Appello dell’Anief al Governo: non abbandoni gli oltre 10.000 docenti sovrannumerari della scuola, servono provvedimenti di massima urgenza! Altrimenti per loro scatterà la mobilità forzata o la cassa integrazione.

Quello dei docenti sovrannumerari della scuola italiana è un problema crescente, di cui il Governo deve farsi necessariamente carico. A sostenerlo è l’Anief, dopo che a seguito dell’interpellanza avviata alla Camera dal Dipartimento Scuola dell’Italia dei valori è emerso che ad oggi il Ministero dell’Istruzione non ha ancora avviato percorsi di riconversione o progetti di ricollocazione per gli oltre 10.000 docenti rimasti senza “cattedra”.

Secondo il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, “per questi insegnanti, ma probabilmente anche di più, a seguito dell’ulteriore riduzione di offerta formativa settimanale nelle scuole superiori, il pericolo è reale. E prossimo al compimento. In base a quanto introdotto con l’ultimo provvedimento del Governo Berlusconi, attraverso la Legge 183 del 12 novembre 2011, già dal prossimo mese di settembre per il personale che andrà in esubero (sovrannumerario oppure dop) scatterà la ricollocazione forzata in altro ramo della pubblica amministrazione. E se ciò non sarà possibile, si procederà alla cassa-integrazione per due anni. Seguita dal licenziamento, nel caso in cui non possa essere ricollocato”.

Il Presidente dell’Anief si rivolge quindi al Governo: “bisogna assolutamente evitare che migliaia di docenti della scuola pubblica si trovino, anche dopo decenni di onorato servizio e senza alcuna responsabilità, ad abbandonare in modo coatto il loro mestiere di professionisti della formazione delle nuove generazioni. O, peggio ancora, che vengano deprivati di qualsiasi occupazione. Non c’è più tempo da perdere: servono provvedimenti di massima urgenza!”, conclude Pacifico.

L’Anief non ci sta: Il Governo non ha voluto trovare 350 milioni di euro per assumere 10mila precari, vorrà dire che dovrà sborsare 60 milioni di euro per risarcire i 4mila ricorrenti dell’Anief.

Introducendo il vincolo economico dei “limiti dei risparmi di spesa accertati”, l'ultima versione dell’emendamento approvato dalle commissioni Affari costituzionali e Attività produttive della Camera ci regala un organico triennale dei lavoratori della scuola solo in apparenza legato alla “previsione dell'andamento demografico della popolazione in età scolare”: secondo l’Anief ancora una volta i vincoli di spesa si antepongono dunque all’istruzione dei suoi cittadini.

La norma approvata – sostiene il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – prende ulteriormente in giro i precari della scuola perché a novembre la Corte dei Conti ha certificato che non esiste nemmeno un euro di risparmio derivante dagli oltre 100mila tagli al personale effettuati negli ultimi tre anni”.

Per l’Anief se questo emendamento verrà portato sino in fondo, i precari della scuola, prima illusi e poi ancora una volta lasciati al loro destino, non verranno certo abbandonati dal sindacato: “vorrà dire – spiega Pacifico – che continueremo con maggiore determinazione a chiedere ai Tribunali della Repubblica la condanna del Ministero dell’Istruzione per abuso dei contratti a termine. I fatti parlano chiaramente a nostro favore: da Biella a Trani, mediamente ogni giudice ha già risarcito 15mila euro ad ogni precario ricorrente”.

L’amministrazione statale farebbe quindi bene a mettere in conto che la strategia adottata non porterà di certo solo economie di spesa. “Il Governo non ha voluto trovare 350 milioni di euro per assumere 10mila precari: vorrà dire che dovrà sborsare 60 milioni di euro per risarcire i soli 4mila ricorrenti dell’Anief”, conclude il Presidente del giovane sindacato.

E non solo per questo: l’insegnamento è tra le professioni più a rischio burnout e va inserita nella categoria di quelle usuranti.

L’Anief giudica offensive le parole del Ministro del Welfare, Elsa Fornero, che durante il question time alla Camera ha chiuso alla possibilità ai lavoratori della scuola di concedere deroghe ai requisiti per andare in pensione: il sindacato sostiene che non si tratta di riportare “indietro le lancette a favore dei lavoratori della categoria della scuola”, come ha dichiarato il ministro, ma solo di adottare una regola di equità per dei lavoratori che da decenni lasciano il servizio in corrispondenza del termine dell’anno scolastico.

Il Ministro Fornero – ha dichiarato il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – continua a non comprendere che le nuove regole sulle pensioni toccano i diritti acquisiti del personale della scuola, che da sempre matura l’anno di servizio nell’estate successiva rispetto all’approvazione della norma: è evidente dunque che di fronte a tale disparità di trattamento dei lavoratori, il giudice non potrà non riconoscere la normativa specifica in ambito scolastico”.

Il giovane sindacato ritiene inoltre ingiusto che la scuola non risulti tra le professioni usuranti: “vorrei ricordare che nel comparto pubblico – ha detto il rappresentante dell’Anief  – l’attività di insegnamento è tra quelle lavorative più stressanti e per questo motivo ad alto rischio ‘burnout’. Pertanto chiederemo ai giudici di riconoscere l’attività di docenza come usurante e come tale di garantire ai suoi lavoratori la stessa ‘finestra’ concessa ai privati”, ha concluso Marcello Pacifico.

Aprire a modelli come quello presentato dalla regione Lombardia avrebbe condotto verso un modello palesemente incostituzionale.

“Sentire il Ministro dell’Istruzione che la competenza nella assunzione del personale rimane ad esclusivo appannaggio dello Stato ci rassicura. Sono parole importanti, perché stoppano sul nascere certe ‘fughe in avanti’ incostituzionali, come il progetto di legge della Lombardia attraverso cui il Presidente Formigoni vorrebbe selezionare nuovi docenti per mezzo di concorsi locali”. Così Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief, commenta le parole espresse dal Ministro Profumo, durante un question time tenuto oggi alla Camera, a proposito della volontà di avviare forme di assunzione localistiche di chiara ispirazione federalista.

“Se il Ministro Profumo è stato oggi costretto a riaffermare la competenza dello Stato sulla materia – sostiene il Presidente dell’Anief – lo si deve anche al nostro sindacato, che ha sin da subito respinto con forza e denunciato le incoerenze normative sull’apertura prospettata dallo stesso Ministro al Presidente Formigoni durante l’incontro tenuto tra i due alcuni giorni fa a Milano”.

“Certo, è incredibile che debba essere stato un’organizzazione sindacale – continua Pacifico – a ricordare al Ministro che il reclutamento delle amministrazioni pubbliche del comparto Scuola è di pertinenza esclusiva dello Stato. E che l’ordinario svolgimento delle attività didattiche deve essere svolto da docenti assunti obbligatoriamente dallo Stato e non dalle singole Regioni”.

Il Presidente dell’Anief apprezza comunque il passo indietro fatto dal Ministro: “significa che finalmente, sempre anche grazie alle nostre pressioni, l’entourage di Profumo ha compreso l’altissimo rischio di rigetto di questa modalità di selezionare il personale perché incostituzionale. Inoltre, se il Ministro Profumo, come ha detto oggi, ascolterà le altre regioni si renderà conto che quella della Lombardia è un’iniziativa isolata”.

Anief invita il Presidente della Repubblica a non firmare il provvedimento. Clamoroso dietro-front del ministro Profumo che in due settimane cambia idea per poter avviare la chiamata diretta degli insegnanti. Anief è pronta a ricorrere nuovamente in Corte costituzionale e a chiedere un risarcimento danni milionario, a carico dello Stato.

Anche se è stato bocciato l’emendamento soppressivo della Lega che è riuscita a far saltare la finestra per le pensioni al personale della Scuola (si sapeva, visto che gli insegnanti sono per lo più di estrazione meridionale), Anief accusa il Governo di violare ben tre sentenze della corte costituzionale sull’inserimento, la collocazione e l’assunzione dei docenti dalle graduatorie ad esaurimento, nell’emendamento che sostituirà il testo approvato dalla Camera dei Deputati, inserito nel maxi-emendamento, collocando in coda i docenti neo-abilitati già inseriti a pettine.

Nel 2004, la Corte costituzionale difese l’abolizione delle cinque fasce, decise dal Tar Lazio e volute dal ministro Moratti per graduare gli inserimenti nelle graduatorie secondo l’anno di conseguimento dell’abilitazione (sentenza n. 168). Nel 2011, con due sentenze (sentenze n. 41 e n. 242), il Giudice delle leggi ribadì l’illegittimo inserimento in coda dei precari voluto dal ministro Gelmini e dalla Lega nord, disponendone l’inserimento a pettine, mentre qualche mese dopo annullò l’inserimento in coda straordinario voluto dalla provincia autonoma di Trento degli abilitati che chiedevano di inserirsi (a graduatorie chiuse), quando avevano diritto di essere collocati a pettine. Perché allora, riaprire un contenzioso dagli esiti scontati? Quali pressioni hanno convinto il ministro Profumo a cambiare idea, a due settimane dal parere favorevole espresso, presso l’altro ramo del Parlamento sull’inserimento a pettine dei 20.000 docenti abilitati presso la Facoltà di Scienze della Formazione Primaria, le Accademie e i Conservatori, secondo quattro ben precisi ordini del giorni recepito dal Parlamento? Eppure l’emendamento del PD presentato dall’on. Russo era stato concordato punto per punto con il Governo, come anche oggi il senatore Giambrone (IdV) ha ricordato nel sostenere i diritti di questi giovani abilitati.

Soltanto un senso forte di impudenza o debole di impotenza può spiegare la volubilità del rappresentante del Governo che caccia fuori dalle graduatorie i docenti iscritti nelle Facoltà di Scienze della Formazione Primaria non ancora laureati e inserisce tutti gli altri abilitati, compreso quelli in arte e in strumento musicale, in coda, ma la giustizia trionferà sui tribunali anche se qualcuno si è privato del suo onore agli occhi del Paese, senza neanche dare la possibilità di presentare un sub-emendamento.

L’Anief ha dimostrato di vincere più volte nei tribunali della Repubblica sul tema dell’inserimento a pettine. Fra qualche anno, qualcuno dovrà pagare questa pazza scelta del legislatore.

 

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