Contratto

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): Giannini vuole abolire gli scatti di anzianità, così farà sprofondare gli stipendi di quasi un milione di dipendenti ancora di più sotto l’inflazione.

Dopo alcune settimane di silenzio, il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, torna a parlare di stipendi del personale scolastico. E conferma l’intenzione di presentare ai sindacati la proposta di rinnovo del contratto prima dell'estate: “conterrà tutti gli elementi per una buona valutazione che non può essere solo teorica, ma deve tradursi anche in premi concreti a chi li merita”. Ancora una volta, Giannini non spende nemmeno una parola sul processo di impoverimento dei dipendenti della scuola italiana. E il motivo è chiaro: il Governo vuole sopprimere gli scatti di anzianità.

Premesso che Anief ritiene fattibile un progetto di riforma del contratto che preveda anche degli aumenti stipendiali legati al merito, il sindacato rimane però allo stesso tempo strabiliato di fronte all’indifferenza con cui i vertici dell’amministrazione scolastica continuano ad ignorare che gli stipendi del personale sono fermi ai valori del 2009. Il blocco ha fatto sì che lo stipendio base del personale della scuola non sia più nemmeno in grado di rispondere all’aumento del costo della vita che nell’ultimo periodo è stato superiore del 4%: non a caso, rispetto agli altri Paesi economicamente sviluppati dell’area Ocde i nostri insegnanti vanno in pensione in media con 8mila euro in meno annui.

“È evidente – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – che per un milione di docenti e Ata si sta preparando un contratto per pochi eletti. Tutto ha avuto inizio con il decreto legislativo 150/09, voluto dall’allora ministro Renato Brunetta: un decreto che ha legato gli incrementi in busta paga con il livello delle performance professionali, in perfetto stile aziendale. E che ha posto le basi per l’accordo interconfederale del 4 febbraio 2011 (non firmato da Flc-Cgil e Confedir), per l’atto di indirizzo successivo all’ARAN del 15 febbraio 2011 e per le sciagurate scelte contenute nel DEF 2013. Con cui si è confermata la volontà di congelare l’anzianità di servizio maturata dai neo-assunti per realizzare gli obiettivi di invarianza finanziaria”.

“Il prossimo passo, ci dice oggi il Ministro, sarà quello del rinnovo del contratto senza più scatti stipendiali, facendo così sprofondare gli stipendi sotto l’inflazione. Il sindacato fa appello quindi al Parlamento perché approvi un impianto normativo che torni a dare dignità ai lavoratori della scuola: dire addio all’unica forma di incremento stipendiale, gli scatti di anzianità, non sarebbe tollerabile. Ancora di più perché, parallelamente, si continuano a pagare quelli degli anni passati non con i soldi delle Leggi di Stabilità, ma prelevando una media di 350 milioni di euro annui dal fondo d’istituto destinato alle scuole. E ciò significa – conclude Pacifico – cancellare anche le uniche indennità che docenti e Ata percepiscono aderendo ai progetti a sostegno della didattica curricolare”.

Per queste ragioni Anief ha deciso di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU): per tutelare non soltanto il diritto a un contratto, al lavoro e a una giusta retribuzione ma anche alla parità di trattamento tra i lavoratori italiani ed europei. Per informazioni basta scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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Eppure il Governo si appresta a prorogarlo di un anno, in attesa dell’udienza della Corte costituzionale prevista per il 5-6 novembre 2013 che discuterà 17 ordinanze di remissione per la violazione di nove articoli della Costituzione relativamente al personale dell’università, dell’ambasciata, dell’Agcom, della Scuola. Intanto la Confedir e l’Anief si preparano a ricorrere nei tribunali di tutto il Paese.

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Dopo le proteste dei sindacati, la proroga del blocco degli stipendi dei dipendenti del pubblico impiego trova resistenze anche sui banchi del Parlamento: poco fa la VII commissione Cultura del Senato ha espresso forti riserve sulla bozza di proposta di proroga, a tutto il 2014, lasciata in eredità dal Governo Monti attraverso un’apposita bozza di decreto legislativo.

Perché i 120 mln di euro stanziati dal Governo entro il 30 giugno sono insufficienti. Per Anief, i sindacati non dovrebbero firmare ma ricorrere in tribunale contro il blocco contrattuale. Gli aumenti previsti dal CCNL 2006-2009 sono sotto 4 punti rispetto all’inflazione, mentre gli scatti 2010-2011 sono stati pagati applicando la riforma Brunetta a invarianza finanziaria. Dal 2010, persi 93 euro al mese. Contro il blocco dell’indennità di vacanza contrattuale al 2017, i lavoratori possono ricorrere gratuitamente alla CEDU. Scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

È evidente, infatti, che la sessione negoziale ricordata dall’art. 1, comma 1, della legge 41/2014 riguarda gli scatti da pagare per il 2012, sempre che si trovino i due terzi delle risorse mancanti al netto dei 120 milioni stanziati dal Governo entro il 30 giugno 2014. E qui sta il bello: perché, ancora una volta, i soldi mancanti dovranno essere trovati da nuovi tagli o riduzioni di bilancio nel comparto, quando il MOF è già agonizzante. La mancata firma del contratto, comunque, non avrebbe alcun effetto sulle posizioni economiche maturate dal personale nel 2013 per via degli scatti pagati per il 2011, in quanto lo stesso CCNL del 13 marzo 2013, all’art. 2, comma 1, lettera c) già dispone l’accantonamento di 381 mln di euro a partire dal 2013.

Fermo restando il blocco degli scatti per il 2013, e la possibile deroga per il 2014 - negata, però, dalla vigenza dell’art. 1, comma 453 della legge 147/2013 -, l’aumento di stipendio ottenuto dai sindacati, a partire dal 2010, non è più finanziato dalle leggi di stabilità con risorse aggiuntive messe dallo Stato ma dai cittadini e lavoratori con riduzione di servizi e posti di lavoro, così come previsto dal decreto legislativo 150/2009, che pure ha abolito la misurazione del merito nella progressione di carriera per anzianità, in luogo di una prestazione individuale ancora da definire a invarianza finanziaria.

Ma c’è di più: questi aumenti sono pure il minimo sindacale: 4 punti percentuali sotto quelli registrati dall’inflazione, nel periodo 2007-2012. Se si fossero, infatti, trovate le risorse per adeguare gli stipendi all’aumento dei prezzi, e quindi se si fosse firmato un contratto per il triennio 2010-2013, ogni lavoratore si sarebbe ritrovato in busta paga, in media, 3.600 euro lordi in più, aumenti per 93 euro, al netto dello scatto stipendiale.

Allora perché i sindacati che sono rappresentativi, invece di firmare accordi a perdere non si siedono nelle aule dei tribunali per denunciare il diritto all’informazione, alla consultazione, alla contrattazione? Come ha fatto, per esempio, la FLP ottenendo dal giudice del lavoro Fedele di Roma la remissione in Corte costituzionale, il 23 novembre 2013, della legge 122/2010 che blocca i contratti.

Questo accanimento terapeutico nei confronti del personale della scuola, che ogni giorno apprende dalla stampa la conferma da parte dell’amministrazione sull’abolizione degli scatti di anzianità - non per ultimo confermata dal blocco al 2010 dei valori dell’indennità di vacanza contrattuale fino al 2017 come previsto dall’art. 1, comma 452 della legge 147/2013 - deve finire, tanto più se negli altri Paesi CEDU, un docente guadagna a fine carriera 600 euro in più al mese. Il Governo deve invertire la rotta e trovare le risorse se non vuole mortificare per sempre una professione senza la quale non si rilancia più il Paese, per non aspettare che vi sia sempre un giudice a Strasburgo o Lussemburgo che lo condanni.

 

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