170mila precari contro Profumo: gli esami li abbiamo già fatti.
170mila precari contro Profumo: gli esami li abbiamo già fatti.
L'Anief lancia l'allarme sul sostegno: potrebbe essere negato nei casi meno gravi.
Coinciderà con l'incontro tra il ministro Profumo e i sindacati. Arborio (Cps): non possono continuare a ignorarci. Tre le richieste: ritiro dei tagli, assunzioni solo da GaE e graduatorie di merito, blocco del concorso a cattedre. Da alcuni supplenti di lunga data una petizione al Ministro: in ruoli tutti quelli con almeno 36 mesi di servizio. Intanto in Veneto un prof di educazione fisica entra in ruolo dopo 28 anni!
Cresce il malessere dei precari dei precari della scuola: le proteste contro la politica dei tagli, le nuove regole sul reclutamento in via di definizione e la recente novità del ritorno del concorso pubblico confluiranno in una presidio che si terrà davanti al ministero dell’Istruzione il prossimo 4 settembre, in occasione dell'incontro prefissato tra il ministro Profumo e i sindacati.
“Il 29 agosto – dice Brunello Arborio, del coordinamento dei ‘Comitati precari della scuola’ e animatore del Forum PrecariScuola - si è tenuta a Roma un'assemblea molto partecipata dei lavoratori della scuola nella quale, dopo attenta analisi e discussione della situazione attuale si è deciso di rilanciare immediatamente la mobilitazione dei precari, per contrastare la dissennata politica di tagli perseguita anche dal governo Monti, il processo di privatizzazione della 953 (ex Aprea) e un concorso dettato da logiche meramente propagandistiche dietro il quale si nasconde la gestione dei tagli”. Al termine dell’assemblea i precari hanno dedotto, quindi, che bisogna concentrare gli sforzi su tre fronti: ritiro dei tagli, assunzioni esclusivamente dalle graduatorie ad esaurimento e di merito; blocco del concorso pubblico. “Nessuna decisione – continua Arborio - può prescindere dalla posizione di chi nella scuola ci lavora da anni avendo già superato prove concorsuali. I precari intendono portare avanti la mobilitazione fino a quando le loro richieste non saranno ascoltate”.
Intanto, un gruppo di precari storici ha inviato, attraverso un legale, una petizione al ministro Profumo attraverso cui spiegano i motivi per cui il concorso a cattedre non andrebbe bandito: chiedono, inoltre, di “immettere in ruolo tutti i docenti e personale ATA con almeno 36 mesi di servizio, conformandovi finalmente alla normativa comunitaria, perché essere in Europa significa anche questo”. La strategia, già battuta da altri legali, in particolare patrocinati dall’Anief, è quella di far rispettare la Direttiva UE 99/70, che alla clausola 5 impone che gli Stati membri l’adozione di misure preventive finalizzate “a evitare la reiterazione abusiva dei contratti a termine (ragioni obiettive per la stipulazione, numero dei rinnovi o durata massima dei contratti), oltre che a prevedere, se del caso, quando ricorre una successione di contratti e l'eventuale loro trasformazione a tempo indeterminato”. Come noto, lo scorso 20 giugno la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10127 ha di fatto detto no a questa possibilità. Almeno per il personale della scuola. Ma è anche vero che siamo in attesa dell’esito dei due procedimenti di infrazione condotti su questa situazione dall’Ue nei confronti dell’Italia.
Intanto, una notizia più che significativa sullo stato di migliaia di supplenti italiani viene riportata dal Corriere della Alpi: dopo 28 anni di precariato stamattina un docente “di educazione fisica zoldano, Fabrizio Pra Mio, ha apposto la sua firma sul contratto a tempo indeterminato. Si è presentato con alcuni bambini vestito da sposa ma anche da mago Merlino ma anche da calciatore: insomma da tutti quei personaggi che negli ultimi aveva interpretato ogniqualvolta andava a prendersi la cattedra a tempo determinato”.
"Il concorso per assumere circa 2 mila nuovi dirigenti scolastici è sempre più a rischio annullamento: il Consiglio di Stato, sede giurisdizionale (Sezione Sesta), ha infatti accolto il ricorso dei candidati che chiedevano di dare seguito all'ordinanza del Tar sentenza 2035/2012 che aveva bloccato l'iter di assunzione di 335 nuovi presidi in Lombardia". Lo afferma in una nota l'Anief.
"Per conoscere la decisione definitiva sull'ipotesi di somministrazione di migliaia di quesiti sbagliati, sulla composizione di alcune commissioni illegittime, dove in qualche caso si è riscontrata addirittura la presenza di dirigenti sindacali, e sulla errata organizzazione della prima prova scritta bisognerà ora attendere l'udienza di merito del Tar Lazio, fissata per il 22 novembre prossimo - prosegue la nota -. Quando il tribunale amministrativo dovrà pronunciarsi pure sul merito nei ricorsi presentati anche da 8.000 candidati che hanno denunciato da tempo l'erroneità dei quiz somministrati e la violazione del bando di concorso. La decisione dei giudici di Palazzo Spada di non confermare il provvedimento monocratico che sospendeva, su istanza del Miur, la sentenza del Tar Lombardia di annullamento delle prove scritte, creerà ora molti problemi al regolare svolgimento dell'anno scolastico della regione coinvolta: in Lombardia, infatti, con i pensionamenti che scatteranno dal 1° settembre saranno oltre 500 le sedi scolastiche prive di capo d'istituto. Tutte scuole che andranno in reggenza, obbligando molti presidi già in servizio a dirigere contemporaneamente fino a quattro-cinque scuole".
Per il sindacato "la mancata assunzione dei vincitori del concorso in Lombardia, su cui grava la nota vicenda delle buste utilizzate durante la prova scritta per contenere i dati anagrafici dei candidati, reputate trasparenti e di conseguenza lesive della garanzia dell'anonimato, quindi a forte rischio di invalidazione dell'intera procedura, costringerà i 335 candidati vincitori a non prendere più servizio come dirigenti scolastici: inizieranno l'anno scolastico ancora come insegnanti".
"A questo punto - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - nel prossimo mese di novembre il tribunale amministrativo non potrà però fare altro che ordinare di rinnovare l'intera procedura concorsuale: in tal modo si potrebbe avere un numero maggiore di idonei da ricollocare nelle tante scuole rimaste senza dirigenza. A meno che non intervenga una soluzione politica proposta dal Parlamento, auspicabile, per porre rimedio alla cattiva gestione del concorso da parte dell'amministrazione".
"Con una soluzione politica - prosegue Pacifico – verrebbero tutelati da una parte gli idonei dirigenti nominati al termine delle prove, certamente meritevoli di aver superato l'intero percorso, dall'altra gli altri candidati ricorrenti a cui è stata preclusa la possibilità stessa di esser valutati per le competenze e le conoscenze specifiche sulla materia. Queste sono le due strade percorribili, 'tertium non datur'".
"La soluzione auspicata dall'Anief agevolerebbe, inoltre, le operazioni di assunzione che si renderanno necessarie se nel frattempo l'amministrazione ritornerà ad un maggiore numero di scuole autonome, previsto dalla normativa precedente al dimensionamento dichiarato incostituzionale dalla Consulta - conclude la nota -: un dimensionamento scolastico, già ritenuto incostituzionale, che ha ridotto proprio la metà dei posti messi a concorso per nuovi dirigenti. La soluzione, dettata da meri motivi di bilancio, ha prodotto altri nuovi ricorsi, questa volta presentati dagli idonei privati improvvisamente della sede scolastica cui avrebbero dovuto essere assegnati".
Il nuovo anno scolastico si avvia "sempre più nel caos": il Consiglio Stato blocca l'assunzione di 335 nuovi dirigenti vincitori di concorso in Lombardia, e "lezioni al via con centinaia di scuole senza presidi". L'allarme arriva dall'Anief, spiegando che sul concorso viziato da troppi errori la decisione finale spetta ora al Tar del Lazio, che il 22 novembre non potrà fare altro che ordinare di rinnovare l`intera procedura. A meno che non intervenga una soluzione politica proposta dal Parlamento.
Il concorso per assumere circa 2mila nuovi dirigenti scolastici è infatti - spiega l'Anief - sempre più a rischio annullamento: il Consiglio di Stato, sede giurisdizionale (Sezione Sesta), ha infatti accolto il ricorso dei candidati che chiedevano di dare seguito all'ordinanza del Tar sentenza 2035/2012 che aveva bloccato l'iter di assunzione di 335 nuovi presidi in Lombardia. E - spiega il sindacato - "per conoscere la decisione definitiva sull'ipotesi di somministrazione di migliaia di quesiti sbagliati, sulla composizione di alcune commissioni illegittime, dove in qualche caso si è riscontrata addirittura la presenza di dirigenti sindacali, e sulla errata organizzazione della prima prova scritta bisognerà ora attendere l'udienza di merito del Tar Lazio, fissata per il 22 novembre prossimo". Quando il tribunale amministrativo dovrà pronunciarsi pure sul merito nei ricorsi presentati anche da 8.000 candidati che hanno denunciato l'erroneità dei quiz somministrati e la violazione del bando di concorso.
La decisione dei giudici di Palazzo Spada di non confermare il provvedimento monocratico che sospendeva, su istanza del Miur, la sentenza del Tar Lombardia di annullamento delle prove scritte, creerà ora - avverte l'Anief - molti problemi al regolare svolgimento dell'anno scolastico della regione coinvolta: in Lombardia, infatti, con i pensionamenti che scatteranno dal primo settembre saranno oltre 500 le sedi scolastiche prive di capo d'istituto. Tutte scuole che andranno in reggenza, obbligando molti presidi già in servizio a dirigere contemporaneamente fino a quattro-cinque scuole.
Così - prosegue il sindacato - la mancata assunzione dei vincitori del concorso in Lombardia, su cui grava la vicenda delle buste utilizzate durante la prova scritta per contenere i dati anagrafici dei candidati, reputate trasparenti e di conseguenza lesive della garanzia dell'anonimato, quindi a forte rischio di invalidazione dell'intera procedura, costringerà i 335 candidati vincitori a non prendere più servizio come dirigenti scolastici: inizieranno l'anno scolastico ancora come insegnanti.
"A questo punto - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - nel prossimo mese di novembre il tribunale amministrativo non potrà però fare altro che ordinare di rinnovare l'intera procedura concorsuale: in tal modo si potrebbe avere un numero maggiore di idonei da ricollocare nelle tante scuole rimaste senza dirigenza. A meno che non intervenga una soluzione politica proposta dal Parlamento, auspicabile, per porre rimedio alla cattiva gestione del concorso da parte dell'amministrazione".
"Con una soluzione politica - prosegue Pacifico - verrebbero tutelati da una parte gli idonei dirigenti nominati al termine delle prove, certamente meritevoli di aver superato l'intero percorso, dall'altra gli altri candidati ricorrenti a cui è stata preclusa la possibilità stessa di esser valutati per le competenze e le conoscenze specifiche sulla materia. Queste sono le due strade percorribili, 'tertium non datur'".
Il pasticcio relativo al contratto su utiizzazioni e assegnazioni provvisorie si è concluso con la sottoscrizione di un nuovo testo che, nelle intenzioni, dovrebbe rispondere ai rilievi mossi dalla Funzione pubblica, che non ha approvato il precedente.
In questi giorni è però difficile che cambi ancora qualcosa, è necessario operare in fretta affinchè le utilizzazioni e assegnazioni provvisorie siano disposte e si possa così proseguire alle immissioni in ruolo entro la fine della settimana. A conclusione del percorso che abbiamo seguito ogni giorno con i nostri articoli, bisogna dire ancora che anche la FLC CGIL ha firmato il nuovo testo, e questo ha provocato la reazione dell'Anief, che aveva approvato l'iniziale decisione di non firmare.
Venerdì 24 agosto il Miur ha trasmesso agli USR il nuovo testo relativo alle Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie per l'a.s. 2012/13, affinchè possano essere disposte le relative operazioni. In fretta, entro il 31 agosto bisogna conferire anche le immissioni in ruolo.
Vi è da segnalare che la FLC CGIl ha sottoscritto il nuovo testo per senso di responsabilità - leggiamo in un comunicato del loro sito - ma soprattutto per evitare che per il secondo anno la materia venisse delegata ad atti unilaterali e discrezionali dell'amministrazione come avvenuto con Ordinanza ministeriale e circolare lo scorso anno, la FLC CGIL e gli altri sindacati, hanno deciso di sottoscrivere in via definitiva il nuovo contratto.
Condizione per la firma è stata l'aver ottenuto "la sottoscrizione da parte dell'amministrazione di una dichiarazione congiunta con i sindacati con la quale venisse rafforzato e ribadito quanto già presente in premessa al contratto stesso, ovvero la piena validità del contratto nazionale di lavoro in materia di contrattazione e relazioni sindacali ai diversi livelli e la piena assunzione dei contenuti dell'intesa sottoscritta a maggio dalle confederazioni presso il ministero della Funzione pubblica nella quale, tra le altre cose, era stato ribadito il ruolo negoziale e le prerogative delle RSU in tutte le materie previste dai Ccnl vigenti. Con il contratto, inoltre, è stata pienamente ripristinata la contrattazione regionale sulle utilizzazioni del personale e sul piano delle disponibilità, contrattazione che lo scorso anno, nell'OM, era diventata semplice informativa ai sindacati."
La firma del contratto anche da parte della FLC CGIL ha provocato la reazione dell'Anief che in un comunicato del 24 agosto stesso aveva appoggiato la mancata firma del testo "L'Anief condivide la scelta della Flc-Cgil di non firmare il Contratto collettivo nazionale sulla mobilità del personale scolastico: la proposta fatta dall'amministrazione è infatti ingiusta, perché basata su presupposti illegittimi che si ripercuotono sui lavoratori del settore"
Il 25 agosto il giovane sindacato interviene nuovamente "Anche la Flc-Cgil si allinea agli altri sindacati e firma il contratto sulla mobilità scolastica praticamente scaduto ancora prima di vedere la luce. Secondo l’Anief è assurdo che questo sia avvenuto dopo che sono scaduti i termini di presentazione delle domande e sono in gran parte già stati pubblicati gli esiti delle utilizzazioni e delle assegnazioni provvisorie. Si tratta di una situazione paradossale che penalizza tanti dipendenti interessati, in particolare i docenti inidonei, gli Itp ed il personale distaccato presso la pubblica amministrazione. Tra l’altro nel nuovo contratto permangono le discriminazioni nei confronti dei docenti neo-assunti e le incongruità presenti nella vecchia tabella di valutazione dei titoli [...]
Non può consolarci una generica dichiarazione messa a verbale su richiamo del recente accordo stipulato con la Funzione Pubblica, poiché non basterà di certo a limitare l’attuale atteggiamento dispotico assunto dalla maggior parte dei dirigenti scolastici nell’ambito dell’organizzazione di lavoro, in particolare sull’orario di lavoro e sulla scelta del personale da assegnare ai vari plessi scolastici"
"Che motivo c'era di bandire un concorso pubblico per docenti, dal momento che ce ne sono centinaia di migliaia già abilitati ed in lista di attesa?". A chiederlo è il sindacato scolastico Anief, a cui risulta che dei 100 mila abilitati presso le scuole di specializzazione all'insegnamento nello scorso decennio solo 30% è stato assunto.
"Che motivo c'era - si chiede Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - di illudere nuovamente la categoria degli insegnanti, dal momento che la maggior parte di quelli già selezionati per svolgere questa professione è stata abbandonata in questi ultimi anni, spesso in scuole di province diverse, a svolgere il servizio come supplenti? La realtà è che questi insegnanti sono stati selezionati da giovani e si stanno invecchiando rimanendo precari nelle nostre scuole autonome".
"Ma non si può invecchiare - continua Pacifico - vincendo concorsi uno dopo l'altro e poi rimanere sempre al 'palo'. Certo, un nuovo concorso può essere visto come una nuova opportunità.
Però è davvero troppo tempo che, almeno nella scuola, non garantisce un reale sbocco di lavoro. Questo è avvenuto perché per decenni il Miur ha autorizzato prima i provveditorati e poi le università ad abilitare decine di migliaia di candidati. Con il risultato che oggi ci sono 250mila insegnanti nelle graduatorie ad esaurimento".
Il sindacato teme, inoltre, che l'accesso al concorso a cattedre annunciato dal Ministero dell'Istruzione verrà riservato ai soli abilitati. E che quindi non potranno certo accedervi i neo-laureati, né tantomeno coloro che si accingono a svolgere il Tfa. "Saranno invece costretti a partecipare a questa nuova procedura concorsuale i precari abilitati che - conclude il presidente dell'Anief - parallelamente non rinunceranno di certo a denunciare il Governo italiano presso la Commissione Ue: un Governo che dopo averli utilizzati per tanti anni da supplenti si dimentica del prezioso servizio reso allo Stato, mettendoli di fronte ad un'inutile prova".
L'Anief ritiene illusoria e ingiusta la decisione del Miur di bandire, nel prossimo autunno, un concorso per 11.892 cattedre nelle scuole statali di ogni ordine e grado: ci sono già 250 mila docenti vincitori di concorso, in lista di attesa anche da tanti anni, che hanno tutti i titoli per essere assunti e inoltre se il concorso sarà riservato solo agli abilitati i giovani non potranno nemmeno fare domanda.
"Che motivo c'era - si chiede Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - di illudere nuovamente la categoria degli insegnanti? La realtà è che questi insegnanti sono stati selezionati da giovani e stanno invecchiando rimanendo precari nelle nostre scuole autonome. Ma non si può invecchiare - continua Pacifico - vincendo concorsi uno dopo l'altro e poi rimanere sempre al 'palo'. E' davvero troppo tempo che non c'è un reale sbocco di lavoro. Questo e' avvenuto perche' per decenni il Miur ha autorizzato prima i provveditorati e poi le università ad abilitare decine di migliaia di candidati. Con il risultato che oggi ci sono 250mila insegnanti nelle graduatorie ad esaurimento".
Il sindacato teme, inoltre, che l'accesso al concorso a cattedre verrà riservato ai soli abilitati. E che quindi non potranno certo accedervi i neo-laureati, né tantomeno coloro che si accingono a svolgere il Tfa. "Saranno invece costretti a partecipare a questa nuova procedura concorsuale i precari abilitati che - conclude il presidente dell'Anief - parallelamente non rinunceranno di certo a denunciare il Governo italiano presso la Commissione Ue".
È dal 1999 che non succedeva: il 24 settembre verrà pubblicato il bando del concorso per selezionare insegnanti nuovi di zecca, 11.892 per la precisione, da destinare alle scuole statali di ogni ordine e grado. Dribblando le contestazioni e lavorando sul territorio, a costo di girare per l'Italia per visitare ogni settimana una scuola diversa, il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo è riuscito ieri a ottenere in Consiglio dei ministri il via libera al suo piano «ardito».
Tra le 21.112 nuove assunzioni annunciate il 7 agosto scorso, infatti, la metà sarà composta da docenti in attesa nelle vecchie graduatorie, e l'altra metà sarà assunta attraverso un concorso e immessa in ruolo già per l'anno scolastico 2013-2014. Quindi, nessuna prova «abilitante», come negli anni e nei mesi passati, quando i candidati non avevano alcuna certezza di arrivare all'ambito traguardo della cattedra. Ma una sfida concreta, su base regionale, per titoli ed esami.
Alla fine di ottobre si svolgerà la pre-selezione nazionale, su una batteria di test uguale per tutte le classi di concorso: dopo il pasticcio dei Tfa (i test adottati nell'ultimo concorso di abilitazione, che hanno rivelato imbarazzanti domande inesatte), il ministero non vuole rischiare. Fatto il pre-test, a gennaio si svolgeranno le prove scritte (che comprenderanno anche una prova di verifica delle competenze disciplinari) e successivamente le prove orali, con tanto di simulazione di una lezione per verificare l'abilità didattica: il tutto in tempo per far iniziare ai nuovi insegnanti l'anno scolastico 2013-2014. A questo primo bando ne seguirà un altro entro maggio 2013, con l'idea di promuovere nuovi concorsi ogni due anni.
Ma qual è l'obiettivo? È quello di affiancare ai precari storici, sfiniti da anni di supplenze, «nuova linfa», neolaureati pieni di voglia di fare e di insegnare. Era proprio questo il punto su cui si rischiava di non trovare l'accordo: il Pd e qualche sindacato hanno manifestato insofferenza rispetto all'idea di assumere nuovo personale, mentre ci sono centinaia di docenti abilitati che aspettano da anni.
Per Marcello Pacifico dell'Anief ci sarebbero addirittura 100.000 supplenti precari, pronti a denunciare all'Unione europea lo Stato italiano, e mancherebbero 35.000 Ata (impiegati tecnico-amministrativi): una sovrastima realizzata considerando tutti quelli che sono stati utilizzati come personale Ata anche per brevissimi periodi. Ma a proposito dei docenti, il ministro, forte di una moglie insegnante, ha convinto tutti sulla sua linea: con il decreto adottato ieri nello stesso tempo si valorizzano le vecchie esperienze e i nuovi talenti, nell'ottica di un «equilibrio tra le generazioni». I posti saranno ovviamente assegnati equamente a tutte le classi di concorso e a tutte le Province, ma saranno gli uffici territoriali a chiamare i docenti.
Non sono ancora le 34 mila assunzioni che servirebbero di fatto per risolvere i problemi della scuola italiana, ma sono una bella boccata di ossigeno. Anche perché sono associate all'assunzione di 60 docenti di accademie e conservatori di musica, 280 impiegati nel settore tecnico-amministrativo, 134 presidi trattenuti in servizio e anche l'entrata di 1.213 nuovi dirigenti scolastici. Dirigenti che, se tutto va bene, dall'anno prossimo saranno tenuti a seguire le linee guida dell'Invalsi per il raggiungimento degli obiettivi: il Consiglio dei ministri ha infatti dato ieri, come previsto, anche il primo via libera al regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione, una grande novità che permetterà di fare le pagelle anche alle scuole e ai suoi dirigenti, premiando i virtuosi e bacchettando i meno efficienti. Il sistema si baserà su tre pilastri: l'Invalsi (l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione) che definirà gli standard a cui le scuole devono attenersi; l'Indire, che si occuperà della formazione dei docenti; e gli ispettori, che valuteranno le scuole e daranno loro dei «voti».
«Zero confronto e zero risorse», critica il segretario generale della Cgil Mimmo Pantaleo, annunciando una raccolta di firme per modificare i contenuti del regolamento. Ma il ministero già annuncia che, contemporaneamente all'acquisizione dei pareri degli organi consultivi (Consiglio nazionale della pubblica istruzione, Conferenza unificata, Consiglio di Stato, Commissioni parlamentari) «si aprirà un percorso di consultazioni e confronto sul testo con gli operatori del mondo della scuola, con le realtà associative rappresentanti i genitori, gli studenti e la società civile, nonché con i sindacati del comparto e con le forze politiche».
Novità in arrivo anche nell'ambito università. Assegnati 15 milioni di euro per l'assunzione di 2.500-3.000 professori di seconda fascia, ripartiti tra tutte le università statali anche in base ai risultati della didattica e della ricerca raggiunti da ciascun ateneo e alla virtuosità dimostrata nella spesa del personale. Ancora una volta, è il merito ad essere premiato.
I decreti presidenziali che danno il via libera all'assunzione del personale scolastico, in via di pubblicazione, non rispondono alle aspettative dei dipendenti della scuola. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalità, "la delusione tra il personale della scuola è tanta: 100mila supplenti, fermi allo stipendio iniziale da anni, saranno costretti al consueto esodo estivo e nominati in molti casi a scuola iniziata; le nomine di oltre mille dirigenti potrebbero essere annullate dal Tar Lazio; mancano poi 35mila posti per gli Ata, come è stato denunciato dalla Commissione Ue in una procedura d'infrazione".
Secondo il sindacato le assunzioni coprono le supplenze annuali, anche se permane la piaga del precariato che costringerà anche quest'anno 100mila supplenti precari a spostarsi nel territorio nazionale per avere una cattedra al 30 giugno senza il pagamento delle mensilità estive, delle ferie e aumenti di stipendio: migliaia di denunce preparate dall'ufficio legale del giovane sindacato, nei prossimi giorni, saranno indirizzate agli uffici di Bruxelles per costringere lo Stato italiano ad affrontare in maniera risolutiva il problema e a garantire la stabilità degli organici e la continuità didattica.
"È ovvio - commenta Marcello Pacifico - che i 21mila docenti sono stati oggi assunti sotto la pressione dei tribunali della Repubblica impegnati a punire l'abuso dei contratti a termine come Strasburgo richiede. Per questa ragione, continueremo le iniziative legali già avviate nei mesi scorsi. Intanto sui dirigenti scolastici pende la spada di Damocle dei ricorsi presentati al Tar Lazio che il 22 novembre prossimo potrebbe annullare le attuali nomine e rinnovare la procedura concorsuale alla luce dell'illegittima organizzazione della prova pre-selettiva".
Per quanto riguarda il personale non docente, secondo quanto risulta all'Anief dovevano essere assunti almeno 35mila assistenti tecnici e ammninistrativi utilizzati ogni anno su posti vacanti e disponibili: sarebbero stati tutti da stabilizzare secondo la normativa comunitaria e nazionale, come denunciato in una procedura d'infrazione da parte della Commissione UE ancora in corso. Mentre il Miur ne immetterà in ruolo meno di 5mila.
"Il sistema di valutazione dell'Invalsi - prosegue il presidente dell'Anief - non può essere utilizzato per finanziare allo stesso modo realtà scolastiche che per bacino di utenza, specificità culturale, caratteristiche territoriali sono diverse e distanti le une dalle altre: in questo modo si rischia di condizionare, nei termini di erogazione dei finanziamenti, il funzionamento di enti che sono stati dichiarati autonomi proprio per le molteplici peculiarità di cui sono titolari. Assisteremmo ad un pericoloso ritorno indietro al sistema educativo degli anni Ottanta".
"I decreti presidenziali che danno il via libera all'assunzione del personale scolastico, in via di pubblicazione, non rispondono alle aspettative dei dipendenti della scuola".
Lo afferma in una nota Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalità, per il quale "la delusione tra il personale della scuola è tanta: 100 mila supplenti, fermi allo stipendio iniziale da anni, saranno costretti al consueto esodo estivo e nominati in molti casi a scuola iniziata; le nomine di oltre mille dirigenti potrebbero essere annullate dal Tar Lazio; mancano poi 35 mila posti per gli Ata, come è stato denunciato dalla Commissione Ue in una procedura d'infrazione".
Secondo il sindacato "le assunzioni coprono le supplenze annuali, anche se permane la piaga del precariato che costringerà anche quest'anno 100 mila supplenti precari a spostarsi nel territorio nazionale per avere una cattedra al 30 giugno senza il pagamento delle mensilità estive, delle ferie e aumenti di stipendio: migliaia di denunce preparate dall'ufficio legale del giovane sindacato, nei prossimi giorni, saranno indirizzate agli uffici di Bruxelles per costringere lo Stato italiano ad affrontare in maniera risolutiva il problema e a garantire la stabilità degli organici e la continuità didattica".
"E' ovvio - commenta Pacifico - che i 21 mila docenti sono stati oggi assunti sotto la pressione dei tribunali della Repubblica impegnati a punire l'abuso dei contratti a termine come Strasburgo richiede. Per questa ragione, continueremo le iniziative legali già avviate nei mesi scorsi. Intanto sui dirigenti scolastici pende la spada di Damocle dei ricorsi presentati al Tar Lazio, che il 22 novembre prossimo potrebbe annullare le attuali nomine e rinnovare la procedura concorsuale alla luce dell'illegittima organizzazione della prova pre-selettiva".
Per quanto riguarda il personale non docente, secondo quanto risulta all'Anief "dovevano essere assunti almeno 35 mila assistenti tecnici e amministrativi utilizzati ogni anno su posti vacanti e disponibili: sarebbero stati tutti da stabilizzare secondo la normativa comunitaria e nazionale, come denunciato in una procedura d'infrazione da parte della Commissione UE ancora in corso. Mentre il Miur ne immetterà in ruolo meno di 5 mila".
"Apparentemente delle buone notizie arrivano dal sistema di valutazione delle scuole autonome, che finalmente sta per essere avviato. Ma siamo ai primi passi", prosegue il sindacato. "Il sistema di valutazione dell'Invalsi - sostiene il presidente dell'Anief - non può essere utilizzato per finanziare allo stesso modo realtà scolastiche che per bacino di utenza, specificità culturale, caratteristiche territoriali sono diverse e distanti le une dalle altre: in questo modo si rischia di condizionare, nei termini di erogazione dei finanziamenti, il funzionamento di enti che sono stati dichiarati autonomi proprio per le molteplici peculiarità di cui sono titolari. Assisteremmo ad un pericoloso ritorno indietro al sistema educativo degli anni Ottanta".
L'Anief si schiera accanto a tutte quelle famiglie di alunni con problemi di apprendimento minori che presto potrebbero essere privati dell'insegnante di sostegno.
Anziché dare seguito alla legge che garantisce a 300 mila giovani con disturbi specifici di apprendimento di essere affiancati da figure professionali adeguate, spiega in un comunicato il sindacato scolastico, alcune amministrazioni regionali hanno intenzione di concedere il docente di sostegno solo in presenza di casi gravi.
Ed il Miur si appresta, con l'accordo di diversi sindacati, ad autorizzare attraverso un discutibilissimo nuovo contratto sulla mobilità l'affiancamento agli alunni che necessitano di insegnamento "speciale" di figure professionali non adeguate poiché formate anche attraverso non meglio identificati corsi non universitari.
"Autorizzare il sostegno solo per i casi che certificano l'handicap grave - sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief - rappresenta un respingimento di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 80 del 26 febbraio 2010, a proposito della illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno".
"L'abolizione dei limiti imposti dal legislatore nella attribuzione dei posti in deroga - prosegue il presidente dell'Anief - rappresenta una bocciatura a tutti i tentativi, come questo, di negare per meri motivi di finanza pubblica il diritto allo studio a tutti gli alunni portatori di disabilità, grave o lieve che sia. Ed altrettanto grave è trasformare in docenti di sostegno figure non idonee".
Per il sindacato, a questo punto, l'unica soluzione percorribile per evitare di ledere il diritto allo studio di decine di migliaia di alunni è che le loro famiglie si rivolgano ai tribunali: "Possono farlo - sottolinea Pacifico - anche nel corso dell'anno scolastico e nessun giudice potrà negare ai loro figli le ore di sostegno di cui hanno bisogno durante la permanenza a scuola e personale adeguatamente qualificato. L'Anief su questi punti ha già promosso diversi ricorsi e continuerà a farlo: è un impegno che il sindacato sente di portare avanti prima di tutto come obbligo morale".
L’Usr sarebbe in procinto di rendere indispensabile la presentazione da parte delle famiglie del certificato d’invalidità. Michieletto (Sfida): tanti genitori di alunni con disturbi lievi rinunceranno per non farli etichettare. Intanto uno studio europeo colloca il nostro paese tra gli ultimi per iscritti con bisogni educativi specifici: in proporzione in Islanda ce ne sono dieci volte di più!
Il 2012 non sembra davvero sorridere agli alunni con problemi di apprendimento. All’avvio delle operazioni per ricollocare migliaia di docenti soprannumerari specializzandoli nel sostegno attraverso un corso di formazione “soft” e alle sempre maggiori spinte, anche politiche, di introdurre un’area unica alle superiori (con tanti docenti diplomati che si ritroveranno a supportare gli alunni su contenuti che non hanno mai trattato durante i loro studi!), nelle ultime ore sono emerse altre due notizie sul settore che faranno altrettanto discutere. La prima arriva dal Veneto, dove l’Usr starebbe per pubblicare una circolare che renderà obbligatoria, per far scattare il posto di sostegno, la presentazione del certificato d’invalidità da parte delle famiglie.
L’introduzione di una certificazione così “pesante” sembra porre da subito due gravi limiti: il primo riguarda la prevaricazione di tutte le figure – medici, paramedici, assistenti sociali, assistenti alla comunicazione, genitori, ecc. - , che operano al fine di realizzare la diagnosi funzionale ed il Pei di ogni singolo alunno con problemi di apprendimento; il secondo è relativo al fatto che l’obbligatorietà dell’invalidità civile taglia fuori tutte quelle forme più lievi di carenze nell’apprendere (come la dislessia, la discalculia e disortografia che non possono essere annoverati come disturbi neurologici). La decisione appare ancora più contraddittoria se si pensa che giunge proprio quando sembrava che questi alunni fossero maggiormente tutelati anche a livello normativo (in particolare con l’approvazione delle Legge 170 dell’8 ottobre del 2010). Senza contare che rendere indispensabile l’invalidità per accedere al sostegno sembra contrastare con quanto ribadito il mese scorso dal Miur sull’individuazione deiposti in deroga attraverso la circolare sugli organici di fatto. Dove non si parla di gravità della diagnosi, ma di bisogni da valutare di volta in volta attraverso le varie equipe coinvolte.
Una circostanza, quest’ultima, sottolineata da Alessandra Michieletto, segretario provinciale Sfida, Sindacato famiglie italiane diverse abilità, e rappresentante della Gilda, secondo cui è evidente che in Veneto “molte famiglie rinunceranno al sostegno pur di non etichettare il proprio figlio, in primis i genitori di ragazzi che hanno difficoltà più leggere e che hanno bisogno solo di assistenza nell’apprendimento e nelle relazioni”.
Ma secondo Giulia Giani, docente specializzata nel sostegno e tra le più combattive nell'opporsi all'area unica alle superiori, in Italia il problema è anche quello della scarsa valorizzazione di chi affianca gli alunni ‘certificati’ nel loro percorso di apprendimento: “iniziamo a non considerarli ‘gli insegnanti dei disabili’, ma insegnanti bis-abili, che hanno acquisito una formazione aggiuntiva che può portare un vero contributo alla scuola”. Per farlo, continua Giani, serve una maggiore considerazione a livello amministrativo. Ma anche da parte dei genitori, i quali dovrebbero fare loro “una visione di scuola che non ‘tenga a scuola’ i loro figli, ma che realizzi il diritto all’istruzione di tutti nella complessità della scuola”. Come se non bastasse, è sempre di queste ore la notizia che colloca l’Italia tra i paesi europei con meno alunni certificati e quindi bisognosi di didattica speciale: secondo un corposo studio dell’Agenzia europea per lo sviluppo dell'istruzione per studenti con bisogni specifici, nel 2010 a fronte di 7.326.567 studenti che frequentano l'istruzione dell'obbligo, appena il 2,3% (170.696) figurano tra coloro che hanno “bisogni educativi specifici”. Il dato appare davvero modesto: basta dire che in questa graduatoria, sempre rapportata al numero nazionale effettivo di iscritti in età di scuola dell’obbligo, siamo al quart’ultimo posto dopo Svezia (1,5%), Bulgaria (2%) e Lussembrugo (2,2%). Mentre in testa alla classifica per alunni che richiedono una didattica specifica figura l’Islanda con il 24% (oltre 10mila su circa 45mila alunni complessivi). Seguita, a distanza, dalla Lituania con l'11,7% (più di 50mila su 440mila totali).
Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, “questi dati dimostrano che l’Italia continua a disattendere non solo le indicazioni che giungono dall’Europa ma addirittura le proprie norme e le indicazioni dei propri tribunali. Come la legge 170 del 2010, che avrebbe dovuto garantire adeguata assistenza didattica a 300mila alunni con disturbi specifici di apprendimento. Per non parlare della pronuncia della Corte Costituzionale, che con la sentenza numero 80 del 26 febbraio del 2010 ha dichiarato non attuabile fissare preventivamente il numero dei posti degli insegnanti di sostegno. Ancora una volta – conclude Pacifico – si lede un diritto fondamentale, quello allo studio, per mere ragioni di finanza pubblica”.
A pochi giorni dalla ripresa delle lezioni il 20% delle figure professionali che operano nelle scuole non sanno ancora dove lavoreranno: dai dirigenti vincitori di concorso agli utilizzati, dai nuovi assunti ai precari. Con gravi ripercussioni già sui collegi d’inizio settembre. Amara l’Anief: male endemico.
L’avvio dell’anno scolastico è ormai alle porte, ma la macchina burocratica che dovrebbe mettere al loro posto tutte le figure professionali che operano negli istituti accusa un terribile ritardo. All’appello mancano ancora troppi operatori per pensare ad una regolare ripresa delle lezioni: nei prossimi giorni gli Uffici scolastici territoriali, peraltro sempre più sfoltiti di risorse umane, saranno chiamati ad un tour de force per individuare nuovi dirigenti, immessi in ruolo, utilizzati e precari.
Considerando che si tratta di decine di migliaia di contratti e che per alcuni inquadramenti si attendono ancora chiare disposizioni ministeriali, è evidente che non si farà in tempo a collocarli entro il collegio dei docenti che darà inizio alle attività del nuovo anno. Ma nemmeno, in diversi casi, prima dell’avvio delle lezioni.
Emblematica la situazione delle dirigenze: delle circa mille che devono essere assegnate ai vincitori di concorso, solo una minima parte sono state decretate. Ed in alcune regioni, come la Lombardia, la decisione del Consiglio di Stato. Che se dovesse dare ragione ai ricorrenti lascerebbe gli istituti orfani del nuovo dirigente per tutto l’anno. Accentuando ulteriormente il carico delle reggenze, che già ora propone incredibili realtà. Con alcuni capi d’istituto costretti a dividersi anche su più di cinque sedi.
Per quanto riguarda i nuovi assunti, contravvenendo alla buona pratica introdotta alcuni anni fa di attuare le immissioni in ruolo entro il 31 luglio, dallo scorso anno - con un emendamento al decreto legge n. 70 - siamo tornati all’antico: la data ultima (peraltro non sempre rispettata) è ridiventata quella del 31 agosto. Con il risultato che ad oggi la maggior parte delle immissioni in ruolo sono ancora da definire.
C’è poi il “capitolo” dei docenti di ruolo che hanno chiesto l’utilizzazione o l’assegnazioni provvisoria in altre scuole: alcuni Ust, in particolare quelli lombardi a seguito di una circolare emessa dalla direzione dell’Ufficio scolastico regionale, hanno infatti messo in stand by le operazioni. In questo modo i responsabili hanno cercato di evitare ai propri impiegati un probabile doppio lavoro: le perplessità espresse dalla Funzione Pubblica sulle operazioni di mobilità proposte dal Miur, in particolare su quelle coatte di inidonei e personale in esubero, oltre che sulle spese derivanti dall’utilizzo dei Dsga, ed il mancato accordo coi sindacati (con mancata firma del contratto), hanno messo nelle condizioni viale Trastevere di far operare i propri uffici periferici semplicemente replicando le norme già in vigore. Urge, a questo punto, una presa di posizione ministeriale che, seppure unilaterale, darebbe indicazioni chiare per tutti.
Solo una volta terminate tutte queste operazione entreranno in scena i precari. Siamo di fronte ad un piccolo “esercito”, composto (dati Miur 2011/12) da 70mila docenti su posto normale e 35mila da impiegare sul sostegno. A cui vanno aggiunte almeno altri 30mila tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. Tutti su posto annuale. In alcune scuole, difficili e periferiche, quelle meno “gettonate” dal personale di ruolo, le figure precarie possono arrivare in percentuale la metà dei dipendenti. È chiaro che la loro assenza non può essere considerata ininfluente sull’avvio del nuovo anno: come si fa infatti, in queste condizioni, a realizzare una regolare programmazione delle attività didattiche, del Pof e di tutti i progetti scolastici che vi ruotano attorno?
Su questo punto nelle ultime ore è tornato l’Anief, il sindacato autonomo che negli ultimi anni ha intrapreso vibranti battaglie legali proprio in difesa del personale non di ruolo: secondo il sindacato guidato da Marcello Pacifico i numeri ci dicono che “senza i precari la scuola chiuderebbe”: però, ignorando la loro centrale funzionalità per il nostro sistema scolastico, continuano ad essere “individuati dai dirigenti dell’amministrazione periferica a settembre inoltrato e fino al Natale successivo con gravi ricadute sulla definizione del piano dell’offerta formativa e sull’ordinario funzionamento degli organi collegiali. Di chi è la colpa – si chiede il sindacato degli educatori in formazione - : non certo del ministero della Funzione Pubblica che non firma la contrattazione integrativa raggiunta tra Miur e Sindacati sulla mobilità del personale docente, bloccando tutte le operazioni seguenti; non ancora dei dipendenti sempre più ridotti degli ambiti territoriali prossimi al travaso nelle regioni. Forse lo sono allora i precari della scuola, vittime sacrificali, i cui stipendi possono essere risparmiati?”.
Davvero amara la conclusione: per l’Anief la piaga del precariato è come “un male endemico”, che mette l’Italia “a rischio dell’apertura di una seconda procedura d’infrazione a carico del nostro Paese da parte della Commissione Ue”.
Fonte: Tecnica della Scuola
di A.G.
22/08/2012
Dopo l’avvicinamento dialettico sulle immissioni in ruolo, arriva la risposta piccata del presidente degli educatori in formazione, Marcello Pacifico, alla decisioni del sindacato di Mimmo Pantaleo di rivolgersi sempre più spesso ai giudici: il nostro modo di fare sindacato fa tendenza, peccato che ci seguano organizzazioni poco coerenti.Altro che avvicinamento.
Se le reazioni alle immissioni in ruolo sembrava dovessero avvicinare Flc-Cgil e Anief, con le dichiarazioni dei due rispettivi leader sindacali, Pantaleo e Pacifico, entrambe orientate ad esaltare gli effetti positivi della strategia dei ricorsi “facili”, condotta con sempre maggiore spavalderia, nelle ultime ore le posizioni dei due sindacati sono tornate di nuovo a dividersi. Confermando quanto possa essere improbabile, come da noi segnalato un paio di giorni fa, che le organizzazioni sindacali alternative alle quattro firmatarie del Ccnl in vigore (Cisl, Uil, Snals e Gilda), possano coalizzarsi attorno ad una linea comune. A bene vedere i punti di contatti ci sarebbero. Solo che ognuno sembra fortemente intenzionato a percorrerli singolarmente.Una tendenza che sembrerebbe emergere anche da un comunicato dell’Anief, dopo aver recepito dai media che la Flc-Cgil si è fatta promotrice di iniziative legali molto simili a quelle prodotte dagli stessi educatori in formazione: la prima riguarda il diritto del riconoscimento del punteggio salva precari per gli Ata che chiedono di cambiare provincia; il secondo l’abuso che il Governo ha voluto perpetrare sul personale inidoneo, Itp e in esubero costringendolo alla riconversione professionale.
Questa tendenza dalla Cgil, a rivolgersi sempre più facilmente al Tar o al giudice del lavoro, conferma che si sta imponendo “sempre più – scrive l’Anief – il nostro modo di fare sindacato: fa riflettere che già l’anno scorso il più rappresentativo sindacato italiano abbia deciso di seguire la strada aperta dalla nostra organizzazione avviando una battaglia legale per la stabilizzazione dei precari della scuola sostenendo che nel nostro Paese ci si ostina ancora a non voler applicare una direttiva comunitaria entrata in vigore da 10 anni”.
“Ed oggi la storia si ripete – commenta il presidente Anief, Marcello Pacifico – con la Flc-Cgil che segue pedissequamente la strategia giudiziaria avviata dal sindacato autonomo degli educatori in formazione su due tematiche scolastiche di grande attualità. Guarda caso – continua Pacifico - anche in questo caso è stata scelta di percorrere la via giudiziaria inventata dal nostro sindacato. Il motivo comunque è molto semplice: in talune circostanze, come queste, quella dei tribunali è l’unica strada che può essere percorsa se si vuole far rispettare i diritti dei lavoratori”.
L’Anief, quindi, da una parte sembra compiacersi del fatto che il sindacato italiano che, almeno nella scuola, conta più deleghe, abbia sempre più spesso deciso di intraprendere la via dell’impugnazione in tribunale. Dall’altra, però, prende anche le distanze da chi, come lo stesso sindacato di Mimmo Pantaleo, disdegna il dialogo con l’amministrazione ma poi non si sottrae mai al confronto. E il fatto che quasi sempre la Flc-Cgil non sottoscriva contratti o accordi non sembra bastare all’Anief. Anzi, ne indebolirebbe la posizione.Per Pacifico, quindi, sarebbe bene che la Flc-Cgil prenda posizione una volta per tutte, “abbandonando quella contrattazione che non solo ‘partorisce’ ormai sempre più spesso norme fini a se stesse, ma che ormai risulta sistematicamente svilita dall’inefficacia dell’azione e dall’incoerenza dei suoi stessi interlocutori sindacali”. Fare contrattazione, sedersi al tavolo del confronto con l’amministrazione, rappresenta però uno dei tasselli base del sindacalismo tradizionale. E la Flc-Cgil difficilmente ne farà a meno.
ROMA (ITALPRESS) - "Anziche' pensare di svendere beni dello Stato, anche di immenso valore storico, il Governo dovrebbe risanare il debito pubblico ridisegnando un nuovo piano del tessuto industriale e produttivo del paese valorizzando il suo immenso patrimonio culturale". Lo afferma Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir. "Gia' sei mesi fa - aggiunge - avevamo inviato al ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, un nuovo piano di riqualificazione del patrimonio nazionale, che avrebbe prodotto un rilancio per tutta l'economia del paese. Anziche' pensare di metterli in vendita, la nostra confederazione ed il nostro sindacato ritengono che i 350 beni pubblici di proprieta' di tutti i cittadini, compresi quei privati che li rileverebbero e ne andrebbero ad acquisire la titolarita', dovrebbero essere utilizzati in comodato d'uso per dare maggiore impulso all'attrattivita' turistica presente in tutte le regioni italiane". Confedir e Anief sostengono che il modello vincente da prendere in considerazione e' infatti quello condotto dalla provincia autonoma di Trento e Bolzano: "si tratta di una gestione da prendere veramente in seria considerazione - sottolinea Pacifico - perche' la sua spesa sociale e' equamente distribuita rispetto agli stipendi erogati. Mentre, al contrario, il progetto del Governo Monti di cedere beni dello Stato lascera' i cittadini in 'mutande' gia' in occasione del prossimo attacco speculatorio. Sarebbe allora importante che il Cdm intervenga quanto prima per valorizzare l'enorme patrimonio culturale di cui e' in possesso l'Italia. Chi ci amministra per un breve lasso di tempo, non puo' svendere quanto e' stato a lui affidato da tutti i cittadini italiani".
(ITALPRESS).
09-Ago-12 19:19
Tutti rivendicano il merito delle 21mila immissioni in ruolo. E si formano due gruppi. Da una parte le organizzazioni firmatarie del Ccnl e del piano triennale di immissioni in ruolo del 2011: Cisl, Uil, Snals e Gilda. Dall’altra gli intransigenti: Flc-Cgil, sindacati di base e Anief. Che però non formeranno una coalizione alternativa.
Fare assumere un lavoratore, facendolo uscire dal tunnel del precariato, è l’impegno prioritario di qualsiasi o rganizzazione sindacale. E la scuola non fa eccezione. Basta andare a leggere i comunicati inviati a raffica a ridosso delle oltre 21mila immissioni in ruolo annunciate con euforia il 7 agosto direttamente dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo.
Dall’analisi testuale di quanto riportato dai sindacati sono emersi due aspetti. Il primo, che in realtà è una conferma, riguarda il fatto che l’unità tra le varie organizzazioni esistenti rimane ancora lontana. Una novità, su questo fronte, però sembrerebbe esserci: riguarda la creazione di due raggruppamenti.
Da una parte ci sono gli ultimi firmatari del Contratto collettivo nazionale e dell’accordo dalle cui basi lo scorso anno derivò il decreto ministeriale sul piano triennale di assunzioni, giunto ora a due terzi dell’opera: si tratta di Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda. Con i due confederali molti vicini ed gli altri due che continuano ad operare nella loro autonomia statutaria, non disdegnando le opportunità che di volta in volta si creano per unire le forze e raggiungere gli obiettivi condivisi. Come sottolineato dal coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti: “Queste assunzioni – ha detto Rino Di Meglio – sono il frutto dell’accordo triennale che abbiamo firmato l’anno scorso con il governo e che prevedeva le immissioni in ruolo degli insegnanti per un triennio su tutti i posti vacanti in organico di diritto. Un’intesa che è stata rispettata e che rappresenta un importante risultato in un momento economico molto difficile in cui si profilano ulteriori riduzioni di personale nel pubblico impiego”.
Il secondo raggruppamento non poteva che essere capitanato dalla Flc-Cgil, il sindacato che alla guida di Mimmo Pantaleo è diventato sempre più intransigente verso l’operato dell’amministrazione e del Governo. Sottraendosi sistematicamente alla firma di accordi e contratti, ha fatto un uso sempre maggiore della piazza e dello sciopero (a costo di raggiungere adesioni anche sotto il 5%). I lavoratori della conoscenza hanno però avuto il merito di cavalcare il forte malcontento che si è creato attorno alla scuola negli ultimi quattro-cinque anni, contrassegnati da forti tagli agli organici, alle strutture e alle risorse. Tutte privazioni che hanno messo a dura prova dirigenti, personale, famiglie e studenti. E di fianco, anche se mai a “braccetto”, con la Flc-Cgil, che nel frattempo è diventata l’organizzazione di settore con maggiori tessere e anche di eletti Rsu (anche se per l’ufficialità bisognerà attendere che l’Aran pubblichi i risultati definitivi, ormai imminenti), si sono ritrovati a turno diversi sindacati meno rappresentativi. Ma non per questo meno combattivi. Ad iniziare dai comitati di base. Tanto che in più di un occasione sono scesi in piazza assieme (mentre per ritrovare uno sciopero unitario di tutto il sindacalismo scolastico bisogna risalire al 30 ottobre 2008).
Negli ultimi tempi, inoltre, il muro contro muro con il Miur ha costretto l’organizzazione Pantaleo ha chiedere sempre più spesso l’intervento dei giudici. Non a caso lo stesso segretario pugliese ha sottolineato, una volta decretati i 21mila ruoli, che per ottenerli sono stati “determinanti per superare le resistenze nello stesso Governo” sia “la mobilitazione dei precari” sia “l'ampio contenzioso legale messi in campo anche dalla Flc-Cgil”.
Una linea, quella dei ricorsi facili, che ha avvicinato il sindacato confederale, sempre più in rotta di collisione rispetto a Cisl e Uil, alla non proprio amica Anief. La quale nelle ultime ore ha scritto: “è bello leggere le pagine critiche della stampa e soprattutto è bello leggere i comunicati dei sindacati che hanno rivendicato subito il merito delle immissioni alla luce di un accordo che, tra gli ammessi alla contrattazione, non è stato firmato dalla sola CGIL/FLC, unica O. S. insieme all’Anief ad aver promosso su larga scala una campagna giudiziaria nazionale presso le corti del lavoro per il rispetto della direttiva comunitaria 1999/70/CE”. Per l’organizzazione di Pacifico “fortunatamente, i mezzi informatici rendono accessibile la comunicazione, e così al di là delle bandiere che ognuno vorrebbe piantare, basta spulciare gli atti dell’ufficio legislativo della Camera dei Deputati”, per rendersi conto che “il legislatore è intervenuto nell’estate scorsa per arginare i migliaia di ricorsi presentati dall’Anief e dalla CGIL/FLC”. Ed in stile Cgil, l’Anief imputa all’accordo sindacale del 4 agosto 2011 la colpa di “discriminare i vecchi 67.000 e i nuovi 21.000 neo-assunti che dovranno continuare la strada del ricorso al giudice del lavoro per aver riconosciuto il diritto alla stessa progressione di carriera riconosciuta agli altri colleghi”.
Francamente non pensiamo di essere di fronte e delle prove generali che porteranno ad una nuova coalizione sindacale. Di cui entrambe le organizzazioni, Flc-Cgil e Anief, che per le troppo diverse mole di iscritti e finalità non avrebbero molto da guadagnarci. Di sicuro, però, si può dire che la partita sulle immissioni in ruolo ha messo in luce dei modi diversi di fare sindacato. Ed ognuno ha affilato le “armi” che ritiene più efficaci: il dialogo, la concertazione, la piazza, lo sciopero o le aule del tribunale.
Che cos’è la speciazione? E cosa il filtrato glomerulare? Se vuoi insegnare scienze alle superiori, devi sapere anche questo. Peccato che ti può capitare di scoprire che il test a crocette del ministero non conteneva le risposte giuste. Che cosa sta succedendo alle selezioni per i nostri insegnanti? E come insegniamo loro a insegnare? Ne parliamo con Marcello Pacifico, presidente dell’ANIEF, l'associazione dei docenti e dei ricercatori in formazione, e con Mario Fierli, membro del Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica del Ministero dell’istruzione.
In apertura, Benedetto Terracini, uno dei pionieri dell'epidemiologia ambientale, e Maria Angela Vigotti, biologa dell'università di Pisa, entrambi consulenti del Comune di Taranto, ci spiegano perché hanno contestato le dichiarazioni del ministro dell'ambiente Corrado Clini al Parlamento sui rischi ambientali collegati all'ILVA di Taranto.
ROMA (ITALPRESS) - "Proprio nel giorno in cui il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo e il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua firmano una Convenzione che consentira' di mettere a sistema le banche dati di scuola e universita' con quella Inps dei cittadini lavoratori, lo stesso ente previdenziale fa sapere - rendendo pubblica la nota n. 12486 - che ai suoi dipendenti precari licenziati in precedenza le ferie non godute vanno necessariamente remunerate". E' quanto si legge in una nota dell'Anief che aggiunge: "Per l'Inps, infatti, il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 "in questa fase di prima applicazione" interessa "tutto il personale, compresi dirigenti e professionisti, cessato dal servizio a decorrere dal 7 luglio 2012, data di entrata in vigore del predetto decreto legge".
Pertanto, continua l'istituto nazionale di previdenza, "la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo". "A questo punto - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - la nostra richiesta non puo' essere piu' elusa. Nel frattempo, precari iscritti all'Anief sono gia' stati mobilitati: hanno infatti inviato una diffida ai dirigenti scolastici proprio perche' alla scadenza del loro contratto, concretizzatasi nel mese di giugno 2012, non e' stato dato seguito il pagamento delle ferie non godute nell'anno scolastico 2011/12". Anief e Confedir confermano che "permangono tutti i limiti di costituzionalita' sulla decisione del Governo dei tecnici di abolire, di fatto, un istituto, quello delle ferie, garantito dalla Costituzione". "Per cui - continua Pacifico - si generera' di certo un contenzioso dinanzi al giudice del lavoro per tutelare tutti i precari che
verranno assunti nel prossimo anno scolastico. Mentre per quelli che hanno lavorato nel 2011/12, a questo punto e' auspicabile un rapido scioglimento della riserva da parte dell'amministrazione interessata".
(ITALPRESS).
07-Ago-12 12:09
'Dopo esito ricorsi ai tribunali Governo era costretto'
Roma, 7 ago. (TMNews) - Sono in arrivo 21mila assunzioni di docenti precari nella scuola. Lo annuncia il sindacato Anief che esprime soddisfazione per l'esito positivo dell'azione sindacale degli ultimi mesi che "ha costretto il Governo ad assumere oltre 21mila docenti precari". "Il decreto - annuncia Marcello Pacifico, presidente Anief - è atteso nelle prossime ore e non possiamo che essere soddisfatti: malgrado il blocco del turn over, i tagli agli organici e le riconversioni obbligatorie del personale inidoneo e soprannumerario, per il secondo anno consecutivo l'Anief ha indotto il Governo a fare quanto ci chiede da tempo l'Unione Europea".
"Attraverso migliaia di ricorsi avviati negli ultimi mesi - ricorda Pacifico - abbiamo inferto, per abuso di contratti a termine, pesanti condanne alle spese a carico dell'amministrazione. La quale non ha così potuto fare altro che adoperarsi nei confronti del Governo per consentire il massimo delle assunzioni consentite".
"Finalmente qualcosa è cambiato: i tantissimi precari hanno capito che per ottenere l'immissione in ruolo, dando compimento al loro onorato servizio, bisognava rivolgersi ai giudici. Ecco così svelato il mistero - continua Pacifico - su come pur in presenza di una nuova riduzione degli organici del pubblico impiego e del mantenimento del blocco del turn over nella pubblica amministrazione, nella scuola si continua ad assumere: il merito è del nuovo modo di fare sindacato, con ricorsi sistematici ai tribunali laddove il legislatore non riesce o non vuole tutelare i diritti dei lavoratori precari".
Per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario giungono invece notizie di rinvii e di riduzione del contingente di assunzioni, peraltro già inizialmente limitato a poco più di 5.300 posti: l'Anief non può che esprimere il proprio disappunto. "Il problema - sostiene il suo presidente - è che in questo caso l'amministrazione ancora non applica quanto previsto dalla legge sui posti vacanti e disponibili. Poiché quest'anno sono state assegnate oltre 35mila supplenze fino al termine dell'anno scolastico, anche considerando la contestata riconversione del personale docente inidoneo e degli Itp in soprannumero, potevano essere decretate almeno 27mila nuove assunzioni".
Anche per il personale Ata il sindacato ha quindi intenzione di continuare il contenzioso nelle aule dei tribunali. "Faremo di tutto - conclude il presidente Anief - per ottenere il rispetto del merito e della parità di trattamento di tutti i cittadini europei. Come anche Strasburgo, del resto, ci chiede da diverso tempo".
Red/Nes
07 ago 12
"Non possiamo che essere soddisfatti: malgrado il blocco del turn over, i tagli agli organici e le riconversioni obbligatorie del personale inidoneo e soprannumerario, per il secondo anno consecutivo l'Anief ha costretto il Governo ad assumere piu' di 20mila docenti precari". Cosi' commenta Marcello Pacifico, presidente Anief, la pubblicazione del decreto di assunzione in ruolo di circa 21mila insegnanti da parte dal Ministero dell'Istruzione. "Attraverso migliaia di ricorsi avviati negli ultimi mesi - ricorda Pacifico - abbiamo inferto, per abuso di contratti a termine, pesanti condanne alle spese a carico dell'amministrazione. La quale non ha cosi' potuto fare altro che adoperarsi nei confronti del Governo per consentire il massimo delle assunzioni consentite". Grazie all'azione dell'Anief, dopo un ventennio durante il quale la scuola ha raggiunto i suoi obiettivi formativi sfruttando cinicamente la preziosa opera di centinaia di migliaia di supplenti, finalmente qualcosa e' cambiato: i tantissimi precari hanno capito che per ottenere l'immissione in ruolo, dando compimento al loro onorato servizio, bisognava rivolgersi ai giudici. "Ecco cosi' svelato il mistero - continua Pacifico - su come pur in presenza di una nuova riduzione degli organici del pubblico impiego e del mantenimento del blocco del turn over nella pubblica amministrazione, nella scuola si
continua ad assumere: il merito e' del nuovo modo di fare sindacato, con ricorsi sistematici ai tribunali laddove il legislatore non riesce o non vuole tutelare i diritti dei lavoratori precari".
(ITALPRESS) - (SEGUE).
07-Ago-12 10:59
Per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario giungono invece notizie di rinvii e di riduzione del contingente di assunzioni, peraltro gia' inizialmente limitato a poco piu' di 5.300 posti. L'Anief non puo' che esprimere il proprio disappunto. "Il problema - sostiene il suo presidente - e' che in questo caso l'amministrazione ancora non applica quanto previsto dalla legge sui posti vacanti e disponibili. Poiche' quest'anno sono state assegnate oltre 35mila supplenze fino al termine dell'anno scolastico, anche considerando la contestata riconversione del personale docente inidoneo e degli Itp in soprannumero, potevano essere decretate almeno 27mila nuove assunzioni".
Anche per il personale Ata il sindacato ha quindi intenzione di continuare il contenzioso nelle aule dei tribunali. "Faremo di tutto - conclude il presidente Anief - per ottenere il rispetto del merito e della parita' di trattamento di tutti i cittadini europei. Come anche Strasburgo, del resto, ci chiede da diverso tempo".
(ITALPRESS).
07-Ago-12 10:59
Durante l’incontro di martedì 7 agosto tra Miur e sindacati si parlerà solo di ripartizione delle assunzioni dei prof. Per amministrativi, tecnici ed ausiliari tutto rimandato a fine mese. Quando però l’assorbimento di inidonei e Itp potrebbe ridurre sensibilmente il contingente di 5.300 posti. A meno che i posti vacanti erano di più: per l’Anief sarebbero 35mila!
Nessuna decurtazione. Almeno per i docenti. Come da noi prontamente riportato, sono queste le ultime indiscrezioni che arrivano sulle prossime immissioni in ruolo del personale della scuola: il Miur nelle prossime ore pubblicherà un decreto, attraverso cui si indicherà (dopo aver ricevuto il via libera dal mistero dell’Economia e delle Finanze) che entro la fine del mese saranno 21.112 gli insegnanti che da precari passeranno nei ruoli dello Stato. Per saperne di più, anche per conoscere la ripartizione di posti a livello locale, bisognerà comunque attendere la sera dell’8 agosto: nel pomeriggio delle stesso giorno, i sindacati sono stati infatti convocati a viale Trastevere proprio per conoscere le intenzioni del ministero dell’Istruzione.
Per quanto riguarda la decisione definitiva riguardante le assunzioni del personale Ata, rimane confermato, invece, lo slittamento in avanti di almeno due settimane (dopo comunque il 23 agosto, quando è previsto l’ultimo atto delle mobilità della categoria): la Flc-Cgil sostiene che la situazione non si sbloccherà prima di “fine agosto. Questo ritardo - continua il sindacato di Pantaleo - è determinato dalle norme introdotte dal Decreto Legge 95/12 (spending review) che prevedono il transito forzato nei profili Ata del personale docente inidoneo e delle classi di concorso C555 e C999. Nel ribadire il nostro giudizio riguardo l'illegittimità di questo provvedimento, resta ferma la nostra richiesta di effettuare le assunzioni su tutti i posti lasciati liberi dai pensionamenti”.
Ora, cosa significa, in termini pratici, tutto ciò? Che il passaggio forzato degli inidonei e degli ex dipendenti degli enti locali, da qualche anno transitati nella scuola come insegnanti di laboratorio alle superiori, lascerà sicuramente una traccia: dei 5.300 inizialmente richiesti potrebbero rimanerne molti meno. Qualcuno, forse con una punta di pessimismo, ipotizza meno della metà. E pure la matematica sembra indicare questa possibilità. Gli inidonei sono infatti circa 3.500. Sugli Itp arrivati dagli enti locali non si hanno invece informazioni precise: nel 2005 erano diverse migliaia. Ma a distanza di sette anni una buona fetta ha lasciato il lavoro per la pensione. Nella migliore delle ipotesi saranno, comunque, alcune centinaia. Forse anche qualche migliaio. In tal caso, per il personale Ata inserito in prima fascia e speranzoso di agguantare il famigerato ruolo rimarrebbero davvero pochi posti.
Chi non vuole credere all’eventualità che agli Ata precari rimangano veramente le “briciole” sono soprattutto i sindacati. Anche perché ritengono errato, proprio come procedura, declassare un docente impiegandoli in mansioni prettamente esecutive. E poi perché a probabilmente i conti non tornano. All’Anief, ad esempio. Il cui presidente, Marcello Pacifico, ricorda che “poiché quest’anno sono state assegnate oltre 35mila supplenze almeno fino al termine dell’anno scolastico, anche considerando la tanto contestata riconversione del personale docente inidoneo e degli Itp in soprannumero, potevano essere decretate almeno 27mila nuove assunzioni”.
Intervista al Presidente dell'ANIEF sugli errori dei test di ingresso al TFA
Secondo Massimo Di Menna (Uil Scuola) siamo campioni mondiali per complicare le procedure: incassati 15 milioni di euro per allestire prove (con errori) che fanno accedere a un corso utile a partecipare ad un altro concorso. Poi per Filosofia e Francese passa alle selezioni il 3%, per Arabo l’80%. Intanto l’Anief raccoglie testimonianze e già parla di ricorsi per fare scritti e orali.
“Si fa un concorso per accedere ad un corso che serve per accedere ad un altro concorso. E durante le prove” iniziali vengono “registrati errori e incongruenze: è davvero troppo, siamo campioni mondiali per complicare le procedure”. Non si può non essere d’accordo con la sintesi di Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola, perché riassume in due righe esattamente quanto sta accadendo in queste settimane per reclutare poco più di 20mila aspiranti alla frequenza dei Tfa, i tirocini formativi abilitanti che nelle intenzioni del Miur avrebbero dovuto permettere di accedere (tra la primavera e l’estate del 2013) al nuovo concorso pubblico per diventare insegnanti.
Il sindacato confederale ha anche riassunto i numeri del Tfa aperto a tutti: a fronte di 150mila domande (a noi risultavano ancora di più, tra le 170mila e le 180mila, materialmente presentate da 120mila candidati) , le università hanno incassato, grazie alle tasse per svolgere i quiz preselettivi, qualcosa come 15 milioni di euro. Una cifra enorme, che avrebbe dovuto garantire efficienza organizzativa e massima professionalità nello svolgimento delle prove. Invece abbiamo assistito a una preselezione all’insegna degli errori e delle contraddizioni. Come si fa, infatti, a far passare alle prove di selezione successive solo il 3% degli aspiranti docenti di Filosofia, psicologia, scienze dell’educazione (su 4.239 iscritti passano in 141) e di Francese (su 3.000 passano in 96), mentre poi per l’Arabo si arriva all’80% di idonei (su 120 passano in 97)?
È forse la dimostrazione che i laureati in Filosofia, Psicologia, Sociologia, Pedagogia, Scienze della Comunicazione e Francese sono quasi tutti privi delle conoscenze minime per partecipare ad un corso di formazione? E che invece i “dottori” in Arabo sono quasi tutti all’altezza? Insomma, più di qualcosa non quadra. Soprattutto perchè all’eccesso di severità in alcune materie, “non fisiologico” (come ha ammesso lo stesso dicastero di viale Trastevere), si è aggiunto un numero altrettanto inatteso di refusi ed errori all’interno delle domande poste ai candidati.
“Abbiamo appreso che il ministro – commenta Di Menna – intende verificare quanto accaduto nel corso delle prove di accesso ai Tfa e questo è un fatto positivo. Una presa d’atto del mancato funzionamento del meccanismo delle prove”. Secondo il leader della Uil, questo presuppone una probabile “sospensione delle prove d’autunno affiancata dalla costituzione di una commissione che valuti il lavoro delle commissioni delle prove”. Se la prospettiva del sindacalista della Uil dovesse verificarsi, per i candidati ai Tfa sarebbe una vera beffa: verrebbe infatti meno la possibilità di partecipare al concorso a cattedre. Che poi è l’obiettivo finale di questo genere di reclutamento.
Di Menna dice poi di aver “apprezzato la volontà del ministro di fare chiarezza sull’andamento delle prove”. E che a questo punto “occorre operare in termini di certezza e trasparenza, verificando anche responsabilità ed errori”.
Ma a verificare saranno gli stessi sindacati: l’Anief ha fatto sapere che “se ci sono stati errori, come sostengono tantissimi partecipanti, tuteleremo i candidati danneggiati per farli accedere alle prove successive”. Secondo il suo presidente, Marcello Pacifico, “abbiamo assistito alla somministrazione di quesiti con troppi errori, troppi nozionismi e poche certezze: occorre assolutamente fare chiarezza sulla qualità e la correttezza della gestione delle prove preparate dal Cineca e organizzate dal Miur”. L’Anief si è rivolta, quindi, ai potenziali danneggiati chiedendo di fargli pervenire “segnalazioni sui quesiti verosimilmente errati, erronei o mal posti: il sindacato valuterà caso per caso l’opportunità di adire le vie legali, ai fini del riconoscimento del diritto ad essere ammessi alle successive prove scritte e orali”.
Si chiude dopo cinque anni di battaglia legale la disputa sul regolamento del biennio 2007/09. L'Anief, promotrice del ricorso: il diritto dei lavoratori ha prevalso sul legislatore, che aveva emanato una norma per metterci “i bastoni tra le ruote”. La sentenza non è estendibile, ma per i vincitori potrebbe arrivare il ruolo d'ufficio.
All’interno delle graduatorie ad esaurimento è lecito chiedere di spostare da una classe di concorso all’altra il punteggio di un servizio di supplenza già svolto e dichiarato. A stabilirlo, dopo cinque anni di battaglia legale, è il Consiglio di Stato che ha in tal modo riabilitato la sentenza del Tar Lazio n. 3062 del 2009 che era stata ottenuta su ricorso n. 5023 del 2007 contro il decreto ministeriale che nel regolamentare l’aggiornamento delle graduatorie del biennio 2007-2009 non prevedeva questa possibilità.
A darne notizia, nella serata del 2 agosto, è l’Anief, promotrice del primo e secondo ricorso: l’associazione sindacale nel commentare la sentenza del Cds parla di “clamorosa vittoria” e di ennesima “dimostrazione che la costanza e l'attenta conoscenza della materia sono fondamentali per la buona riuscita delle azioni intraprese, anche quando il Miur interviene a ‘cambiare le carte in tavola’ a suo vantaggio”.
Entrando nel merito, l’associazione sindacale ricorda che il Miur era intervenuto facendo approvare “l’art. 1, comma 4-quater del decreto legge 25 settembre 2009 n. 134 con un esplicito divieto di spostare il punteggio di servizio già dichiarato”: una norma, che secondo il l’Anief era stata “introdotta ad hoc per ‘mettere i bastoni tra le ruote’ ai nostri legali in Tribunale”, dopo che “il Consiglio di Stato aveva annullato la precedente sentenza di accoglimento pronunciata dal Tar Lazio”.
I legali del sindacato autonomo hanno però scoperto che nella decisione del Consiglio di Stato c’era stato un errore procedurale. Quello che ora lo stesso giudice di appello sulle sentenze dei Tar ha dovuto ammettere. E quindi annullare quanto stabilito precedentemente dichiarando l’“inammissibilità del ricorso in appello” proposto dal ministero di viale Trastevere.
Cosa accadrà ora? Come accaduto con la sentenza favorevole sul “pettine”, l’esecuzione della sentenza permetterà ai ricorrenti (solo a loro, perché il provvedimento non è estendibile) di salire in graduatoria acquisendo il punteggio negato a suo tempo dal Miur. Con tutti i benefici da valutare, ovviamente caso per caso: per i docenti precari non hanno lavorato, ad esempio, si profila un lauto indennizzo e l’acquisizione del punteggio sinora non considerato. Per chi ha perso il ruolo, proprio a seguito del mancato punteggio assegnato, invece, scatterà l’assunzione a tempo indeterminato con termini retroattivi.
“Anche stavolta – ci dice entusiasta Marcello Pacifico, presidente Anief – abbiamo dimostrato che indipendentemente dall’intervento del legislatore, teso a modificare le norme vigenti nel tentativo di favorire l’amministrazione, la nostra capacità di reagire e far prevalere i diritti negati si è dimostrata vincente”.
L’Anief non deflette dalla sua linea di sistematico ricorso alla via giudiziaria per contestare le decisioni prese da governo e Parlamento.
Nel mirino del sindacato stanno questa volta le norme del Decreto legge n. 95/2012 sulla spending review, appena approvato dal Senato a larga maggioranza (ma dal quale anche esponenti della maggioranza che sostiene il governo Monti hanno preso le distanze).
Secondo l’Anief il decreto “aggiunge il danno alla beffa: non solo il personale docente permanentemente inidoneo, anche distaccato presso gli Uffici Scolastici Regionali e gli Ambiti territoriali provinciali, viene dirottato sui ruoli del personale Ata, ma non vede nemmeno riconosciuto il diritto alla priorità nella stessa scuola o comunque nella provincia di appartenenza”, e “solo come extrema ratio viene prevista la mobilità intercompartimentale” mentre “anche per gli ITP delle classi C555 e C999 è previsto il passaggio coatto ai ruoli del personale Ata della provincia di appartenenza”.
In questo modo, lamenta il sindacato, vengono danneggiati tutti: “gli ITP perché costretti a diventare Ata; i docenti inidonei perché, oltre al cambio forzato di ruolo, rischiano anche di ritrovarsi costretti a cambiare provincia; il personale Ata in attesa del ruolo perché rischia di veder vanificate per anni le proprie aspettative di stabilizzazione, mortificate dall’occupazione di tutti i posti vacanti e disponibili dal personale transitato da altri ruoli”.
Di qui la decisione di offrire a tutti gli interessati una tutela legale “contro il passaggio coatto ai ruoli Ata e il rischio di mobilità territoriale o intercompartimentale”. Sul sito del sindacato sono indicate le modalità di preadesione all’iniziativa.
Se le norme approvate dal Parlamento siano destinate a diventare operative lo deciderà dunque ancora una volta, probabilmente, non una sede istituzionale (lo stesso Parlamento con ulteriori provvedimenti) e neanche il conflitto sindacale classico, ma un'aula di tribunale. Una sconfitta per la politica e anche per il sindacalismo tradizionale.
Viale Trastevere, su ordine del Mef, attende l’esito del dl sulla spending review: nel frattempo la liquidazione delle ferie resta sospesa in via prudenziale. I rappresentanti dei lavoratori pronti a ricorrere in tribunale: leso l’art. 36 della Costituzione.
È bene che Governo e ministeri di competenze sappiano che l’intenzione di rendere retroattiva la norma che blocca il pagamento delle ferie maturate dal personale precario, in via di approvazione definitiva assieme al decreto sulla spending review, costerà all’avvocatura dello Stato una notevole mole di tempo e di lavoro. Tutti i sindacati si stanno infatti muovendo, con l’intenzione di dare battaglia sino in fondo. A costo di portare la questione davanti ai giudici dei tribunali.
Il paradosso, sostengono i rappresentanti dei lavoratori e anche gli addetti ai lavori, è che per coloro che hanno svolto una supplenza sino al termine delle lezioni o al 30 giugno scorso si profilerebbe uno scenario beffardo: non usufruire dei due giorni e mezzo, circa, accumulati ogni mese e non percepire il corrispettivo economico, come avvenuto sino ad oggi. Mentre per gli altri supplenti, sia i temporanei sia gli annuali su posto vacante, il problema non si porrebbe: nel primo caso perché le ferie gli sono state già liquidate; nel secondo perché ne fanno uso (come il personale di ruolo) nei mesi di luglio e agosto. Si verrebbe quindi a creare una sensibile differenza di trattamento tra personale precario che opera nelle stesse scuole e nelle stesse condizioni.
A dare il là alle proteste era stata l’Anief alcuni giorni fa, annunciando diffide, che si sarebbe rivolato “ai giudici per ottenere la liquidazione delle somme spettanti ai precari della scuola”. E sostenendo che se fosse passato l’emendamento proposto al Senato dallo stesso sindacato, si sarebbe evitata, “nel rispetto delle recenti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte di giustizia europea, l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti dello Stato italiano per la palese violazione della direttiva comunitaria che impone la monetizzazione delle ferie per il personale che non ha potuto usufruirne durante il servizio”. Il sindacato di Pacifico è tornato alla carica nelle ultime ore parlando “di errore sia di forma, sia di sostanza” e confermando la linea dell’impugnazione perché “nell’intento di fare ‘cassa’ sulla pelle dei precari, stiamo assistendo ad un tentativo di oltraggiare un diritto dei lavorativi e persino quanto previsto dalla Costituzione italiana”.
Sul mancato pagamento ai supplenti delle ferie non godute si sono mosse anche la Flc-Cgil, a sua volta annunciando una dura lotta, anche legale, la Cisl Scuola e la Uil Scuola. Il sindacato di Di Menna, in particolare, ha contestato a voce il provvedimento, durante l’ultima riunione tenuta al Miur, reputando inapplicabile “la retroattività della norma che vieta il pagamento delle ferie e ne impone la fruizione durante il servizio”. E sottolineando che adottandola da subito “i supplenti con contratto fino al termine delle lezioni o fino al 30 giugno” non potrebbero “fruire delle ferie e, nello stesso tempo” si vedrebbero “negato il pagamento delle stesse. Con queste motivazioni la Uil ha chiesto il ritiro della circolare”.
Non è rimasta a guardare nemmeno la Gilda degli insegnanti. Che prima ha definito “inaccettabile” la decisione dell’amministrazione “in quanto nel dettato costituzionale le ferie sono per tutti un diritto irrinunciabile”. Poi, attraverso il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio, ha inviato una lettera ai presidenti di Camera e Senato ed al Ministro Profumo per chiedere un intervento di modifica, a questo punto a Montecitorio, del decreto legge 95/2012 dell´art. 5, comma 8: nella lettera Di Meglio spiega che “considerato che l´art. 36 della Costituzione recita: ‘Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi’, così come ribadito anche dal Codice Civile, riteniamo opportuno che in sede di conversione in Legge del D.L. 95/2012 l´art. 5, comma 8, venga modificato. Ci permettiamo di suggerire che, in particolare, al personale a tempo determinato sia garantito il diritto al pagamento delle ferie o in alternativa – conclude il coordinatore della Gilda - al prolungamento del contratto per un numero di giorni pari alle ferie maturate”.
I sindacati, insomma, stanno facendo il massimo. Ognuno attraverso le strade che ritiene più opportune e convincenti. Se però le cose dovessero rimanere così, ipotesi tra l’altro molto probabile, visto che alla Camera il dl viene considerato praticamente “blindato” o comunque emendabile solo per contenuti di alta entità, la partita si sposterà sicuramente nelle aule di giustizia.
Il ministero dell’Istruzione, dal canto suo, ha fatto sapere che, in considerazione dell’esito degli emendamenti, la liquidazione delle ferie resta sospesa in via prudenziale, rinviando ulteriori interventi all'emanazione del testo definitivo del DL n.95/12. Ufficialmente quindi, tutto rimane fermo alle indicazioni espresse dal Miur il 24 luglio scorso, quando il Mef, sulla base della nota del Miur, ha dato ordine alle Ragionerie Territoriali di sospendere i pagamenti delle ferie "in attesa della conversione in legge del decreto legge 95/2012".
All'appello di os.it rispondono CISL e ANIEF. Il blocco del pagamento delle ferie è stato inteso dal MEF come retroattivo, di conseguenza, se sarà confermato in sede di interpretazione della Spending Review, le ferie non godute maturate lo scorso anno scolastico potrebbero non essere pagate. Reagiscono CISL e ANIEF.
Pagamento ferie non fruite, la Cisl Scuola diffida il MEF
CISL - Sul pagamento dei compensi per ferie non godute la Cisl Scuola ha inviato una diffida al Ministero dell'Economia, contestando la legittimità di una norma alla quale per di più si sta dando applicazione con effetto retroattivo.
Vengono infatti sospesi i pagamenti di quanto maturato da lavoratori il cui contratto era già concluso all'atto dell'emanazione del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95.
La diffida, inviata a firma del segretario generale Francesco Scrima, costituisce la premessa all'avvio di iniziative di contenzioso qualora fossero confermate le decisioni assunte dal MIUR e dal MEF in applicazione dell'art. 5 comma 8 del citato DL 95/2012.
__
Anief su stop al pagamento delle ferie ai precari della scuola, inevitabile il ricorso in tribunale
Ufficio Stampa Anief - La spending review blocca il pagamento delle ferie ai precari della scuola: l’amministrazione interpreta la norma in modo miope, rendendo esecutivo il provvedimento anche per l’anno scolastico 2011/12. Dopo le diffide, l’Anief pronta a ricorrere in tribunale per garantire quanto previsto dalle norme vigenti e dalla Costituzione.
Il ministero delle Finanze e il ministero dell’Istruzione sbagliano: la norma inserita nella spending review che blocca il pagamento delle ferie ai precari della scuola non è applicabile su dei contratti di lavoro già scaduti. È un errore sia di forma, sia di sostanza. Oltre che un abuso di diritto che viola la legge vigente.
“È incredibile come possa esistere un ‘giallo’ sulle ferie non godute dai precari che hanno terminato il loro contratto il 30 giugno – commenta con amarezza il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – sia perché il decreto legge 95/2012 è stato pubblicato il 7 luglio, sia perché leggendo attentamente il comma 8 dell'art. 5 dello stesso decreto si prende atto che il personale viene obbligato a non usufruire delle ferie a fronte di una prestazione lavorativa. Per questi motivi siamo convinti che nell’intento di fare ‘cassa’ sulla pelle dei precari, stiamo assistendo ad un tentativo di oltraggiare un diritto dei lavoratori e persino quanto previsto dalla Costituzione italiana”.
Già nei giorni scorsi l’Anief aveva messo a disposizione dei lavoratori precari della scuola un modello di diffida, al fine di non farsi sottrarre di un proprio diritto. Se sarà confermata l’interpretazione dell’amministrazione, proprio nel momento in cui il testo di legge appare “blindato” alla Camera, è evidente che il ricorso in tribunale sarà non solo inevitabile ma sicuramente pregiudizievole per le casse erariali dello Stato italiano.
“Su questo punto, peraltro, – sottolinea il presidente dell’Anief - si è formata già da tempo una giurisprudenza comunitaria che di recente è stata persino fatta propria dalla Cassazione. ‘Cui prodest’? ci si aspetterebbe che i tecnici del Governo abbiano una maggiore attenzione e rispetto delle più elementari regole del diritto. Così come è stato ricordato nell’emendamento specifico presentato dal senatore Salvo Flores, proprio su proposta dell’Anief”.
Il comunicato precedente con le istruzioni per richiedere il modello di diffida
"Se ci troviamo nel caos dei Tfa dobbiamo ringraziare l'ex ministro Gelmini, che durante il suo mandato a viale Trastevere ha chiuso le Scuole di specializzazione di formazione universitaria: quelle Ssis che hanno preparato a diventare insegnanti oltre 100mila nuovi docenti, i quali oggi, attraverso un'ampia ricerca della Fondazione Agnelli, ci dicono di aver apprezzato quel genere di formazione". A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, dopo che oltre 32mila neo-assunti hanno fatto sapere di aver avuto una buona preparazione attraverso le Ssis esprimendo, di contro, forti criticità verso le altre modalità di formazione all'insegnamento.
"La decisione di mandare in pensione le Scuole di specializzazione universitaria, a soli cinque anni dallo loro nascita - ricorda Pacifico - fu osteggiata da molti esperti: io stesso durante un'audizione parlamentare sostenni che stavamo assistendo ad una scelta affrettata e non dettata da studi o risultati rivolti ad andare incontro agli accordi europei sottoscritti a Lisbona". L'Anief ricorda che l'allora ministro Gelmini si rivolse ad una commissione di esperti formatori, i quali introdussero i tirocini formativi attivi, replicando di fatto il vecchio sistema delle Ssis ma non garantendo la stessa qualità nella selezione iniziale. Tanto che ora, al termine di la poderosa ricerca 'Sapere di non sapere', la Fondazione Agnelli di dice che le Ssis sono state 'liquidate' senza un'accurata valutazione su base empirica dei risultati".
L'amara conclusione della Fondazione Agnelli è che "oggi nella scuola c'è un grande vuoto: mancano gli strumenti sia per la formazione iniziale sia per quella in itinere". Dallo studio risulta, quindi, che il sistema di reclutamento delle Ssis risultava più che valido ed equilibrato, sia per il percorso di tirocinio svolto sia per le competenze didattiche acquisite dai corsisti.
"A questo punto - commenta ancora il presidente dell'Anief - c'è da chiedersi perché si è voluto chiudere un percorso di eccellenza che in nove cicli di vita si è sempre migliorato attraverso continui correttivi, specializzando all'insegnamento più di 100mila docenti che oggi si ritrovano a spendere la propria professionalità in modo più che apprezzato nelle scuole pubbliche".
"E soprattutto - conclude Pacifico - c'è da chiedersi se valeva la pena abbandonare un sistema formativo collaudato e vincente per far piombare la scuola nel caos più profondo, come sta accadendo in questi giorni con oltre 120mila candidati alla frequenza dei primi Tfa, quasi tutti immeritatamente scalzati dai corsi, ancora prima di iniziare le prove di ammissione, per colpa di test errati o mal fatti".
"La decisione è stata assunta durante i recenti lavori del Consiglio nazionale dell’Anief, svoltosi il 22 luglio ad Arborea (OR), nel corso dei quali sono stati intervistati alcuni precari convenuti, dirigenti del giovane sindacato.
Sotto accusa il comma 18 dell’articolo 19 del decreto legge 70/2011 che ha introdotto una deroga specifica nel comparto scuola all’applicazione dell’accordo quadro comunitario sulla durata del rapporto di lavoro a tempo determinato recepito dalla direttiva 1999/ 70/CE. Attualmente è ancora in corso la procedura di messa in mora dell’Italia n. 2010/ 2124 relativamente al personale Ata e si è in attesa di conoscere l’attivazione di una nuova procedura per il personale docente, indipendentemente dalle norme introdotte dal legislatore e dalla giurisprudenza formatasi come diritto interno.
La richiesta di condanna dello Stato italiano per la violazione reiterata e ingiustificata di una direttiva comunitaria servirà come deterrente affinché sia finalmente evitato l’abuso della precarietà come ordinaria condizione lavorativa. Soltanto così potrà essere debellata la piaga del precariato nella scuola che compromette ogni anno la continuità didattica necessaria per la formazione delle giovani generazioni. Attualmente sono più di 10.000 i ricorsi presentati dai precari della scuola italiana al giudice ordinario, molti di essi hanno ottenuto pesanti condanne alle spese a carico del Miur prima della sentenza della Cassazione. In questo momento l’Italia ha 125 procedure d’infrazione a suo carico, di cui 63 di messa in mora ex art. 258 TFUE. Quella per la scuola è stata attivata il 14 marzo 2011. Il 24 maggio 2011, il Governo aveva risposto citando l’adozione del decreto legge incriminato. Il 17 luglio 2012, la Commissione UE ha attivato 9 procedure d’infrazione a carico dell’Italia".
"Il Collegio dei Commissari nella riunione del 17 luglio ha deciso di aprire 9 procedure d'infrazione riguardanti l'Italia, di cui 8 per mancato recepimento di direttive e una per violazione del diritto dell'UE. Le procedure d'infrazione a carico dell'Italia si attestano a 125, di cui 81 riguardano casi di violazione del diritto dell'Unione e 44 sono relative a mancato recepimento di direttive".
Lo rende noto un comunicato dell'ufficio stampa dell'ANIEF.
Quando nel 2006 alcuni alti responsabili dell’istruzione italiana proposero di chiudere le Ssis universitarie e di mantenere in vita le Facoltà di Scienze della Formazione primaria, dissero che lo si faceva per il bene dei futuri docenti e dei loro studenti. Ora però, a distanza di tempo, la scelta dei Tfa viene bocciata dall’utenza.
Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, ricorda che “la decisione di mandare in pensione le Scuole di specializzazione universitaria, a soli cinque anni dallo loro nascita, fu osteggiata da molti esperti: io stesso – ricorda il sindacalista – durante un’audizione parlamentare sostenni che stavamo assistendo ad una scelta affrettata e non dettata da studi o risultati rivolti ad andare incontro agli accordi europei sottoscritti a Lisbona”. Invece, l’allora ministro Gelmini si rivolse ad una commissione di esperti formatori: questi “saggi” introdussero i Tirocini formativi attivi, replicando di fatto il vecchio sistema delle Ssis ma non garantendo la stessa qualità nella selezione iniziale.
Tanto che ora, al termine della poderosa ricerca 'Sapere di non sapere', che ha visto coinvolti 32mila neo-assunti, la Fondazione Agnelli arriva a dire che “questi risultati non ci portano a un richiamo nostalgico, ma a rilevare come le Ssis siano state ‘liquidate’ senza un’accurata valutazione su base empirica dei risultati”. L’amara conclusione della Fondazione Agnelli è che “oggi nella scuola c’è un grande vuoto: mancano gli strumenti sia per la formazione iniziale sia per quella in itinere”. Dallo studio risulta, quindi, che il sistema di reclutamento delle Ssis risultava più che valido ed equilibrato, sia per il percorso di tirocinio svolto sia per le competenze didattiche acquisite dai corsisti.
“A questo punto – continua il presidente dell’Anief – c’è da chiedersi perché si è voluto chiudere un percorso di eccellenza che in nove cicli di vita si è sempre migliorato attraverso continui correttivi, specializzando all’insegnamento più di 100mila docenti che oggi si ritrovano a spendere la propria professionalità in modo più che apprezzato nelle scuole pubbliche”. “E soprattutto – conclude Pacifico – c’è da chiedersi se valeva la pena abbandonare un sistema formativo collaudato e vincente per far piombare la scuola nel caos più profondo, come sta accadendo in questi giorni con oltre 120mila candidati alla frequenza dei primi Tfa, quasi tutti immeritatamente scalzati dai corsi, ancora prima di iniziare le prove di ammissione, per colpa di test errati o mal fatti a cui è impossibile rispondere”.
Lo comunica l'Ufficio Stampa Anief in una nota.
"Le Scuole di specializzazione universitarie per diventare docenti, le cosiddette Ssis, non dovevano chiudere perché hanno preparato a diventare insegnanti oltre 100mila nuovi docenti che oggi, attraverso un'ampia ricerca della Fondazione Agnelli, ci dicono di aver apprezzato quella formazione. Se quindi ora ci troviamo nel caos dei Tfa dobbiamo quindi ringraziare l'ex ministro Gelmini". A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente dell'Anief.
"C'e' da chiedersi - sottolinea Pacifico - se valeva la pena abbandonare un sistema formativo collaudato e vincente per far piombare la scuola nel caos più profondo, come sta accadendo in questi giorni con oltre 120mila candidati alla frequenza dei primi Tfa, quasi tutti immeritatamente scalzati dai corsi, ancora prima di iniziare le prove di ammissione, per colpa di test errati o mal fatti a cui è impossibile rispondere".
"Il ministro Patroni Griffi ci ha comunicato solo dinieghi alle nostre modifiche alla spending review e l'annuncio di altri 350mila tagli al pubblico impiego nei prossimi tre anni: l'unica notizia buona che ci ha dato è che per ora le tredicesime di dipendenti e dirigenti pubblici sono salve". È questa l'amara sintesi di Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir, la più grande confederazione dei dirigenti pubblici italiani, dopo l'incontro tenuto oggi a Palazzo Vidoni con il ministro della Funzione Pubblica.
"Il ministro - continua Pacifico - ha ribadito come il taglio del 10% del personale e del 20% dei dirigenti dello Stato non poteva essere contrattato, essendo un obiettivo di finanza pubblica legato ad un nuovo disegno della macchina amministrativa. Siamo però convinti che i nuovi tagli saranno inutili, visto che i 270mila posti già cancellati negli ultimi sei anni nella pubblica amministrazione non hanno evitato l'aumento del deficit, degli interessi sul debito e dello spread".
Il confronto con le parti sociali, che prenderà il via nella prima decade di settembre, inizierà dall'esame congiunto sui criteri di attuazione per comparto e area: molti tagli potrebbero essere assorbiti dal blocco del turn over, ma potrebbero essere concertati criteri per trasferimenti intercompartimentali, riqualificazione e prepensionamenti.
Michele Poerio, segretario organizzativo della Confedir, ha ricordato al ministro che a fronte di questo atteggiamento del Governo "la pazienza dei dirigenti pubblici si sta veramente esaurendo: dopo il blocco per sei anni degli stipendi, la mancata perequazione delle pensioni, i nuovi tagli lineari previsti – ha sottolineato Poerio - la dirigenza non può essere additata come il capro espiatorio della cattiva gestione della politica né può accettare un nuovo spoil system. Il Governo - ha concluso Poerio - deve cambiare metodo e ascoltare le parti sociali prima di presentare i suoi provvedimenti in Parlamento".
A preoccupare molto il sindacato è poi la scarsissima considerazione del governo per l'istruzione pubblica, che ha portato al rigetto degli emendamenti sulle ferie non godute dei precari e sulle pensioni da assegnare al personale della scuola che ha maturato i requisiti in quest'ultimo anno scolastico appena concluso. C'è forte elusione anche per l'aumento della disoccupazione, specie giovanile. E alcun riguardo per la professionalità del personale obbligato alla riconversione così come per docenti inidonei e di laboratorio. "Per non parlare del fatto - ha aggiunto Pacifico - è che contemporaneamente è scomparso il tavolo sul precariato ed è stata sottratta alla concertazione ogni ipotesi di progressione di carriera. A questo punto è inevitabile l'arrivo di un autunno caldo e una nuova ondata di ricorsi nei tribunali: i contribuenti non possono assistere ad annunci di nuovi balzelli come quelli per la sanità pubblica accessibile per reddito".
"Incontro Palazzo Vidoni: salve per ora le tredicesime. Il ministro Patroni Griffi informa le parti sociali sulle modifiche apportate sul decreto spending review per il pubblico impiego". Lo si legge in una nota dell'Anief, associazione professionale sindacale.
"Nuove finestre per i prossimi esodati - si legge ancora nel comunicato - fotografia dei possibili tagli alla pubblica amministrazione per comparto e area, divisione tra informativa ed esame congiunto nelle relazioni sindacali, diverse fasce per merito, riconversione professionale per evitare licenziamenti.
Marcello Pacifico, delegato Confedir alle alte professionalità, denuncia il rigetto degli emendamenti sulle ferie non godute dei precari e sulla pensioni da assegnare al personale della scuola che ha maturato i requisiti in quest'ultimo anno scolastico appena concluso.
Delusione anche per la mancata attenzione ai precari e per l'aumento della disoccupazione, specie giovanile. Alcun riguardo, infine, per la professionalità del personale obbligato alla riconversione così come per docenti inidonei e itp. In mancanza di risposte il contenzioso sarà inevitabile".
Il ministro della Pubblica Amministrazione Filippo Patroni Griffi ha informato le parti sociali sulle modifiche apportate sul decreto spending review per il pubblico impiego. Tra queste nuove finestre per i prossimi esodati, fotografia dei possibili tagli alla pubblica amministrazione per comparto e area, divisione tra informativa ed esame congiunto nelle relazioni sindacali, diverse fasce per merito, riconversione professionale per evitare licenziamenti. Salve per ora le tredicesime.
Marcello Pacifico, delegato Confedir alle alte professionalità, denuncia in una nota "il rigetto degli emendamenti sulle ferie non godute dei precari e sulla pensioni da assegnare al personale della scuola che ha maturato i requisiti in quest'ultimo anno scolastico appena concluso".
Delusione anche "per la mancata attenzione ai precari e per l'aumento della disoccupazione, specie giovanile - sottolinea Confedir -. Alcun riguardo, infine, per la professionalità del personale obbligato alla riconversione così come per docenti inidonei e itp. In mancanza di risposte il contenzioso sarà inevitabile".
Sono davvero troppo numerose le segnalazioni che giungono al sindacato sulle inesattezze presenti nei test a risposta multipla per accedere ai Tirocini Formativi Attivi che in alcune classi di concorso hanno estromesso oltre il 95% dei partecipanti". Per questo il sindacato Anief ha incaricato i suoi esperti di verificare l'esattezza delle domande e delle risposte somministrate in questi giorni a diverse decine di migliaia di candidati.
Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, "abbiamo assistito alla somministrazione di quesiti con troppi errori, troppi nozionismi e poche certezze: occorre assolutamente fare chiarezza sulla qualità e la correttezza della gestione delle prove preparate dal Cineca e organizzate dal Miur".
È possibile inviare segnalazioni sui quesiti verosimilmente errati, erronei o mal posti inviando una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. indicando nell'oggetto "segnalazioni errori TFA". Il sindacato valuterà caso per caso l'opportunità di adire le vie legali, ai fini del riconoscimento del diritto ad essere ammessi alle successive prove scritte e orali.
"È noto che per motivi di continuità didattica i precari della scuola non riescono mai ad ottenere durante l'anno i due giorni di ferie mensili spettanti, salvo poi richiederne la liquidazione alla fine delle attività didattiche: tutti lo sanno, ma evidentemente non i rappresentanti del Governo. Al punto che con semplicità e poca riflessione uno di loro ha liquidato con un secco 'no' l'emendamento alla spending review che avrebbe evitato, nel rispetto delle recenti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte di giustizia europea, l'apertura di una procedura d'infrazione nei confronti dello Stato italiano per la palese violazione della direttiva comunitaria che impone la monetizzazione delle ferie per il personale che non ha potuto usufruirne durante il servizio". Lo afferma in una nota l'Anief.
Secondo il sindacato "è allora giunto il momento che anche il Governo si assuma la responsabilità dei pareri sugli emendamenti discussi in Parlamento, specialmente quando chiede la fiducia evitando il dibattito: ogni dirigente dello Stato è chiamato dalla normativa vigente a rispondere del danno erariale, perché la violazione di una direttiva comunitaria non può ricadere su tutti i cittadini. Come tutti sanno, infatti, ogni ripetuta e continua violazione delle direttive comunitarie impone una multa di almeno 8 milioni di euro per lo Stato membro della UE che non ne rispetta i precetti".
"Non si comprende - afferma Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e delegato Confedir ai quadri e alte professionalità - perché debba ricadere su tutti i cittadini la colpa di una cattiva amministrazione, che in questo momento deve essere imputata ai soli ministri della Repubblica. Tanto più visto che l'art. 96 del Codice di procedura civile espone lo Stato al pagamento di pesanti condanne alle spese ove dovesse soccombere per lite temeraria".
L'Anief, pertanto, si rivolgerà ai giudici per ottenere la liquidazione delle somme spettanti ai precari della scuola. Il personale interessato può richiedere il modello di diffida predisposto dal sindacato inviando una mail contenente i propri dati anagrafici, contatti telefonici fissi e cellulari e sede di attuale o ultimo servizio in scuola statale (denominazione, comune e provincia) a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
La prima sentenza del contenzioso avviato nel 2009 è del giudice del lavoro di Palermo, che conferma quanto disposto da Tar e Corte Costituzionale: penalizzare chi cambia provincia nelle GaE è una violazione al diritto del trasferimento. Ora si attende l’esito di altre 400 ordinanze cautelari analoghe: in arrivo migliaia di assunzioni d’ufficio?
Ricordate la disputa sull’inserimento in “coda” o a “pettine” nelle graduatorie ad esaurimento? Sono passati cinque anni dalla volontà espressa dal Miur, allora guidato da Giuseppe Fioroni, di posizionare in fondo alle graduatorie (allora “permanenti”, oggi “ad esaurimento”) tutti i precari che avrebbero espresso volontà di cambiare provincia. Per i candidati al ruolo sono seguiti anni contrassegnati da timori e incertezze: il tentativo dell’amministrazione di scoraggiare i tanti che cambiavano per avere delle chance in più di lavoro divenne presto materia di contenzioso. La nota ministeriale, ribadita in occasione del rinnovo delle GaE del 2009, stavolta gestite da Mariastella Gelmini, venne infatti impugnata. E nel 2009 annullata dal Tar Lazio. Solo che nel frattempo la disputa aveva assunto una dimensione politica. Con la Lega a fare pressioni su Governo e viale Trastevere perché mantenessero la posizione e continuassero a negare la possibilità ai precari di far mutare la propria candidatura senza penalizzazioni.
Dall’altra parte i precari. Diversi difesi da avvocati privati. Ma in gran numero, a migliaia, dall’organizzazione più ferma a difendere i diritti dei precari: la neonata Anief, che proprio su questa diatriba giuridica ha costruito la sua notorietà. Il sindacato autonomo ha sempre interpretato la linea dell’amministrazione come una chiara violazione del diritto al trasferimento provinciale. E quindi alla libera circolazione dei lavoratori sul territorio nazionale. Una posizione che, sempre per l’organizzazione guidata da Marcello Pacifico, avrebbe innescato anche una chiara violazione del criterio del merito (punteggio posseduto) per accedere alle supplenze e alle nomine in ruolo nella scuola pubblica.
I giudici che hanno esaminato le carte hanno reputato la linea dell’Anief convincente. In questo senso si è orientato prima il Tar. Poi, nel febbraio 2011, la Corte Costituzionale. Che con una lapidaria sentenza ribadì che il collocamento “in coda” risulta illegittimo “perché, in modo irragionevole e in violazione del principio di uguaglianza, prevede una diversa disciplina a seconda del momento in cui il docente chiede il trasferimento da una graduatoria provinciale ad un’altra”.
La sentenza però non bastò per far ottenere il diritto all’immissione in ruolo dei ricorrenti. Che così si rivolsero di nuovo al giudice. Stavolta, però, a quello del lavoro. In questi giorni stanno arrivando le prime sentenze di questo ultimo contenzioso. Favorevoli, anche stavolta, ai precari rilegati in coda ed in certi casi privati del ruolo: a Palermo il giudice ha infatti disposto l’assunzione a tempo indeterminato di tredici precari in questa situazione.
Secondo l’Anief, che ha perorato la loro causa, “a Palermo si chiude simbolicamente la partita iniziata nel 2007 dal giovane sindacato che ha proprio nel capoluogo siciliano la sua sede nazionale”.
La partita, tuttavia, non è proprio terminata: sono in attesa di risposta più di 400 ordinanze cautelari di analogo contenuto negli altri Tribunali d’Italia. Che se seguiranno lo stesso iter potrebbero determinare un vero terremoto: con migliaia di ricorrenti messi in ruolo dai giudici. Una soluzione che, in tempi di spending review, non sarà certo ben digerita dal Governo e dall’amministrazione chiamata a risparmiare pure con la salute degli inidonei.
Assunti a tempo indeterminato tredici docenti precari della scuola che, dopo aver iniziato il contenzioso nel 2009 al Tar Lazio per l'inserimento a pettine, lo avevano riassunto al Tribunale del lavoro di Palermo, con gli avvocati Ganci e Miceli, ottenendo l'immissione in ruolo.
"La decisione del Tribunale di Palermo è tanto più importante perché si accompagna a decine di sentenze emesse negli altri Tribunali d'Italia e a più di 400 ordinanze cautelari di analogo contenuto - dice l'Anief in una nota -. Aveva ragione l'Anief che, fin dall'estate scorsa, aveva chiesto esplicitamente al ministro Gelmini di chiudere in via transattiva il contenzioso dopo la sentenza della Corte Costituzionale che aveva riconosciuto l'illegittimità del divieto di trasferimento provinciale del personale precario voluto ostinatamente dalla Lega Nord".
"Dopo essere andati a cavillare sulle ferie non godute, bloccato il contratto di lavoro, stoppato gli aumenti di stipendio, attuato la perequazione delle pensioni, ora spunta l'ipotesi del blocco delle tredicesime: secondo alcuni 'sapienti' consiglieri del Governo sarebbe l'unico modo per evitare di aumentare di un punto percentuale l'Iva già dal prossimo mese di ottobre". Lo afferma in una nota l'Anief.
Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief, teme che "se queste sono le intenzioni, intorno alla metà di agosto, un momento in cui l'opinione pubblica sarà distratta, sarebbe facile per il Governo attuare questa ulteriore linea restrittiva nei confronti deglistipendi degli impiegati e dei dirigenti pubblici. Come già accaduto, del resto, in Grecia e in Spagna. Ma se le nostre previsioni dovessero avverarsi - avverte Pacifico – sarà inevitabile attuare un nuovo contenzioso, che non gioverà di certo alla stabilità sociale ed economica del Paese".
L'organizzazione sindacale è convinta che "anche in questo frangente così difficile, a livello nazionale ed internazionale, il Governo dovrebbe, anziché avventurarsi in iniziative che metterebbero in ginocchio milioni di famiglie e di conseguenza l'economia nazionale, pensare di adottare seriamente un piano di sviluppo economico che preveda la riconversione del sistema industriale ed economico del Paese".
"Mai come in questo momento di crisi - sostiene Pacifico – occorre puntare sulla valorizzazione del patrimonio culturale. L'esempio lo abbiamo in 'casa' nostra, perché ci viene dato dall'amministrazione della provincia autonoma di Trento. Dove lo sviluppo dell'indotto turistico permette di mantenere sempre un elevato standard di servizi sociali. Per questa ragione lancio un appello al ministro per lo Sviluppo Economico, Corrado Passera, perché si attivi per organizzare un piano di rilancio che vada in questa direzione. Qualora i dipendenti italiani dovessero, invece, ritrovarsi sotto l'ombrellone o al ritorno dalle vacanze con la tredicesima bloccata, avremmo assistito all'ennesimo provvedimento inutile adottato dal Parlamento senza alcuna riflessione sui suoi effetti devastanti: si sacrificherebbero infatti i cittadini italiani - conclude il sindacalista - sull'altare dei mercati finanziari".
Al Senato non fanno breccia gli emendamenti per evitargli il declassamento tra gli Ata e la penalizzazione previdenziale. Cisl: mandiamoli in pensione coi vecchi requisiti. Flc-Cgil: così si mortificano, servirebbe la dispensa dal servizio. Anief: impieghiamoli nelle biblioteche scolastiche. Lo Stato invece li metterà a sbrigare pratiche.
Mentre il Governo per i 3.500 pensionandi rimasti bloccati dalla riforma Fornero sembra aver trovato i fondi per concedere la deroga e salvare quelli che con il servizio fino ad agosto raggiungeranno "quota 96”, la commissione Bilancio del Senato sembrerebbe aver respinto l’emendamento che diversi schieramenti politici avevano chiesto di per salvare dal depennamento tra gli Ata di una quota analoga di docenti non più inidonei all’insegnamento.
Durante la giornata è stato così un crescere di comunicati sindacali, che tanto avevano spinto verso i parlamentari perché caldeggiassero l’emendamento salva idonei. Tutti colmi di delusione verso un governo insensibile per questa fetta di lavoratori che se trasferita d’ufficio tra gli Ata rischierebbe fortemente di aggravare le proprie problematiche di salute: se, infatti, un docente ha dei problemi a insegnare la materia che dovrebbe conoscere, per la quale ha acquisito un’abilitazione e vinto un concorso, come potrebbe trovarsi quando a settembre verrà posto dietro ad una scrivania ad occuparsi di pratiche didattiche o amministrative? Come se non bastasse, il passaggio tra il personale non docente produrrebbe anche riflessi negativi sull’assegno di pensione, poiché i contributi che lo Stato verserebbe sarebbero inferiori agli attuali.
Secondo Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, i segnali negativi che arrivano da Palazzo Madama confermerebbero una sorta di “accanimento sui docenti inidonei per motivi di salute. Non basta l’inquadramento forzoso in mansioni di tipo amministrativo, nei loro confronti è in atto una vera e propria discriminazione anche in materia previdenziale. Non si capisce perché il Governo si ostini a negare quello che consentirà a tutti i lavoratori pubblici in esubero, ossia la possibilità di andare in pensione in base ai requisiti precedenti la riforma Fornero. Sarebbe il minimo dovuto a chi ha rinunciato, a suo tempo, al diritto di andare in pensione per inabilità”. Il sindacalista rende pubblica una versione che se confermata avrebbe del clamoroso: il governo avrebbe “timore di dover sostituire con supplenti eventuali docenti inidonei che cessino dal servizio. Chi sostiene questa tesi, a dir poco stravagante, evidentemente non sa di cosa parla: mai e poi mai – sottolinea Scrima - si potrebbe ipotizzare la sostituzione di personale che non è più all’opera come docente ed è per questo collocato fuori dai ruoli. Ci auguriamo che equivoci così grossolani siano presto chiariti”.
L’appello della Cisl è anche quello della Flc-Cgil. Che tramite il suo segretario generale, Mimmo Pantaleo, per gli inidonei ha chiesto “la necessità di attivare la dispensa dal servizio. Non si può tollerare che si utilizzano docenti con gravi problemi di salute, accertati da visite fiscali, in funzioni di servizi amministrativi. Oltre a mortificare la dignità di quei docenti, la conseguenza – sostiene Pantaleo - sarebbe licenziare 3.500 lavoratori precari attualmente occupati da tanti anni in quelle mansioni creando ulteriori forti disfunzioni nel funzionamento delle scuole”.
Per l’Anief la soluzione sarebbe a portata di mano: impiegare questi lavoratori non più in grado di insegnare nelle “biblioteche esistenti nelle sedi di direzione degli istituti scolastici, dove quasi sempre il patrimonio culturale e librario non viene valorizzato proprio per mancanza di personale”. Una soluzione, quella prospettata dall’Anief, che non minerebbe nemmeno più di tanto la dignità degli inidonei. I quali rimarrebbero comunque nelle scuole, ma mantenendo un ruolo più vicino a quello primario: operare per gli studenti.
"Sono davvero troppo numerose le segnalazioni che giungono al sindacato sulle inesattezze presenti nei test a risposta multipla per accedere ai tirocini formativi attivi (Tfa) che in alcune classi di concorso hanno estromesso oltre il 95% dei partecipanti: per questo abbiamo incaricato i suoi esperti di verificare l'esattezza delle domande e delle risposte somministrate in questi giorni a diverse decine di migliaia di candidati". Lo fa sapere Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief.
"Abbiamo assistito alla somministrazione di quesiti con troppi errori, troppi nozionismi e poche certezze: occorre assolutamente fare chiarezza sulla qualità e la correttezza della gestione delle prove preparate dal Cineca e organizzate dal Miur", conclude l'Anief.
Secondo la confederazione Confedir e il sindacato Anief la tentazione del governo di bloccare le tredicesime dei dipendenti rimane ancora in piedi: "Troppo allettante sarebbe la tentazione di evitare di aumentare di un punto percentuale l'Iva, approvando il provvedimento a metà agosto, un momento in cui l'opinione pubblica sarebbe inevitabilmente distratta", sostiene Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief.
Secondo l'organizzazione sindacale i precedenti di Grecia e Spagna devono far riflettere: "Una scelta di questo genere metterebbero in ginocchio milioni di famiglie e l'economia nazionale. Mentre anche in questo frangente così difficile, anche a livello internazionale, la soluzione da adottare sarebbe quella di puntare su un piano di sviluppo economico che preveda la riconversione del sistema industriale ed economico del Paese".
"Mai come in questo momento di crisi - continua Pacifico - occorre puntare sulla valorizzazione del patrimonio culturale.
L'esempio lo abbiamo in 'casa' nostra, perché ci viene dato dall'amministrazione della provincia autonoma di Trento. Dove lo sviluppo dell'indotto turistico permette di mantenere sempre un elevato standard di servizi sociali. Per questa ragione lancio un appello al ministro per lo Sviluppo Economico, Corrado Passera, perché si attivi per organizzare un piano di rilancio che vada in questa direzione".
"Qualora i dipendenti italiani dovessero, invece, ritrovarsi sotto l'ombrellone o al ritorno dalle vacanze con la tredicesima bloccata, avremmo assistito all'ennesimo provvedimento inutile e adottato dal Parlamento senza alcuna riflessione sui suoi effetti devastanti: si sacrificherebbero infatti i cittadini italiani sull'altare dei mercati finanziari. In tal caso - conclude il sindacalista - sarà inevitabile attuare un nuovo corso contenzioso, che non gioverà di certo alla stabilità sociale ed economica del Paese".
Errori e refusi a go go, esclusi inferociti, sindacati pronti a ricorrere, esperti allibiti, corsi senza più candidati: la "feroce" pre-selezione per accedere ai tirocini abilitanti, con classi di concorso dov’è passato solo il 3% di candidati, sta confermando le difficoltà dell’amministrazione nel governare i concorsi. Secondo Luzzatto, il padre delle Ssis, urgono meccanismi di selezione credibili. Il Miur per ora tace. Ma come se ne esce?
“Non esisteva un programma ben definito a cui attingere per ‘ripassare’ (anche se con queste domande c'era ben poco da ripassare o studiare…) e i libri dei quiz in vendita (nonché le simulazioni) non davano minimamente l'idea di quelle che sarebbero state le domande, tanto di geografia (per la cui classe non c'era un testo dedicato) quanto di comprensione del testo. Spero che il CINECA riveda le risposte errate o dubbie che noi segnaliamo prima di dare la sentenza finale, non tanto perché è l'unico filo a cui possiamo aggrapparci ma per far sì che un concorso per futuri docenti (molti dei quali insegnano da anni e anni con titoli e pubblicazioni) non si trasformi in una presa in giro”. Per rendere l’idea del malcontento che aleggia sull’organizzazione delle prove pre-selettive all’accesso ai Tfa, ancora in corso di svolgimento, abbiamo estrapolato un passaggio esaustivo di una delle decine di lettere che la nostra redazione sta ricevendo ogni giorno sulla selezione che avrebbe dovuto portare circa 21mila corsisti a frequentare i primi Tfa aperti a tutti.
Il problema è che all’amarezza della selezione, tutt’altro che naturale (nella A036, dove confluiscono filosofi, psicologi, sociologi, pedagoghi e scienziati della comunicazione, hanno passato il primo “turno” selettivo appena 141 candidati su oltre 4mila partecipanti, con 8 atenei su 37 rimasti già senza più candidati), si è sommata la rabbia per essere stati sottoposti a quesiti particolarmente ostici. Ed in non pochi casi di dubbia correttezza. Tanto che il Miur è stato costretto già ad annullare alcune domande o a porsi seriamente il dubbio se mantenerle (per evitare il sempre più crescente rischio ricorsi). Come per un quesito in arabo e uno sulla grammatica transalpina. E che dire dello sconosciuto Amafinio, ignorato dai manuali di filosofia ma in questi giorni balzato agli onori di una cronaca che probabilmente non meritava? Di ora in ora la lista delle defaiance lunga. Sembra che si sia confusa la Comunità Europea con il Consiglio d’Europa. Una famosa opera di Dino Buzzati mutata da “Qualcosa era successo” a “Qualcosa era accaduto”.
L’Anief, il sindacato dl ricorso “facile”, ha già fatto sapere, dopo aver “ricevuto davvero troppo numerose le segnalazioni”, di aver “incaricato i suoi esperti di verificare l’esattezza delle domande e delle risposte somministrate in questi giorni a diverse decine di migliaia di candidati”. Secondo il suo presidente, Marcello Pacifico, “abbiamo assistito alla somministrazione di quesiti con troppi errori, troppi nozionismi e poche certezze: occorre assolutamente fare chiarezza sulla qualità delle correttezza della gestione delle prove preparate dal Cineca e organizzate dal Miur”.
Il problema, al di là degli errori o dei refusi, è anche un altro. Di approccio generale. A riassumerlo è un’altra nostra lettrice, aspirante docente nelle superiori, che ha tentato il test per accedere ai Tfa abilitanti della classe di concorso A072 (Topografia): “esprimiamo il nostro disappunto relativamente alla natura delle domande in esso contenute. Il test è stato incentrato su due o tre argomenti che in pratica non vengono trattati nelle scuole (geometri ed istituti agrari) se non in forma assolutamente marginale, ignorando completamente invece quelli che sono il corpo e le assi portanti della materia”.
Sarebbe il caso di sapere, a questo punto, il pensiero del Miur. Sinora è trapelato solo qualche commento. Tra l’altro tutt’altro che esaustivo: da viale Trastevere si limitano a dire che ci troviamo di fronte a “risultati non fisiologici”. Tra qualche ora si riunirà una commissione di esperti al Miur: verificherà caso per caso le decisione di prendere. Ma è difficile, francamente, che possano sciogliere una matassa che giorno dopo giorno, selezione dopo selezione, sta diventando sempre più intrecciata. Ricorsi a parte, resta da capire cosa accadrà nelle decine di Facoltà universitarie dove si era organizzata la “macchina” per far partire i corsi, si erano preparati i programmi e si erano selezionati i docenti. Solo che ora manca la materia prima: i corsisti.
Per certi versi, sembra quasi ripercorrere quello che accaduto con le prove che hanno portato alla nomina dei dirigenti scolastici. Con viale Trastevere che ha tirato dritto e che ora si ritrova con diverse regioni con i vincitori di concorso su cui pendono le sentenze dei Tar tutt’altro che rassicuranti.
Per comprendere l’entità del pasticcio venutosi a creare, chiudiamo con il commento di Giunio Luzzatto, docente dell’Università di Genova e “padre” delle Ssis, che dalle pagine dell’Unità ha detto che queste selezioni rappresentano “una selezione del tutto irrazionale. L’elaborazione dei dati, svolta per le prime 5 classi da Francesco Coniglione sul sito www.roars.it, mostra quanto segue. La percentuale di candidati sufficienti ha come estremi l’81% (lingua araba) e il 3,5% (filosofia e pedagogia), mentre per le altre 3 classi varia tra il 25% e il 36%. Poiché non è credibile che vi siano tali enormi differenze nella qualità della preparazione fornita ai laureati delle diverse discipline”, l’accademico sostiene che “non si è stati capaci di tarare correttamente l’insieme dei quesiti (erano disponibili 3 minuti per quesito). Occorre che, anche in sede politica, si rifletta sulla situazione qui descritta e si propongano, per il futuro, adeguati correttivi. Proprio perché vogliamo docenti qualificati dobbiamo pretendere che i meccanismi di selezione siano credibili; altrimenti di dà spazio a chi vuole le chiamate dirette degli amici da parte delle scuole, o simili”.
Protestano le organizzazioni sindacali della scuola per l'assenza del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, al tavolo di confronto fissato stamattina a Palazzo Vidoni con le parti sociali. A sostenerlo, in una nota congiunta, sono i sindacati Confedir e Anief, dopo l'accoglimento solo parziale degli emendamenti chiesti dalle organizzazioni per calmierare gli effetti della spending review sull'istruzione pubblica e su coloro che dovranno governarla nei prossimi anni scolastici.
"Il confronto con il ministro avrebbe rappresentato la possibilità di comunicargli gli effetti nefasti che l'attuazione dei provvedimenti approvati dal Cdm farebbe riversare sul mondo dell'istruzione pubblica e sui suoi dipendenti": secondo Michele Poerio, segretario organizzativo della Confedir, "dispiace dovere ancora una volta osservare che il governo dei tecnici ignora le esigenze della scuola e dei dirigenti dello Stato: dopo questo ennesimo mancato confronto possiamo dire che non siamo stati infatti mai consultati sul provvedimento in esame ora al Senato".
Deluso anche Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief: "contestiamo l'assenza del governo in un momento in cui - ha detto Pacifico - sarebbe stato veramente importante ascoltare tutti, in particolare per attuare un approfondimento del sugli emendamenti accantonati e presentati dai sindacati".
Confedir e Anief, si legge in una nota, "prendono atto che la commissione Bilancio del Senato ha di fatto accantonato alcuni degli emendamenti proposti. Mentre ha dato il suo accoglimento alle modifiche sulla deroga per mandare in pensione il personale che ha raggiunto quota 96, quindi con le vecchie regole, e la monetizzazione dei giorni di riposo non assegnati ai supplenti.
Sugli altri emendamenti, infine, sempre presentati in commissione tramite il sindacato, si attende la votazione".
Le organizzazioni sindacali della scuola si dicono "fortemente deluse" per l'assenza del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, al tavolo di confronto fissato stamattina a Palazzo Vidoni con le parti sociali: secondo i sindacati Confedir e Anief, "dopo l'accoglimento solo parziale degli emendamenti chiesti dalle organizzazioni per calmierare gli effetti della spending review sull'istruzione pubblica e su coloro che dovranno governarla nei prossimi anni scolastici, parlare al Ministro sarebbe stato molto importante".
"Sono convinti - prosegue la nota - che avrebbe rappresentato la possibilità di comunicargli gli effetti nefasti che l'attuazione dei provvedimenti approvati dal Cdm farebbe riversare sul mondo dell'istruzione pubblica e sui suoi dipendenti". Secondo Michele Poerio, segretario organizzativo della Confedir, "dispiace dovere ancora una volta osservare che il governo dei tecnici ignora le esigenze della scuola e dei dirigenti dello Stato: dopo questo ennesimo mancato confronto possiamo dire che non siamo stati infatti mai consultati sul provvedimento in esame ora al Senato".
Deluso anche Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief: "contestiamo l'assenza del governo in un momento in cui - ha detto Pacifico - sarebbe stato veramente importante ascoltare tutti, in particolare per attuare un approfondimento del sugli emendamenti accantonati e presentati dai sindacati".
Confedir e Anief prendono atto che "la commissione Bilancio del Senato ha di fatto accantonato alcuni degli emendamenti proposti. Mentre ha dato il suo accoglimento alle modifiche sulla deroga per mandare in pensione il personale che ha raggiunto quota 96, quindi con le vecchie regole, e la monetizzazione dei giorni di riposo non assegnati ai supplenti".
La decisione giunta dopo che il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha disertato l’incontro del 25 luglio con le parti sociali: lunedì la legge sarà già stata votata dal Senato, senza la possibilità di un confronto preventivo coi sindacati e senza si sia potuto discutere dell'applicazione dell'accordo del 3 maggio. Duro anche il giudizio della Confedir.
Sulla spending review il governo tiene duro. E i sindacati affilano le armi, ricorrendo all’iniziativa più insidiosa a loro disposizione: lo sciopero. Ad annunciarlo sono state Cgil e Uil, al termine di un incontro sostanzialmente fallimentare tenuto a Palazzo Vidoni la mattina del 25 luglio. Il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha infatti disertato il confronto con le organizzazioni sindacali e le parti sociali. E la cosa non è andata già ai sindacati.
La Cgil, dopo aver appreso dell'assenza del ministro Patroni Griffi all'incontro, è intervenuta esprimendo, con una nota del segretario nazionale, Nicola Nicolosi, e i segretari generali della Fp e Flc, Rossana Dettori e Domenico Pantaleo, "tutta la propria contrarietà e ricordando che sul tavolo del confronto c'è l'applicazione dell'accordo del 3 maggio scorso, ad oggi del tutto congelato" e ha osservato che "per le implicazioni e le scelte che deve compiere, il tavolo deve essere politico, nel quale il Ministero deve essere presente al massimo livello di autorevolezza, per provare a costruire le condizioni che portino a modifiche dell'impostazione della spending review".
"Nei prossimi giorni la Cgil – continua il sindacato confederale - valuterà la predisposizione di un calendario di iniziative di mobilitazione, sul quale verificare la disponibilità degli altri sindacati, a partire dallo sciopero generale delle categorie del lavoro pubblico di Cgil e Uil per fine settembre".
Inoltre, sempre sull'assenza di Patroni Griffi, i tre dirigenti della Cgil fanno notare che "tale scelta costituisce oggettivamente una mortificazione delle relazioni sindacali, e che il tavolo, in questa formazione, non ha ragione di essere".
Infine, sull'ipotesi di una nuova convocazione per lunedì, la Cgil esprime "un giudizio profondamente negativo su tale iter, visto che lunedì prossimo la spending review sarà già stata votata dal Senato, senza la possibilità di un confronto preventivo con i sindacati e senza che si sia potuto discutere dell'applicazione dell'accordo del 3 maggio".
Sulla mancata presenza di Patroni Graffi all’incontro con le parti sociali hanno avuto da ridire anche altre organizzazioni: secondo Michele Poerio, segretario organizzativo della Confedir, “dispiace dovere ancora una volta osservare che il governo dei tecnici ignora le esigenze della scuola e dei dirigenti dello Stato: dopo questo ennesimo mancato confronto possiamo dire che non siamo stati infatti mai consultati sul provvedimento in esame ora al Senato”.
Deluso pure Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief: “contestiamo l'assenza del governo in un momento in cui – ha detto Pacifico - sarebbe stato veramente importante ascoltare tutti, in particolare per attuare un approfondimento del sugli emendamenti accantonati e presentati dai sindacati”.
La decisione di fare ricorso all’organo di rilievo costituzionale è stata presa dall’Anief: il sindacato ha scoperto, attraverso un regio decreto, che è di sua competenza stabilire il “decreto di collocamento a riposo”. Tesi confermata dal magistrato contabile.
Si pronuncerà anche la Corte dei Conti sulla decisione del Governo di negare la pensione ai circa 3.500 dipendenti della scuola che maturano i requisiti per lasciare il lavoro il prossimo 31 agosto – attraverso il conseguimento della cosiddetta “quota 96”, tra età anagrafica e contributi lavorativi - non derogandoli delle nuove disposizioni contenute nella riforma Monti-Fornero. A tirare in ballo l’organo di rilievo costituzionaleè il sindacato Anief, dopo aver scoperto che la competenza in materia è affidata alla magistratura contabile attraverso il regio decreto 1214/1934: nell’art. 62 si indica, in effetti, che “contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione a carico totale o parziale dello Stato è ammesso il ricorso alla competente sezione della Corte, la quale giudica con le norme di cui agli articoli seguenti. Alla medesima sezione sono devoluti anche tutti gli altri ricorsi in materia di pensione, che leggi speciali attribuiscono alla Corte dei conti, nonché le istanze dirette ad ottenere la sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo o in riforma e dichiari essersi verificate nell'impiegato dello Stato o nel militare le condizioni dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione, assegno o indennità”.
Quanto riportato dal regio decreto, mai decaduto, è stato confermato dal magistrato contabile Pino Zingale durante la III Scuola estiva di formazione dei quadri sindacali Anief, svoltasi lo scorso fine settimana ad Arborea (Oristano). Durante il suo intervento, Zingale, che è delegato al controllo sulla gestione finanziaria dell’Agenzia del demanio, si è soffermato sul ruolo della Corte dei conti nell’attuale ordinamento giudiziario italiano: “la Corte dei Conti – ha detto il magistrato - svolge attività di garanzia sul contenzioso giudiziario, azione di controllo preventivo e si occupa, come competenza aggiunta, anche di processi pensionistici”.
Per quanto riguarda il ruolo di verifica della responsabilità amministrativa, Zingale ha poi sottolineato che le verifiche dell’organo di rilievo costituzionale riguardano anche “idanni patrimoniali che si arrecano ai dipendenti della pubblica amministrazione” e che la stessa “deve quindi risarcire”. Il magistrato ha infine spiegato che “la riforma del 1994 ha cambiato moltissimo la responsabilità amministrativa”, la quale oggi infatti “non mira più a risarcire quanto a sanzionare il comportamento” dell’amministrazione “verso i pubblici dipendenti”.
Alla luce di questa doppia presa di conoscenza giuridica, l’Anief ha quindi deciso di cambiare strategia. Abbandonando in extremis la linea del ricorso-istanza al giudice del lavoro: come spiegato dallo stesso sindacato, entro fine luglio le impugnative, anche quelle che arriveranno all’ultimo momento, verranno inviate alle rispettive Corti regionale. Non tutti coloro che si sentono danneggiati dalla riforma pensionistica Monti-Fornero potranno però aderire: “unica condizione per inoltrare la domanda al magistrato contabile – spiega l’Anief - è aver presentato domanda di pensionamento entro la data prevista dal Miur e aver ricevuto diniego alla stessa”.
Viene ora da chiedersi cosa potrebbe accadere se la Corte dei Conti dovesse dare ragione in corso d’anno alle centinaia di ricorrenti hanno impugnato la mancata deroga per andare in pensione con i vecchi requisiti: lascerebbero il servizio immediatamente oppure rimarrebbero dietro la cattedra sino alla fine dall’anno scolastico? Una soluzione, quest’ultima, che eviterebbe un piccolo “terremoto” didattico. Ma renderebbe ancora più amara la sconfitta per lo Stato, che sarebbe costretto a pagare indennizzi ancora più salati. Soprattutto se la decisione dell'Anief di rivolgersi alla Corte dei Conti dovesse essere presa anche dagli altri sindacati.
Il grido d'allarme delle province sulla necessità di attuare emendamenti alla spending review per salvare la scuola italiana è solo l'ultimo di una lunga serie: a sostenerlo è il sindacato Anief, che ha presentato in Senato una serie di emendamenti, da attuare a costo zero, che salverebbero il comparto e i suoi lavoratori da provvedimenti iniqui e da quei tagli che metterebbero a rischio l'avvio del nuovo anno scolastico.
A presentare tutte le modifiche del giovane sindacato alla V Commissione del Senato, la quale oggi ha iniziato le votazioni in merito, è stato il sen. Salvo Fleres (Gruppo coesione nazionale-Grande Sud). Ma anche il sen. Mario Pittoni (Lega), che si è fatto promotore dell'emendamento sulle pensioni del personale scolastico.
Sensibilità è stata dimostrata da parte dei senatori dell'Italia dei Valori e del Pd, riguardo le ferie non godute dai precari. Mentre alcuni emendamenti sono stati avallati dal Partito Democratico: quello sulla finestra per le pensioni del personale inidoneo, per l'utilizzo in organico funzionale degli insegnanti di laboratorio e la finestra per le pensioni di tutto il personale della scuola.
"Ancora una volta - ha commentato il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - tra le 2mila proposte di modifica e la cinquantina che riguardano la scuola, una decina saranno quelle proposte dal nostro sindacato specializzato in legislazione scolastica e diritto. L'Anief non può che ringraziare i senatori per aver accolto le proprie richieste e a questo punto invita il Parlamento ad approvare rapidamente gli emendamenti illustrati, al fine di dare risposte positive per migliorare la vita della scuola e la professionalità dei suoi operatori, prima della fiducia".
Queste, in sintesi, le 10 proposte di emendamento presentate dall'Anief per "risparmiare milioni di euro senza distruggere il merito": stabilizzare i precari, abolire la trattenuta Enam, salvare la professionalità di inidonei e Itp, garantire indennità di reggenza ai vicari, aprire una "finestra" sulle pensioni, salvare l'assegnazione provvisoria a neo- assunti e le ferie dei precari, istituire un albo dei ricercatori universitari, sfoltire i processi in corso.
Stabilizzare i precari, abolire la trattenuta Enam, salvare la professionalità di inidonei e Itp, garantire indennità di reggenza ai vicari, aprire una "finestra" sulla pensioni, salvare l'assegnazione provvisoria a neo-assunti e le ferie dei precari, istituire un albo dei ricercatori universitari, sfoltire i processi in corso. Sono le 10 Le proposte di emendamenti alla spending review del sindacato Anief presentate per "risparmiare milioni di euro senza distruggere il merito" e approdate in Parlamento.
A farsi carico delle modifiche, che secondo l'Anief "a costo zero salverebbero il comparto e i suoi lavoratori da provvedimenti iniqui e da tagli che metterebbero a rischio l'avvio del nuovo anno scolastico, come oggi rilevato dai rappresentanti delle province dell'Upi", sono stati alcuni parlamentari della V Commissione del Senato.
"Ancora una volta - ha commentato il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - tra le 2mila proposte di modifica e la cinquantina che riguardano la scuola, una decina saranno quelle proposte dal nostro sindacato, specializzato in legislazione scolastica e diritto. L'Anief non può che ringraziare i senatori per aver accolto le proprie richieste e a questo punto invita il Parlamento ad approvare rapidamente gli emendamenti illustrati, al fine di dare risposte positive per migliorare la vita della scuola e la professionalità dei suoi operatori, prima della fiducia".
La prova scritta per aspiranti dirigenti degli istituti considerata irregolare. Sospesa, quindi, la nomina dei vincitori.