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Pensioni: scivoli con riduzioni di stipendio nella P.A. come in azienda secondo la riforma Madia per ammortizzare i prossimi tagli del personale

A 60-61 anni, messa a disposizione con il 65% dello stipendio per cinque anni, peggio che collocati in cassa-integrazione. Disco verde anche per le donne con requisiti pre-Fornero ma con la penalizzazione del passaggio al sistema contributivo puro. Cancellazione della trattenuta volontaria in servizio per altri due anni, così da liberare 10/15.000 posti. Anticipo da 6 mesi a un anno per tutti gli statali per assumere giovani.

Questi sono i punti trattati dal quotidiano Il Messaggero. Rimane il problema della Scuola, a partire dai 4.000 rinnegati di quota 96.

Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, invita il ministro Madia, in occasione del Consiglio dei Ministri del 13 giugno, a valutare bene l’impatto della riforma nel comparto scuola, dove difficilmente il personale in esubero ultrasessantenne può trovare ricollocazione. A meno di introdurre un organico funzionale e un sistema di tutoraggio che premi la qualifica professionale di chi ha speso la sua vita tra le aule.

Ma anche nel resto del Pubblico impiego bisogna procedere con cautela perché la riforma, in verità, attua una vera e propria penalizzazione per i dipendenti statali più anziani, volontari o in mobilità coatta, che è più penalizzante della cassa-integrazione. Il 65% dell’ultimo stipendio da pagare per gli ultimi cinque anni di carriera al personale in esubero previsto dalla Madia, rapportato alla pensione che prima del 2012 avrebbero dovuto prendere gli stessi dipendenti (80% dell’ultimo stipendio), infatti, è più bassa dello stesso 80% dell’ultimo stipendio che Tremonti avrebbe pagato nel 2011 per soli due anni (prima del licenziamento) al personale sovrannumerario collocato in cassa-integrazione, mai attuato per l’assenza di un accordo sindacale sulla mobilità coatta che ora i sindacati rappresentativi potrebbero firmare con un accordo quadro.

Nella scuola, poi, è stato certificato come si concentri il lavoro a più alto rischio burnout ed è evidente che formare ed educare le giovani generazioni presuppone uno svecchiamento del personale più cogente, con regole diverse, per evitare quella triste classifica che vede l’Italia come il primo Paese al mondo con il corpo insegnante più vecchio. Per iniziare, si potrebbe riconoscere il diritto ad andare in pensione oltre che al personale sovrannumerario anche a tutti quei 4.000 ‘Quota 96’ che avevano iniziato il 1° settembre 2012 quello che doveva essere il loro ultimo anno di servizio.

 

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