Precariato

Dalla Corte di appello dell’Aquila l’ennesima sentenza di secondo grado che impone allo Stato italiano di rispettare le direttive comunitarie. Cade così il disegno speculativo del Miur, volto a un'evidente operazione di risparmio a danno dei supplenti della scuola.

Si consolida su tutto il territorio nazionale l’orientamento dei giudici di secondo grado in merito al diritto che hanno i precari della scuola di percepire gli scatti di anzianità, anziché essere mantenuti dal Miur al livello stipendiale d’ingresso e retribuiti alla stregua di un docente al suo primo incarico di lavoro: dopo che nei giorni scorsi la Corte di Appello di Torino ha respinto il ricorso dell’avvocatura dello Stato contro la sentenza che in primo grado aveva dato ragione all’Anief, disponendo che le ragioni di risparmio della spesa pubblica non possono essere reputate necessarie per disapplicare la normativa comunitaria sui contratti a termine, dai giudici dell’Aquila giunge una sentenza analoga.

La Corte di Appello abruzzese ha infatti ricordato che gli scatti di anzianità ai precari vanno corrisposti, applicando a tal fine il “principio di non discriminazione” sancito dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE. Il quale dispone che, sempre riguardo alle condizioni d'impiego i lavoratori a tempo determinato, questi non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori di ruolo.

I giudici di secondo grado dell’Aquila, inoltre, hanno fatto preciso riferimento alla sentenza 355/2010 della Corte di Cassazione, con la quale si è stabilito che “il giudice statale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e delle finalità della direttiva europea, onde garantire la piena effettività della direttiva stessa e conseguire il risultato perseguito da quest’ultima”.

“È a questo punto sempre più evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief - che i giudici nazionali, a tutti i livelli, hanno smascherato il disegno speculativo del Miur, volto a un'evidente operazione di risparmio a danno dei lavoratori precari, che si realizza attraverso il mancato riconoscimento agli stessi di qualsiasi progressione stipendiale e degli scatti di anzianità. Anche perché questa interpretazione va a ‘cozzare’ con l’obbligo degli Stati membri dell’Ue, giustamente richiamato dalla Cassazione nel 2010, di conformarsi a quanto disposto dalla giurisprudenza comunitaria”.

I giudici italiani, in conclusione, non riescono a dare alcuna motivazione per giustificare il diverso trattamento stipendiale tra i supplenti e il personale di ruolo. E ciò nonostante l’intervento derogatorio del legislatore italiano rispetto alla stabilizzazione nella scuola del personale che ha svolto almeno 36 mesi di supplenze.

“La sentenza della Corte di Appello dell’Aquila – continua Pacifico – rappresenta l’ennesima conferma della bontà della denuncia presentata tre anni fa dall’Anief, nata proprio per dire basta al crescente precariato della scuola. Un fenomeno tutto italiano, che negli ultimi anni per mere ragioni di risparmio pubblico è arrivato a coprire un quinto dell’organico complessivo. Un disegno poi agevolato dalla cancellazione di 160mila posti in tre anni e dai drastici piani di dimensionamento che hanno portato alla cancellazione di quasi 2mila istituti. Ma anche se gli organici si riducono, gli scatti vanno sempre pagati”.

 

Per effetto delle riforme avvenute negli ultimi anni: dal libro bianco, ai regolamenti della Gelmini della legge 133/08, alla legge 111/11 di Tremonti sul nuovo dimensionamento dichiarato incostituzionale. Per la Ragioneria dello Stato la maggior parte dei tagli è stata concentrata negli ultimi due anni.

Il presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, prof. Marcello Pacifico, lo aveva scoperto e denunciato da tempo, confrontando il numero degli aventi diritto al voto alle ultime due tornate per l'elezione delle RSU. Ora la conferma arriva dai tecnici del Tesoro. La riduzione avvenuta tra il 2008 e il 2013 di 4.000 scuole autonome su 12.000 (con la scomparsa di altrettanti posti di dirigenti, dsga, ata), la riduzione del 35% del personale ATA e di 4 ore del tempo scuola settimanale degli studenti in ogni ordine e grado, l'introduzione del maestro unico e l'eliminazione dell'insegnante specialistico di lingua inglese (con la caduta dei livelli di apprendimento degli alunni dal 2° al 32° posto nei rapporti Pirls), il tetto sugli insegnanti di sostegno (dichiarato incostituzionale nel 2010), l'innalzamento di un punto percentuale del rapporto alunni/docenti hanno peggiorato il servizio scolastico, aumentato la dispersione e peggiorato i livelli di apprendimento dei nostri studenti, mortificando le aspettative maturate dai 200.000 precari formati dallo Stato per insegnare e lasciate nel limbo delle graduatorie ad esaurimento.

Soltanto di recente, dopo i ricorso seriali nei tribunali del lavoro per la violazione della Direttiva europea 1999/70/CE in tema di stabilizzazione, il Governo ha sbloccato migliaia di immissioni in ruolo senza, però, smettere di discriminare i supplenti, ai quali continua a non riconoscere gli scatti stipendiali di anzianità.

Per Marcello Pacifico “questi dati ci confermano che le riforme approvate negli ultimi anni sulla scuola sono state dettate soltanto da esigenze di risparmi senza alcun progetto pedagogico. È arrivato il momento di cancellarle in questa legislatura e puntare verso una direzione opposta: obbligo scolastico fino all'università, riforma dell'apprendistato, aumento degli investimenti e degli organici”.

 

Vi sono istituti che vantano oltre 100mila euro di arretrati: così i dirigenti scolastici sono costretti a chiedere finanziamenti alle famiglie o inventarsi gestioni finanziare fantasiose, come quella adottata nel liceo toscano. Marcello Pacifico, presidente Anief: i rappresentanti dei lavoratori avrebbero dovuto semplicemente chiedere la messa in mora dell’amministrazione scolastica.

Arrivare a sorteggiare i supplenti cui pagare lo stipendio, come accaduto al liceo linguistico Rosmini di Grosseto, è la dimostrazione del grave stato di sofferenza economica che stanno vivendo le quasi 10mila scuole esistenti in Italia. Se i dirigenti scolastici debbono arrivare ad approntare una gestione finanziaria al limite del fantasioso, lo si deve ai cronici ritardi dei finanziamenti di cui sono colpevoli sia il Ministero delle Finanze sia il Miur.

Il risultato è che oggi vi sono diversi istituti scolastici il cui credito nei confronti dell’amministrazione centrale supera anche i 100mila euro. E siccome le scuole non sono aziende, sono sempre più frequenti i casi di dirigenti che fanno pressanti richieste di sovvenzionamenti alle famiglie o ai privati. E che in certi casi fanno ricorso a formule come quella adottata nell’istituto Rosmini.

Premesso questo, l’Anief reputa però non corretta la decisione presa dai responsabili del liceo di Grosseto di pagare lo stipendio dei supplenti attraverso il ricorso al sorteggio: “ha sbagliato la dirigente scolastica a proporlo e hanno sbagliato le Rsu ad accettare questa soluzione”, dichiara il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico. “Le rappresentanze sindacali dell’istituto – continua il rappresentante del giovane sindacato – avrebbero fatto molto meglio a chiedere la messa in mora dell’amministrazione scolastica: si tratta, infatti, di un atto che comporta il sicuro recupero degli stipendi, maggiorato dei danni procurati e degli arretrati”.

“È dimostrato che a fronte di una richiesta di messa in mora per la retribuzione stipendiale dovuta, garantita a partire dall’articolo 36 della Costituzione sino alle norme sul lavoro e ai contratti in vigore che ne derivano, il datore di lavoro, in questo caso lo Stato, trova improvvisamente la liquidità necessaria per procedere ai pagamenti”, conclude il presidente dell’Anief.

 

Il Miur, nel programmare dal 1999 al 2013 i concorsi a cattedra, le sessioni riservate per il conseguimento dell’abilitazione e i corsi di specializzazioni universitari a numero chiuso per la formazione degli insegnanti, non ha tenuto conto della riduzione di un sesto dell’organico del personale, della chiusura di una scuola autonoma su due, dell’allungamento dell’età pensionabile, ma ha ottenuto dal Parlamento una deroga alla normativa comunitaria che accresce le graduatorie e mortifica la professionalità.

Negli ultimi quattordici anni, il Governo ha bandito due concorsi a cattedra (1999-2001 e 2012-2013), ha autorizzato tre sessioni di corsi riservati per il conseguimento dell’abilitazione dei supplenti che hanno prestato un determinato servizio (provveditorati 2000-2001, SSIS 2007-2008, TFA speciali 2013-2014), ha introdotto due corsi post-universitari a numero chiuso per la formazione specialistica degli insegnanti (SSIS, AFAM e SFP 1999-2009, TFA ordinari 2012-2013); contemporaneamente ha razionalizzato il tempo scuola e gli organici del personale (legge 296/06, 244/07, 133/08, 169/08, 111/11) e ha dimensionamento la rete scolastica (DPR 233/98, DPR 81/09), creando graduatorie (permanenti - ad esaurimento, d’istituto) sempre più piene attraverso deroghe esplicite (legge 106/2011) alle norme europee (direttiva 1999/70/CE) che continuano a essere sanzionate dai tribunali del lavoro e generano nuove procedure comunitarie d’infrazione a carico dello stesso Stato italiano.

Se si confrontano i dati degli aventi diritto al voto (tra cui supplenti annuali e al termine delle attività didattiche) nelle elezioni RSU del 2006 e 2012, infatti, si scopre che sono scomparsi 200.000 posti di lavoro nella scuola, sulla pelle soprattutto di quei precari che hanno portato avanti le nostre scuole, grazie a riforme sempre più precise (spending review) improntate a generare nuovi tagli attraverso:

• riduzione delle scuole autonome (12.000 nell’a. s. 2008-2009, 8.000 nell’a. s. 2012-2013) con conseguente riduzione unitaria di posti in organico per dirigenti, dsga e ata e contrazione degli organici del personale e creazione di sovrannumerari

• riduzione del tempo scuola nell’a.s. 2010-2011 (da 4 a 6 ore settimanali) in ogni ordine e grado dal primo al secondo ciclo di istruzioni, e del tempo pieno e prolungato con eliminazione delle compresenze

• innalzamento progressivo di un punto percentuale del rapporto tra alunni e docenti, aa.ss. 2007-2011

• ritorno al maestro unico e cancellazione dell’insegnante specialistico di lingua inglese nella primaria, a.s. 2009-2010

• riduzione di 1/3 dell’organico ATA, aa.ss. 2009-2011

• sbarramento al 70% dell’organico di diritto per il sostegno, aa.ss. 2008-2010

Il risultato è che, a fronte delle esigenze delle famiglie, dei rapporti internazionali sulla qualità dell’istruzione, del cambiamento del mercato del lavoro, del dibattito pedagogico e degli studi scientifici, lo Stato ha adottato riforme improntate alla necessità di ridurre la dotazione organica dell’amministrazione scolastica, ha disposto l’assunzione tra il 2002-2012 di 300.000 docenti e ata, eppure ha creato altri 250.000 precari tra docenti e ata che continua ad assumere a tempo determinato con lo stesso stipendio iniziale.

Il nuovo Governo deve cambiare drasticamente questa politica scolastica che ha allontanato l’Italia non soltanto dall’Europa ma anche dai Paesi più economicamente sviluppati. La precarietà della nostra istruzione deve essere combattuta attraverso non soltanto maggiori investimenti ma l’aumento del tempo scuola, dell’obbligo a 18 anni dell’istruzione, di una seria riforma dell’apprendistato e di un maggior collegamento tra la scuola, l’università e il mondo del lavoro, con una particolare attenzione alle sfide educative di una società globale, interconnessa e reticolare.

 

Se l’imminente Circolare ministeriale attuativa della Legge 228/12 dovesse introdurre le regole che penalizzano docenti e Ata non di ruolo già dall’anno in corso, negando loro un diritto inalienabile, l’Anief conferma che procederà con un durissimo contenzioso.

Sulle ferie dei precari docenti e Ata della scuola italiana – in servizio attraverso supplenze brevi, con contratti in attesa dell'avente diritto o fino al 30 giugno -, il Ministero dell’Istruzione continua a fornire un’interpretazione “furbesca”: dell’articolo unico della Legge di Stabilità di fine anno (la n. 228 del 24 dicembre 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2012), l’amministrazione sembra infatti voler ottusamente continuare a leggere solamente gli articoli più convenienti alla propria linea erronea. Ignorando colpevolmente il comma 56 della stessa Legge, nel quale si specifica che “le disposizioni di cui ai commi 54 e 55 non possono essere derogate dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Le clausole contrattuali contrastanti sono disapplicate dal 1° settembre 2013”.

L’amministrazione continua, in pratica, ad anticipare di un anno scolastico le novità legislative introdotte con la spending review (il D.L. 95/112): tanto è vero che i modelli di contratto da utilizzare per le supplenze del personale precario – inviati agli uffici scolastici periferici dallo stesso Miur per adottarli dal 1° gennaio 2013 - contengono la clausola “la liquidazione relativa alle ferie non godute spetta esclusivamente nel limite di quelle non godibili per incapienza rispetto ai giorni di sospensione delle attività didattiche compresi nel contratto”.

Anief torna a ribadire che qualsiasi modifica all’assetto tradizionale di fruizione delle ferie maturate dal personale a tempo determinato - con contratto breve, in attesa dell'avente diritto o fino al 30 giugno - non può essere attuata prima dell’inizio dell’anno scolastico 2013/14. Come non possono continuare ad essere ignorati quei dirigenti scolastici che hanno collocato coattivamente in ferie i loro docenti precari, con contratti inferiori al 31 agosto 2013, addirittura nei giorni liberi settimanali!

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, “la linea intrapresa dal Miur corrisponde ad una palese violazione delle norme contrattuali in vigore, che garantiscono i lavoratori della scuola da questo genere di sortite. Il fatto che vengano messe in atto da uno Stato che dimentica i suoi doveri e si veste da datore di lavoro, non cambia nulla. Anche perché ci troviamo di fronte ad una elusione delle direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio Ue numero 2003/88/CE. Nella quale si esplicitano a chiare lettere i diritti che salvaguardano il riposo settimanale e l’astensione dal lavoro”.

“Se la posizione restrittiva del Ministero dell’Istruzione, annunciata in queste ore ai sindacati dal Direttore Generale del Bilancio e delle Politiche finanziarie del Miur, il dottor Marco Ugo Filisetti, dovesse quindi tradursi in una Circolare che sovverte quanto previsto delle norme vigenti, per l’Anief adire le vie legali sarà un percorso inevitabile. Oltre che dall’esito scontato, naturalmente a favore dei lavoratori e a danno dell’amministrazione. Che pur di fare cassa, ancora una volta sulla “pelle” del personale, decide di rischiare seriamente di incorrere nelle sanzioni pecuniarie dei giudici. Con conseguenti e non certo marginali danni all’erario. Ma allora – conclude Pacifico – non sarebbe stato meglio rispettare la legge?”.

 

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