaurimento anche tutti gli iscritti ai corsi abilitanti in Scienze della Formazione Primaria e gli abilitati attraverso lo stesso percorso formativo". Dopo aver preso contatti con la nuova presidenza della VII Commissione Cultura della Camera per sollecitare l'esigenza di assumere un ruolo ispettivo sull'azione dell'amministrazione pubblica, l'Anief ha confermato ai docenti interessati che adirà le vie legali in caso di mancato riconoscimento del diritto all'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento provinciali prescelte.

Fonte: TMNews

La questione irrisolta del docente vicario che sostituisce il DS assente.

Sul tavolo dei dirigenti scolastici sta arrivando in questi giorni una lettera dei coordinamenti dei dirigenti scolastici di Flc-Cgil, Cisl-scuola e Snals che invita a sottoscrivere una comunicazione da inviare al direttore generale dell’USR con la quale viene reso noto il periodo di ferie per l’a.s. 2011-12, notificando che “nel suddetto periodo nessun docente dell’istituzione scolastica sostituirà il dirigente in ferie”.

Si tratta di un gesto estremo motivato dal fatto, come precisano i sindacati proponenti, che la Direzione Generale per la Politica finanziaria e per il Bilancio del Miur ha comunicato con nota 9353 del 22.12.2011 relativa al Programma annuale 2012 “di non avere assegnato alcuna risorsa per l’indennità di sostituzione del dirigente scolastico e che qualsiasi attribuzione di funzioni superiori comporterebbe una responsabilità per il dirigente che la ordinasse”.

L’Anp, l’Associazione nazionale dei dirigenti scolastici è di tutt’altro avviso e ha suggerito ai dirigenti di seguire una strada diversa da quella indicata da Cgil, Cisl e Snals.

Anche l’Anief è intervenuta sulla questione schierandosi con l’Anp, evidenziando che i dirigenti scolastici che dovessero sottoscrivere una simile segnalazione alla propria direzione regionale potrebbero rendersi colpevoli dei reati di omissione di atti d’ufficio o di interruzione di pubblico servizio.

L’Anp, dopo aver argomentato ampiamente sulla questione (www.anp.it) ritiene che, in assenza di cambio di linea del Miur, per ottenere soddisfazione occorre rivolgersi al Giudice del lavoro.

“Secondo la strategia processuale da noi adottata – ha spiegato l’Anp - è stata evitata una illogica e velenosa contrapposizione tra docenti e dirigenti e si è invece scelto di citare in giudizio lo stesso Ministero, unico responsabile della insoddisfacente situazione”. E, per il momento la strategia suggerita dall’Anp (e condivisa dall’Anief) è risultata vincente: lo scorso 17 aprile il Tribunale di Milano ha, infatti accolto la richiesta di un docente assistito dai legali dell’Anp.

Fonte: Tuttoscuola

 

Il 31 maggio manifesteranno davanti al Miur: il governo si ostina a prendersela con chi è più debole, invece che farsene garante. Eppure hanno svolto lo stesso percorso di chi sta nelle Gae. La loro causa perorata dall’on. Tonino Russo (Pd) e dall’Anief.

Fuori dalle graduatorie ad esaurimento, niente Tfa e neanche troppe speranze per il futuro. Rimane una situazione inverosimile quella che stanno vivendo da tempo i docenti abilitandi e abilitati in Scienze della Formazione Primaria tra il 2008 ed il 2011. La mancanza di considerazione da parte di Miur e istituzioni li ha convinti che non è il tempo delle attese e della speranza è scaduto. Il Coordinamento nazionale docenti abilitandi e abilitati per le graduatorie ad esaurimento ha così deciso di dare appuntamento a tutti giovedì 31 maggio davanti al ministero dell’Istruzione tra le 10,30 e le 13,30. Dopo l’autorizzazione a manifestare, nei loro confronti sono arrivati anche i primi attestati di solidarietà. Prima hanno avuto l’appoggio  dell’on. Tonino Russo (Pd), che ha scritto al ministro Profumo per ricordare che ad oggi non si è provveduto a dare seguito quanto stabilito nelle aule parlamentari: “a febbraio eravamo riusciti a scardinare la graniticità delle graduatorie, istituendo una fascia aggiuntiva. Non era quello che volevamo ma già qualcosa, in attesa che i giudici provvedano a collocarli nella fascia di naturale appartenenza: ad oggi però – ha concluso Russo – questi docenti, e con loro anche altre categorie, rimangono ancor incredibilmente escluse”.

Poche ora fa è stata la volta dell’Anief, che ha annunciato la presenza di una sua delegazione alla protesta organizzata dai precari nell’ultimo giorno di maggio: secondo il suo presidente, Marcello Pacifico, “il comportamento del Governo di fatto elude la volontà parlamentare espressa con l’ordine del giorno approvato alla Camera il 23 febbraio 2012, in cui viene chiesto al Governo stesso l'impegno a garantire anche l’inserimento dei docenti abilitandi con riserva nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento, riserva da sciogliere all’atto del conseguimento del titolo”.

A spiegare i perché della manifestazione sono gli stessi organizzatori, i quali dicono di essersi “macchiati di un inenarrabile crimine: quello di essersi iscritti alla Facoltà dopo la chiusura delle graduatorie a esaurimento. Ora, noi immatricolati dal 2008/2009 sino al 2010/2011, siamo fuori dalle Gae e, nonostante siano stati presentati svariati ordini del giorno, interrogazioni parlamentari ed emendamenti a nostro favore, con coerenza degna di miglior causa, il governo si ostina a prendersela con chi è più debole, invece che farsene garante. Cambiano i ministri, ma la risposta è sempre la stessa: ‘Niente Gae per voi!’”.

Dal Coordinamento degli abilitati in Scienze della Formazione Primaria trapela un forte senso di ingiustizia. Nel richiamare l’articolo 3 della Costituzione, chiedono perchè nei loro confronti continua ad essere riservato un trattamento diverso. “Eppure abbiamo fatto e stiamo facendo lo stesso identico percorso dei nostri colleghi che sono già nelle Gae; abbiamo sostenuto e stiamo sostenendo i medesimi esami; abbiamo completato e stiamo completando i medesimi laboratori; abbiamo svolto e stiamo svolgendo il medesimo tirocinio; abbiamo investito e stiamo investendo il medesimo tempo; abbiamo fatto e stiamo facendo la medesima fatica; abbiamo pagato e stiamo pagando le medesime tasse. Eppure – concludono - siamo figli dello stesso Paese”. L’invito per il 31 maggio, davanti al Miur, è per tutto coloro che sono ancora “capaci di indignarsi davanti all’ingiustizia”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Sollecitata un'iniziativa unitaria. Ma per l'Anief l'unica via è quella legale.

“Quella degli scatti di anzianità è una questione squisitamente politica e a quel livello va affrontata e risolta. Ha poco senso, e può essere addirittura rischioso, trasferirla sul piano giuridico, con la solita corsa ai ricorsi. Serve una forte azione sindacale”. Perciò Il segretario della Cisl Scuola, Francesco Scrima, invita le altre organizzazioni sindacali a mobilitarsi “per chiedere che si dia attuazione, anche per il 2012, all’intesa che ha consentito di pagare gli scatti nel 2011”. Una mobilitazione che, in questo periodo, potrebbe riguardare anche le operazioni di fine anno. “Non escludiamo nulla – afferma Scrima – anche se non posso anticipare decisioni che è giusto prendere assieme se si decide di muoversi unitariamente”.  

Secondo il sindacalista gli obiettivi di risparmio indicati dal piano triennale del 2008  sono stati sostanzialmente raggiunti, e quindi “non è accettabile che ora si faccia passare per mancato risparmio un aumento dei posti di sostegno che deriva da una sentenza del 2010 della Corte Costituzionale. Sono posti che hanno un grande valore sul piano educativo, etico e civile, ma non è giusto che a pagarli siano i lavoratori della scuola, come di fatto finora sta avvenendo”.

Non è per niente d’accordo l’Anief, a cui giudizio “la questione non può essere solo politica, perché l’amministrazione sta soltanto attuando quanto previsto da una ‘cattiva’ legge. Nemmeno la copertura finanziaria ‘una tantum’ risolverebbe le cose: l’unica via percorribile rimane quella legale”.   

Fonte: Tuttoscuola

 

L’annuncio a Roma, durante la VI Conferenza organizzativa. Il presidente Marcello Pacifico: la decisione della Flc-Cgil di fare altrettanto ci rincuora, anche stavolta abbiamo fatto da apripista. Ribadita la filosofia del sindacato autonomo agli oltre 100 avvocati presenti: sui diritti dei lavoratori non si arretra di un centimetro.

A poche ore dall’annuncio della Flc-Cgil di aver dato mandato ai propri legali di predisporre i ricorsi contro la mancata applicazione dell’art. 9 della legge 122/2010, che avrebbe dovuto derogare il blocco degli scatti stipendiali automatici del personale della scuola attraverso l’utilizzo del 30% dei risparmi derivanti dai tagli agli organici, anche l’Anief conferma la volontà di ricorrere al giudice del lavoro. La volontà di opporsi a quella che il sindacato autonomo considera “una violazione del diritto al lavoro e ad una giusta retribuzione”, è stata ribadita il 26 maggio durante la VI Conferenza organizzativa dei legali dell'Anief: a Roma, davanti a più di 100 avvocati, il suo presidente, Marcello Pacifico, ha detto che “il blocco viola il principio di proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, che vedeva legate le classi stipendiali alla progressione di carriera. Ci troviamo quindi di fronte – ha proseguito il presidente dell’Anief- a blocchi stipendiali che corrispondono ad un esito espropriativo, perché ledono chiaramente dei diritti immodificabili”.

I vertici dell’Anief hanno quindi annunciato l’intenzione di dare vita a migliaia di ricorsi, attraverso cui contestare al giudice la non conformità delle mancate progressioni di carriera. “Il fatto che anche la Cgil abbia deciso di percorrere questa strada non ci dispiace, ma ci rincuora perché significa – ha sottolineato Pacifico –che le iniziative dell'Anief fanno ancora una volta da apripista. Sui diritti dei lavoratori della scuola bisogna non arretrare un centimetro, anche perché sappiamo che le mire dell’amministrazione sono quelle di arrivare  nel 2014 alla sostituzione degli scatti di anzianità, con l’entrata in vigore dell’iniquo sistema premiale della riforma Brunetta, già approvato con l’intesa del 17 febbraio 2011”.

Durante la conferenza hanno preso la parola anche gli avvocati Ganci, Miceli, Tomassetti e Cirese: durante i loro interventi sono stati affrontati i temi del diritto interno e comunitario, la mediazione, la tutela giurisdizionale per il personale della scuola precario e di ruolo. È stato infine presentato il protocollo d'intesa della Confedir Mit Pa, di cui l’Anief fa parte, con il periodico “Gazzetta amministrativa.

Fonte: Tecnica della Scuola

"Il ministro Fornero dovrebbe concentrarsi su come premiare il buon andamento della pubblica amministrazione italiana e non sulla ricerca spasmodica di modalità più restrittive per licenziare i suoi dipendenti", così il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, risponde alle parole del ministro pronunciate oggi davanti agli studenti della facoltà di Economia dell'università di Torino.

"Fornero forse non sa o fa finta di non sapere - sottolinea il presidente dell'Anief - che i dipendenti pubblici rispetto ai colleghi che operano nel privato si trovano in una evidente situazione di svantaggio: dallo stesso Governo in carica, ad esempio, non hanno ottenuto alcuna 'finestra' sulle pensioni. Inoltre continuano a subire la trattenuta del 2,5% per l'accantonamento del Tfr, mentre nelle aziende private questo è interamente a carico del datore di lavoro".

Per il rappresentante del sindacato, inoltre, "non si capisce quale restrizione ulteriore si possa attuare visto che già dal 2001 i dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono essere licenziati per motivi legittimi". "Ci saremmo aspettati - continua Pacifico - delle proposte su come finanziare i servizi per l'utenza oppure valorizzare le professionalità esistenti o su come eliminare gli sprechi di consulenze e deleghe (spesso non solo inutili ma anche clientelari). Perché solo investendo seriamente nelle macchina pubblica su può ridare fiducia a tutti i lavoratori dello Stato italiano".

Fonte: TMNews

Sulla questione del pagamento dei docenti che sostituiscono i dirigenti scolastici interviene anche l'Anp che contesta l'idea di Cgil, Cisl e Snals (scrivere agli USR) e suggerisce invece di trasmettere gli atti di nomina alla direzione provinciale della Ragioneria dello Stato.

La vicenda del pagamento dei docenti incaricati di sostituire i dirigenti scolastici assenti per ferie, si complica ulteriormente a seguito della presa di posizione dell’Anp che suggerisce ai dirigenti di seguire una strada del tutto diversa rispetto a quella indicata qualche giorno fa dai Cgil, Cisl e Snals. 

Questi ultimi, infatti, stanno invitando i dirigenti a scrivere agli uffici scolastici regionali segnalando agli stessi direttori regionali che non provvederanno ad affidare nessun incarico per la sostituzione, dato che il Ministero stesso, nella nota relativa alla predisposizione del Programma annuale per il 2012, aveva chiarito che non possono essere messe a bilancio somme per tale scopo. 

L’Anief, per parte sua, è intervenuta per evidenziare che i dirigenti scolastici che dovessero sottoscrivere una simile segnalazione alla direzione regionale potrebbe rendersi colpevoli dei reati di omissione in atti d’ufficio o di interruzione di pubblico servizio. 

Adesso l’Anp cerca di fornire una propria interpretazione della complessa vicenda.  Secondo il sindacato di Rembado, il problema è al tempo stesso semplice ma di difficile soluzione.  “Da un lato - sostiene l’Anp - i docenti incaricati di quelle funzioni hanno pieno titolo alla remunerazione aggiuntiva in base alle disposizioni contrattuali e all’art. 52 del d.lgs. 165/2001; dall’altro, il Fondo di Istituto non può essere utilizzato per tale scopo, stante l’art. 146 del vigente CCNL, e le scuole non dispongono, nella quasi totalità dei casi, di ulteriori fondi sufficienti a coprire quelle spese”. 

Ma, secondo l’Anp, da questo paradosso i dirigenti scolastici non possono uscirne limitandosi a rinunciare alle proprie prerogative e cioè “scaricando” sulla direzione regionale l’eventuale onere di individuare un sostituto.  “L’Anp - sostiene il sindacato - non ritiene minimamente percorribile l’ipotesi di far scegliere il sostituto del dirigente ad altri soggetti: ogni proposta in tal senso va rigettata perché costituisce un grave vulnus alle prerogative dirigenziali e ci riporta indietro nel tempo di almeno venti anni”. 

La strada da percorrere, dunque, deve essere un’altra: il dirigente scolastico designa il proprio sostituto e trasmette l’atto di nomina alla competente Ragioneria Territoriale dello Stato chiedendo il pagamento di quanto dovuto al docente stesso.  E, per ottenere soddisfazione, non esiste altra strada che rivolgersi al Giudice del lavoro.  “Secondo la strategia processuale da noi adottata - spiega l’Anp - è stata evitata una illogica e velenosa contrapposizione tra docenti e dirigenti e si è invece scelto di citare in giudizio lo stesso Ministero, unico responsabile della insoddisfacente situazione”. 

A quanto pare la strategia proposta dall’Anp potrebbe risultare vincente: lo scorso 17 aprile il Tribunale di Milano ha già accolto la richiesta di un docente assistito proprio dai legali dell’Anp. A questo punto l’Amministrazione dovrà eseguire il dispositivo del Giudice milanese e pagare l’insegnante. 

Fonte: Tecnica della Scuola

A sostenerlo è l’Anief, che sollecita il Miur a finanziare le sostituzioni e invita i ds a non dare seguito alle polemiche indicazioni di Flc-Cgil, Cisl Scuola e Snals-Confsal: chi fa il presidente di commissione o va in vacanza delegando il proprio Usr rischia la denuncia penale.

Mancano ormai pochi giorni alla fine della scuola e per molti dirigenti scolastici, prossimi a ricoprire il ruolo di presidenti delle commissioni degli Esami di Stato e ad usufruire delle ferie estive, si profilano decisioni complicate in vista dell’individuazione dei docenti che saranno chiamati a sostituirli durante l’assenza forzata. A preoccupare i capi d’istituto è stata l’indicazione di viale Trastevere, risalente allo scorso dicembre, di non voler procedere ad alcun pagamento per i loro vicari relativamente al periodo d’assenza prolungata. In questi mesi in sindacati hanno tentato di far ragionare i piani alti di viale Trastevere sulla illogicità della decisione. Ma senza esito.

Così alcuni giorni fa Flc-Cgil, Cisl Scuola e Snals-Confsal hanno deciso di prendere una decisione comune, dal sapore fortemente provocatorio, indicando ai dirigenti (disorientati e alla ricerca di indicazioni valide sul da farsi) di scrivere ai rispetti direttori degli Usr di competenza spiegando loro che “che nel suddetto periodo nessun docente di questa istituzione scolastica sostituirà il dirigente scolastico visto che la Direzione Generale per la Politica Finanziaria e per il Bilancio ha comunicato nella nota 9353 del 22 dicembre 2011, relativa al Programma Annuale 2012, di non aver assegnato alcuna risorsa per l’indennità di sostituzione del dirigente scolastico e che qualsiasi attribuzione di funzioni superiori comporterebbe una responsabilità per il dirigente che la ordinasse”. Il polemico invito, però, rischia di complicare le cose. Cosa succederà se, effettivamente, un dirigente scolastico a capo di diversi plessi (una circostanza che con il dimensionamento risulta tutt’altro che rara) dovesse partire per una lunga vacanza estiva e lasciare la scuola in mano al direttore dell’Ufficio scolastico regionale che non conosce nulla delle circostanze didattiche e organizzative di quegli istituti scolastici?

Secondo l’Anief, che negli ultimi tempi si sta avvicinando anche alla tutela dei diritti dei dirigenti scolastici, bisogna cogliere lo spirito dell’invito ma non darne seguito: il sindacato guidato da Marcello Pacifico sostiene che la comunicazione “inviata all’Usr, sollecitata da CGIL-CISL-SNALS può portare a denunce per omissione di atti di ufficio e interruzione di pubblico servizio e può portare la corte dei conti a bloccare le ferie dei dirigenti o le nomine alle presidenze delle commissioni degli esami di maturità, visto l’impossibilità di nominare vicari o collaboratori in loro sostituzione”. Pertanto l’Anief “

pur comprendendo lo spirito polemico dell’iniziativa invita i suddetti dirigenti a non inviare la comunicazione sopra citata per sfuggire a possibili denunce penali (nella parte in cui dichiarano di voler lasciare la scuola senza alcun sostituto) perché la nota del Miur è certamente da ignorare, nel caso abbiano già nominato il vicario che è stato autorizzato a sostituirlo in sua assenza durante l’anno scolastico, essendo totalmente illegittima, in contrasto con la normativa vigente”.

In effetti, andando a leggere nell’art. 69 del CCNL scuola 94-97, tutt'ora in vigore in quanto richiamato esplicitamente dall'art. 146 del CCNL scuola 29/11/07, si spiega che “al personale docente incaricato dell'ufficio di presidenza o di direzione, e al docente vicario, che sostituisce a tutti gli effetti il capo d'istituto per un periodo superiore a quindici giorni, nei casi di assenza o impedimento, nonché all'assistente amministrativo, che sostituisce il direttore amministrativo o il responsabile amministrativo, negli stessi casi, è attribuita, per l'intera durata dell'incarico o della sostituzione, una indennità pari al differenziale dei relativi livelli iniziali di inquadramento. 2. Qualora si dia luogo all'affidamento in reggenza degli uffici di cui al comma 1, ai titolari che assumono la reggenza è corrisposta una indennità pari al cinquanta per cento di quella prevista per gli incarichi o le sostituzioni, così come definita nel comma medesimo. In tal caso, al docente vicario è corrisposta una indennità di pari importo”.

La stessa Anief fa notare, inoltre, che la “direzione generale, inoltre, nel richiamare l’art. 52, c. 5 del d.lgs. 165/01 commette due errori: in primo luogo, perché confonde l’esercizio delle funzioni superiori di cui alla lettera f), comma 2, art. 88 del CCNL con quelle di dirigente la cui qualifica non è immediatamente superiore a quella docente essendo una funzione diversa; in secondo luogo, perché ricorda con tono minaccioso (certo, una nota non è un atto amministrativo) le sanzioni per i dirigenti che violano il comma 2 del suddetto articolo, tralasciando le motivazioni finali ‘con dolo e colpa grave’”.

Il sindacato si chiede, dunque, se un dirigente di una scuola può assumere l’incarico di presidente di commissione di esame di Stato o andare in ferie senza nominare un sostituto lasciando la scuola senza direzione . “Se si, allora è possibile avere scuole senza dirigenti anche durante tutto il corso dell’anno, il che farebbe felice i tecnici del tesoro che già hanno tagliato 4.000 dirigenze in tre anni. Per noi non è possibile, ma neanche per il Miur, almeno speriamo”. Se invece l’amministrazione volesse tenere duro, lasciando il ds senza vicari, l’Anief ha già preparato il suo piano di battaglia legale.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Da associazioni, sindacati, docenti e studenti parole di condanna e rabbia. Si propende per la matrice mafiosa. E se così fosse si chiede all’unisono una risposta forte da parte dello Stato e delle istituzioni. Ma serve anche coesione e solidarietà sociale.

Sgomento, dolore, rabbia, incredulità. Sono i sentimenti che sta provando il mondo della scuola per l’attentato avvenuto oggi a Brindisi, davanti all’istituto professionale femminile Morvillo-Falcone, a seguito del quale una ragazza ha perso la vita, un’altra è in gravissime condizioni ed altre sette risultano ferite.

Sulla matrice dell’attentato il Cidi, Centro iniziativa democratica insegnanti, sembra non avere dubbi: “morire per l’esplosione di una bomba davanti alla scuola. Pochi giorni prima dell’anniversario della strage di Capaci, nel giorno dell’arrivo a Brindisi della carovana antimafia organizzata da Libera. È un atto di una ferocia senza precedenti (mai si era arrivati a colpire mortalmente degli studenti ndr), perché colpire i nostri giovani è uccidere un’altra volta tutti i morti di mafia”. Secondo il Cidi, di fronte a tale ferocia per i docenti italiani c’è solo una strada da percorrere: “continuare, come sempre, a insegnare il valore della legge e della convivenza civile, l'amore per la libertà, il significato della democrazia, come si fa nell’Istituto Morvillo Falcone di Brindisi, una scuola impegnata in prima linea nell’impegno per la cultura della legalità”.

Sono in tanti a supporre che dietro all’attentato vi sia la mafia. “La scuola Morvillo-Falcone aveva vinto il Primo premio della prima edizione del concorso sulla Legalità”, ha ricordato il portale studentesco Universinet.it chiedendo anche “una immediata reazione dello Stato contro la barbarie terroristica di stampo mafioso che ha colpito un istituto da sempre impegnato in prima linea per promuovere la cultura della legalita' contro tutte le mafie”.

Immediate sono state anche le reazioni dei sindacati che operano nel comparto scuola. Alle prime dei Confederali, hanno fatto seguito quelle di quasi tutte le altre organizzazioni. “E’ la prima volta che viene colpita una scuola. Si tratta di un fatto di gravità inaudita”, ha detto Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti. Secondo Di Meglio “il nome stesso della scuola e la coincidenza con la tappa odierna della Carovana della legalità fanno nascere più di un sospetto sulla matrice dell’esplosione. Se si accertasse che l’ordigno è collegato a episodi paramafiosi, sarebbe davvero sconcertante. Le scuole, infatti, sono l’avamposto delle istituzioni”.
Dello stesso avviso e Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas, per il quale “la mafia da sempre ha attenzione per l’istruzione, perché la teme, Nel senso che – continua il sindacalista – la cultura potenzialmente mina al cuore delle organizzazioni malavitose. Non solo: colpire una scuola e i suoi studenti significa rappresentare al massimo l’odio per la legalità e le istituzioni. Ma questo attentato – conclude d’Errico – dimostra anche che il paese sta toccando livelli di inciviltà inauditi”.

L’Anp, il sindacato che tutela dirigenti e alte professionalità della scuola, “condanna per ogni forma di violenza e si dichiara vicina a quanti - istituzioni, dirigenti, docenti, operatori scolastici, studenti e loro famiglie - si adoperano per ripristinare nella scuola e nella comunità brindisina il necessario clima di coesione e solidarietà sociale che isoli e condanni gli autori di un gesto tanto efferato quanto inaudito, che colpisce oggi una scuola per colpire il futuro del Paese”.

Per Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, serve un’immediata risposta, all’altezza, da parte delle istituzioni: “l'attentato di oggi deve essere punito in maniera esemplare e deve convincere lo Stato a essere più presente in quelle scuole che in molte realtà del sud e delle zone di periferia rappresentano l'ultimo baluardo di legalità”. Pacifico chiede quindi “un serio piano di intervento del Miur contro ogni tipo di mafia, per fornire risorse, strumenti e finanziamenti adeguati che non possono esseri quelli dedicati alla sola celebrazione di alcune ricorrenze, pure necessarie ma non esaustive”. L’ultimo pensiero del leader dell’Anief è per “quei vigliacchi traditori che oggi hanno distrutto più di una famiglia” che “devono essere assicurati alla giustizia”. L’Anief ha anche annunciato che il 23 maggio chiuderà la Segreteria nazionale, “in segno di lutto per le vittime di oggi e di ieri che ricorderemo in piazza e nei convegni organizzati per confermare la scelta per il partito della giustizia”.

Intanto le iniziative della Rete degli studenti e dell’Unione degli universitari si allargano: il sit in delle ore 18,30 inizialmente organizzato solo a Brindisi è stato esteso in tutte le principali città tutta Italia. A Roma si svolgerà al Pantheon: “tutti gli studenti scenderanno nelle piazze con un fazzoletto bianco in mano in segno di solidarietà per le vittime dell’attentato”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Secondo l’Uds le percentuali (bulgare!) emesse dal Miur sarebbero viziate dalle presenza nel campione di alunni di primaria e medie. Oltre che dalla mancata considerazione dei singoli rifiuti. Per il ministro però bisogna confermarli: dobbiamo imparare ad essere valutati. Perché allora non aprire un confronto?

Dopo lo sciopero dei Cobas (“decine di migliaia di docenti, studenti ed Ata, scioperando o boicottando le prove, hanno liberato dai quiz tante migliaia di classi”), le forti perplessità dell’Anief  (“un inutile spreco di energie, soldi e tempo”) e le preoccupazioni della Gilda (per il carico di lavoro gratuito finito sulle spalle dei docenti, mentre si tratta “di attività riguardanti una valutazione esterna”), anche le associazioni degli studenti si sono schierate contro la somministrazione delle prove Invalsi, che il 18 maggio hanno vissuto l’ultima prova “posticipata”: secondo l’Unione degli studenti le percentuali (bulgare!) di svolgimento regolare dei test emesse dal ministero dell’Istruzione (“al momento le classi che non hanno eseguito il test vanno da un minimo di 0,87% ad un massimo teorico di 1,56%”), sarebbero “mistificate”, perché viziate dalla presenza, nel campione esaminato, “di scuole primarie e secondarie di primo grado, dove gli studenti sono quasi per nulla attivi nella partecipazione studentesca”. Inoltre le stime “si riferiscono agli interi gruppi classe, invece il boicottaggio dei test si è espresso anche singolarmente come dato individuale dello studente, ed in questo modo è stato totalmente ignorato nella conta”. Per l’associazione studentesca il Miur non può continuare ad ignorare “il rifiuto che gli studenti hanno messo in campo ed aprire un tavolo di discussione serio con le associazioni studentesche, dei genitori e i sindacati dei docenti su come si valuta realmente la scuola italiana”.

In effetti, i rilievi dell’Uds appaiono almeno in parte fondati. Come già spiegato attraverso un approfondimento pubblicato su questa stessa testata on line. il Miur farebbe bene a puntare l’attenzione sull’utilità e la spendibilità (in chiave qualitativa) dei risultati.

Di parere opposto sembra invece essere il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo. Secondo cui tutte queste polemiche e proteste andrebbero fatte risalire alla mancanza di abitudine, tipica dell’Italia, "a lavorare insieme ed essere capaci di fare progetti integrati". Profumo, interpellato sul tema, sempre il 18 maggio, durante un intervento all'Istituto Universitario Europeo di Fiesole, in provincia di Firenze, ha poi aggiunto che ancora "non siamo abituati a essere valutati sulla base di regole definite dagli altri". Ciò comporta, sempre secondo il responsabile del Miur, che "purtroppo i nostri risultati sulle competizioni internazionali, per esempio, sulla ricerca a livello europeo sono non così positivi, nonostante il grande valore dei nostri ricercatori".

Niente marce indietro, quindi. Per il Ministro è bene continuare sulla strada che porta alla somministrazione periodica di verifiche standardizzate. Con tutti i limiti che comporta: "Io credo che il Paese abbia bisogno di avviare questo processo sulla valutazione", ha sottolineato Profumo.

Insomma, se da viale Trastevere non si vuole sentir parlare di ripensamenti (che avrebbero il sapore della sconfitta e dell’allontanamento dalle pratiche valutative ormai attuate in tutti i più moderni Paesi), allora sarebbe bene aprire un confronto su contenuti e modalità di somministrazione. Le decisioni calate dall’alto, del resto, non possono portare consensi. E nemmeno alte adesioni.

Fonte: Tecnica della Scuola

Secondo il sen. Pittoni l’avvio dei Tfa riservati alimenta la necessità di approvare il ddl leghista sul merito locale: altrimenti ci sarà l‘assalto alla 'diligenza’ nell’illusione che l’abilitazione (magari con qualche furbata) porti alla cattedra. Velenosa replica del sindacato: di furbate abbiamo appreso solo quelle di chi voleva comprarsi il titolo di studio in Albania senza conoscerne la lingua.

Non poteva andare diversamente. Anche i Tfa e le nuove modalità di reclutamento, in particolare il versante riservato ai docenti precari con almeno tre supplenze da 180 giorni ciascuna, diventano terreno di polemica tra Mario Pittoni, capogruppo Lega Nord Commissione Istruzione del Senato, e l’Anief, il sindacato degli educatori in formazione.  

Stavolta ad innescare la polemica è stata l’organizzazione guidata da Marcello Pacifico, che ha risposto in modo piccato alle affermazioni rilasciate poco prima dal senatore leghista. Pittoni, dopo aver appreso le intenzioni del Miur di tendere “la mano agli insegnanti non abilitati che hanno maturato un certo periodo di attività”, aveva dichiarato che a questo punto diventa ancora più “urgente il varo di un nuovo sistema di reclutamento, che preveda una adeguato filtro del merito (come nella nostra proposta basata su albi professionali regionali, già sul tavolo del ministro), in grado di correggere la pesante disomogeneità di valutazione sul territorio”. In caso contrario si rischia di assistere, continua Pittoni, all’“ennesimo ‘assalto alla diligenza’ nell’illusione – in alcuni casi alimentata dalle università che grazie ai corsi abilitanti vedono rimpinguarsi le loro casse – che l’abilitazione (magari con qualche furbata) porti quasi automaticamente alla cattedra, cosa che ovviamente non è e non deve essere”.

A stretto giro di posta, è il caso di dire, giunge la secca replica del presidente dell’Anief: “di furbate fino ad oggi noi abbiamo appreso dai giornali soltanto quelle di chi voleva comprarsi il titolo di studio in Albania e senza conoscerne la lingua. Anche l’Anief auspica una maggiore trasparenza e attenzione nella valutazione del merito degli aspiranti docenti, ma certamente – sottolinea Pacifico – non per produrre un reclutamento a livello regionale che alimenterebbe clientele e non garantirebbe un’uniforme valutazione nazionale per l’accesso ai ranghi dello Stato”.

Ancora una volta, il sindacato autonomo ha nel mirino il ddl sul reclutamento presentato dalla Lega al ministro Profumo, all’indomani del suo approdo a viale Trastevere. “Come è stato appurato, anche recentemente a seguito della correzione delle prove scritte dell’ultimo concorso per dirigenti scolastici, un reclutamento di quel genere, legato a selezioni di tipo regionale, comporterebbe gravi iniquità”. L’ultimo pensiero di Pacifico è per i precari storici: “non dobbiamo poi dimenticare quei docenti non di ruolo che l’abilitazione l’hanno già conseguita e hanno svolto diversi anni di servizio nella scuola italiana come supplenti: anche le sentenze dei Tribunali degli ultimi giorni ci confermano che non possono essere abbandonati al loro destino. Come vorrebbe qualche parlamentare, che invece di rappresentare tutti i cittadini italiani – conclude il leader dell’Anief –  - continua a parlare di merito locale”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il sindacato di Pacifico ritiene che le scelte discutibili prese dal Miur sarebbero governate da un consigliere - chiamato dal ministro Gelmini e confermato da Profumo - che si ostina a voler programmare la formazione universitaria senza avere competenza in materia. Critiche pure ai sindacati che salgono a viale Trastevere: forniscono solo le notizie.

Non si placano le critiche sulle modalità scelte dell’amministrazione scolastica per portare a termine le procedure di avvicinamento ai Tfa abilitanti. Alle perplessità dei sindacati più rappresentativi, presenti con le loro delegazioni agli incontri con i direttori generali del Miur, nelle ultime ore si sono aggiunte quelle dei diretti interessati. Lo scontento abbraccia sia i giovani - la maggior parte dei quali non sa districarsi tra operazioni di verifica dei titoli, scelta delle classi di concorso e contenuti da selezionare per preparare al meglio il test preselettivo di luglio – sia i precari della scuola. Tra questi sono in migliaia a sentirsi beffati per l’esclusione dall’accesso diretto ai Tfa, senza passare per la lotteria dei test, dovuta al diktat imposta da viale Trastevere: aver collezionato 3 annualità tra supplenze annuali o continuative per almeno 180 giorni.

Secondo l’Anief, l’associazione sindacale nata poco più di tre anni fa proprio per assistere gli “educatori in formazione”, ritiene che i limiti organizzativi dl Tfa vanno ricondotti ad “un consigliere - chiamato dal ministro Gelmini a Viale Trastevere e confermato da Profumo - che si ostina a voler programmare la formazione universitaria senza avere una minima competenza in materia né il pudore o la coscienza di ammettere di essere, perlomeno, la persona meno indicata a trattare l’argomento. Ma si sa l’Italia non è la Germania dove per aver copiato una tesi ci si dimette immediatamente”.

Il sindacato esperto di normativa scolastica e del lavoro non cita mai il fantomatico consigliere scelto dall’ex ministro Gelmini, ma per gli addetti ai lavori o per coloro che seguono con costanza le vicende della scuola italiana appare molto chiaro a chi è indirizzata la “frecciata”.

L’Anief, comunque, non se la prende solo con lui. “Speriamo che al prossimo incontro, almeno, i sindacati scelti dai lavoratori per trattare la materia – continua l’associazione che rappresenta circa 9mila lavoratori della scuola - sappiano ricordare ai tecnici del Miur come negli ultimi dieci anni con 360 giorni di servizio siano stati abilitati 200.000 insegnanti (e non con tre anni), come sia necessario programmare il fabbisogno sulle nuove classi concorsuali (ultimo regolamento da approvare), come non si possa obbligare un precario ad abilitarsi in una specifica regione, a vedere compresso il diritto al lavoro durante la frequenza dei corsi né a pagare l’iscrizione a un test di accesso quando ha diritto a quel corso; così come anche i corsi di formazione per i sovrannumerari devono rispettare il numero di crediti formativi (60) richiesti dalla legge per il rilascio della certificazione universitaria”.

L’organizzazione guidata da Marcello Pacifico chiude con un appello a Profumo: “chiediamo al ministro di fare chiarezza, cambiando consigliere”. E pure ai sindacati, cui chiede “di rappresentare gli interessi dei lavoratori e degli utenti della scuola, perché a limitarsi a fornire le notizie è sufficiente la stampa".

Fonte: Tecnica della Scuola

Invalsi, ultimo atto. Ma sulla tornata finale dei test che valutano la preparazione dei nostri studenti in matematica e italiano, si addensano le nubi della protesta. Dopo le prove della scorsa settimana che hanno visto impegnati gli alunni delle classi seconde e quinte elementari e prime medie (più di 1 milione e 700 mila ragazzi), tocca ora ai liceali del secondo anno: circa 533 mila. A chiudere il calendario 2012 sarà poi la prova nazionale inserita negli esami di terza media, l'unica che peserà per legge sul voto finale.

La prova rappresenta «uno strumento per fornire al sistema nel suo complesso, e alle scuole individualmente, una valutazione dei livelli di apprendimento raggiunti in alcuni ambiti fondamentali per l'accesso alla cittadinanza», spiega Roberto Ricci, responsabile del Servizio nazionale di valutazione. Quello che un tempo era il «leggere e fare di conto» e che ora si declina in «buone capacità di lettura e possesso di capacità matematiche adeguate». Nè scontate nè assodate, peraltro, come ha sottolineato il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Che dopo aver consultato l'ultimo Rapporto Invalsi sugli esami di maturità 2009-2010 ha concluso che «i nostri giovani sanno troppo poco: non conoscono le lingue, italiano compreso e neanche i rudimenti della matematica». Ma le prove nazionali restano un passaggio inviso a larga parte del mondo scolastico, che minaccia boicottaggi e barricate.

LE PROTESTE - L'Associazione professionale sindacale Aniefparla di «verifiche tutte da rivedere, che non servono, non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi». I Cobasannunciano scioperi di docenti e personale Ata. E programmano un sit in di protesta a Roma, mercoledì mattina, davanti al ministero di Viale Trastevere, «contro la miserabile scuola-quiz», dice il portavoce nazionale Piero Bernocchi. L'Unione degli Studenti proclama il boicottaggio dei test in centinaia di scuole «per opporsi categoricamente al modello di scuola e di valutazione che ci vogliono imporre che non tiene conto delle conoscenze critiche degli studenti e non valorizza i percorsi di studio nelle classi». Lo afferma Carmen Guarino, responsabile valutazione dell'UdS. Che spiega le modalità della protesta: cortei fuori dagli istituti, assemblee autoconvocate, volantinaggi e, nelle classi, studenti che consegneranno le prove in bianco. Le aree più «calde» dovrebbero essere Trieste, la Puglia, Napoli, Roma.

«SCUOLE DI SERIE A E B» - Il messaggio politico dell'associazione studentesca è «la categorica opposizione al modello di scuola e di valutazione che ci vogliono imporre, che non tiene conto delle conoscenze critiche degli studenti e non valorizza i percorsi di studio nelle classi», spiega Guarino. Che aggiunge: «Ci chiediamo come si coniughi la distribuzione censuaria di test standard con la pretesa di scientificità statistica che gli Invalsi vantano. Le rilevazioni non misurano i livelli d'apprendimento degli studenti e neppure il valore delle scuole. Vogliono ratificare e non modificare l'esistenza di scuole di serie A, B e Z». Anche il collettivo Senza Tregua organizzerà a Roma iniziative contro gli Invalsi. E il Collettivo autonomo studentesco di Bologna invita a invalidare il test cancellando il codice indicativo con un pennarello che verrà distribuito all'ingresso delle scuole.

FAVOREVOLI - Intanto l'Istituto, con una nota, fa sapere che durante i test che si sono svolti nella scuola primaria e media, solo lo 0,70% delle classi non ha fatto le prove e di queste lo 0,69% causa sciopero. Dati contestati dai Cobas, che accusano il ministero di aver fornito cifre truffaldine, relative alle sole scuole-campione dove erano presenti gli ispettori Invalsi. «In qualche caso è stato necessario accorpare le classi per giungere a cifre accettabili di presenti», dice Bernocchi. Di tutt'altro parere il Moige, il Movimento italiano Genitori, che ritiene l'esperienza Invalsi «un passo significativo verso il miglioramento dell'intero sistema scolastico, che consentirebbe di allinearci agli altri paesi europei, nei quali questa pratica è consolidata». 

Favorevole anche StudiCentro, l'organizzazione studentesca dell'Udc: «Alle sigle studentesche e sindacali che si oppongono all'Invalsi facciamo presente che questo è un questionario che va nella direzione degli studenti per individuare le lacune di un sistema di apprendimento di certo non perfetto. Siamo convinti - dice Virgilio Falco, portavoce dell'organizzazione studentesca - che la grande partecipazione potrà dare dati utili a evidenziare dove il sistema scolastico può e deve impegnarsi per migliorare».

OBBLIGATORIO - Una norma inserita nel decreto Semplificazioni trasforma, da quest'anno, il test in un'attività didattica ordinaria, sancendone di fatto l'obbligatorietà. Ma l'Istituto, per rispondere alle polemiche, precisa che «non ha, nè intende raccogliere, alcuna informazione sull'identità degli insegnanti delle diverse classi interessate alle prove e, pertanto, non ha in programma alcuna segnalazione».

Fonte: Corriere della Sera

Non servono all'amministrazione, non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi: è questo il giudizio dell'Anief nei confronti dei test Invalsi, a cui domani verranno sottoposte tutte le seconde classi della scuola secondaria di secondo grado.

Secondo l'associazione sindacale "insistere su verifiche standardizzate contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi 20 anni, sempre più orientata al 'saper fare' e alla centralità dell'alunno nel suo percorso educativo".

E - si spiega - non serviranno nemmeno le più sofisticate tecnologie applicate ai quesiti, per prevenire le copiature e gli aiuti da parte degli insegnanti, a risollevare questa modalità di rilevazione: "Siamo di fronte sempre e comunque a procedure che - sostiene Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - rimangono in forte antitesi con il terreno normativo e le tante energie profuse proficuamente da diverso tempo. Come il Portfolio delle competenze e delle abilità, oltre che la creazione della carta d'identità dello studente e dell'istituto scolastico".

Secondo l'Anief "non si può valutare il percorso di apprendimento di un alunno senza prendere in considerazione delle variabili fortemente soggettive e tutt'altro che standardizzabili". "Prima di verificare le competenze di un alunno - sostiene il sindacalista - è indispensabile registrare sempre il punto di partenza delle conoscenze, gli strumenti operativi a sua disposizione, il gruppo classe, la famiglia di provenienza, il territorio circostante. Solo per rimanere alle più importanti".

"Qualsiasi analisi scientifica - ritiene Pacifico - non può essere considerata seria e attendibile per lo sviluppo e il miglioramento della scuola". Quindi, "continuare su questa strada non aiuta quindi a mettere in campo tutte quelle strategie e risorse per migliorare la nostra scuola e l'apprendimento dei nostri alunni". E "se non si esce da questo equivoco - conclude il Presidente dell'Anief - significa voler insistere su un inutile spreco di energie, soldi e tempo".

Fonte: TMNews

Con le prove di domani, rivolte agli iscritti della scuola secondaria di secondo grado, si avviano a compimento i test Invalsi dell'anno scolastico in corso. Tutti i sindacati maggiori, a differenza dei Cobas, che hanno proclamato lo sciopero nei giorni di somministrazione delle prove (peraltro con scarso successo: domani confidano nell’aiuto degli studenti dell'UdS) ritengono queste prove utili per migliorare la qualità dell’offerta formativa.

Invece per l’Associazione professionale sindacale Anief si "tratta di verifiche tutte da rivedere, perché per come sono predisposte e somministrate non servono, non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi".

Secondo il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, “valutare il rendimento dei nostri alunni attraverso la somministrazione di test standardizzati a livello nazionale contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi 20 anni, sempre più orientata al 'saper fare' e alla centralità dell'alunno nel suo percorso educativo”.

A suo giudizio “prima di valutare le competenze è indispensabile registrare sempre il punto di partenza delle conoscenze, gli strumenti operativi a sua disposizione, il gruppo classe, la famiglia di provenienza, il territorio circostante”.

Dall’Invalsi però si obietta che queste variabili sono invece rilevate attraverso apposite schede studente e che saranno oggetto di adeguati approfondimenti.

Fonte: Tuttoscuola

In un comunicato di Affari Italiani si legge che sarebbero oltre 3mila i ricorsi intentati contro la legge che penalizza il personale della scuola del 1952. Il comitato “Quota 96” in prima fila. Forse un disegno di legge ad hoc.

Sotto attacco il governo Monti, e in modo particolare la legge Fornero sulle pensioni che non ha riconosciuto al personale della scuola la particolarità di avere una sola finestra di uscita, quella del primo settembre, fissando per tutto il pubblico impiego il godimento dei diritti pensionistici al 31/12/2011. 

“Forse sarebbe il caso”, si legge nella nota, “ che la ministra del Lavoro, Elsa Fornero, finora sorda al loro richiamo, cominciasse a prendere in seria considerazione questo nodo spinoso che ha fruttato ben due interrogazioni parlamentari e che potrebbe dar vita - lo hanno confermato le deputate Bastico e Ghizzoni - ad un disegno di legge ad hoc volto a sanarlo.”

Oltre dunque al comitato “Quota 96”  anche il Codacons, dopo vari annunci, dichiara che ricorrerà al T.A.R. per difendere i diritti acquisiti di tutti quei professionisti della scuola che pensavano di uscire dal lavoro il 1 settembre 2012 e che invece sono rimasti ostaggio della riforma Fornero, riforma che ha innalzato di sei anni, senza alcuna transizione o gradualità, l'età pensionabile. 

Ma anche La Cisl scuola, con un recente comunicato, ha fatto sapere che ha notificato nei giorni scorsi, all'Amministrazione del Miur, alcuni ricorsi di docenti che avrebbero maturato i requisiti previsti per andare in pensione in base alla precedente normativa entro il 31 agosto 2012.

L'Anief, altro sindacato della scuola, ha da tempo pubblicizzato le sue azioni legali al T.A.R. e al Giudice del lavoro. Da fonti certe sembra che la Uil stia predisponendo oltre 1700 ricorsi in tutta Italia e che la Cgil e lo Snals, infine, hanno dato battaglia in tal senso.

Fonte: Tecnica della Scuola

Non nascondono la soddisfazione i sindacati per il Protocollo di intesa sul lavoro pubblico sottoscritto ieri sulla base dell'accordo già definito il 3 maggio dalle stesse organizzazioni sindacali, governo, regioni, province e comuni.

"Quello sottoscritto - dichiara Marcello Pacifico, membro ConfedirMit-Pa e presidente Anief - è un documento che condividiamo pienamente. Prima di tutto perché rimette in discussione i tanti danni introdotti dalla riforma Brunetta. Ad iniziare dall'introduzione di un nuovo modello di relazioni sindacali, con al centro la contrattazione collettiva nazionale di lavoro per la determinazione degli aumenti di stipendio del personale".

"L'accordo raggiunto - continua sindacalista - porrà anche un freno ai tagli orizzontali al comparto pubblico, valorizzando specifiche competenze che, in particolare nella scuola, non possono essere misurate da livelli di prestazione nazionale (come i test Invalsi). Inoltre il protocollo permetterà l'approvazione, attraverso i conseguenti provvedimenti legislativi, di nuove regole sul mercato del lavoro, anche in riferimento alla flessibilità in uscita".

L'approvazione del Protocollo comporterà benefici pure in campi non strettamente professionali: secondo Marcello Pacifico, infatti, "l'accordo tiene conto delle direttive europee che favoriscono la mobilità dei cittadini all'interno dell'Ue. Andando quindi a determinare maggiori spostamenti anche all'interno delle province italiane".

Fonte: Italpress

L’Anief, dopo aver plaudito all’apertura del Ministro per l’accesso senza selezione ai corsi TFA e aver richiesto, però, un Decreto Legge d’urgenza che metta fine a tante incertezze, perché, in caso contrario, l’Amministrazione si ritroverà ancora una volta a soccombere nelle aule dei tribunali, sostiene una nuova tesi sulla portata effettiva dell’abilitazione conseguita.

Secondo l’Anief “le abilitazioni all’insegnamento equivalgono per legge al superamento di un concorso. Mentre il Ministero dell’Istruzione sembra non seguire questa norma”.

Si tratta di una tesi del tutto nuova e interessante per la quale il generico riferimento normativo dovrebbe forse essere meglio approfondito.

L’Anief ricorda al Miur come da sempre ogni procedura abilitante sia stata ritenuta concorsuale e quindi utile ai fini dell’immissione nei ruoli della scuola. È allora davvero sconcertante quanto ha dichiarato oggi, attraverso cui si fa finta di non sapere che il titolo conseguito al termine dei corsi di formazione primaria consente l’inserimento nelle graduatorie dai cui si attinge il 50 per cento delle immissioni in ruolo”.

A onor del vero va detto, però, che l’abilitazione conseguita con la laurea in scienze della formazione primaria non riguarda i prof. della secondaria e, comunque come si sa, ha dato luogo agli inserimenti in graduatoria ad esaurimento soltanto in un determinato in periodo, tanto è vero che quest’estate vi è stata una pressante richiesta, non accolta dal Parlamento, per aprire le graduatorie ad esaurimento ai nuovi abilitati della scuola primaria.  

Dopo aver dichiarato che il ministero inadempiente “dovrà confrontarsi necessariamente ancora una volta con il nostro sindacato nelle aule del Tribunale”, il presidente Marcello Pacifico conclude affermando che, a suo parere, “il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento deve sempre necessariamente garantire l’accesso ai ruoli della Pubblica Amministrazione”.

Fonte: Tuttoscuola

Il punto della situazione pubblicato l'8 maggio lascia inalterati diversi dubbi. Ad iniziare da quelli sui servizi utili per l’accesso: servono 36 mesi, 1.080 giorni o tre anni di servizio? E come verrà considerato quello svolto nelle paritarie? Fa pensare, poi, che si continui ad ignorare primaria e infanzia.

Le precisazioni del ministero dell’Istruzione sui Tfa sembrano aver prodotto l’effetto opposto: anziché fare chiarezza e sgomberare finalmente dubbi e incertezze su un percorso formativo ancora “acerbo” e ricco di punti oscuri, sembra aver alimentato ulteriori tensioni e contraddizioni. Ad iniziare dal versante che riguarda la soglia minima di accesso riservata ai docenti precari che verranno accolti nel “diverso percorso abilitante previsto per i docenti con 36 mesi di servizio, laureati ma senza il possesso della prescritta abilitazione”. Ma 36 mesi equivalgono a 1.080 giorni. Allora perché fonti attendibili del Miur, ma anche ieri la stessa Uil Scuola, hanno indicato come soglia solo 540 giorni di servizio? E ancora, perché nella stessa nota di chiarimenti il Ministero tira in ballo, per giustificare la procedura formativa con il “doppio binario”,  il “D. Leg.vo 9/11/2007 n. 206 che, in esecuzione della direttiva comunitaria 2005/36 CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali”, prevede il “riconoscimento dell’abilitazione anche all’effettivo svolgimento dell’attività professionale per almeno tre anni sul territorio dello Stato membro in cui è stato conseguito o riconosciuto il titolo di laurea?”.

Insomma, più di qualcosa non torna: chi opera nella scuola sa bene che 36 mesi, 1.080 giorni o tre anni di servizio possono rappresentare delle situazioni lavorative pregresse ben diverse. Valgono, ad esempio, solo i canonici 180 giorni di supplenza considerati come limite massimo nel caso delle supplenze annuali? Oppure possono essere annoverati nel computo tutti i servizi svolti (anche quelli estivi, ad esempio, quindi ad attività didattiche concluse). Inoltre, il Miur farebbe bene a chiarire se il servizio svolto presso istituti privati o parificati (a condizioni spesso molto diverse rispetto a quelle della scuola pubblica) abbia la stessa valenza e considerazione numerica. L’equiparazione di servizi, in casi limite addirittura mai svolti, non verrebbe di certo bene accolta da coloro che hanno svolto la “gavetta” interamente nello Stato.

Ancora una volta, poi, viale Trastevere continua ad ignorare due dei tre “tronconi” sulla formazione del DM 149/2010, dando esecuzione solo all’art. 15 dello stesso decreto. Sinora, le altre parti riguardanti la nuova formazione (in particolare quella relativa ai docenti che devono operare nel primo ciclo) non solo non sono state mai avviate. Ma neanche citate, se non altro per dare indicazioni o lumi ai diretti interessati. E l’amministrazione, francamente, non può continuare a rimandare la formazione specialistica di una fetta così grande di candidati. Che continuano incredibilmente a rimanere al palo. L’unico riferimento, nella nota dell’8 maggio, è questo: “l’abilitazione che si consegue a seguito della frequenza del TFA o dei corsi di laurea in Scienza della formazione primaria rappresenta solo la conclusione del percorso di formazione iniziale dell’insegnante e costituisce il presupposto per la partecipazione alle procedure concorsuali”. E, a detta dei sindacati, sarebbe anche sbagliato.

Secondo il presidente dell’Anief, Marcello Pacificoin particolare “da sempre ogni procedura abilitante è stata ritenuta concorsuale e quindi utile ai fini dell’immissione nei ruoli della scuola. È allora davvero sconcertante” il fatto che “si fa finta di non sapere che il titolo conseguito al termine dei corsi dalla formazione primaria consente l’inserimento diretto nelle graduatorie, dai cui si attinge il 50 per cento delle immissioni in ruolo”. La sensazione è che la matassa sia davvero ingarbugliata. E per scioglierla il Ministero dovrebbe mettere la formazione dei docenti tra le priorità del suo operato. Il tempo delle soluzioni affrettate o provvisorie è ormai scaduto.

Fonte: Tecnica della Scuola

Al momento non ci sono deroghe per far accedere ai corsi abilitanti tutti precari con almeno 360 giorni. Se arriverà l'ok, si rischia un numero raddoppiato di corsisti. Ma non quello dei posti per le assunzioni. Con i candidati più giovani che verrebbero danneggiati. A sorridere invece sarebbero gli atenei.

Sta creando un turbine di reazioni l’annuncio del ministro Profumo al grande pubblico, attraverso un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, sulla volontà del Miur di aprire i Tfa a tutti quei docenti che abbiano maturato almeno tre anni di servizio sulla classe di concorso per la quale intendono ora abilitarsi. In effetti, si tratta di una notizia che sconvolgerebbe il già precario assetto dei percorsi abilitanti, incentrato su corsi e tirocini attivi che avrebbero dovuto traghettare il sistema di reclutamento sino alla sua definitiva riorganizzazione.

Vediamo quali sono i punti oscuri. Il primo riguarda il via libera ai precari con un certo numero di anni di servizio (a dire il vero Profumo ha parlato di tre anni ma dovrebbero bastare, invece, solo 360 giorni): leggendo e rileggendo le modalità organizzative e operative per le prove di accesso ai Tfa, contenute nel Decreto del Direttore generalen. 74 del 23 aprile, si scopre che l’unica deroga alla procedura di accesso diretto dei docenti precari riguarda i candidati che hanno superato le prove riguardanti le vecchie Ssis (ma che poi non hanno portato a compimento il corso formativo). Serve dunque, anzi è indispensabile, una norma ad hoc.

La mancanza è stata individuata anche dal presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, il quale, dopo essersi compiaciuto della decisioni del Miur di aprire ai precari “storici”, evitando così “un contenzioso, qualora viale Trastevere non avesse creato un via preferenziale per questi lavoratori precari che hanno acquisito sul campo competenze e professionalità”, ha chiesto pubblicamente che le intenzioni di Profumo si traducano al più presto in un atto concreto: “è indispensabile una decisione rapida da tradurre con un emendamento, all’interno del prossimo provvedimento legislativo varato dal Governo”. Del resto, gli interessati scalpitano. E non si possono di certo avvisare una settimana prima della scadenza dei bandi (fissata al 3 giugno).

Ora, ammesso che arrivi la deroga, la presenza dei docenti oltre i 21mila previsti creerebbe comunque non pochi problemi. Il contingente è stato infatti decretato dopo un lungo “tira e molla”, con al centro pressioni politiche, ministeriali, sindacali e accademiche. Oltre che dei diretti interessati. Le cifre individuate (4.275 posti associabili alla scuola secondaria di primo grado e 15.792 a quella secondaria di secondo grado, mentre ancora una volta aspiranti di infanzia e primaria rimarranno a bocca asciutta), sono frutto di conteggi che tengono conto dei posti oggi vacanti a livello regionale, delle stime sui prossimi pensionamenti e delle probabili riconversioni. Oltre che di una serie di altri fattori, tutt’altro che secondari. Come la capacità di organizzare i corsi da parte degli atenei. Ora, aggiungere un numero consistente di posti (alcune prime stime indicano almeno altri 20mila partecipanti che non passerebbero per la preselezione) potrebbe far saltare il “banco”. Nel senso che ritrovarsi con un numero raddoppiato di abilitati creerebbe una corsa al posto vacante (utile per acquisire supplenze ed eventuali assunzioni in ruolo). Con i neolaureati (in graduatoria rimasti in fondo) a fare la parte delle vittime sacrificali. Vanificando le intenzioni di apertura del ministro proprio ai più giovani candidati all’insegnamento.

Emblematica, in questo senso, la domanda “postata” da una nostra lettrice sulla lista di discussione Facebook. “Io non ho ben capito una cosa: se ad esempio a Catania per la classe di concorso A037 ci sono 15 posti, e ci sono 15 candidati con almeno 360 giorni di servizio (ma ovviamente saranno molti di più), automaticamente non ci sono più posti per quelli che restano (cioè quelli senza servizio) o si fa un conteggio a parte? Evidentemente - conclude polemicamente la lettrice - non sono l'unica ad aver fatto questa considerazione...è tutto il sistema che è sbagliato, privo di logica"

C’è poi da approfondire il versante economico della faccenda Tfa. Se ai corsisti con almeno 360 giorni di servizio verrà risparmiata la fase preselettiva e lo svolgimento dei tirocini (“Nella realtà il tirocinio l'hanno già fatto. Finito il corso, come tutti gli altri tirocinanti, dovranno superare la prova finale”, ha detto il ministro Profumo) lo stesso non si può dire della tassa di frequenza dei corsi. Forse sarà una tassa leggermente ridotta. In ogni caso per i rettori e i gestori delle casse degli atenei sarebbe un’altra importante boccata d’ossigeno. Peccato che a fornirla saranno i precari della scuola. Cui si chiederà di tirare fuori migliaia di euro per avere solo una certezza: accedere alla lotteria del futuro maxi-concorso.

Fonte: Tecnica della Scuola

Qualche giorno fa il Miur ha comunicato le cifre dei compensi che verranno destinati ai componenti le commissioni per il reclutamento dei dirigenti scolastici in corso di svolgimento in tutta Italia.

Compensi irrisori, a detta di molti: un compenso base” pari a 251 euro per il Presidente e 209,24 euro per il componente. Inoltre, “a ciascun componente le commissioni esaminatrici dei concorsi viene corrisposto un compenso integrativo pari a 0,50 euro per ciascun elaborato o candidato esaminato”. In ogni caso “i compensi non possono eccedere 2.051,70 euro”, con l’eccezione dei presidenti per i quali l’importo va incrementato del 20%.

Irrisori, è vero, ma non a giudizio di tutti. Interviene infatti l’Anief con un comunicato diretto e senza mezzi termini, sottolineando come “qualcuno dovrà pagare questo enorme danno erariale, poiché per evitarlo sarebbe bastato sospendere il concorso come indicato nella sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato. Presenteremo un esposto alla Corte di Conti.”

Il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, ha comunicato, dunque, l’intenzione di presentare un esposto al Procuratore Generale della Corte di Conti, a seguito della mancata decisione da parte del Miur di interrompere il concorso per diventare dirigente scolastico, di cui si sono svolte le prove scritte e che nel mese di giugno in alcune regioni vivrà il suo epilogo con lo svolgimento degli orali: secondo Pacifico non è stata presa “nella giusta considerazione la sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato, che ha acclarato l’erroneità di un numero tutt’altro che trascurabile di test presentati ai 32.000 candidati lo scorso 12 ottobre, in occasione delle prove preselettive del concorso”.

 “Poiché il concorso è destinato a decadere - ha detto il Presidente dell’Anief - è evidente che questi soldi potevano essere risparmiati: l’amministrazione ha deciso di proseguire nell’espletamento delle prove scritte e nella correzione delle stesse, si è assunta anche la responsabilità di ‘bruciare’ in tal modo centinaia di migliaia di euro. Una quota enorme di soldi, dei contribuenti, che andranno ora inutilmente destinati ai compensi dei commissari e presidenti. A questo punto il prossimo 22 novembre, in occasione dell’udienza fissata eccezionalmente in tempi brevi, a seguito delle sollecitazioni provenienti dai giudici di secondo grado, il Tar non potrà che dimostrare l’avvenuto danno erariale”.

Un danno che va ascritto a qualcuno che opera all’interno dello Stato senza tenere conto delle conseguenze del suo operato. “Quel qualcuno è impegnato nelle stanze del Ministero di viale Trastevere e presto ne dovrà rispondere. Inoltre, paradossalmente, tutto questo spreco di soldi pubblici si concretizza proprio mentre stanno per essere approvati una serie di ulteriori tagli al bilancio dell’istruzione pubblica, attraverso - conclude Marcello Pacifico - l’applicazione dello spending review e una manovra Finanziaria che sembra chiederà ulteriori tagli al settore”.

Ma l’Anief non si ferma qui e coglie l’occasione per ricordare che sta puntualmente impegnandosi, attraverso una serie di motivi aggiunti inviati al Tar del Lazio, anche contro gli esiti delle prove scritte del concorso per dirigente scolastico pubblicati in questi giorni dagli Uffici Scolastici Regionali.
Insomma commissari e presidenti correggono per pochi euro, il concorso rischia l’annullamento, ma procede imperterrito con l’espletamento delle prove orali. Osa troppo il Miur? Lo scopriremo nei mesi a venire se i compensi (vien da dire oboli) di commissari e presidenti saranno stati davvero inutili.

Fonte: Tecnica della Scuola

L'Anief, associazione professionale sindacale, ha deciso di presentare un esposto al procuratore generale della Corte dei Conti, a seguito della mancata decisione da parte del Miur di interrompere il concorso per diventare dirigente scolastico, di cui si sono svolte le prove scritte e che nel mese di giugno in alcune regioni vivrà il suo epilogo con lo svolgimento degli orali: secondo il presidente Marcello Pacifico non è stata presa "nella giusta considerazione la sentenza di merito del Tar del Lazio a seguito del parere del Consiglio di Stato, che ha acclarato l'erroneità di un numero tutt'altro che trascurabile di test presentati ai 32.000 candidati lo scorso 12 ottobre, in occasione delle prove preselettive del concorso".

Ora il Miur fa sapere che, rende noto l'Anief, "a ciascun componente delle commissioni esaminatrici dei concorsi indetti per il reclutamento dei dirigenti scolastici viene corrisposto un compenso base" pari a 251 euro per il Presidente e 209,24 euro per il componente. Inoltre, "a ciascun componente le commissioni esaminatrici dei concorsi viene corrisposto un compenso integrativo pari a 0,50 euro per ciascun elaborato o candidato esaminato". In ogni casi "i compensi non possono eccedere 2.051,70 euro", con l'eccezione dei presidenti per i quali l'importo va incrementato del 20%.

"Poiché il concorso è destinato a decadere - ha detto il presidente dell'Anief - è evidente che questi soldi potevano essere risparmiatii. A questo punto il prossimo 22 novembre, in occasione dell'udienza fissata eccezionalmente in tempi brevi, a seguito delle sollecitazioni provenienti dai giudici di secondo grado, "il Tar non potrà che dimostrare l'avvenuto danno erariale". Un danno che va ascritto a qualcuno "che opera all'interno dello Stato senza tenere conto delle conseguenze del suo operato".

Fonte: TMNews

Dalla documentazione sulla revisione della spesa si scopre che il governo ha intenzione di dimezzare le spese per fitti passivi e gestione degli immobili (l’esempio arriverebbe con l’accorpamento delle sedi Miur), ridurre gli organici dirigenziali, riconvertire i profili professionali, riorganizzare la struttura territoriale e riequilibrare la rete scolastica regionale. Nel mirino anche il rapporto alunni/docenti.

Sembra delinearsi attorno ad una serie di provvedimenti sinora inesplorati, una parte dello Spending review che il governo intende attuare, come annunciato nei giorni scorsi, nei confronti dell’istruzione pubblica: scorrendo la documentazione sulla revisione della spesa sul sito di Palazzo Chigi, risulta che per evitare agli italiani l’innalzamento dell’Iva di altri due punti, i tecnici del governo tecnico starebbero seriamente pensando ad una riduzione, a partire dal 2014, del 50% delle spese per fitti passivi e gestione degli immobili (ma già dal 2013 la riduzione sarebbe del 10%). Tra le operazioni più importanti su questo versante, sembra che via sia convergenza politica, oltre che del ministro Profumo, nell’abbandonare la sede del Miur collocata all’Eur, a due passi dal palazzo dei Congressi, e ospitare il personale addetto a Università e Ricerca all’interno della sede di viale Trastevere.

Sempre dalla stessa fonte emerge che il governo sta valutando le modalità per effettuare una riduzione degli organici dirigenziali e ad una riconversione dei profili professionali. Due provvedimenti, a dire il vero, che non sorprendono più di tanto: il primo, quello riguardante il ridimensionamento numerico dei capi d’istituto, è direttamente proporzionale al dimensionamento scolastico che toccherà il suo apice nella prossima estate; mentre nel secondo figurano sia l’opera di abilitazione dei docenti rimasti senza cattedra, che di recente ha preso il via, dopo qualche tentativo andato a vuoto, sia la fusioni delle classi di concorso (anche se in questo caso la “partita” è ancora aperta ed i tempi di realizzazione risultano più lunghi).

Confermata anche la riorganizzazione della struttura territoriale "con riduzione delle articolazioni provinciali e trasferimento di funzioni", che dovrebbe produrre principalmente un accorpamento degli ex provveditorati, ora Uffici scolastici provinciali, con l’Usr. Nel mirino vi è poi una "razionalizzazione dei distacchi": subito il dito è stato puntato su quelli fruiti annualmente dai sindacati, anche se va detto che dopo la cura “dimagrante” voluta dell’ex ministro della Funzione Pubblica si sono ridotto di circa la metà, arrivando complessivamente a meno di un migliaio.

Più preoccupante è il riferimento del governo non tanto al "riequilibrio della rete scolastica regionale"(già in atto), quanto quello sulla necessità di andare a rivedere la"proporzione tra docenti e classi di alunni". considerando l’innalzamento progressivo registrato negli ultimi anni, con classi iniziali alle superiori che hanno addirittura superato quota 30 iscritti (con tutti i rischi che comporta sul versante del diritto allo studio e della sicurezza), c’è da augurarsi che si tratta più di un provvedimento ipotetico (da prendere in considerazione come ultima eventualità) che realistico. Anche perché una manovra di questo genere non arricchirebbe di certo lo Stato, ma tra addetti ai lavori, studenti e famiglie (almeno 10 milioni di cittadini!) creerebbe di sicuro tanti malumori.

Come li sta creando già tra i sindacati. Dopo le proteste vibranti della Flc-Cgil e più pacate della Cisl Scuola, il 2 maggio sono arrivate anche quelle dell’Anief: il sindacato di Marcello Pacifico teme che lo Spending review si traduca in ulteriori danni al personale. “Ancora una volta – ha detto il leader dell’associazione sindacale autonoma – dopo il blocco degli stipendi, l’allungamento dell’età pensionabile e la mobilità forzata del personale in esubero”, si continua ad “ignorare quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania”. Per l’Anief non si possono nemmeno accettare concertazioni: “noi non ci stiamo – ha continuato il Presidente - non accettiamo alcun accordo ricattatorio, con il sindacato che dovrebbe chiudere un occhio sui tagli, in cambio di una parte dei risparmi da reinvestire nello stesso settore della scuola”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il sindacato della scuola Anief chiede al Governo di rivedere il capitolo di tagli alla scuola previsto attraverso l'attuazione dello Spending review.

"Non si può pensare che quello della formazione delle nuove generazioni possa essere sistematicamente il comparto da cui sottrarre risorse pubbliche per risanare il bilancio dello Stato. Siamo appena usciti da un triennio terribile - dice l'Anief - durante il quale sono stati sottratti all'istruzione pubblica oltre 8 miliardi di euro. Ora, malgrado il Ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ci continui a dire che la scuola non verrà più toccata dai tagli e che è tempo di tornare ad investire sulla cultura, veniamo a conoscenza del fatto che il Governo punta a realizzare una riduzione degli organici dirigenziali, una riconversione dei profili, un 'riequilibrio della rete scolastica regionale e della proporzione tra docenti e classi di alunni'".

Secondo l'Anief "per attuare lo Spending review e scongiurare l'innalzamento dell'Iva del 2%, la scuola viene erroneamente messa sullo stesso piano di altri quattro Ministeri. I quali, però, negli ultimi anni non sono stati falcidiati di tagli. Inoltre i 'tecnici' che stanno predisponendo la Manovra finanziaria estiva avrebbero già programmato un taglio ulteriore del 15% delle spese per beni e servizi sostenute dal Miur".

"Ancora una volta - commenta amaramente Marcello Pacifico, presidente del sindacato - dopo il blocco degli stipendi, l'allungamento dell'età pensionabile e la mobilità forzata del personale in esubero, si vuole continuare ad infierire sul settore della conoscenza attraverso nuovi tagli di spese. Continuando ad ignorare quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania".

Per l'Anief qualsiasi politica di ridimensionamento del settore scolastico va respinta: non si possono accettare concertazioni o trattative di alcun genere. "Noi non ci stiamo - conclude Pacifico - non accettiamo alcun accordo ricattatorio, con il sindacato che dovrebbe chiudere un occhio sui tagli, in cambio di una parte dei risparmi da reinvestire nello stesso settore della scuola".

Fonte: TMNews

Eppure i rendimenti risultano positivi pure nel periodo di crisi finanziaria. In media un docente versa 20 euro mensili. La convenienza sta nel fatto che la stessa quota arriva dallo Stato. Il limite: il capitale versato non è garantito. Ma considerando il sicuro abbattimento dell’assegno di pensione, forse i giovani farebbero bene a rischiare.

Il personale dalle scuola continua a non credere alla previdenza complementare: nemmeno il passaggio obbligatorio al sistema pensionistico contributivo ha convinto docenti e Ata ad aderire in massa al fondo Espero. A sei anni dal suo avvio, le ultime rilevazioni indicano iscritto solamente il 30% del personale di ruolo. E ciò malgrado il sorprendente trend positivo dei rendimenti, riscontrati anche di recente, in una situazione di profonda crisi generalizzata finanziaria e degli investimenti.

La scarsa adesione al fondo diventa ancora più evidente se si pensa che da un anno e mezzo anche il personale non di ruolo ha diritto all’iscrizione al fondo complementare.

Difficile comprendere i motivi di tanto scetticismo. Prima di tutto perché solo chi è alle soglie della pensione può sentirsi al riparo dell’abbattimento dell’importo dello stipendio che percepirà una volta lasciato il lavoro. Inoltre, se è vero che l’investimento con Espero, per statuto, non garantisce il capitale investito (come avviene ad esempio nel caso delle assicurazioni di tipo privato), vale la pena ricordare che la metà dell’importo base dei contributi viene versato dallo Stato. Un docente della scuola primaria a metà carriera, ad esempio, che decidesse di aderire andrebbe a versare tra i 20 ed i 25 euro mensili. Ma poiché la stessa quota viene versata anche dall’amministrazione, il “tesoretto” pensionistico che si viene a determinare appare sufficientemente al sicuro (anche se la certezza non c’è) da eventuali tracolli ulteriori dei mercati.

Significativo anche il dato che nel giugno del 2010 i rendimenti da inizio mandato erano del 18,48% per il comparto ‘crescita’ e del 14,14% per quello ‘garanzia’. E anche nel 2011, anno nero per gli investimenti finanziari, la performance annuale ha comunque mantenuto un importate segno positivo: la ‘crescita’ (calcolata sugli incrementi di valore quota, e quindi al netto di commissioni e imposte) si è attestata sullo 0,33%, la ‘garanzia’ sullo 0,25%.

Nemmeno i sindacati, che svolgono il ruolo di intermediari nella gestione dei fondi, sono riusciti a vincere lo scetticismo dei dipendenti. In questi giorni anche l’Anief ha lanciato la sua campagna di adesione al fondo Espero. Con un breve comunicato, il sindacato di Marcello Pacifico ha spiegato che alla luce delle “ultime riforme in tema di allungamento dell’età pensionabile e il passaggio secco al sistema contributivo, Anief ha deciso di lanciare la campagna di adesione al fondo Espero tra i suoi iscritti”. Per vincere le resistenze del personale verso la previdenza complementare istituzionale, il sindacato sta vagliando anche “l’opportunità di siglare convenzioni con istituti bancari per agevolare i propri iscritti nella costituzione di un’ulteriore pensione integrativa”. L’Anief, infine, ricorda che il problema esiste e chi non si cautela oggi potrebbe pentirsene: “attualmente, infatti, si stima che il dipendente andrà in pensione fra 20 anni con il 40% dell’ultimo stipendio”, conclude l’associazione sindacale degli educatori in formazione.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il punto più debole del decreto è quello che permette ad un docente diplomato di poter affiancare un liceale disabile solo dopo aver svolto un modulo formativo e pur non avendo conoscenza delle materie che andrà ad affrontare. Con gli alunni, penalizzati anche migliaia di specializzati: rimarranno senza posto. Dopo sindacati di base e precari, i no di Gilda, Anief e Flc-Cgil.

I cambiamenti nel mondo della scuola generano forti critiche. Se poi a farne le spese sono i precari, le polemiche hanno buone possibilità di trasformarsi in forti contestazioni. Non sorprende, quindi, che a distanza di alcuni giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale n. 7, che dà il via libera alla riconversione sul sostegno ai docenti di ruolo appartenente a classi di concorso con personale in soprannumero, vi sia stata un’ampia alzati di scudi contro l’iniziativa. Tra i punti più contestati c’è quello che permetterebbe ad un docente (anche un diplomato e le possibilità sono molte perché gli Itp in esubero quest’anno solo oltre 3.000) di poter affiancare alunni disabili già dopo aver svolto il primo dei tre moduli di formazione. E soprattutto di essere collocato in un’area unica del sostegno. Che in termini pratici significherebbe (probabilmente già dal prossimo mese di settembre) ritrovarsi a sostenere anche alunni “certificati” iscritti ad una classe terminale del liceo. Affrontando quindi argomenti che il docente non ha mai svolto durante la sua formazione superiore (tecnica o professionale), né tantomeno all’università (quasi mai frequentata dagli Itp).

I primi a porre il loro veto sono stati sindacati di base. Poi è stata la volta dei docenti precari, molti dei quali hanno manifestato la volontà di adire alle vie legali, sostenendo di essere scalzati per fare spazio a del personale scarsamente preparato nelle discipline e specializzato sull’insegnamento ad alunni con problemi di apprendimento.

Anche il “Forum Mai più precari nella scuola” ha chiesto “il ritiro del provvedimento da parte del governo”, poiché così come è stato organizzato soppianterebbe “docenti che hanno alle spalle decine di anni di insegnamento delle discipline, nella totale indifferenza rispetto alle esigenze didattiche degli allievi disabili. Altrettanti docenti specializzati ma precari, che hanno seguito un percorso universitario avanzato e che hanno lavorato per anni su posto di sostegno, maturando conoscenze e competenze specifiche, saranno nella pratica spazzati via, epurati. Saranno sostituiti dai loro colleghi costretti a riconvertirsi, demotivati, obbligati ad improvvisarsi in un ruolo mai ambito, formati con un corso breve, sintetico, in buona parte on-line”.

Nelle ultime ore lista di contrari si è decisamente allargata. Dai territori, i sindacati hanno dovuto fare i conti con l’ira dei diretti interessati: significativo, in tal senso, il comunicato della Gilda di Cuneo, secondo cui la soluzione prospettata dal Miur “precluderebbe la possibilità per migliaia di docenti precari specializzati di vedersi riconfermati nell'incarico annuale e ridurrebbe ulteriormente le probabilità di eventuali immissioni in ruolo”.

La preoccupazione è stata colta anche dall’Anief, che ha chiesto “ai parlamentari di presentare un’interrogazione urgente al ministro, visti i diversi aspetti oscuri. I corsi, infatti, potrebbero partire in deroga ai corsi ordinari per il conseguimento della specializzazione su sostegno, con un monte ore inferiore, un percorso differente e garantirebbero l’assegnazione su posto di sostegno prima ancora del conseguimento del titolo”. Per il sindacato di Pacifico, la convenzione per l’avvio dei corsi, inoltre, “è stata firmata con le Facoltà di Scienze della formazione primaria di sole cinque università, costringendo i corsisti, su base volontaria, a spostarsi anche in regioni lontane dai luoghi di servizio”. Il sindacato degli educatori in formazione ritiene, in conclusione, che in un solo colpo il Miur metterebbe a repentaglio “il diritto allo studio degli studenti disabili e la parità di trattamento con coloro che hanno conseguito la specializzazione attraverso i canali ordinari”.

Duro anche il giudizio della Flc-Cgil: che definisce la soluzione del Miur “inaccettabile, poiché su tale tema c'è una prerogativa contrattuale. È necessario –per il sindacato guidato da Mimmo Pantaleo - fare una attenta valutazione sull'impatto nei singoli territori in relazione al numero dei docenti e alle classi di concorso/posti in esubero di appartenenza: in alcuni casi crediamo che una iniziativa di questo tipo sarebbe controproducente o avrebbe effetti nulli in tema di riassorbimento dell'esubero”.

La Cgil è inoltre preoccupata del fatto che questa modalità di collocazione comporterà “una ulteriore perdita di posti per i docenti a tempo determinato, innescando l'ennesima contrapposizione tra il personale”. Ancor di più perché, per scongiurare lo spettro della mobilità e della cassa integrazione, la riconversione su sostegno non si tradurrà in una scelta “volontaria, ma nei fatti in una scelta obbligata, essendo allo stato l'unica possibile”. Il sindacato ha quindi “chiesto che si blocchi la procedura” e si apra un tavolo di trattativa “per l'individuazione dei corsisti e si cerchino altre soluzioni”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Pacifico (Anief): Garantire trasparenza, pubblicità e valutazione.     

Basta al proliferare dell`individuazione dei dirigenti pubblici attraverso modalità che aggirano i concorsi: l`appello giunge dal convegno 'Il dirigente pubblico per l`Italia: presente e futuro', organizzato dal sindacato ConfedirMit-PA a Roma al circolo ufficiali dell`Aeronautica militare.

Partendo dall`incremento del ricorso allo `spoiling system` - la cui incidenza negli ultimi anni è schizzata dall`8% al 20% - i relatori si sono soffermati su un metodo di assunzione praticabile per legge solo per selezionare personale con professionalità eccelse. Quello di frenare la chiamata diretta dei dirigenti pubblici è un tema già avviato a Palazzo Vidoni. E l`amministrazione si è detta sensibile ad affrontare l`argomento: "Serve un provvedimento d`urgenza - ha chiesto Stefano Biasioli, segretario generale ConfedirMit-PA e membro del Cnel - perché è sotto gli occhi di tutti che dal 2001, con l`introduzione della legge 150, c`è stato un proliferare di pseudo-concorsi con candidati non prescelti sulla base delle abilità, ma di rapporti privilegiati. Torniamo quindi ad affidare al sindacato un ruolo attivo di controllo delle selezioni".

Anche per Stefano Simonetti, direttore amministrativo della Usl n. 3 di Pistoia, la soluzione non può che essere quella del rigore: "occorre dire basta all`abuso della deroga al concorso pubblico - ha spiegato Simonetti - perché da qualche anno stiamo assistendo all`individuazione di candidati, non necessariamente dirigenti ma anche assistenti amministrativi, sulla base di norme nate solo per ambiti particolari, come quello della ricerca".

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell`Anief e membro della segreteria ConfedirMit-PA, c`è necessità di "garantire trasparenza, pubblicità degli atti e una seria valutazione sinora invece sconfessata dai concorsi, come anche accaduto in occasione di quelli gestiti dal Miur per la scelta dei dirigenti scolastici. Per mettere freno allo spoiling system occorre invece una seria formazione e riqualificazione del personale dirigente, che non sia più soggetto a dover essere assunto o rimosso per la sua connotazione politica".

Fonte: TMNews

È il risultato che sta emergendo dal sondaggio predisposto dal Miur: solo il 10% sarebbe favorevole. Vanificando le intenzioni di Miur e governo di dimostrare che la volontà popolare è per la cancellazione. Gli studenti del Link, intanto, continuano la loro opera di contestazione: davanti al Miur miriadi di rotoli di carta igienica con la scritta 'Titoli di studio o carta straccia?'

Alla fine i dubbi sul valore legale del titolo di studio sembrerebbero rivelarsi del tutto inutili: a poche ore dalla consultazione pubblica messa in atto dal Miur dopo la cancellazione della norma dal decreto semplificazioni, circa 15mila partecipanti su 20mila (con maggiore propensione al Sud) hanno detto che vorrebbero mantenere l’attuale valenza della laurea “perché garantisce la qualità della prestazione resa dal professionista, che il cliente potrebbe non essere in grado di verificare da solo”. È troppo forte, evidentemente, il timore di vedersi privare di uno dei punti fermi del nostro sistema formativo e di accesso al mondo professionale.

L’anticipazione, fornita dal quotidiano più distribuito in Italia, il Corriere della Sera, non lascerebbe spazio a dubbi. Quella che nelle intenzioni del premier Monti e del ministro Profumo doveva essere un importante indicatore di tendenza della volontà popolare, per verificarne la disponibilità a rivedere, in chiave moderna, il valore e la spendibilità dei diplomi, ha in realtà prodotto un chiara richiesta di mantenimento del quadro normativo esistente: solo il 10% dei votanti ha espresso un giudizio negativo sull’attuale assetto. Quasi il 74% si è invece detto d’accordo nel mantenerlo. E il resto, circa il 15%, non ha preso posizione, preferendo cliccare sull’opzione “dipende dal tipo di professione”.

Del risultato che si sta concretizzando sul portale del Miur si compiaceranno in molti. Dai partiti politici d’opposizione, capitanati da sinistra e Idv, ai sindacati, con parole forti usate da Flc-Cgil e Anief, sino addirittura ad alcuni rettori.

Tra coloro che cantano vittoria figurano poi la maggior parte degli studenti. Qualche giorno fa hanno allestito un contro-questionario. E nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 aprile hanno lasciato diversi rotoli di carta igienica, con sopra la scritta ‘Titoli di studio o carta straccia?’, proprio davanti al ministero dell’ Istruzione. L’ azione dimostrativa ha voluto porre l’ attenzione su una intenzione del governo che secondo Diana Armento, coordinatrice di Link Roma sarebbe “una vera e propria truffa” poiché nella stessa formulazione delle domande poste on line si coglie “la volontà governativa di orientare le risposte verso l’ assenso a tale abolizione. Ciò è ancor più grave – continua la studentessa - se si tiene conto del fatto che si tratta di una tematica di fondamentale importanza; infatti l’ abolizione del valore legale del titolo di studio creerebbe una dualità all’ interno del sistema formativo con poli universitari eccellenti ma costosissimi e università scadenti ma economiche. Insomma il merito dello studente perderebbe valore in favore della reputazione dell’ Ateneo da cui proviene, rendendo le nostre lauree carta straccia”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Sconfitte a raffica per il ministero dell`Istruzione dopo il biennio di "buio" 2009-2011 in cui non è stato garantito il principio del merito nel reclutamento degli insegnanti, come conferma la declaratoria di incostituzionalità dell`articolo 1, comma 4 ter, del dl 134/09, aggiunto dalla legge di conversione 167/09 (sentenza 41/2011).

Due insegnanti ottengono che l`assunzione a tempo indeterminato sia retrodatata di due anni, appunto dal 2011 al 2009: il provvedimento dell`autorità le penalizzava sul piano retributivo e le obbligava ad aspettare più tempo per eventuali trasferimenti di sede. È quanto emerge dalla sentenza 2276/12, pubblicata dalla sezione lavoro del tribunale di Milano, che va nella direzione di tutelare la parità di trattamento fra tutti i docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento (circa 200 mila lavoratori), riportata dal sito Cassazione.net.

Ad aprire la vertenza è stato nel 2009, l`Anief, il sindacato degli educatori in formazione. Dopo che la controversia è passata dal Tar Lazio, ora è confermata la giurisdizione del giudice ordinario: si controverte infatti sugli atti di gestione della graduatoria utile per l`eventuale assunzione, che rientrano tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato e rispetto ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi. E soprattutto deve essere riconosciuto l`inserimento a "pettine" dei precari che avevano chiesto di essere trasferiti in un`altra provincia rispetto a quella di residenza e deve essere respinto il sistema delle "code".

Fonte: TMNews

L'Anief contesta "con forza" la posizione espressa oggi dal ministro della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, attraverso un'intervista rilasciata all'Avvenire, riguardo alla "volontà del governo di licenziare al più presto il personale del pubblico impiego e della scuola in stato di esubero e non ricollocabile". "Da tempo - sottolinea il sindacato autonomo - l'amministrazione pubblica ha inviato segnali in questa direzione e non possiamo certo meravigliarci se oggi è tornata ad esprimerli con maggiore forza".

"Il nostro sindacato - ha dichiarato il Presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - ha denunciato dal mese di novembre, subito dopo l'approvazione della Legge 183/11, l'ingiusto licenziamento dei lavoratori in esubero appartenenti all'amministrazione pubblica. Anche perché si tratta di provvedimenti punitivi che non corrispondono ad alcun intervento di riorganizzazione e rilancio dei servizi del comparto statale".

Il rappresentante dell'Anief spiega quindi perché il governo non è nuovo ad annunciare questo genere di intenzioni: "In effetti - ricorda Pacifico - purtroppo al di là delle mere e sterili lamentele degli altri sindacati, il ministro della Funzione Pubblica ha ricordato che la possibilità di licenziare nella pubblica amministrazione è stata prevista già con l'approvazione del decreto legislativo 165 del 2001: si tratta della norma, in vigore dunque da oltre 10 anni, che ha introdotto l'allontanamento del lavoratore per motivi esclusivamente finanziari, derivanti dalla soppressione degli enti esistenti fino a quel momento".

Ne consegue, continua il presidente dell'Anief, che "il problema non è garantire un posto di lavoro che non c'è più, ma investire e programmare una ripresa economica che a partire da una migliore distribuzione dei servizi da parte dello Stato possa rilanciare l'economia del nostro Paese e farlo uscire dalla recessione".

Secondo l'Anief anche dal confronto con gli altri Paesi il nostro esce clamorosamente perdente: "Non è un caso - ha concluso Marcello Pacifico - che la Germania, indiscusso volano dell'economia europea, anche negli ultimi anni contrassegnati dalla crisi economia internazionale abbia aumentato gli investimenti del Pil proprio nel comparto della pubblica amministrazione".

Fonte: TMNEws

L’equiparazione dei dipendenti pubblici ai privati arriverà in estate con la riforma del lavoro: la mobilità obbligatoria per due anni già esiste, ma d’ora in poi per chi non sarà ricollocato scatterà il licenziamento. Cgil e Uil pronti allo sciopero. Cisl: serve un confronto. Anief: pensi a rilanciare i servizi. Ugl: sono altri i veri sprechi.

Il personale in esubero e non ricollocabile entro due anni va licenziato: anche quello con un contratto nel pubblico impiego. A sostenerlo, attraverso un'intervista all'Avvenire pubblicata il 19 aprile, è stato il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi. La novità, rispetto a quanto sinora paventato dai più alti rappresentanti del Governo, come il ministro del Lavoro Elsa Fornero, è che il provvedimento non è solo un’idea da mettere sul tavolo: secondo Patroni Griffi il progetto è già molto avanti, tanto che nelle intenzioni del responsabile della Pa verrà incluso nella riforma del lavoro. E quindi la norma sarà approvata entro l'estate. Per farlo si attuerà una apposita delega per l'estensione delle norme anche al pubblico impiego.
"Spero che capiscano tutti anche i sindacati", ha detto il ministro della Pubblica amministrazione. "Devono accettare il meccanismo di mobilità obbligatoria per due anni che già esiste ma che ancora non è stato attuato. Noi andiamo avanti e in tempi brevi definiremo per ogni singola amministrazione, il quadro delle eccedenze del personale in servizio. E chiariremo – ha aggiunto Patroni Griffi  - che questo non significa che dopo 24 mesi quei lavoratori dovranno essere licenziati. Prima proveremo a vedere se quel personale, riqualificato, potrà essere utilizzato meglio in altri settori. Poi, solo se alla fine non si troveranno alternative l'unica strada rimarrà quella del licenziamento".
Dopo la premessa, la ‘stoccata’ finale: il governo intende concludere il progetto al più presto, già "entro l'estate, anche perché – ha concluso il Ministro - già nella seconda metà di maggio. Dopo gli incontri che ho in corso con i sindacati vorrei che si varasse il disegno di legge sulle nuove regole del pubblico impiego".

Le parole di Patroni Griffi ha destato immediate e vibranti reazioni tra tutti i sindacati che difendono i lavoratori della pubblica amministrazione. “Se il ministro Patroni Griffi intende imporre licenziamenti facili nelle pubbliche amministrazioni – ha detto Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil - sappia che siamo pronti allo sciopero generale, dopo la manifestazione del pubblico impiego di lunedì 23 a palazzo Vidoni”. Il leader dei lavoratori della conoscenza sostiene che non si possono cambiare le regole in corsa, perché devono essere sempre “condivise e rispettose dei contenuti dei contratti”. Per la Flc-Cgil, quindi, non si può parlare di licenziamenti se prima non si garantiscono “vere opportunità alternative in termini di mobilità”. E nel comparto dell’istruzione pubblica queste sicuramente non mancano: “dopo i tagli di organico nella scuola pubblica – conclude Pantaleo - riteniamo che esistono possibilità concrete di utilizzare il personale in esubero per migliorare la qualità dell'offerta formativa”.

Anche per la Cisl non è agitando lo spettro del licenziamento che si può far crescere il livello di produttività della pubblica amministrazione. Giovanni Faverin (Cisl Fp) e Francesco Scrima (Cisl Scuola) scrivono che “la licenziabilità dei dipendenti pubblici è un falso problema: le norme esistono e la disciplina anzi è più rigida che nel privato. Sulla mobilità, in particolare, non abbiamo bisogno di ‘capire’: nella scuola ogni anno gestiamo attraverso contratti la mobilità di migliaia di lavoratori, che ultimamente è stata soprattutto mobilità forzosa per far fronte a esuberi e soprannumero. Invece di alimentare inutili tensioni sui media, il ministro valorizzi il confronto con le parti sociali".

Secondo i sindacalisti della Cisl “il punto vero è pensare ad una riorganizzazione seria e complessiva della Pa e della scuola, all’interno della quale rilanciare le priorità: qualità dei servizi, sostenibilità, produttività, certificazione delle competenze”.

Un piano alternativo a quello di Patroni Griffi è stato reso pubblico dal segretario confederale Cisl, Gianni Baratta. "Si riapra, contestualmente, lo spazio contrattuale compresso dalle vigenti leggi; si accetti il confronto per la spendig reviu stabilendo per ogni amministrazione la destinazione dei risparmi degli investimenti e la remunerazione del lavoro; si decidano iniziative forti sull'occupazione riguardanti anche il precariato e sulla formazione; si sblocchi la previdenza integrativa dopo la 'paccata' subita sulla riforma delle pensioni".

Paolo Pirani, segretario confederale Uil, chiede a questo punto “se ci sia o meno l`intenzione di sottoscrivere con il sindacato un accordo sul lavoro pubblico. Contro la 'svalorizzazione' del lavoro pubblico e in mancanza di un progetto di rilancio della qualità della Pubblica amministrazione a favore dei cittadini - ha aggiunto - la Uil ha già realizzato uno sciopero generale. Continueremo a contrastare, con determinazione, ogni politica che facesse gravare sui lavoratori pubblici i costi delle inefficienze e degli sprechi generati da scelte politiche dissennate".

Anche per l’Anief il ministro Patroni Griffi sbaglia ad annunciare i licenziamenti dei lavoratori pubblici. “Il problema – dice il presidente Marcello Pacifico - non è garantire un posto di lavoro che non c’è più, ma investire e programmare una ripresa economica che a partire da una migliore distribuzione dei servizi da parte dello Stato possa rilanciare l’economia del nostro Paese e farlo uscire dalla recessione. Noi abbiamo denunciato dal mese di novembre, subito dopo l’approvazione della Legge 183/11, l’ingiusto licenziamento dei lavoratori in esubero appartenenti all’amministrazione pubblica. Anche perché si tratta di provvedimenti punitivi che non corrispondono ad alcun intervento di riorganizzazione e rilancio dei servizi del comparto statale”.

A non accettare “mai che si ricorra ai licenziamenti come strumento per ridurre le spese dalla pubblica amministrazione", sono anche i segretari dell`Ugl Intesa Funzione Pubblica, Paola Saraceni e Francesco Prudenzano: "bisogna sì pensare ad una riorganizzazione della pubblica amministrazione - spiegano - ma abbattendo i veri sprechi, intervenendo duramente su esternalizzazioni e consulenze e valorizzando i dipendenti pubblici. Una riorganizzazione - concludono - è necessaria, ma non sulla pelle dei lavoratori".

Fonte: Tecnica della Scuola

Con i tagli del precedente governo sono tanti rimasti senza cattedra che fanno i "tappabuchi". E secondo l'Anief ora potrebbero rimanere senza posto. Il sottosegretario Rossi Doria: "Sono stati e verranno utilizzati".

Dopo i tagli del governo Berlusconi, 10 mila insegnanti rischiano il licenziamento. A denunciarlo è l'Anief, l'Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione. Ma secondo il ministero il pericolo che ciò possa avvenire è remoto. A sollevare il problema una interpellanza parlamentare della deputata dell'Italia dei Valori, Anita Di Giuseppe. "Quello dei docenti sovrannumerari della scuola italiana è un problema crescente, di cui il governo deve farsi necessariamente carico", si legge in una nota dell'Anief.

Attualmente, sono quasi 11 mila i docenti di ruolo rimasti senza cattedra, che vengono utilizzati dal ministero per fare i tappabuchi. La fetta più grossa di docenti in esubero è al superiore, dove il taglio delle ore di lezione operato dalla riforma Gelmini è stato più consistente e proseguirà ancora per tre anni. "Per questi insegnanti  -  spiega il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico  -  a seguito dell'ulteriore riduzione di offerta formativa settimanale nelle scuole superiori, il pericolo è reale e prossimo al compimento".

La legge di stabilità approvata prima delle dimissioni del governo Berlusconi conteneva una norma che per i docenti in esubero prevede la mobilità "forzosa" presso altre amministrazioni pubbliche. "E se ciò non sarà possibile  -  continua Pacifico  -  si procederà alla cassa integrazione per due anni seguita dal licenziamento, nel caso in cui tale personale non possa essere ricollocato. Bisogna evitare che ciò avvenga". Ma secondo il sottosegretario Marco Rossi Doria, che ha risposto all'interpellanza di pochi giorni fa, il governo a cuore la sorte dei docenti in esubero.  

"Nell'anno scolastico corrente  -  spiega Rossi Doria  -  l'esubero si è determinato in 10.706 unità docenti, in buona parte concentrato nella scuola secondaria di secondo grado, ove, accanto al riordino dei cicli, si è verificata la maggiore diminuzione della popolazione scolastica. L'esubero, tuttavia  -  continua il sottosegretario all'Istruzione  -  viene determinato e conteggiato in organico di diritto, e viene poi riassorbito quasi completamente in organico di fatto". In altre parole, i docenti in esubero vengono utilizzati "su posti derivanti dall'unificazione degli spezzoni di orario disponibili utilizzabili solo in organico di fatto e su posti di sostegno".  

Ma di eventuali corsi di riconversione professionale  -  che potrebbero abilitare all'insegnamento in altre discipline docenti che hanno ormai maturato anni di servizio, facendoli uscire dal tunnel della precarietà  -  non si discute. Qualche settimana fa, si è parlato di riconvertire parte dei docenti in esubero su posti di sostegno. Ma viale Trastevere smentisce. "Con riferimento ai corsi di riconversione  -  risponde Rossi Doria alla Di Giuseppe  -  che nessun corso di riconversione professionale sul sostegno è partito, né, per ora, è stato pianificato". Ma Idv e Anief chiedono al governo tecnico di "non lavarsene le mani".

Fonte: Repubblica

Il concetto espresso dal tribunale è la salvaguardia della parità di trattamento tra tutti gli oltre 200mila presenti nelle graduatorie. Il sindacato di Pacifico chiede ora un’azione conciliativa dell’amministrazione per risolvere subito il contenzioso. Coinvolti migliaia di docenti inseriti nelle GaE.

Ancora una sentenza che rischia di mettere a repentaglio il contenuto delle già non floride casse del ministero dell’Istruzione. Stavolta ad emetterla è stato il tribunale del lavoro di Milano, che chiude nel merito la vertenza iniziata dai ricorrenti dell’Anief nel 2009 al Tar Lazio, confermando l’inserimento a “pettine” dei precari che avevano chiesto di essere trasferiti su altra provincia e respingendo, di conseguenza, il sistema delle “code” introdotto nel 2007 dall’ex ministro Giuseppe Fioroni.

Il concetto che i giudici del lavoro hanno ribadito è stato quello di tutelare la parità di trattamento tra tutti gli oltre 200mila presenti nelle graduatorie ad esaurimento: una posizione, del resto, già espressa dai giudici costituzionali, attraverso la sentenza n. 41/2011.

La sentenza di Milano, però, appare di maggior importanza: potrebbe infatti ora orientare le tante altre che migliaia di precari della scuola attendono con ansia. Sia per puntare all’assunzione, sia per percepire indennizzi tutt’altro che figurativi.

Canta vittoria, naturalmente, Marcello Pacifico, il presidente nazionale dell’Anief. “Finalmente – dice il leader del sindacato degli educatori in formazione - si chiude una pagina giuridica già vinta diversi anni orsono: dopo la recente conferma dei provvedimenti cautelari e commissariali avvenuta in quasi tutte le corti territoriali, negli scorsi mesi, in tema di inserimento a pettine dei ricorrenti per via della riassunzione dei processi avviati tempo addietro, vi è la prima sentenza di merito, emanata in tempi record e tanto attesa dal Miur da fargli accantonare 1.500 circa posti riservati alle immissioni in ruolo nella scorsa estate, su richiesta di sindacalisti e politici”.

L’Anief aveva ribadito questa posizione, anche di recente, al sottosegretario all’Istruzione, Elena Ugolini, durante un recente incontro informale: “di fronte a una volontà chiara del legislatore, ad articoli tanto espliciti della Costituzione, a una giurisprudenza così evidente – ha sottolineato il presidente Anief - era e rimane auspicabile un’azione conciliativa dell’amministrazione tesa a risolvere subito il contenzioso”. Cosa accadrà ora? Pacifico si rivolge al capo dipartimento per l’istruzione, Lucrezia Stellacci, chiedendogli “di prendere atto della decisione dei giudici e di evitare nuove condanne per risarcire spese legali o presunti danni che pesano sempre, purtroppo, nelle sole tasche dei cittadini”. Ora la “palla” passa al capo dipartimento. Che assieme al ministro Profumo dovrà decidere se fermare tutto o andare avanti con le sentenze.

Fonte: Tecnica della Scuola

L'Anief lancia il grido d'allarme per un possibile collocamento forzoso presso altre Amministrazioni.

In risposta ad una interrogazione parlamentare dell’IdV che chiedeva al Miur un impegno per i docenti statali in soprannumero (oltre 10 mila rimasti senza cattedra), il sottosegretario all’Istruzione, Marco Rossi Doria, ha usato parole tranquillizzanti, assicurando che in organico di fatto saranno quasi tutti sistemati e che non sarà necessaria una loro riconversione per altri ruoli.

Sembra essere di parere nettamente contrario l’Anief che in suo comunicato, dopo aver ricordato che quello dei docenti in esubero è un problema di cui il Governo deve farsi necessariamente carico, ha preso posizione in merito dichiarando che per questi insegnanti di ruolo senza posto il pericolo è reale perché “In base a quanto introdotto con l’ultimo provvedimento del Governo Berlusconi, attraverso la Legge 183 del 12 novembre 2011, già dal prossimo mese di settembre per il personale che andrà in esubero scatterà la ricollocazione forzata in altro ramo della pubblica amministrazione. E se ciò non sarà possibile, si procederà alla cassa-integrazione per due anni. Seguita dal licenziamento, nel caso in cui non possa essere ricollocato”.

Se questa previsione normativa dovesse valere anche per gli insegnanti, come sostiene l’Anief, il pericolo non sarebbe da poco, visto che, a causa della contrazione dei pensionamenti, il riassorbimento dei docenti in soprannumero potrebbe essere molto lungo.

Per questo il Presidente dell’Anief si è rivolto al Governo: “bisogna assolutamente evitare che migliaia di docenti della scuola pubblica si trovino, anche dopo decenni di onorato servizio e senza alcuna responsabilità, ad abbandonare in modo coatto il loro mestiere di professionisti della formazione delle nuove generazioni. O, peggio ancora, che vengano deprivati di qualsiasi occupazione. Non c’è più tempo da perdere: servono provvedimenti di massima urgenza!".

Fonte: Tuttoscuola

Il sindacato Anief ha commentato positivamente
 le dichiarazioni del ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo,
 a proposito della volontà del Governo di "ripartire dalla scuola 
e dalla ricerca" e di evitare "altri tagli" al settore 
scolastico italiano, letteralmente martoriato negli ultimi tre
 anni e mezzo da chi lo ha preceduto.

"Cosa altro è possibile
 eliminare, del resto - ha detto il presidente dell'Anief, Marcello 
Pacifico - dopo la cancellazione di oltre 100mila posti di lavoro 
tra insegnanti e personale Ata, la riduzione di 8 miliardi di
 finanziamenti, l'accorpamento di migliaia di scuole e 
l'introduzione di una serie di norme che introducono per la prima 
volta la possibilità per il personale in esubero di essere
 collocato in un altro ruolo, in un'altra regione, cassintegrato ed 
in casi estremi addirittura licenziato?".

La decisione di dire
 basta allo stillicidio di risorse destinate alla formazione delle 
nuove generazioni rappresenta comunque un annuncio da non 
trascurare: "È un importante segnale, perché in controtendenza 
rispetto alla pessima politica - ha aggiunto Pacifico - che ha 
caratterizzato gli ultimi anni, contrassegnati da motivazioni
 puramente economico-ideologiche e soggiacenti a logiche più
 aziendalistiche che attinenti alla conduzione di un settore
 decisivo per il futuro del paese quale è l'istruzione dei suoi 
cittadini".

Lo stop ai tagli, tuttavia, è solo la prima
 operazione da svolgere. "Ora il Ministro confermi questa sua 
intenzione di cambiare strategia, di puntare veramente
 sull'istruzione, adottando anche provvedimenti e norme che 
permettano alla scuola e ai suoi lavoratori di avvicinarsi ai
 parametri formativi di un paese moderno", ha concluso il
 rappresentante del sindacato autonomo.

Fonte: Italpress

Per i coordinamenti c’è un "disegno" contro i supplenti: in pochi mesi la riforma delle pensioni, l’annuncio dei concorsi che riserveranno parte dei ruoli agli ultimi arrivati, l'apertura degli enti privati negli organi collegiali, la chiamata diretta in Lombardia. Il 12 aprile i sindacati ne parleranno al Miur. Il 24 manifestazione a Milano.

Il governo “tecnico” non avrebbe minimamente preso in considerazione le necessità e i problemi dei precari della scuola. Anzi, le iniziative legislative che hanno preso corpo nelle ultime settimane stanno ulteriormente danneggiando un corposo numero di lavoratori che vede sempre più complicarsi il cammino verso l’assunzione. A giungere a queste severe conclusioni sono un gruppo di coordinamenti e movimenti di precari, che per sabato 21 aprile hanno organizzato una manifestazione nazionale di protesta a Milano. I precari puntano il dito verso le iniziative per introdurre la scelta dei docenti direttamente dalle scuole, in sostituzione del sistema di reclutamento nazionale basato sulle graduatorie: “l’unico canale – sostengono - trasparente e meritocratico”. Respingono “con sdegno” l’inasprimento delle norme per andare in pensione, la tendenza ad “aziendalizzare la scuola statale e asservirla ai volubili interessi dei privati”. E non vedono di buon occhio l’ipotesi di un nuovo maxi concorso per diventare docenti, almeno “finché tutti i lavoratori precari non verranno assunti”.

Secondo i rappresentanti dei precari quanto sta accadendo è “assolutamente surreale, illegale e inaccettabile”. Anche se è “cambiato il governo, la situazione è rimasta immutata: il ministro Profumo, ben lontano dal proporre un necessario rifinanziamento e il ritiro dei tagli, si è posto sulla stessa linea della Gelmini e procede nella sua opera di distruzione della scuola statale senza alcuna vera opposizione”.

Nel documento di protesta, i coordinamenti sostengono che “il neoministro intende infatti mettere in discussione perfino i diritti acquisiti dai precari presenti nelle graduatorie ad esaurimento e quelli di quanti lavorano nella scuola da anni. Inoltre,col ‘decreto semplificazioni’, è stata potenziata l’autonomia scolastica attraverso la creazione di reti territoriali di scuole e di un ‘organico dell'autonomia’”.

I precari ritengono che dietro a questi provvedimenti vi sia un “disegno” strategico, teso a danneggiarli: si tratta di iniziative “perfettamente in sintonia con il PdL 953 (Aprea), da poco approvato dalla Commissione Cultura della Camera una legge che intende aprire le porte della scuola statale ai privati attraverso il ‘Consiglio dell'autonomia’ e riformare gli organi collegiali, che di fatto saranno neutralizzati e ‘commissariati’ da rappresentanti di enti e fondazioni private, che finanzieranno direttamente le scuole - dotate di statuti autonomi – imponendo indirizzi, stravolgendo programmi ed erogando risorse in modo funzionale ai loro interessi”.

Poi possano al contrattacco riguardo l'art. 8 della Legge Lombardia “Misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione”, definito “eversivo e devastante”. Se dovesse passare questo progetto, ritengono “inevitabile l’incancrenirsi del fenomeno del clientelismo e della sua peggiore variante, il nepotismo, di cui il governatore lombardo e il movimento di cui è uno dei massimi esponenti, come ben sa qualsiasi cittadino, sono modelli paradigmatici”.

Per i coordinamenti dei precari la situazione è ad alto rischio. Tanto che si rivolgono al presidente della Repubblica, l’unico in grado di “intervenire tempestivamente per bloccare la destrutturazione della Scuola e scongiurare, così, lo smembramento della Nazione, che la Scuola ha culturalmente e moralmente unificato, garantendo la mobilità sociale, promuovendo e preservando l’esercizio consapevole dei diritti democratici e sancendo l’affermazione del Paese nel contesto europeo”.

Ai appellano, infine, a tutti i sindacati, perché utilizzino ogni strumento “a loro disposizione, compreso lo sciopero, per opporsi al PdL 953-Aprea, al PdL 146 della Giunta Formigoni e a qualsiasi tentativo di attuare la chiamata diretta e la regionalizzazione dell'istruzione”. I quali, proprio su quest’ultimo punto, hanno già detto di essere dalla loro parte. Secondo il segretario generale della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo, quello approvato dal consiglio regionale lombardo è un progetto “incostituzionale”, che “mette in discussione la libertà di insegnamento, destruttura il sistema nazionale di Istruzione”. Il sindacalista chiede quindi al ministro Profumo “un formale disconoscimento dell’operato della regione Lombardia”. E ribadirà questa posizione il 12 aprile, nel corso del tavolo convocato dal Miur per discutere proprio dei temi del reclutamento. E intanto la Cgil ha anche proclamato una serie di scioperi a livello locale, che interesseranno anche la scuola.

A prendere le distanze dal modello di assunzioni che elude l’utilizzo delle GaE è anche il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, che annovera un alto numero di precari tra i propri aderenti: in Lombardia stanno cercando di approvare “una norma del tutto incostituzionale perché l’ordinario svolgimento delle attività didattiche deve essere svolto da insegnanti assunti obbligatoriamente dallo Stato. Il Ministro Profumo deve bloccarla. In caso contrario – avverte il rappresentante dell’Anief - la impugneremo in Tribunale”.

Sullo sfondo c’è poi l’ipotesi che la “stretta” sugli ammortizzatori sociali prevista in caso di licenziamento, contenuta nel ddl riforma del mercato del lavoro e che nei prossimi giorni verrà depositato in Parlamento per l'iter di approvazione, possa essere estesa al comparto statale. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, avrebbe già espresso questa intenzione.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il presidente dei Cip, Elena La Gioia: non è colpa nostra se nel frattempo ci siamo invecchiati. Intanto il ‘Comitato tutela precari legge 296’ chiede lumi posti sulle assunzioni “congelate” in estate: serve un documento legale, anche per evitare altri contenziosi. L’Anief invece chiede immissioni in ruolo su tutti i posti senza titolare.

Era inevitabile: le dichiarazioni rilasciate alcuni giorni fa dal ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, a proposito della possibilità di assumere in estate 10mila precari (pari a meno della metà del turn over, visto che i pensionamenti saranno pari ad oltre 27mila dipendenti!) e soprattutto di creare “un patto tra generazioni” perchè “i giovani non possono andare sempre in coda”, hanno provocato la reazione piccata dei precari storici. Stiamo parlando di decine di migliaia di supplenti, quasi sempre pluriabilitati e con una lunga serie di titoli (master, perfezionamenti, aggiornamenti professionali, responsabili di progetti e via dicendo) accumulati nel tempo per migliorarsi e non rimanere indietro in graduatoria.

A farsi portavoce della contrarietà all’idea del ministro, che si dovrebbe anche tradurre attraverso un mini concorso riservato all’accesso nelle graduatorie esaurite, è stata Elena La Gioia, da qualche mese presidente dell’ormai storico Cip, il ‘Comitato insegnanti precari’: “noi docenti precari ‘storici’ – ha detto La Gioia - è tutta la carriera che stiamo in coda, e se durante questa nostra lunga attesa siamo invecchiati non è colpa nostra, eravamo anche noi giovani quando abbiamo cominciato a insegnare nelle scuole”. Ne consegue che “il patto tra generazioni proposto dal ministro in realtà si tradurrà in un conflitto di interessi, perchè molti di noi hanno già figli giovani, anche laureati in attesa di occupazione”.

Secondo la rappresentate dei Cip, anche lei precaria di lunga data, siamo di fronte ad “un paradosso tutto italiano, che ancora una volta si tenta di risolvere con provvedimenti tampone o con dichiarazioni di intenti che tali resteranno: in realtà –teme La Gioia - i concorsi per favorire l'ingresso dei giovani nel mondo della scuola prospettati dal Ministro vedranno pochi posti e tantissimi concorrenti che come da requisito per partecipare dovranno essere già abilitati quindi esperti, e che i giovani appena abilitati dovranno tentare di scavalcare” Il rischio è cha si innescherà“l’ennesima guerra tra poveri”. Altro che patto generazionale, la prospettiva è l’idea del ministro Profumo condurrà verso una “lotta tra generazioni”.

Intanto, alcuni giorni fa, il 2 aprile, una rappresentanza del ‘Comitato tutela docenti precari legge 296’ ha incontrato alcuni funzionari del Miur per fare chiarezza sull’esito di una parte dei posti “congelati” in occasione dell’ultima tornata di assunzione, in attesa del giudizio definitivo dei giudici sulla questione “pettine-code”: si tratta di migliaia di posti “che hanno visto – spiega una nota del Comitato - un cambio di rotta da parte dell’Anief, la quale non si sta limitando a richiedere il ruolo per i ricorrenti allora individuati dal Commissario ad Acta, ma ha inondato di circa 10.600 ricorsi i giudici del lavoro di diverse province mettendo sotto ricatto i 30.000 ruoli dati dalle graduatorie ad esaurimento a partire dall’agosto 2009 ed ipotecando i risicati numeri dei prossimi”.

Come portavoce del disagio dei diretti contro-interessati, i precari hanno chiesto che in tempi brevi il Miur realizzi un “documento legale da inviare ai soggetti interessati. In questi tempi di forte recessione economica il Ministero – sottolineano dal ‘Comitato tutela docenti precari legge 296’ - non può continuare ad essere soccombente laddove potrebbe invece vincere e dirottare i risparmi ottenuti proprio sulle assunzioni di nuovi insegnanti mettendo fine ad innumerevoli e poco plausibili contenziosi che paiono sempre più l’unica forma di diritto scolastico”.

Sulla questione assunzioni è intervenuta però anche la stessa Anief, che attraverso il suo presidente, Marcello Pacifico, ha chiesto che il ministro Profumorispetti “le regole che l’Europa impone in merito alla lotta contro la precarietà e l’abuso dei contratti a termine. Sempre rispettando anche chi da diversi anni, anche più di 20 resi alle dipendenze della scuola pubblica, aspetta un posto che è suo di diritto”. Senza entrare nel merito della diatriba, Pacifico ha inoltre chiesto “di stabilizzare da subito i 50.000 precari della scuola, tra docenti e personale Ata, che quest’anno sono stati assegnati su posti vacanti e disponibili. Supplenti che poi sono stati costretti a perdersi tra veti, desideri e ricatti di chi vuole approfittare dell’ennesima procedura concorsuale per assicurarsi un voto o una tessera”.

Fonte: Tecnica della Scuola

La proposta di legge della Regione Lombardia che prevede la chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole, sia pure limitatamente alle supplenze e a titolo sperimentale, trova la netta contrarietà dei sindacati.

Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola, parla in una nota di “intervento che invade le competenze dello Stato in materia di reclutamento prefigurando una inaccettabile ‘balcanizzazione’  del sistema scolastico”.

Durissimo anche Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, che chiede al ministro Profumo di “esprimere immediatamente un parere negativo” sulla legge regionale e parla di “deriva secessionista della Giunta Lombarda in materia d'istruzione”.

L'Anief (Associazione professionale sindacale) annuncia che anche in questo caso farà ricorso in Tribunale per opporsi all'art. 8 della legge regionale, palesemente contrastante con la Costituzione. "La giunta lombarda, sostiene in una nota, si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici."

Di “segnale molto positivo per tutto il mondo della scuola” parla invece Roberto Gontero, neo presidente di AGeSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche), a cui giudizio “chi si oppone non lo fa per ragioni didattiche o pedagogiche, ma solo perché teme che possano venir meno quei superati meccanismi burocratici che regolano le assunzioni dei docenti in Italia, opponendosi a ogni volontà di reale cambiamento”.

Assolutamente contrari alla chiamata diretta sono i precari, che annunciano una manifestazione per il 21 aprile prossimo. Un comunicato del coordinamento 3 ottobre di Milano, una delle loro organizzazioni, sostiene senza mezzi termini che  “questa sperimentazione lombarda limiterà fortemente la libertà d'insegnamento dei docenti asservendoli ai dirigenti scolastici dei singoli istituti che avrebbero diritto di vita e di morte sui docenti neoassunti sempre più precarizzati e aumenterà il rischio di clientelismo e nepotismo nella selezione dei docenti”.

Fonte: Tuttoscuola

L'articolo 8 prevede la possibilità dell'assunzione diretta, da parte della singola scuola autonoma, del personale docente inserito in un albo regionale in cui sono inclusi obbligatoriamente solo i lavoratori che aderiscono al progetto di sviluppo regionale in materia di istruzione e formazione.

Nonostante nella giornata di ieri, 3 aprile, la maggioranza alla Regione Lombardia, Pdl e Lega, abbiano deciso di rinviare l'approvazione del Progetto di Legge n. 146  "Misure per la Crescita e l'Occupazione", contenente il contestatissimo l'art. 8, per mancanza del numero legale (dovuto con ogni probabilità alla diretta Tv della partita Milan-Barcellona), nella giornata di oggi, 4 aprile,  la legge che introduce in via sperimentale il sistema della chiamata diretta da parte delle scuole per il reclutamento dei docenti è regolarmente passata.

“Quell'articolo è una follia istituzionale da mettere in capo tutta alle scelte ideologiche del Presidente Formigoni e dell'Assessore Aprea”, così si esprime il segretario nazionale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, che invoca pure l’interevento del ministro Profumo con un parere del tutto negativo perché permette il reclutamento dei docenti da parte delle singole scuole.

Ma grida pure alla incostituzionalità della legge “perché il reclutamento è materia delegata alla legislazione nazionale, col reale rischio di discriminazioni e messa in discussione della libertà d'insegnamento. E aggiunge: “Diffidiamo il Ministero a stipulare qualsiasi intesa con la Regione Lombardia per dare attuazione a quella legge. Siamo pronti ad intraprendere tutte le iniziative di mobilitazione e valuteremo come sollevare il profilo di costituzionalità."

Sulla stessa lunghezza d’onda anche  il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico: “il ministro Profumo deve bloccare la norma. In caso contrario la impugneremo in Tribunale. La giunta lombarda si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici”.

E poi l’Anief ricorda: “Neanche in Sicilia, Regione a statuto speciale, senza le necessarie modifiche legislative nazionali e regionali si può procedere alla gestione diretta del personale scolastico. Fanno eccezione Trento e Bolzano, ma si tratta di province autonome”.

Intanto la maggioranza che guida la Regione Lombardia (Pdl e Lega Nord) ha votato compatta, con 41 voti favorevoli, mentre, come era prevedibile, contrarie le opposizioni (Pd, Idv, Sel e Udc) appoggiate da alcune associazioni di insegnanti.

Sono state tuttavia  accolte alcune modifiche proposte dal Pd, come la durata triennale della sperimentazione e l'obbligo di una relazione semestrale alla commissione consiliare competente.

Il testo dell'articolo 8 è il seguente: "Al fine di realizzare l'incrocio diretto tra domanda delle istituzioni scolastiche autonome e l'offerta professionale dei docenti  le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale. E' ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali fino ad esaurimento''.

Per quanto riguarda la maggioranza, il relatore del provvedimento, Mario Sala (Pdl), ha spiegato: ''L'articolo 8 del progetto di legge apre alla sperimentazione di una vera autonomia scolastica attraverso una possibilita' per le scuole di indire concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per selezionare il personale docente necessario a svolgere le attivita' scolastiche annuali favorendo la continuita' didattica. Ci siamo battuti in aula  affinche' il reclutamento diretto degli insegnanti da parte delle scuole statali lombarde fosse finalmente possibile''.

Fonte: Tecnica della Scuola

Sta determinando forti proteste l'approvazione avvenuta oggi dalla regione Lombardia dell'articolo 8 della legge 'misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione', in base al quale "le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale". Secondo i sindacati la norma sarebbe palesemente incostituzionale.

Per Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, "il Ministro Profumo deve immediatamente esprimere un parere negativo sulla legge regionale approvata in Lombardia" perche' il reclutamento scolastico "e' materia delegata alla legislazione nazionale".

Anche secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, "il ministro Profumo deve bloccare la norma. In caso contrario la impugneremo in Tribunale". Secondo il leader del sindacato, specializzato nella normativa scolastica, "la giunta lombarda si sta assumendo una responsabilita' enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovra' spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici". "La Regione Lombardia ed il Presidente Roberto Formigoni dovrebbero sapere - continua Pacifico - che il reclutamento del comparto Scuola e' di pertinenza esclusiva dello Stato: l'ordinario svolgimento delle attivita' didattiche deve quindi essere svolto da docenti assunti obbligatoriamente dallo Stato e non dalle singole Regioni". Il presidente dell'Anief ricorda che "neanche in Sicilia, Regione a statuto speciale, senza le necessarie modifiche legislative nazionali e regionali si puo' procedere alla gestione diretta del personale scolastico. Fanno eccezione Trento e Bolzano, ma si tratta di province autonome".

Fonte: Italpress

Sta determinando forti proteste l'approvazione avvenuta oggi da parte della Regione Lombardia dell'articolo 8 della legge 'misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione', in base al quale "le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale".

Secondo i sindacati la norma sarebbe palesemente incostituzionale. Per il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, "il ministro Profumo deve bloccare la norma. In caso contrario la impugneremo in Tribunale".

Secondo il leader del sindacato, specializzato nella normativa scolastica, "la giunta lombarda si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici".

"La Regione Lombardia ed il presidente Roberto Formigoni dovrebbero sapere - continua Pacifico - che il reclutamento del comparto Scuola è di pertinenza esclusiva dello Stato: l'ordinario svolgimento delle attività didattiche deve quindi essere svolto da docenti assunti obbligatoriamente dallo Stato e non dalle singole Regioni". Il presidente dell'Anief ricorda che "neanche in Sicilia, Regione a statuto speciale, senza le necessarie modifiche legislative nazionali e regionali si può procedere alla gestione diretta del personale scolastico. Fanno eccezione Trento e Bolzano, ma si tratta di province autonome. E la Lombardia non lo è".

Fonte: TMNews

Il parlamentare siciliano ha chiesto cosa sta facendo il responsabile del Miur per la costituzione della quarta fascia aggiuntiva. E a che punto è l'inserimento degli abilitandi. L’Anief intanto prepara i ricorsi per aggiudicarsi il prima possibile l’inserimento a “pettine”.

Che fine ha fatto il compromesso raggiunto in Senato per garantire l’introduzione degli abilitati all’insegnamento nell’ultimo triennio all’interno delle graduatorie ad esaurimento, seppure in una quarta fascia aggiuntiva? A chiederlo al ministro Profumo, attraverso un’interrogazione, è stato il 3 aprile l’on. Tonino Russo (Pd), componente della commissione cultura alla Camera, tra i promotori, alla Camera, dell’emendamento che sembrava aprire del tutto le porte delle GaE agli ultimi abilitati.

Russo ha chiesto di sapere “a quale punto è la definizione del decreto per regolamentare l’inserimento in fascia aggiuntiva nelle graduatorie ad esaurimento, entro l'anno 2012-2013, dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione essendo stati iscritti ai corsi universitari abilitanti negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011, presso le Facoltà di Scienze della Formazione, le Università, le Accademie a i Conservatori”.

Il deputato del Pd coglie anche l’occasione per ricordare al Ministro quali effetti ha avuto l’impegno assunto dai parlamentari sullo “scioglimento della riserva degli abilitati all'insegnamento del semestre aggiuntivo del IX corso Siss nonché degli insegnanti che, pur abilitati, non hanno rinnovato domanda di inserimento all'atto dell'aggiornamento”. Per Russo “è bene che il Governo cominci a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per chiudere questa partita”.

Sulla questione c’è poi sempre l’impegno del Ministro, a seguito dell’ordine del giorno accolto il 23 febbraio dalla Camera, presentato dallo stesso Russo assieme all’on. Pierfelice Zazzera (Idv), di sanare tutto in corrispondenza del rinnovo delle GaE, quindi nell’a.s. 2014-15.

L’esito della travagliata norma non sembra aver accontentato i diretti interessati. Gli abilitati dal 2009 perché speravano in un inserimento a pettine immediato. E anche gli abilitandi perché chiedevano l’immissione diretta, seppure con riserva. A rappresentare il loro stato d’animo è stata l’Anief, che annuncia ricorsi: l’associazione sindacale di Pacifico “pur ritenendosi soddisfatta per la riapertura delle graduatorie, senza condividere affatto la soluzione dell’inserimento in una fascia aggiuntiva incostituzionale, si riserva dopo la pubblicazione del suddetto decreto di fornire indicazioni a tutti i docenti che avevano ricorso o attendevano le istruzioni operative per ricorrere avverso l’esclusione dall’inserimento nelle graduatorie (ex 7.1-7.3bis et alii)”. Per il sindacato autonomo spiega anche che “che nei nuovi ricorsi al giudice del lavoro a differenza del contenzioso amministrativo, non è possibile in corso d’opera introdurre motivi aggiunti di impugnazione”.

L’auspicio dell’Anief è “che, nell’emanazione del decreto secondo l’impegno assunto dal Governo in Parlamento, si tenga conto del necessario inserimento di chiunque è oggi in possesso di un’abilitazione, sia in Italia che all’estero, per evitare una nuova stagione di ricorsi, cosi come fu previsto nel 2009 per alcune categorie”. Insomma, la guerra legale tra Miur e un numero crescente di precari, che ha contraddistinto gli ultimi anni, non sembra destinata verso una tregua.

Fonte: Tecnica della Scuola

Viale Trastevere ha risposto alle diffide dei lavoratori sostenendo che il passaggio per tutti al Tfs non ha cambiato nulla. Dopo la Gilda, stavolta a replicare è l’Anief: il giudice del lavoro ci darà ragione.

La disputa sulla laicità delle trattenuta del 2,5% per l’accantonamento dell’indennità di buonuscita, operata sugli stipendi dei dipendenti della scuola anche dopo il 1° gennaio 2011, sta determinando un altro braccio di ferro tra ministero dell’Istruzione e sindacati. Secondo i rappresentanti dei lavoratori, con il passaggio per tutti al Tfs (trattamento di fine servizio) il regime cui fare riferimento diventa quello dei lavoratori privati. Cui non è assegnata alcuna percentuale per la cosiddetta liquidazione di fine rapporto.

Nei giorni scorsi la Gilda degli insegnanti aveva invitato i docenti ad inviare al Miur degli atti di diffida a seguito della volontà di quest’ultimo di mantenere in vita la trattenuta a favore del Tfr. Fondamentale, sempre per il sindacato guidato da Rino Di Meglio, sarebbero gli “esiti della decisione della Corte Costituzionale”, cui si è rivolto il Tar della Calabria per “dirimere la questione”. L’invito è stato rivolto anche da altri sindacati, ma soprattutto raccolto da molti dipendenti. 
Tanto che il 23 marzo viale Trastevere ha emesso una nota attraverso cui ha tenuto a precisare “che a proposto delle richieste di diffida finalizzate ad ottenere la “cessazione del prelievo della ritenuta del 2,5% sull’80% della retribuzione”, il MEF Dipartimento dell’Amministrazione Generale del Personale e dei Servizi, con nota del 13 febbraio 2012, ha chiarito che le modalità di calcolo del TFS non hanno subito, a decorrere dal 1° gennaio 2011, alcuna variazione”. A sostegno di questa teoria riporta l’art. 1 comma 3 del DPCM 20 dicembre 1999, che contiene le motivazioni tecniche per cui occorre “assicurare l’invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti”.

La precisazione non ha però scalfito le certezze dei sindacati. Nelle ultime ore l’Anief, in particolare, ha detto di rimanere “convinta” del fatto che “alla luce delle norme vigenti e delle sentenze che i Tar stanno emettendo in merito”, da 15 mesi “viene sottratta al lavoratore pubblico parte della stessa retribuzione, a differenza del lavoratore privato, e quindi diminuita contestualmente la quantità di TFR che lo stesso lavoratore andrà maturando nel tempo”. Violando palesemente in tal modo, sempre secondo il sindacato, l’articolo 3 e dell’articolo 36 della Costituzione, che non prevede applicazioni disomogenee tra lavoratori pubblici e privati. Esaurita la “fase” delle diffide, l’organizzazione guidata da Marcello Pacifico ha già annunciato che “si rivolgerà al giudice del lavoro”. 
L’obiettivo è arrivare a replicare nella scuola la sentenza favorevole che il Tar della Calabria, con la n. 53/2012, ha emesso a proposito di una situazione analoga a favore dei magistrati.

Fonte: Tecnica della Scuola

Il 27 marzo a Milano davanti al Pirellone protesta dell’Unicobas contro un progetto di legge reputato distruttivo, anti democratico e collegato a doppio ‘filo e nodo scorsoio’ con la Legge regionale Lombardia di Formigoni. Critica pure l’Anief: ignora le rappresentanze dei lavoratori e incentiva la presenza dell’utenza a spese dei docenti.

Non sono rimasti soltanto l’Idv e la Flc-Cgil ad esprimere dubbi sui 14 articoli che compongono la proposta di legge 935 con primo firmatario Valentina Aprea, l’onorevole del Pdl destinata nei prossimi giorni a lasciare la carica per accettare quella di assessore della regione Lombardia. Ad opporsi al testo sono rimasti anche altri sindacati della scuola. E ciò malgrado l’impianto normativo, che ha ricevuto l’ok della VII Commissione Cultura della Camera e che potrebbe presto essere discusso in Aula, contenga ormai quasi esclusivamente “norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie”. Mentre della controversa “riforma dello stato giuridico dei docenti” è rimasta la presenza solo nel titolo del ddl.

Chi ha cambiato idea, come l’on. Francesca Puglisi (Pd), ha non a caso fatto notare che nella versione attuale del ddl "non c'e più traccia della possibilità di trasformare le scuole in Fondazioni, non c'è traccia di norme sul reclutamento degli insegnanti, funzione centrale della scuola continua ad essere svolta dal Consiglio dei docenti(assente nel testo originario) e dalla partecipazione di genitori e studenti nel consiglio d'istituto (presieduto da un genitore) e nei consigli di classe e di interclasse".

Tuttavia per diversi raggruppamenti il ridimensionamento della proposta Aprea non basta. Secondo Paolo Latella, segretario Unicobas Scuola Lombardia, ci ritroviamo sempre comunque a commentare un piano nazionale di riforma “distruttivo, anti democratico e pericoloso. Forse l'on. Puglisi ingenuamente non ricorda – sottolinea Latella - che questo disegno di legge è collegato a doppio ‘filo e nodo scorsoio’ con la Legge regionale Lombardia di Formigoni - Aprea (sempre lei), dove nell'impianto normativo il reclutamento diretto (a chiamata) e la trasformazioni delle scuole in fondazioni di diritto pubblico sono gli elementi imprescindibili della stessa legge”.
Per dire no pubblicamente ad entrambi i progetti, nazionale e lombardo, l’Unicobas ha organizzato una manifestazione: si terrà martedì 27 marzo a Milano alle 17 davanti al Pirellone. Alla protesta hanno aderito diversi partiti, associazioni, movimenti locali, facenti capo a docenti, studenti, precari e cittadini comuni. “Mentre il PD dove sarà?”, chiede pubblicamente Latella. Che invece ha solo parole di elogio per l’Italia dei valori, i cui rappresentanti avrebbero “ben presente cosa produrranno sia il disegno di Legge Aprea sull'autonomia scolastica che la Legge regionale Formigoni-Aprea sulla chiamata diretta”.

A reputare insoddisfacente la proposta di legge Aprea è anche l’Anief. Per il sindacato guidato da Marcello Pacifico è grave l’assenza “dell’organo di rappresentanza dei lavoratori”. Inoltre ritiene che  “la durata del consiglio dell’autonomia debba essere annuale e non triennale per impedire vacanze nelle nomine o sostituzioni improprie del personale docente e dirigente”. I rilievi dell’Anief non finiscono qui. In particolare, l’associazione sindacale ritiene pericoloso incentivare, all’interno degli organi collegiali, la presenza di studenti, genitori e rappresentanti degli enti locali a spese degli insegnanti: “una maggiore partecipazione dell’utenza alla vita della Scuola che non può penalizzare la componente docente che ha un ruolo centrare nella progettazione e nell’attuazione del Pof”. E ciò vale pure per “l’elezione del presidente del consiglio”. Il sindacato di Pacifico reputa grave, infine, i mancati riferimenti alla “valorizzazione dell’attività di ricerca e di sperimentazione che da sempre risultano un elemento fondante per l’arricchimento professionale dei docenti e al ruolo delle altre associazioni professionali diversamente dal consiglio nazionale delle autonomie scolastiche”. Oltre la mancanza di riferimenti al Cnpi, “che pure dovrebbe essere rinnovato nei suoi componenti”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Del mancato via libera a 4mila dipendenti cui serviva il riconoscimento del servizio fino al 31 agosto si discuterà anche in tribunale. Il ministro del Welfare: capisco rabbia, ma non è un'ingiustizia. Anche gli over 65 anni tremano: ottenere la proroga per rimanere in servizio sarà davvero dura.

Sembrano non volersi rassegnare i circa 4mila dipendenti, in larga parte insegnanti, che hanno visto sfumare negli ultimi mesi la possibilità di andare in pensione a seguito dell’approvazione della riforma Monti-Fornero: naufragata la possibilità di un emendamento al decreto Milleproroghe, su cui si era a lungo impegnato il Partito democratico, i diretti interessati hanno man mano iniziato a muoversi attraverso iniziative legali. Dopo la costituzione del gruppo on line “Quota 96, venutosi a creare all’interno del nel blog dell'on. Manuela Ghizzoni (Pd), negli ultimi giorni a farsi promotori dei ricorsi sono stati alcuni sindacati. Il mancato riconoscimento del servizio che va dal 1° gennaio al 31 agosto 2012 diventerà materia di Tribunaleamministrativo regionale attraverso, ad esempio, la Uil Scuola: il sindacato guidato da Massimo Di Menna ha annunciato che impugnerà il diktat del governo mettendo a disposizione una dettagliata scheda che riassume i requisiti necessari per impugnareal Tar del Lazio, tramite le segreterie provinciali, una “decisione del governo che penalizza i lavoratori del nostro settore in modo particolare, creando disparità”. 

Sempre la Uil Scuola riassume le tipologie di persone interessate dal ricorso (c’è tempo sino al 14 aprile): i nati tra l’1.1.1952 e il 31.8.1952 che alla data del 31.8.2012 o del 31.12.2012 maturano almeno 36 anni di servizio: i nati/e nel 1951 (o uomini nati in anni precedenti) che maturano 35 anni di servizio entro il 31.8.2012 o il 31.12.2012; tutti i dipendenti che maturano 40 anni di servizio entro il 31.8.2012 o entro il 31.12.2012.

A procedere per il riconoscimento di un diritto cambiato “in corsa” è anche l’Anief: l’associazione sindacale, che ha fatto delle battagli in tribunale uno dei suoi cavalli di battaglia, ha annunciato oggi che a seguito della mancata “risposta positiva del Miur alla diffida inviata dall’Anief per conto dei propri associati nei giorni scorsi”, il personale interessato “può inviare un modello sostitutivo di domanda cartacea da compilare al posto di quello telematico”. Sempre al Tar del Lazio verranno contestati diversi provvedimenti ministeriali: il D. M. n. 22 del 12 marzo, la circolare Miur n. 23 del 12 marzo, la circolare Funzione Pubblica n. 2 dell’8 marzo, le circolari Inps nn. 35 e 37 del 14 marzo. E se non basterà, l’Anief ha già pronti “i ricorsi al Giudice del Lavoro”.

D’altra parte per chi è intenzionato a lasciare, quella delle vie legali sembra davvero l’ultima spiaggia. Le residue possibilità di deroghe ai requisiti per andare in pensione sono state praticamente cancellate dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, durante un question time svolto alla Camera qualche giorno fa: "un conto è venire incontro alle esigenze di chi ha lasciato il lavoro per accordi, un altro è la questione di chi il lavoro ce l'ha ancora. Per quanto possa umanamente comprendere la delusione provata da questi lavoratori - ha aggiunto la Fornero - non lo ritengo un'ingiustizia e non credo che oggi noi possiamo tornare su questa questione riportando indietro le lancette a favore dei lavoratori della categoria della scuola".

Intanto, paradossalmente, anche per coloro che pur avendo compiuto 65 anni vorrebbero rimanere in servizio si fanno esigue le possibilità di ottenere l’ok dell’Usr: nella circolare del Miur dello scorso 12 marzo è infatti esplicitato che nell’esaminare le richieste di proroga gli Uffici scolastici regionale dovranno considerare “con particolare attenzione la capienza della classe di concorso, posto o profilo di appartenenza, non solo per evitare esuberi, ma anche nell’ottica di non vanificare le aspettative occupazionali del personale precario”.

L’altolà vale anche per i capi d’istituto. Per i quali “le istanze di trattenimento devono essere valutate sia in relazione ad eventuali situazioni di esubero determinate dal processo di dimensionamento della rete scolastica che all’esigenza di mantenere la disponibilità dei posti per le immissioni in ruolo dei nuovi Dirigenti scolastici a seguito del superamento delle procedure concorsuali in atto”. 

Insomma, sembra proprio che stavolta il governo sia riuscito proprio a scontentare tutti in un “colpo” sola. Sia chi vorrebbe lasciare ma non può, perché i suoi ultimi otto mesi per la prima volta non gli vengono considerati. Sia chi vorrebbe rimanere, ma non può perché le riforme stanno determinando sempre più esuberi.

Fonte: Tecnica della Scuola

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