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Mentre la politica si continua ad occupare di questioni scolastiche marginali, quelle rilevanti continuano a rimanere nel dimenticatoio: non si opera per il riconoscimento delle malattie derivanti dalla sindrome di burnout, non si adegua lo stipendio agli effettivi rischi che comporta la professione, non si considerano forme di pre-pensionamento che permetterebbero a tanti docenti e Ata di evitare di ammalarsi dopo i 60 anni. Eppure il fenomeno è noto da tempo. Ed è anche normato: lo stress da lavoro correlato è previsto dal decreto legislativo n. 81, del 9 aprile 2008, che ha dato attuazione all’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Le norme vigenti prevedono quindi da tempo che chi ha alle dipendenze dei lavoratori è tenuto a controllare e prevenire le malattie professionali. Ma nel migliore dei casi negli ultimi 13 anni nelle scuole non si è mai andati oltre alla somministrazione di questionari per registrare lo stato di fatto, anche perché lo Stato si è ben guardato dal finanziare l’attuazione delle norme. E intanto il personale si ammala.

“La verità – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che il Covid19 ha reso ancora più evidente questa tendenza: operare in condizioni ambientali difficili, spendersi e studiare in continuazione metodologie didattiche efficace e da personalizzare in base alle esigenze dei singoli alunni, svolgere contemporaneamente didattica a distanza e in presenza, lavorare a centinaia di chilometri da casa per anni senza possibilità di tornare ad abbracciare figli e parenti, hanno contribuito ad innalzare i già elevati rischi di incorrere in patologie da burnout. Tutto questo, però, non viene riconosciuto. Né contrattualmente, né nello stipendio, nel quale andrebbe collocata una specifica indennità di rischio biologico e di burnout. Così ci ritroviamo con compensi che non coprono nemmeno il costo della vita e dopo 35 anni di servizio gli incrementi sono maggiori pure in Romania, Polonia e Slovenia. E neppure si affronta il problema a livello previdenziale, visto che sta andando in soffitta Quota 100 e non si parla più di una formula di pre-pensionamento che permetta, come noi chiediamo, di lasciare nella scuola il lavoro a 62 anni conservando per intero il montante previdenziale fino a quel momento accumulato”.
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Il titolare dell’Istruzione ha spiegato che questa scelta previene il fenomeno delle cosiddette «cattedre vuote». Il sindacato non è d’accordo: prima di tutto perché per una cattedra che si svuota ve ne è una che si riempie, in secondo luogo perché la conferma di un docente in un istituto non garantisce affatto la sua conferma anche sulle classi dell’anno precedente. Infine, va rilevato che a causa del perdurare dello stop agli spostamenti di sede di tanti insegnanti, sono state presentate meno della metà delle domande (85mila) rispetto agli anni scorsi: soltanto una su due è stata accolta, proprio per i vincoli contrattuali vigenti. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ribadisce la necessità di “ripristinare anche le assegnazioni provvisorie annuali dopo aver ottenuto il riconoscimento delle assegnazioni temporanee previste per i genitori con figli fino a tre anni. Per noi è assurdo negare in tempo di Covid l’assegnazione provvisoria in presenza della cattedra libera”. In attesa che il legislatore ottemperi al diritto costituzionale di ricongiungimento alla propria famiglia, Anief offre la possibilità di ricorrere al giudice, con i legali dello stesso giovane sindacato: l’obiettivo è quello di ottenere lo spostamento di sede prima dei tre anni indicati dalla legge.
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Il sindacato non ha dubbi: la norma presente nel decreto Sostegni bis, ora all'esame del Senato e tra alcuni giorni convertita definitivamente in legge, è palesemente incostituzionale perché in maniera irragionevole valuta un requisito di servizio non richiesto per l'inserimento nella suddetta graduatoria per i contratti a tempo determinato. E appare tanto più discriminatoria nell'esigere la prestazione di tale servizio soltanto su posto comune e non di sostegno. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Siamo pronti a portare in tribunale le ragioni di chi ha svolto tre anni di supplenze e ora rimane con un pugno di mosche in mano. L’Italia sta ancora una volta calpestando le norme comunitarie e noi questo non lo possiamo permettere, ancora di più perché si sta andando verso la mancata immissione in ruolo di un numero inaudito di cattedre, probabilmente anche 80mila”. Per questi motivi, Anief avvia le specifiche azioni legali.
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Dopo lo stop del Tar Lazio, il sindacato non si è fermato e ha ottenuto dal tribunale di Vercelli la remissione alla corte di Lussemburgo dove con il proprio ufficio legale ha già discusso le cause sulla compatibilità del diritto italiano con quello comunitario in merito all'abuso dei contratti a termine, alla ricostruzione di carriera e ai risarcimenti del personale precario della scuola Italiana.

Anief mette a disposizione il modello gratuito di diffida ai propri iscritti per interrompere la prescrizione e richiedere l'erogazione dell'assegno per gli ultimi cinque anni. Se accolto, lo Stato dovrebbe versare da 500 a 800 milioni di arretrati.
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È più ampia di quanto il ministero dell’Istruzione voglia far credere la platea di partecipanti agli elenchi aggiuntivi della prima fascia delle Graduatorie provinciali per le supplenze utili alle immissioni in ruolo di 112.473 docenti: lo sostiene il sindacato Anief, aprendo quindi le Gps utili alla stabilizzazione anche a coloro che hanno presentato domanda di partecipazione ai concorsi e ai corsi abilitanti, coloro che sono risultati idonei e i laureandi in Scienze della Formazione primaria. Il loro inserimento è molto importante, perché si sta andando incontro a delle assunzioni che a fronte di un contingente autorizzato dal Mef superiore alle 112mila cattedre, in circa 80mila casi ci potremmo non trovare nelle condizioni di avere un candidato per essere immesso in ruolo. Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato Anief, ha spiegato ai microfoni di Teleborsa che questa facoltà verrà data solo “a coloro che conseguiranno il titolo di specializzazione o di abilitazione entro il prossimo 31 luglio”, ma per il sindacato anche altri potranno “inserirsi in questo elenco, ancora di più perché, solo per quest'anno, verrà utilizzato per le immissioni in ruolo residue rispetto alle GAE e alle graduatorie di merito dei concorsi ordinari e straordinari”, seppure “con riserva”. Chi fosse interessato può seguire le modalità predisposte dal sindacato.
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