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A quanto ammonta il disavanzo economico che penalizza ogni mese gli stipendi dei nostri insegnanti? Tuttoscuola ha provato a rispondere a questa domanda e la cifra che ne è scaturita è più che significativa: “si può calcolare che un professore della secondaria di II grado nei 25 anni finali della sua carriera percepisca complessivamente circa 250mila euro in meno dei suoi colleghi europei”, scrive oggi la rivista specializzata. La stima è attendibile, perché giunge all’indomani della pubblicazione del rapporto Eurydice chiamato Teachers’ and school heads’ salaries and allowances in europe 2019/20, ma anche dell’annuale studio Aran sui dati dei dipendenti dei comparti pubblici, relativamente alle retribuzioni medie, al personale occupato in base all’età, al genere e ai titoli di studio posseduti.



“Questi dati confermano la bontà della nostra richiesta: per cambiare il corso delle cose occorrono almeno 300 euro netti al mese in più a dipendente; se poi vogliamo recuperare il gap europeo, allora l’aumento deve essere di circa 600-650 euro”, ribadisce Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief. “L’esiguità dei compensi assegnati al personale della scuola italiana diventa poi ancora più intollerabile nel momento in cui si scopre che oltre la metà dei lavoratori della Scuola è laureato, unico caso nella PA, ma lo stipendio annuo risulta il più basso dei comparti pubblici, assieme alle Funzioni Locali, appena sopra i 30mila euro a fronte di quasi 37mila euro medi percepiti in media nella PA. Noi continuiamo a sperare che il Governo cambi registro, già in fase di revisione della Legge di Bilancio, dando così seguito a quel Patto per la Scuola di Palazzo Chigi sottoscritto lo scorso maggio che sinora è stato totalmente disatteso, anche sul fronte della valorizzazione del personale a cui va data la possibilità di fare carriera all’interno della stessa amministrazione e non, come avviene oggi, entrare in ruolo con un ruolo e andare in pensione con le medesime funzioni. Riteniamo che gli aumenti adeguati in busta paga e l’adozione delle figure professionali superiori – conclude Pacifico - siano alla base del rinnovo del contratto di categoria”.
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Schede, verbali, programmi da realizzare, in itinere e svolti, monitoraggi continui, incontri, riunioni, aggiornamenti, tutoraggi, assistenze, confronti. E chi più ne ha ne metta. Sono le tantissime ore passate dagli insegnanti fuori dall’aula. Il contratto ne prevede 80, più altre ulteriori obbligatorie, come gli scrutini. Ma sono molte di più: la stampa specializzata descrive il “docente-burocrate, che spesso deve fare i salti mortali per far quadrare tutte le attività assegnatogli”. E dà voce a chi sempre più si lamenta per i “troppi progetti, riunioni e adempimenti”: i docenti dicono di essere troppo spesso alle prese con “progetti che sembrano non finire mai” e “per non parlare delle riunioni”.



Anief conferma che è diventato iper-complesso e impegnativo fare oggi l’insegnante in Italia. “A rendere ancora più difficile lo svolgimento della professione – spiega Marcello Pacifico, il suo presidente nazionale – è la mancata considerazione del lavoro svolto da parte del datore di lavoro, che in questo caso è lo Stato. Noi, per compensare questa mancanza, abbiamo chiesto due miliardi aggiuntivi per il rinnovo contrattuale di categoria, proprio per andare a finanziare le indennità oggi non considerate in busta paga, ma oggettivamente da adottare perché conseguenti ad attività lavorative e rischi professionali reali. L’incongruenza è venuta fuori anche durante le tante assemblee che Anief ha organizzato e sta predisponendo in questo periodo nelle scuole, da cui sta scaturendo la piattaforma di contrattazione che si spera al più presto potremo consegnare e discutere con l’amministrazione scolastica”
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Utilizzare gli anticipi pensionistici in vigore oggi per anticipare l’uscita dal lavoro: a dirlo, aggi a Repubblica, non è un economista qualsiasi, ma Elsa Fornero, l’ex ministra del Lavoro del Governo Monti che nel 2011 introdusse la riforma sulla previdenza che oggi costringe tantissimi dipendenti a rimanere al lavoro fino alle soglie dei 70 anni pur avendo un numero altissimo di anni, anche 40, di contributi.
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Nell’incontro odierno per la confederazione CISAL erano presenti il Segretario Organizzativo CISAL Velardi Davide e i Segretari Generali Anief Stefano Cavallini e Gianmauro Nonnis

Nella nuova bozza vengono recepite e inserite nel testo alcune proposte CISAL presentate nell’ultimo incontro tra cui la possibilità di inviare con PEC le liste dei candidati rendendo la procedura più semplice e a distanza.

Molto importante a parere del sindacato è anche l’inserimento nel testo della parte per il personale a tempo determinato dove viene esplicitato per tali lavoratori il diritto sia all’elettorato passivo che attivo.

Perplessità sulla parte relativa alla decadenza della RSU se si raggiunge il numero di 2 componenti. Nella maggior parte delle istituzioni scolastiche le componenti RSU sono 3. Negli ultimi 4 anni in molte scuole sono rimaste in carica RSU il cui numero di componenti è sceso da 3 a 2 per svariati motivi. Lasciare il limite di 2 componenti nel testo del nuovo ACQ porterebbe alla decadenza della RSU in molte scuole italiane con grave danno alla rappresentanza dei lavoratori.

“C’è bisogno di una ulteriore riflessione su questi nuovi importanti documenti da sottoscrivere – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - Il nuovo ACQ e il nuovo regolamento elettorale devono comunque tener presente che queste elezioni si faranno in un periodo pandemico particolare. Bisogna, pertanto, snellire le procedure e non appesantirle anche perché la campagna elettorale si avrà in condizioni di difficoltà di accesso nelle scuole”.

Il sindacato continuerà con forza a presentare le proposte esposte per portare avanti le proposte che non comportino una compressione del diritto di voto sia passivo che attivo per i lavoratori e che permettano modalità semplificate per la presentazione delle liste.
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Dopo il blocco di inizio anno scolastico, da alcuni giorni è stata riattivata la piattaforma Carta del docente con l’accredito dei 500 euro da spendere per l’aggiornamento annuale introdotto con la Legge 107 del 2015: gli esclusi dalla Carta, in particolare i supplenti annuali, continuano a farsi sentire. Anche con proteste vibranti. La condizione essenziale per usufruire della carta del docente è quella di essere docente di ruolo. Solo che i compiti di un docente con contratto a tempo determinato sono i medesimi dei colleghi già immessi in ruolo: sono tenuti a svolgere anche la formazione obbligatoria di 25 ore prevista per tutti gli insegnanti che svolgono lezioni in classi dove è presente almeno un alunno disabile. È di questi giorni, infine, anche l’avvio di una petizione on line, che ha già raccolto 12 mila adesioni.

Il sindacato Anief continua a reputare del tutto illegittima l’esclusione dei docenti precari dall’accesso alla card annuale per l’aggiornamento dei docenti, compresi coloro che sono stati individuati da prima fascia GPS per gli incarichi utili all’immissione in ruolo dalle stesse GPS. La carta è stata negata anche agli immessi in ruolo da concorso straordinario con retrodatazione giuridica. Il sindacato non ci sta e invita tutti i docenti precari, a partire da tutti i supplenti annuali, oltre che assunti da o immessi in ruolo con retrodatazione al 1/9/2020 (ai fini del recupero della carta spettante per l'a.s. 2020/2021) a ricorre al giudice così da ottenere il riconoscimento della Carta docenti annuale. Sempre in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia europea, recentemente sollecitata dal Giudice del lavoro di Vercelli su ricorso presentato dalla stessa organizzazione sindacale autonoma.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è ora di finirla con i lavoratori considerati di rincalzo e quelli di maggiore rilievo. Un dipendente è tale per quello che fa sul posto di lavoro, non per il tipo di contratto che ha sottoscritto. È una regola base che vale in tutti i Paesi moderni, ma che in Italia non si vuole applicare. In attesa che il giudice europeo ci dica se tutto questo è lecito, se è possibile nel 2021 continuare a trattare dei lavoratori come se fossero dei paria, non possiamo che invitare tutti coloro che non vogliono soccombere a questa ennesima a ricorre al giudice. Stiamo assistendo ad una vera ingiustizia contro i precari, già vessati economicamente perché senza scatti stipendiali e con il compenso bloccato per nove anni consecutivi dopo il ruolo, per non parlare delle mancate indennità e dei mesi estivi sottratti: qualora il giudice dovesse darci ragione – conclude Pacifico - , stavolta c’è anche la concreta possibilità di recuperare la quota annuale di 500 euro di aggiornamento a partire dal 2016”.
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