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Province a corto di soldi: in arrivo la settimana corta obbligatoria anche alle superiori

Scarseggiano i fondi che lo Stato fornisce agli Enti locali per il pagamento delle utenze. A Savona già è stato chiesto a tutti i dirigenti scolastici di non svolgere lezioni il sabato. Pacifico (Anief): come si fa a dire ad un liceale di rimanere a scuola otto ore per studiare matematica, latino e greco, perché così lo Stato risparmia sulle bollette? Occorre opporsi a questa deriva, ne va di mezzo la qualità dell’istruzione pubblica italiana.

La scarsità di fondi per le scuole italiane sta raggiungendo livelli record. Al punto che le province, da cui dipende la gestione e la manutenzione degli istituti superiori, stanno cominciando a mettere le mani avanti in vista dell’organizzazione del prossimo anno scolastico. Come a Savona, dove per risparmiare sulle bollette elettriche e del gasolio da riscaldamento i responsabili della giunta provinciale hanno scritto ai dirigenti scolastici del loro territorio chiedendo loro esplicitamente di predisporre le condizioni per l’introduzione la settimana corta. Che significa far quadrare i conti cancellando un giorno di scuola, il sabato.

“Ora, a parte il fatto che questo genere di decisioni – l’allargamento o la riduzione del piano di lezioni settimanali – sono di competenza degli organi collegiali, è evidente – dice Marcello Pacifico, presidente Anief – che le mutazioni scolastiche degli ultimi tempi stanno sempre più spesso condannando gli studenti a usufruire di una formazione a mezzo servizio. Anche perché oggi si chiede di ridurre la settimana scolastica da 6 a 5 giorni. Il passo successivo, già peraltro tentato dal ministro Profumo, sarà quello di anticipare la maturità a 18 anni, cancellando addirittura di un anno il tempo scuola”.

Un sindacato serio, come l’Anief, non può rimanere in silenzio di fronte a questa tendenza formativa al ribasso. Semplicemente perché incide negativamente sull’organizzazione scolastica e di chi vi opera, oltre che sulle competenze che devono acquisire gli allievi. Soprattutto quando fa parte di un sempre più chiaro progetto di smantellamento del settore: basti solamente pensare al taglio di un terzo del Fondo d’istituto da utilizzare per tutte le attività collaterali e progettuali alla didattica; alla volontà del Governo, poi sfumata solo per la forte protesta di piazza, di ricondurre a 24 ore l’insegnamento settimanale di tutti i docenti; alle classi “pollaio”, con un numero di alunni per aula che si aggira ormai mediamente sulle 28-30 unità; alla chiusura incostituzionale di quasi 2mila istituti.

Si tratta di decisioni, inoltre, che vanno tutte a confluire verso quanto rilevato appena pochi giorni fa dall’istituto europeo di statistica. Attraverso un dettagliato studio, Eurostat ha messo a confronto gli investimenti di spesa pubblica per cultura e scuola. Per quanto riguarda la prima, l’Italia si colloca in fondo alla classifica europea, con appena l’1,1% di investimenti rispetto al Pil, a fronte di una media Ue pari al doppio. Scarso anche l'investimento a favore dell’istruzione, per la quale in Italia si spende solo l'8,5% del Pil: se confrontato con la media Ue del 10,9%, non ci collochiamo all’ultimo posto solo per la presenza della Grecia.

“E noi che facciamo? Anziché cambiare rotta, continuiamo su questa strada”, sostiene il presidente dell’Anief. Che poi aggiunge: “la richiesta formulata dalla Provincia di Savona, di accorpare le ore di lezione indistintamente in tutte le scuole non può trovarci d’accordo. Perché non si può chiedere ad un ragazzo che studia in un importante istituto tecnico o in un liceo di rimanere sui banchi per 7-8 ore, magari affrontando nella stessa giornata materie complesse come matematica, latino e greco. È una soluzione didatticamente inaccettabile. Che, sempre secondo il sindacato, i capi d’istituto non possono nemmeno prendere in considerazione. Qualora, invece, i dirigenti la presentassero al Collegio dei Docenti, spetterà al corpo insegnante bocciarla sul nascere”.

“Vale la pena ricordare – continua Pacifico – che le scuole italiane sono ormai abituate ad andare avanti tra mille difficoltà. Tanto è vero che da anni devono fare i conti con mancanze di ogni genere: dalla carta igienica, ai gessetti per le lavagne, dai toner per le stampanti all’assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria. Sino a sorteggiare i supplenti per decidere quali pagare con i pochi fondi a disposizione. Se l’indicazione delle province dovesse realizzarsi – conclude il presidente dell’Anief - vorrà dire che si stavolta si organizzeranno per sopravvivere anche al freddo e alla mancanza di luce”.

 

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