Varie

La stima è della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che ha commissionato una ricerca su 5.200 docenti sui 7.400 della provincia trentina: contraddicendo le dicerie sulla professione, chi insegna lavora in media 1.643 ore annue, esattamente il doppio delle 18 ore di lezione alle superiori. Il motivo sta nella mole di impegni extra, come la preparazione e la correzione dei compiti, i colloqui con le famiglie, la stesura delle relazioni e dei registri.

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): ora che è scientificamente provato l’impegno lavorativo extra dei docenti, perché il loro stipendio rimane di un terzo inferiore di chi non è laureato, abilitato e spesso nemmeno vincitore di dure selezioni pubbliche? Anche in Spagna sanno bene che per valorizzare una professione così preziosa bisogna partire dall’adeguamento della busta paga base. Poi ci si lamenta perché abbiamo sempre meno iscritti all’Università.

Gli insegnanti italiani svolgono un’enorme mole di lavoro sommerso: lavorano in media 1.643 ore annue, che equivalgono ad un normale impiego a tempo pieno, pari a circa 36 ore a settimana per 45 settimane l’anno. Peccato che guadagnano un buon 30% in meno di altre categorie, anche non intellettuali, come gli operai specializzati. Il dato è contenuto in un’ampia ricerca commissionata della Giunta provinciale dell'Alto Adige, che è andata a indagare sull’impegno lavorativo annuale di 5.200 insegnanti su 7.400 complessivi della provincia trentina.

La ricerca ha fatto emergere che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). Ma soprattutto, la ricerca ha fatto emergere che il lavoro “oscuro”, la metà delle 1643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni. Oltre che per la formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese.

La rivista specializzata Orizzonte Scuola ha provato a quantificare quanto vale il lavoro sommerso degli insegnanti. “Considerando che un'ora dovrebbe essere retribuita 17,50 euro, il lavoro ‘silenzioso’ per ogni docente ha un valore pari a circa 14mila euro annue. Calcolo approssimativo che non tiene conto di diversi fattori, a partire dai diversi gradi di scuola, ma che fornisce un'idea del fenomeno. Se proprio vogliamo parlare di merito – continua la rivista - partiamo dal riconoscimento del lavoro sommerso. In fondo era uno dei punti del programma del Partito Democratico in campagna elettorale, quando l'ex responsabile scuola del PD prometteva più soldi a chi corregge i compiti a casa".

“Il problema – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - è che nell’opinione pubblica prevale l’idea del docente che svolge solo le ore frontali con gli alunni. Ma questo errore di fondo lo fa anche il Ministro Giannini quando dice che vuole presentare un nuovo contratto con aumenti solo legati al merito. Come si fa a fare una proposta del genere quando tutti gli insegnanti hanno di fatto lo stipendio fermo dal 2009 e corroso dall’inflazione che nel frattempo ha corso di più di 4 punti percentuali? E cosa diciamo ai nostri insegnanti quando ci dicono che a fine carriera un collega dell’area Ocde guadagna il 30% in più, pari a quasi 8mila euro l’anno?”.

A proposito di confronto internazionale, solo alcuni giorni fa ANSA-Centimetri, ha prodotto una tabella, pubblicata da ‘The social post’ utilizzando gli ultimi dati del Rapporto Eurydice 2013: è stato messo a confronto lo stipendio degli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori in Italia con quello dei pari grado in altri paesi europei. Il risultato è a dir poco disarmante: in Svezia le buste paga dei docenti sono ben oltre il doppio di quelle dei nostri, la Francia ci sovrasta, la Germania non è nemmeno paragonabile ed anche la martoriata Spagna assicura ai propri insegnanti stipendi molto più dignitosi di quelli assegnati a chi sta dietro alla cattedra nel nostro Paese.

Ora però, dopo aver preso atto dei risultati della ricerca commissionata dalla Giunta provinciale dell'Alto Adige, sappiamo che non dobbiamo andare oltre confine per assistere a certe sperequazioni. Lo studio trentino ci dice infatti che non è nemmeno più giustificabile dire che un insegnante guadagna poco perché lavora poco. Conti alla mano, si è dimostrato che considerando le ore di impegni extra, svolti a scuole e a casa, fare l’insegnante non comporta alcun vantaggio a livello di tempo lavorativo.

“La realtà è che mentre i rappresentanti dei governi che si succedono – continua il sindacalista Anief-Confedir – continuano a parlare di rilancio della scuola e della professione del docente, gli altri comparti di lavoro ottengono contratti più vantaggiosi. Mentre il pubblico impiego rimane fermo a seguito dell’approvazione della riforma Brunetta del 2009, che non prevede più aumenti legati alle Leggi Finanziarie. Con questo andare, inoltre, si manda un messaggio sbagliato alle nuove generazioni: a cosa serve laurearsi, specializzarsi, abilitarsi all’insegnamento, vincere i pubblici concorsi se poi un diplomato che ha imparato a svolgere un professione specializzante guadagna attorno ai 1.800 euro netti mensili? Mentre un insegnante, anche della scuola media e superiore, rimane fermo per tutto il periodo del precariato e per i primi 10 anni dopo l’immissione in ruolo su stipendi di poco superiori ai 1.200 euro?”.

Per approfondimenti:

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ANIEF informa che nella giornata di ieri, 9 maggio, si è verificato un guasto al sistema di newsletter che ha causato l'invio multiplo della stessa mail ad alcuni soci. Il problema è stato prontamente risolto dai nostri tecnici. Ci scusiamo per il disagio.

ANIEF informa che nella giornata di ieri, 9 maggio, si è verificato un guasto al sistema di newsletter che ha causato l'invio multiplo della stessa mail ad alcuni soci. Il problema è stato prontamente risolto dai nostri tecnici. Ci scusiamo per il disagio.

L’incredibile notizia arriva da un liceo scientifico di Genova: l’istituto non ha più soldi in cassa, così gli allievi con le lacune formative vengono affidati ai ragazzi più brillanti per tenere (gratis) le lezioni di pomeriggio e di sabato mattina. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): lo avevamo detto da tempo, sono segnali inequivocabili di un pericoloso arretramento della qualità della formazione scolastica in Italia avviato nel 2010 con la fine del pagamento degli aumenti stipendiali attraverso le leggi Finanziarie. Il volontariato non può sopperire il servizio pubblico.

Lo stato di indigenza delle scuole pubbliche italiane è tale che ogni giorno giungono notizie sempre più allarmanti. Stavolta arriva dalla Liguria, dove il liceo scientifico-tecnologico Majorana-Giorgi di Genova non avendo “più soldi in cassa per pagare i docenti, si affida ai ragazzi più brillanti per tenere (gratis) i corsi di recupero pomeridiani”: in pratica “gli alunni più bravi fanno lezione, di pomeriggio e di sabato mattina, a quelli che lo sono meno. Con il benestare del preside e dei prof”.

La notizia, riportata dal Corriere della Sera, ha dell’incredibile: “gli studenti-prof sopperiscono a quelli che sono i buchi dell’istituzione-scuola: fino a un paio d’anni fa al Giorgi, come in molti altri istituti scolastici che soffrono la medesima situazione, a partire dalla seconda metà dell’anno i corsi di recupero pomeridiani li facevano i professori veri. Il Consiglio di classe determinava le materie più «delicate», e venivano attivati i corsi. ‘Non ci sono più soldi nella scuola’, ha tagliato corto un docente di italiano dell’istituto genovese.

Anief ha più volte denunciato la tendenza delle scuole a prodigarsi per portare a termine tout court la propria offerta formativa, sostenendo che ci troviamo davanti ad una pericolosa deriva che trae origine dai tagli ai finanziamenti alle scuole e alle inadempienze dei pagamenti loro destinate da parte del Ministero delle Finanze. Sempre evitare di pagare dei docenti professionisti, alcuni mesi fa il Comune di Brescia, al fine di potenziare l'alfabetizzazione degli alunni stranieri e portare in porti i progetti di potenziamento e sostegno elaborati dai collegi docenti, ha pensato bene di assegnare i corsi di ‘potenziamento’ a dei pensionati: degli ex docenti, disposti con spirito di sacrificio e di responsabilità, a tornare dietro la cattedra a titolo gratuito.

“Anche stavolta – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – al liceo di Genova si è verificata una situazione figlia della perenne decurtazione dei fondi che sostengono il miglioramento dell’offerta formativa, attraverso cui da alcuni anni l’amministrazione preleva centinaia di milioni di euro per pagare gli scatti di anzianità al personale. Questi, infatti, dal 2010, per effetto di una norma voluta dell’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, non sono più sovvenzionati con le leggi Finanziarie. Ma pagati vengono pagati solo attraverso risparmi derivanti dallo stesso settore dell’Istruzione: per un po’ di tempo si è tamponato con i fondi destinati al merito, poi si è passati al Mof”.

Sono diverse le ‘voci’ che si sostengono grazie al Miglioramento dell’offerta formativa, come previsto come previsto dall'articolo 88 del Ccnl: tra queste figurano – sulla base delle indicazioni degli organi collegiali di ogni scuola – anche la retribuzione di attività aggiuntive di insegnamento finalizzate all’arricchimento e alla personalizzazione dell’offerta formativa, oltre che le ore prestate dai docenti della secondaria superiore per l'attuazione dei corsi di recupero per gli alunni con debito formativo.

“Quest’anno – continua Pacifico - la situazione si è aggravata, perché alle scuole sono stati destinati un terzo dei fondi del 2010. A causa del corrispondente decremento del deciso dal Governo anche per pagare gli scatti in busta paga del 2011, sino ad oggi i circa 8.400 istituti scolastici italiani hanno ricevuto poco più di 500 milioni di euro, a fronte di quasi un miliardo e 400 milioni di quattro anni fa. E la situazione potrebbe anche aggravarsi, perché entro la fine di giugno 2014 Governo e sindacati devono trovare altre risorse per sovvenzionare gli scatti automatici del 2012: il Governo ha sinora concesso appena 120 milioni di euro e la differenza potrebbe essere sovvenzionata attraverso l’ennesima sottrazione dei fondi inizialmente destinati al completamento della didattica. Non dimentichiamoci, poi, che il blocco è destinato ad essere confermato sino a tutto il 2017”.

“È per questo motivo – spiega ancora il sindacalista Anief-Confedir – che si è giunti ad affidare dei corsi dei recupero agli studenti. Una scelta che per certi versi può anche condurre dei vantaggi ai processi di apprendimento, soprattutto perché attivati da ragazzi particolarmente brillanti. Ma una soluzione del genere non può essere accettata in assoluto, dal momento che in quella scuola, come in tutte le altre, esistono dei docenti formati e preparati per assolvere a questo compito”.

“Va bene il volontariato, è un atto di sostegno al prossimo che non possiamo certo denigrare, ma come sindacato e come lavoratori non possiamo accettarlo. Perchè viene attivato all’interno di strutture, come le scuole, dove sono in servizio dei professionisti dell’insegnamento. A cui lo Stato dovrebbe, come è scritto nella Costituzione, affidare i nostri giovani remunerandoli con compensi adeguati. Non di certo – conclude Pacifico – con stipendi il 4% sotto l’inflazione o di 600 euro in media inferiori, a fine carriera, rispetto ai colleghi dei Paesi Ocde”.

Per approfondimenti:

Quando gli studenti fanno da prof ai compagni rimasti indietro (Corriere della Sera)

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Lo stato di indigenza delle scuole pubbliche italiane è tale che ogni giorno giungono notizie sempre più allarmanti. Stavolta arriva dalla Liguria, dove il liceo scientifico-tecnologico Majorana-Giorgi di Genova non avendo “più soldi in cassa per pagare i docenti, si affida ai ragazzi più brillanti per tenere (gratis) i corsi di recupero pomeridiani”: in pratica “gli alunni più bravi fanno lezione, di pomeriggio e di sabato mattina, a quelli che lo sono meno. Con il benestare del preside e dei prof”.

La notizia, riportata dal Corriere della Sera, ha dell’incredibile: “gli studenti-prof sopperiscono a quelli che sono i buchi dell’istituzione-scuola: fino a un paio d’anni fa al Giorgi, come in molti altri istituti scolastici che soffrono la medesima situazione, a partire dalla seconda metà dell’anno i corsi di recupero pomeridiani li facevano i professori veri. Il Consiglio di classe determinava le materie più «delicate», e venivano attivati i corsi. ‘Non ci sono più soldi nella scuola’, ha tagliato corto un docente di italiano dell’istituto genovese.

Anief ha più volte denunciato la tendenza delle scuole a prodigarsi per portare a termine tout court la propria offerta formativa, sostenendo che ci troviamo davanti ad una pericolosa deriva che trae origine dai tagli ai finanziamenti alle scuole e alle inadempienze dei pagamenti loro destinate da parte del Ministero delle Finanze. Sempre evitare di pagare dei docenti professionisti, alcuni mesi fa il Comune di Brescia, al fine di potenziare l'alfabetizzazione degli alunni stranieri e portare in porti i progetti di potenziamento e sostegno elaborati dai collegi docenti, ha pensato bene di assegnare i corsi di ‘potenziamento’ a dei pensionati: degli ex docenti, disposti con spirito di sacrificio e di responsabilità, a tornare dietro la cattedra a titolo gratuito.

“Anche stavolta – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – al liceo di Genova si è verificata una situazione figlia della perenne decurtazione dei fondi che sostengono il miglioramento dell’offerta formativa, attraverso cui da alcuni anni l’amministrazione preleva centinaia di milioni di euro per pagare gli scatti di anzianità al personale. Questi, infatti, dal 2010, per effetto di una norma voluta dell’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, non sono più sovvenzionati con le leggi Finanziarie. Ma pagati vengono pagati solo attraverso risparmi derivanti dallo stesso settore dell’Istruzione: per un po’ di tempo si è tamponato con i fondi destinati al merito, poi si è passati al Mof”.

Sono diverse le ‘voci’ che si sostengono grazie al Miglioramento dell’offerta formativa, come previsto come previsto dall'articolo 88 del Ccnl: tra queste figurano – sulla base delle indicazioni degli organi collegiali di ogni scuola – anche la retribuzione di attività aggiuntive di insegnamento finalizzate all’arricchimento e alla personalizzazione dell’offerta formativa, oltre che le ore prestate dai docenti della secondaria superiore per l'attuazione dei corsi di recupero per gli alunni con debito formativo.

“Quest’anno – continua Pacifico - la situazione si è aggravata, perché alle scuole sono stati destinati un terzo dei fondi del 2010. A causa del corrispondente decremento del deciso dal Governo anche per pagare gli scatti in busta paga del 2011, sino ad oggi i circa 8.400 istituti scolastici italiani hanno ricevuto poco più di 500 milioni di euro, a fronte di quasi un miliardo e 400 milioni di quattro anni fa. E la situazione potrebbe anche aggravarsi, perché entro la fine di giugno 2014 Governo e sindacati devono trovare altre risorse per sovvenzionare gli scatti automatici del 2012: il Governo ha sinora concesso appena 120 milioni di euro e la differenza potrebbe essere sovvenzionata attraverso l’ennesima sottrazione dei fondi inizialmente destinati al completamento della didattica. Non dimentichiamoci, poi, che il blocco è destinato ad essere confermato sino a tutto il 2017”.

“È per questo motivo – spiega ancora il sindacalista Anief-Confedir – che si è giunti ad affidare dei corsi dei recupero agli studenti. Una scelta che per certi versi può anche condurre dei vantaggi ai processi di apprendimento, soprattutto perché attivati da ragazzi particolarmente brillanti. Ma una soluzione del genere non può essere accettata in assoluto, dal momento che in quella scuola, come in tutte le altre, esistono dei docenti formati e preparati per assolvere a questo compito”.

“Va bene il volontariato, è un atto di sostegno al prossimo che non possiamo certo denigrare, ma come sindacato e come lavoratori non possiamo accettarlo. Perchè viene attivato all’interno di strutture, come le scuole, dove sono in servizio dei professionisti dell’insegnamento. A cui lo Stato dovrebbe, come è scritto nella Costituzione, affidare i nostri giovani remunerandoli con compensi adeguati. Non di certo – conclude Pacifico – con stipendi il 4% sotto l’inflazione o di 600 euro in media inferiori, a fine carriera, rispetto ai colleghi dei Paesi Ocde”.

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