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Pubblicata la “classifica” del costo medio dei dipendenti dei ministeri: con 39.436 euro, le retribuzioni degli insegnanti e del personale del Miur sono di gran lunga le più basse. La minore spesa, derivante dai tagli agli organici, blocco del turn over e dal blocco del contratto, ha prodotto una riduzione delle spese per il personale del 2,21%, pari a 1.689.941.000 euro. Pacifico (Anief-Confedir): ora è ufficiale, gli effetti dei tagli al pubblico impiego hanno portato solo a un impoverimento dei suoi dipendenti e ad un ridimensionamento progressivo dei servizi offerti.

Nel pubblico impiego c’è una categoria professionale che più delle altre ha motivo di lamentarsi per avere a fine mese delle buste paga sempre più modeste: sono gli insegnanti e il personale del Miur, i quali nel 2012 hanno percepito mediamente 39.436 euro, contro i 43.533 dei colleghi del ministero del Lavoro, i 48.296 di quelli del ministero delle Politiche agricole e i 57.799 euro del ministero della Salute. La “classifica” è stata realizzata dalla Ragioneria generale dello Stato, che ha anche rilevato una riduzione complessiva per la spesa dei dipendenti pubblici del 2,21%.

Si tratta di un risparmio considerevole, che corrisponde a 1.689.941.000 di euro, alla cui formazione hanno contribuito “in modo determinante – ha spiegato la Ragioneria generale – i costi per le retribuzioni che presentano una contrazione del 2,13%, pari a 1.590.181.000 di euro. E su questo capitolo di spesa pesa tantissimo il risparmio - derivante dai tagli agli organici, blocco del turn over e dal blocco del contratto – applicato “al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, che pur presentando una riduzione poco significativa a livello di amministrazione (1,92%), riconducibile ad una diminuzione degli anni-persona, incide significativamente sul totale costi delle Amministrazioni centrali”.

Secondo il sindacato, queste indicazioni dimostrano che lo Stato italiano ha deciso di far quadrare i conti, applicando una rigorosa stagione di spending review, principalmente sulla “pelle” dei dipendenti pubblici. Ma, in particolare, facendo pagare il prezzo più salato di questa azione ai lavoratori della scuola. E, per riflesso, alla qualità del servizio di istruzione che ne deriva.

“I risparmi di spesa, piuttosto che essere indirizzati sui costi della politica, sulle consulenze e sugli strumenti che forniscono i servizi – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola e i quadri – si abbattono orami sistematicamente per una precisa scelta dei governanti sugli stipendi del personale del pubblico impiego. Che, infatti, dal 2010 sono stati bloccati. Ma i veri ‘agnelli sacrificali’ sono gli insegnanti ed il personale non docente della scuola, a cui la legge ha sottratto gli scatti automatici, i quali corrispondono alla loro unica strada per accedere a degli incentivi legati alla carriera”.

Su proposta del Governo Monti, in questi giorni il Parlamento sta verificando la possibilità di prorogare il blocco degli stipendi pubblici sino a tutto il 2014. Grazie all’azione della Confedir, però, in settimana la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha mosso seri dubbi di applicabilità di questa operazione. Anche sulla scorta delle censure mosse dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 223 dell’ottobre del 2012 ha messo in evidenza come i sacrifici onerosi imposti dal legislatore, caratterizzati dalla necessità di recuperare l’equilibrio di bilancio in momenti delicati per la vita economico-finanziaria del Paese, non debbano mai travalicare il carattere originario di eccezionalità e temporaneità dell’intervento proposto.

È significativo che sempre la Commissione Affari Costituzionali di palazzo Madama abbia auspicato “che la presente proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali costituisca l'ultimo intervento di contenimento di spesa a discapito di una categoria sociale - quella dei dipendenti pubblici - già fortemente colpita da un progressivo processo di oggettivo impoverimento”.

“Purtroppo l’impoverimento rilevato dai senatori – conclude Pacifico – è lo stesso rilevato dalla Ragioneria generale dello Stato: è evidente che ormai gli effetti dei tagli al pubblico impiego si sono tradotti solamente in un ridimensionamento progressivo degli stipendi dei suoi dipendenti e dei servizi offerti”.

 

Pacifico (Anief-Confedir): è un passaggio ineludibile per garantire il tempo pieno e rilanciare l’apprendistato.

“Aprire le scuole al territorio, lasciando che vengano frequentate il pomeriggio, sino alla sera, non è un’impresa facile: se anche il ministro Carrozza non vuole limitarsi alla politica degli annunci dei suoi predecessori, allora provveda a ripristinare gli organici dell’anno scolastico 2005/06”. A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola e ai quadri, dopo che il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza è tornato a ribadire la volontà di vincere la dispersione cominciando “a tenere aperte le scuole anche di pomeriggio”.

“L’unico modo per tornare ad un modello di scuola valido e competitivo – sostiene Pacifico – è quello di ripristinare quel tempo pieno e prolungato che tutto il mondo ci invidiava prima che il duo Gelmini-Tremonti lo cancellasse attraverso la legge 133 de 2008. Contemporaneamente, occorre promuovere una seria riforma dell’apprendistato. Solo in questo modo, con queste due novità, sarà possibile tornare a dare alla scuola il ruolo centrale di formazione delle nuove generazioni e di apprendimento permanente per gli adulti”.

Il sindacato ritiene giusto aprire gli istituti scolastici di pomeriggio, facendoli così diventare dei poli di riferimento e di crescita per la cittadinanza. Ma occorrono strumenti, risorse ed un’adeguata quantità di personale. Mentre negli ultimi cinque anni sono stati tagliati 200mila docenti e Ata. Senza di loro sarebbe impossibile organizzare dei turni, anche solo di didattica alternativa, di assistenza e sorveglianza, oltre l’attuale orario curricolare.

Pensare di procedere verso un rilancio del settore dell’istruzione, senza rivedere un’organizzazione diversa in termini di risorse e strumenti, comporterebbe invece un sicuro fallimento. Lo stesso che ha portato negli ultimi anni a ridurre sensibilmente sia il tempo scuola curricolare, sia quello extra curricolare, limitando sempre più le iniziative di accompagnamento di crescita degli alunni. E rimandando, nel contempo, il progetto di miglioramento delle esperienze di apprendistato, passaggio ineludibile per il salto qualitativo del sistema di alternanza scuola-lavoro.

“Tutte le ricerche realizzate per ridare slancio all’occupazione – continua Pacifico – passano per una formazione di alto livello, arricchita da esperienze di lavoro. È l’unico modo per combattere quella piaga della disoccupazione, che tra i giovani ha toccato il 40%. Per questi motivi – conclude il rappresentante Anief e Confedir - il sindacato si attende dal Ministro che il primo vero provvedimento a favore della scuola sia quello di tornare agli organici di otto anni fa: passaggio ineludibile per un apprendimento delle competenze finalmente adeguato al mercato professionale moderno”.

 

Lotta all'abuso dei contratti a termine; uguaglianza di accesso per uomini e donne; investimenti per educazione scolastica, apprendistato, ricerca universitaria e patrimonio culturale. Ma non serve modificare la Costituzione.

Nel giorno della Festa della Repubblica italiana, Anief e Confedir indicano al Governo la strada per recuperare il senso e il fine della sua stessa ragion d’essere: il diritto al lavoro. Perché il lavoro è un diritto-dovere, l'essenza stessa della nostra italianità ovvero della nostra umanità. E la Repubblica deve rimuovere ogni ostacolo che si frappone alla sua ricerca e al suo accesso. Per tornare ad essere un Paese competitivo occorre allora prima di tutto invertire la tendenza dei sempre più preoccupanti dati Istat sulla disoccupazione, con il numero di chi cerca lavoro che in cinque anni è quasi raddoppiato, attestandosi all'11,7% e sfiorando il 40% tra i più giovani.

Sono tre i passaggi chiave da attuare per salvare il lavoro: rimuovere tutti gli ostacoli per la sua ricerca, promuovendo sanzioni severe contro l'abuso dei contratti a termine; garantire l'uguaglianza sostanziale dei cittadini nel suo accesso e nelle pari opportunità tra uomini e donne, sempre nel rispetto del merito; investire nell'educazione scolastica, nell'apprendistato, nella formazione e nella ricerca universitaria iniziando con l’approvazione di un vasto piano di sviluppo economico legato al patrimonio culturale.

“Solo promuovendo questi tre percorsi, attraverso il sostegno normativo e le risorse necessarie – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola e ai quadri – sarà possibile pianificare uno stato sociale che tenga conto dei diritti democraticamente acquisiti. E attuare quel patto generazionale che, dalla sanità alla previdenza, rispetti e non sovverta i principi costituzionali”.

“In questo giorno particolare – continua il sindacalista Anief-Confedir –, di fronte alla perdita del potere di acquisto degli stipendi giunto ai livelli di venticinque anni addietro, al progressivo aumento dell'età pensionabile con assegni ridotti della metà, l’impennata della disoccupazione giovanile e gli alti tassi di abbandono degli studi, bisogna riflettere seriamente. Ed impegnarsi a trovare soluzioni che non mortifichino gli ideali su cui si fonda la Repubblica. Perché più che modificare la Costituzione, rischiando di tradirne valori e capisaldi, bisogna pensare – conclude Pacifico - a programmare la crescita del Paese”.

 

Dimensionamento – Anief: non c’è nulla di che essere soddisfatti, come stanno facendo alcuni sindacati: il prossimo anno si perderanno altre 500 scuole e migliaia di docenti e Ata verranno collocati in soprannumero. Si tratta di provvedimenti illegittimi, perché derivanti dalla sparizione o dall’accorpamento di istituti che per la Corte Costituzionale dovevano rimanere autonomi: per questo li impugneremo.

Altro che sedi scolastiche recuperate: l’unica verità è che il prossimo anno avremo altri 500 istituti in meno. E rispetto al periodo precedente all’approvazione della Legge 111/2011 sul dimensionamento, ne mancano all’appello almeno 1.400. Anziché battersi in tutte le sedi per disapplicare quella norma che obbliga a chiudere o accorpare gli istituti con meno di mille alunni, perché bocciata dalla sentenza della Consulta n. 147 del 7 giugno 2012, nelle ultime ore alcuni sindacati hanno assunto quasi posizioni di conquista. Come se lo Stato avesse deciso finalmente di rispettare le proprie leggi sulla formazione degli istituti scolastici, mai decadute, a partire dai criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998.

“In tempi non sospetti, all’inizio del corrente anno scolastico – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief - avevo scritto ai Governatori delle Regioni richiamandoli al rispetto dei criteri generali fissati dal quel D.P.R. e dal D.P.R. 81/09 sulla materia concorrente con lo Stato nella rideterminazione della rete scolastica. Ma le Regioni non ne hanno voluto sapere: invece di riattivare i vecchi decreti assessoriali emanati prima dell’applicazione della norma cancellata dal nostro ordinamento, hanno disposto dei provvedimenti illegittimi, sia perché basati su parametri reputati incostituzionali sia perché prodotti in modo unilaterale. Dimenticando infatti, prima di approvarli, di consultare lo Stato”.

A rendere ancora più drammatica la situazione è che assieme alla sparizione degli istituti autonomi, proprio in questi giorni migliaia di docenti e Ata stanno ricevendo (o presto riceveranno) la comunicazione di soprannumerarietà a seguito dell’incrocio delle graduatorie d’istituto, appena pubblicate, con i dati in ribasso riguardanti gli organici del prossimo anno scolastico. Vale la pena ricordare che questo stato, l’essere considerati in soprannumero, comporta, a seguito dell’approvazione della spending review, l’obbligo ad essere trasferiti d’ufficio, su posti vacanti, ma qualora questi non vi siano nella propria provincia di titolarità, anche in una regione diversa rispetto a quella di appartenenza. E per chi si oppone scatterà anche la “punizione”: il declassamento professionale o, peggio ancora, la cassa integrazione con rischio di licenziamento.

A tal proposito, Anief conferma che, come già annunciato per i Direttori dei servizi generali ed amministrativi, sta predisponendo i ricorsi avverso tutti quei provvedimenti di dimensionamento che stanno producendo gli illegittimi stati di soprannumerarietà anche per dirigenti scolastici, docenti (compresi gli itp provenienti dagli ex Enti Locali), amministrativi, tecnici e ausiliari.

Chi intende ricevere le istruzioni operative per ottenere la salvaguardia del proprio posto di lavoro, ha ancora la possibilità di inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. indicando nell’oggetto la rispettiva voce: “dsga”, “ata”, “docente”, “dirigente”.

 

DSGA – Il Miur non cambia registro: anche nel prossimo anno scolastico è intenzionato, con l’avallo dei sindacati che siedono al tavolo delle contrattazioni, a collocare in esubero i Direttori dei servizi generali ed amministrativi “vittime” del dimensionamento scolastico da tempo considerato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Anief non lo permetterà.

In vista della formazione degli organici del prossimo anno scolastico, Anief invita l’amministrazione scolastica a rivedere la posizione che penalizza i DSGA diventati soprannumerari a seguito del dimensionamento scolastico: la sentenza della Consulta n. 147 del 7 giugno 2012 ha infatti reputato incostituzionale la norma voluta dal Parlamento che ha soppresso almeno 1.500 istituti scolastici: in particolare ha abrogato l'articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, nella parte che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi di scuole d'infanzia, primaria e medie con meno di mille alunni.

Tale abrogazione ha comportato, come noto, il ripristino dei criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998, la cui applicazione garantisce comunque la collocazione di questo personale in uno stato di titolarità. E non di certo il loro posizionamento in esubero. Con tutte le conseguenze, professionali e personali, che ne derivano.

Il Miur, invece, con l’avallo dei sindacati nazionali con cui sta svolgendo la contrattazione, da cui scaturirà il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, continua incredibilmente a considerare questi Dsga in posizione di soprannumerarietà. Come se il dimensionamento deciso durante l’ultimo Governo Berlusconi fosse stato legittimo.

"Quella sentenza dei giudici – commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - oltre a ripristinare il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, aveva inviato un chiaro segnale verso il Governo. Oltre che verso l’amministrazione. E reso vano il tentativo di calpestare il diritto dei lavoratori, costituzionalmente protetto, al mantenimento del posto. L’Anief non ci sta e difenderà sino all’ultimo i diritti di questa categoria di lavoratori della scuola: il sindacato ha da tempo attivato le procedure per ricorrere al Tar del Lazio e ottenere giustizia”.

Per ricevere le istruzioni operative per ottenere la salvaguardia del posto di lavoro come DSGA, è ancora possibile inviare una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. indicando nell’oggetto la voce “dsga”.

 

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