Rifiorme

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Secondo Anief-Confedir la norma sul dimezzamento dei distacchi dei rappresentanti dei lavoratori è una minaccia alla democrazia sindacale ed è in contrasto con le norme comunitarie, anche in materia di tutela delle minoranze: il bavaglio al sindacato permetterà la mobilità selvaggia, ma siamo già pronti ad impugnare i provvedimenti alla Corte di Giustizia Europea.

Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir: non ci vogliamo trincerare dietro al corporativismo, però si sta dimenticando che chi è distaccato lavora per rappresentare i lavoratori e per l’attuazione di prerogative previste dalla legge. Come non si prende in considerazione il dramma personale e familiare di un dipendente a cui viene imposto di andare a lavorare a 50 chilometri da casa.

I problemi della pubblica amministrazione italiana sono complessi e innumerevoli. E il Governo che fa? Pensa di risolverli mettendo il bavaglio ai sindacati, dimezzandone la rappresentatività. Anief-Confedir ritiene che la decisione del Governo di tagliare del 50% i contingenti complessivi dei distacchi sindacali relativi al personale delle pubbliche amministrazioni, con effetto pressoché immediato perché a decorrere dal 1° agosto 2014, disattende precise norme comunitarie, in particolare la 14/2002 e gli articoli 27 e 28 della Carta UE. Ed è in contrasto anche con il decreto legislativo 25/2007.

“Questa parte del decreto di riforma della PA, approvato dal Consiglio dei ministri, - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – va contro le indicazioni sovranazionali e norme nazionali in vigore sulla tutela del diritto alla consultazione e informazione dei lavoratori. Come sindacato e Confederazione non ci vogliamo trincerare dietro ad alcun corporativismo, ma chi è distaccato lavora per rappresentare i lavoratori e per l’attuazione di quelle prerogative sindacali previste dalla legge. Inoltre, l’abbattimento indistinto dei distacchi viene attuato senza alcuna tutela per le aree specifiche e le minoranze: così come è stato presentato, cancellerebbe di fatto l’esistenza della pluralità delle associazioni sindacali, sempre tutelata dalla Consulta. E ucciderebbe la democrazia”.

“Quel che è sicuro – continua Pacifico - è che anche il dimezzamento della rappresentatività sindacale non arretrerà di un millimetro la nostra azione. A tal proposito annunciamo sin d’ora la volontà di impugnare il provvedimento. Ed anche contro la mobilità ‘selvaggia’, che non tiene conto delle condizioni di vita, a livello personale e familiare, dei lavoratori: stiamo già preparando ricorsi ad hoc da inviare alla Corte di Giustizia Europea. In attesa di prendere visione del provvedimento definitivo approvato dal CdM, Anief-Confedir ha dato mandato ai propri legali di valutare la possibilità di ricorrere in tribunale per valutare l’entità del contrasto contro le norme comunitarie sui trasferimenti da un settore pubblico all’altro”.

Dopo aver espresso il giudizio positivo per la decisione di escludere dal Patto di Stabilità interno, per i Comuni che ne hanno fatto richiesta, i fondi riguardanti l’edilizia scolastica, Anief-Confedir ribadisce le sue perplessità per altri provvedimenti presi dal Governo per riformare la PA. Perché anche limitando il raggio di azione dei giudici amministrativi, non si risolve il problema degli appalti, il quale andrebbe stroncato attraverso gare finalmente trasparenti e rispetto delle regole. Come non convince la modifica del codice degli appalti pubblici e di inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie. Non piace la nuova disciplina della sospensione cautelare nel processo amministrativo: le penalizzazioni nei confronti dei privati cittadini soccombenti in giudizio e non dello Stato, viola infatti il principio della parità tra i convenuti alla base del nostro ordinamento. Bisognava scommettere, piuttosto, sulla semplificazione e sulla pubblicità degli atti di ogni ente coinvolto nella gestione di denaro pubblico.

Anche a livello di organici non ci siamo: l'ingresso di giovani generazioni nella pubblica amministrazione, il provvedimento introduce la revoca dei trattenimenti in servizio, dovrebbe permettere l’assunzione di 15mila giovani. Ma si tratta di un numero a dir poco esiguo, se solo si pensa che dal 2010 è stato introdotto il blocco del turn over e che sono in lista di attesa qualcosa come 250mila precari, di cui la metà appartenenti al comparto Scuola.

La riforma, infine, non sfiora nemmeno un altro problema ormai annoso: l’inadeguatezza degli stipendi. I cui aumenti non possono più essere legati all’andamento dell’economia, ovvero ai conti pubblici, la cui responsabilità non è del mercato ma del decisore politico. Mentre si continua ad affibbiare ai lavoratori. Del resto, l’articolo 36 della Costituzione parla chiaro: non può essere lesa la dignità professionale del cittadino che lavora per il benessere della Nazione. Come l’art. 39, sempre della Costituzione, pretende un contratto di lavoro. Quindi, al dipendente pubblico deve essere garantito almeno l’aumento dello stipendio in base al costo della vita. Mentre nell’ultimo quinquennio è andato sotto di 4 punti percentuali: per questo abbiamo chiesto lo sblocco del contratto con aumento immediato del 5% su tutti gli stipendi a partire dal 2010.

Per approfondimenti:

PA – Anief-Confedir: la proposta del Ministro Madia allontana l’Italia da Europa e Costituzione, dimenticati 250mila precari e stipendi ridicoli

PA - Giovedì mattina il Ministro Madia presenta la sua riforma ai sindacati: arrivano sblocco contratti e del turn-over

I 7 punti proposti da Anief – Confedir al Ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia:

1.Pre-pensionamenti:
- riconoscere peculiarità quota 96 nella scuola
- introdurre funzione tutoria‎le per over 60 o organico funzionale
- precedere flessibilità con meccanismi premializzanti o dissuassivi

2. Trasferimenti e par-time
- rispetto della direttiva comunitaria
- ripensamento del sistema della ricongiunzione contributiva, troppo onerosa dopo la Fornero

3. Distacchi
- no a tagli lineari e tutela della pluralità sindacale

4. Dirigenza
- abolizione dello spoil system e responsabilità della politica, anticorruzione

5. Giustizia
- No a riduzione potere sospensiva TAR perché chi amministra non può essere favorito se sbaglia e non si può rimediare all’errore dopo due anni, e no a punizioni per i soli privati cittadini che perdono

6. Trasparenza
- si alla pubblicità degli atti, alla semplificazione

7. Contratti e aumenti
- aumenti immediati dal 2010-2011 del 5% come per i magistrati per raggiungere il costo della vita; no al legame economia-conti pubblici-salario dei dipendenti

 

Le Confederazioni sindacali hanno espresso oggi a Roma il loro parere sulla riforma del pubblico impiego. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, presente all’incontro, nell’ipotesi prospettata non c’è alcun cenno alla problematica dell’enorme mole di precariato, di cui metà nella scuola, che opera per ministeri ed enti locali. Non si fa accenno poi agli stipendi sempre più al di sotto del tasso di inflazione.

Non è giustificato, inoltre, un ulteriore taglio radicale dei rappresenti sindacali: disattende la direttiva UE 14/2002 e il decreto legislativo 25/2007 che tutelano il diritto alla consultazione e informazione dei lavoratori. Come non è motivato il ‘bavaglio’ ai giudici amministrativi: aumenterebbe i fenomeni criminali e correttivi. Il decremento di potere cautelare del Tar, rischia di intaccare l’attuale garanzia dell’imparzialità dell’amministrazione pubblica e viola le indicazioni UE. Pollice verso sul mancato rispetto delle norme comunitarie sui trasferimenti (obbligatori) da un settore all’altro.

Le contro-proposte: abolizione dello spoil system; introduzione di un organico funzionale nella scuola e funzione tutoriale o di coordinamento al personale docente over 60; una soluzione veloce per i Quota 96. Oltre che per sblocco del contratto con aumento immediato del 5% su tutti gli stipendi a partire dal 2010.

“La proposta di riforma della PA allontana ulteriormente l’Italia dall’Europa e dalla Costituzione. Prima di tutto perché non c’è alcun cenno alla problematica dell’enorme mole di precariato, di cui metà nella scuola, che opera per ministeri ed enti locali: è una ‘dimenticanza’ particolarmente grave alla luce dell’ulteriore precarizzazione del rapporto di lavoro derivante dal Job Acts. Poi perché lascia inalterato il gap stipendiale dei pubblici dipendenti rispetto al costo della vita. Inoltre, non è mettendo un ‘bavaglio’ ai giudici amministrativi che si risolve il problema degli appalti, ma con gare trasparenti e rispetto delle regole”. Lo ha detto a Roma questa mattina Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, nel corso dell’incontro tenuto dalle Confederazioni sindacali con il Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, durante il quale è stata illustrata la proposta del Governo in previsione del Consiglio dei ministri di domani.

Pacifico ha espresso tutte le sue perplessità sull’ipotesi di modifica del codice degli appalti pubblici e di inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie e sulla modifica alla disciplina della sospensione cautelare nel processo amministrativo: “una vera e propria riforma della dirigenza che sia legata al risultato in termini di gestione e governance – ha detto il sindacalista Anief-Confedir - non può prescindere da una seria lotta alla corruzione, che oggi come ieri investe la classe politica, e da una maggiore responsabilità proprio di chi si candida ed è scelto dai cittadini per guidare il Paese”.

“Inoltre – ha detto ancora Pacifico - l’introduzione di penalizzazioni nei confronti dei privati cittadini soccombenti in giudizio e non dello Stato, viola il principio della parità tra i convenuti alla base del nostro ordinamento. Bisogna scommettere sulla semplificazione e sulla pubblicità degli atti di ogni ente coinvolto nella gestione di denaro pubblico e in questo senso il progetto di Gazzetta amministrativa ha dimostrato partecipazione e condivisione nella registrazione dei contratti da parte dei diversi uffici pubblici”.

Sugli altri 44 punti di riforma della P.A., Anief-Confedir si è detta contraria alla riduzione del potere cautelare del Tar. Perchè “rischia di intaccare l’attuale garanzia dell’imparzialità della pubblica amministrazione”. Non è d’accordo, poi, sul mancato rispetto delle norme comunitarie sui trasferimenti (obbligatori) da un settore pubblico all’altro. “Abbiamo chiesto, invece, - continua Pacifico - l’abolizione dello spoil system, l’introduzione di un organico funzionale nella scuola e funzione tutoriale o di coordinamento al personale docente over 60. E anche una soluzione veloce per i Quota 96. Oltre che per sblocco del contratto con aumento immediato del 5% su tutti gli stipendi a partire dal 2010”.

La Confederazione ritiene che gli aumenti di stipendio che non possono essere legati all’andamento dell’economia, ovvero dei conti pubblici, la cui responsabilità non è del mercato ma del decisore politico, non certo dei lavoratori. L’articolo 36 della Costituzione parla chiaro: non può essere lesa la dignità professionale del cittadino che lavora per il benessere della Nazione. L’art. 39 pretende un contratto di lavoro. Quindi, al dipendente pubblico deve essere garantito almeno l’aumento dello stipendio in base al costo della vita.

“Ecco perché – continua il rappresentante Anief-Confedir - nell’ultimo punto affrontato e voluto dai sindacati, il rinnovo del contratto, abbiamo chiesto almeno l’aumento del 5% sugli stipendi così come riconosciuto ai magistrati dal dicembre 2012. L’inflazione in questi anni di blocco contrattuale è salita del 12%, nel privato si sono registrati aumenti del 18% e nel pubblico siamo fermi ai valori dell’8-9% del 2009-2010. Anche su questo punto il Governo sembra però non volerci sentire: non c’è infatti alcun accenno ad adeguare gli stipendi in base all’andamento dei conti pubblici”.

Pacifico si è infine soffermato sulla volontà governativa di forte riduzione dei distacchi sindacali, che diventano solo retribuiti, che se applicata violerebbe la direttiva europea n. 14 del 2002 e gli articoli 27 e 28 della Carta UE: “se è vero che non ci si può trincerare dietro il corporativismo, non bisogna però dimenticare che chi è distaccato lavora per rappresentare i lavoratori e permette l’utilizzo delle prerogative sindacali previste dalla legge. Così come pensato, infatti, il taglio del 50% senza tutela per le aree specifiche e le minoranze – ha concluso il sindacalista Anief-Confedir - impedirebbe l’esistenza della pluralità delle associazioni sindacali, sempre tutelata dalla Consulta e ucciderebbe la democrazia”.

I 7 punti proposti da Anief - Confedir

1.Pre-pensionamenti:
- riconoscere peculiarità quota 96 nella scuola
- introdurre funzione tutoria‎le per over 60 o organico funzionale
- precedere flessibilità con meccanismi premializzanti o dissuassivi

2. Trasferimenti e par-time
- rispetto della direttiva comunitaria
- ripensamento del sistema della ricongiunzione contributiva, troppo onerosa dopo la Fornero

3. Distacchi
- no a tagli lineari e tutela della pluralità sindacale

4. Dirigenza
- abolizione dello spoil system e responsabilità della politica, anticorruzione

5. Giustizia
- No a riduzione potere sospensiva TAR perché chi amministra non può essere favorito se sbaglia e non si può rimediare all’errore dopo due anni, e no a punizioni per i soli privati cittadini che perdono

6. Trasparenza
- si alla pubblicità degli atti, alla semplificazione

7. Contratti e aumenti
- aumenti immediati dal 2010-2011 del 5% come per i magistrati per raggiungere il costo della vita; no al legame economia-conti pubblici-salario dei dipendenti


Per approfondimenti:

PA - Giovedì mattina il Ministro Madia presenta la sua riforma ai sindacati: arrivano sblocco contratti e del turn-over

 

Le due manovre sono attese da tempo, ma servono soldi veri e vanno cancellate le ipotesi di penalizzazioni per chi lascia prima del tempo, altrimenti rischia di essere più penalizzante della cassa-integrazione. Come non è praticabile il trasferimento coatto del personale in esubero da un comparto pubblico all'altro. Marcello Pacifico (Anief-Confedir) invita poi a valutare bene l’impatto della riforma nel comparto scuola, dove difficilmente il personale in esubero ultrasessantenne può trovare ricollocazione.

Abrogazione del trattenimento in servizio dopo l'età pensionabile per permettere l’assunzione di 10mila giovani, a partire dai vincitori di concorso mai assunti; più flessibilità nelle mansioni, al fine di evitare esuberi, e mobilità facilitata da un comparto all'altro; estensione del ricorso al part-time; contenimento dei compensi derivanti sia dal cumulo di più incarichi; introduzione di un ruolo unico dirigenziale, con l’addio alla divisione in prima e seconda fascia; rinnovo dei contratti nazionali, per ridare dignità ai lavoratori pubblici; via libera ad un codice Pin per ogni cittadino, per snellire tutte le pratiche burocratiche che affliggono i cittadini; rilancio della ricerca pubblica; riduzione delle aziende municipalizzate, delle Sovrintendenze e delle Prefetture. Sono i punti più rilevanti del documento sulla riforma della P.A. che il Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, presenterà dopodomani ai sindacati alle ore 10.30.

Durante l’incontro, preliminare a quello che il giorno dopo si svolgerà in Consiglio dei ministri, le organizzazioni sindacali saranno chiamate a dire la loro sui 44 punti che nelle intenzioni della Funzione Pubblica andranno a costituire i prossimi "interventi di riforma della Pubblica amministrazione".

Nelle ultime ore i punti sono diventati 45, dopo che i sindacati hanno chiesto e ottenuto di inserirvi anche quello sul rinnovo del contratto nazionale. Il Ministero della PA ha in effetti ammesso che il blocco della contrattazione avviato nel 2010 e in vigore sono a tutto il 2014, con il rischio concreto che possa protrarsi sino al 2017, "ha prodotto un danno ingiusto ai lavoratori pubblici, soprattutto in riferimento alle fasce di retribuzione più basse. Per questo riteniamo - ha scritto ancora la Funzione Pubblica - che l’intervento degli 80 euro realizzato dal Governo sia stato di notevole utilità anche nel pubblico impiego. Il tema del rinnovo della parte economica del contratto merita di essere affrontato a partire dal prossimo anno".

Su questo punto Anief-Confedir ritiene che la proposta non possa che essere condivisa in pieno, soprattutto se l'esecutivo troverà risorse adeguate a risollevare gli stipendi dei dipendenti pubblici fermi ai valori di cinque anni fa ed in molti casi, come quello della scuola, superati pure dall'inflazione di ben 4 punti percentuali.

Apprezziamo, inoltre, l'intenzione di rilanciare la ricerca pubblica. Come di dare un primo importante segnale allo sblocco del turn-over, senza il quale l'età media dei pubblici dipendenti si sta pericolosamente innalzando ben sopra ai 50 anni: va rimossa, tuttavia, la possibilità di lasciare prima il lavoro in cambio di forti decurtazioni dell'assegno pensionistico: è una soluzione che rischia di essere più penalizzante della cassa-integrazione. Come riteniamo impraticabile il trasferimento coatto del personale in esubero da un comparto pubblico all'altro.

Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, invita il ministro Madia a valutare bene l’impatto della riforma nel comparto scuola, dove difficilmente il personale in esubero ultrasessantenne può trovare ricollocazione. A meno di introdurre un organico funzionale e un sistema di tutoraggio che premi la qualifica professionale di chi ha speso la sua vita tra le aule. Nella scuola, inoltre, occorre trovare una soluzione immediata per i circa 4mila 'Quota96' che da due anni attendono un provvedimento che sani l'ingiustizia prodotta nei loro confronti della riforma Monti-Fornero.

Per approfondimenti:

Il testo completo della proposta della Funzione Pubblica sui cui si concentrerà l'incontro con i sindacati il 12 giugno

 

A 60-61 anni, messa a disposizione con il 65% dello stipendio per cinque anni, peggio che collocati in cassa-integrazione. Disco verde anche per le donne con requisiti pre-Fornero ma con la penalizzazione del passaggio al sistema contributivo puro. Cancellazione della trattenuta volontaria in servizio per altri due anni, così da liberare 10/15.000 posti. Anticipo da 6 mesi a un anno per tutti gli statali per assumere giovani.

Questi sono i punti trattati dal quotidiano Il Messaggero. Rimane il problema della Scuola, a partire dai 4.000 rinnegati di quota 96.

Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, invita il ministro Madia, in occasione del Consiglio dei Ministri del 13 giugno, a valutare bene l’impatto della riforma nel comparto scuola, dove difficilmente il personale in esubero ultrasessantenne può trovare ricollocazione. A meno di introdurre un organico funzionale e un sistema di tutoraggio che premi la qualifica professionale di chi ha speso la sua vita tra le aule.

Ma anche nel resto del Pubblico impiego bisogna procedere con cautela perché la riforma, in verità, attua una vera e propria penalizzazione per i dipendenti statali più anziani, volontari o in mobilità coatta, che è più penalizzante della cassa-integrazione. Il 65% dell’ultimo stipendio da pagare per gli ultimi cinque anni di carriera al personale in esubero previsto dalla Madia, rapportato alla pensione che prima del 2012 avrebbero dovuto prendere gli stessi dipendenti (80% dell’ultimo stipendio), infatti, è più bassa dello stesso 80% dell’ultimo stipendio che Tremonti avrebbe pagato nel 2011 per soli due anni (prima del licenziamento) al personale sovrannumerario collocato in cassa-integrazione, mai attuato per l’assenza di un accordo sindacale sulla mobilità coatta che ora i sindacati rappresentativi potrebbero firmare con un accordo quadro.

Nella scuola, poi, è stato certificato come si concentri il lavoro a più alto rischio burnout ed è evidente che formare ed educare le giovani generazioni presuppone uno svecchiamento del personale più cogente, con regole diverse, per evitare quella triste classifica che vede l’Italia come il primo Paese al mondo con il corpo insegnante più vecchio. Per iniziare, si potrebbe riconoscere il diritto ad andare in pensione oltre che al personale sovrannumerario anche a tutti quei 4.000 ‘Quota 96’ che avevano iniziato il 1° settembre 2012 quello che doveva essere il loro ultimo anno di servizio.

 

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