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Abbandoni scolastici: Italia peggio di tutti nell’Ue a 27

Il nostro è l’unico Paese dove il numero dei giovani che lasciano in età di obbligo scolastico non si riduce: la situazione più critica in Sicilia, Sardegna e Campania e nel biennio delle superiori. Pacifico (Anief): è scientificamente provato che il taglio di finanziamenti è strettamente correlato al successo formativo, questi dati purtroppo non sorprendono. Ma ora basta, i nostri giovani non meritano questo!

L’Eurostat torna a “bacchettare” lo Stato italiano per i suoi pessimi risultati in ambito scolastico. Stavolta l’istituto statistico dell’Ue ha messo in evidenza un dato di cui il nostro Paese dovrebbe vergognarsi: siamo l’unico nell’Europa a 27 dove gli abbandoni scolastici non si riducono. Mentre l’Ue ci chiede di far anticipare l’uscita dal sistema scolastico a meno del 10% di giovani, noi ne continuiamo a perdere prima del termine dell’obbligo formativo quasi il doppio. Con punte del 25% in Sicilia, Sardegna e Campania. E facciamo rilevare una situazione da allarme rosso nel biennio delle superiori.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, quanto rilevato dall’Eurostat è una conseguenza della politica dei tagli ad oltranza adottati negli ultimi anni: “negli ultimi sei anni – spiega il sindacalista - sono stati cancellati 200mila posti, sottratti 8 miliardi di euro ed ultimamente si è pensato bene di far sparire quasi 2mila scuole a seguito del cosiddetto dimensionamento, anche se poi ritenuto illegittimo dalla Consulta. Ora, siccome è scientificamente provato che i finanziamenti sono strettamente correlati al successo formativo, questi dati non sorprendono. Ma sicuramente amareggiano”.

Con gli istituti ridotti allo stremo, tanto che alcuni dirigenti sono arrivati a chiedere ad ogni famiglia fino a 300 euro l’anno di contributi, è una conseguenza inevitabile che le scuole non possano organizzare un adeguato orientamento scolastico e universitario. Anche nel canale d’istruzione terziario, infatti, ci distinguiamo. E sempre in negativo. Il numero di giovani iscritti all’università che raggiunge la laurea è infatti il più basso di tutti. Tanto che l’Italia si posiziona, in alcune fasce d’età, oltre 15 punti percentuali sotto la media europea.

“Il problema – continua Pacifico - è che invece di investire nella formazione, in professionalità, in tempo scuola, in competenze, ad iniziare da quelle nell’Ict, in Italia si continua a considerare l’istruzione un comparto da cui sottrarre risorse. Anche a livello universitario, si è pensato che eliminare la figura (fondamentale!) del ricercatore non avrebbe avuto contraccolpi. Invece eccoci ancora una volta a tirare delle somme clamorosamente in perdita. Per il nuovo governo, quando arriverà, quello dell’istruzione e della formazione dovrà per forza diventare un settore centrale: con artigianato, turismo e nuove tecnologie a supporto. Il tempo sta scadendo: il baratro è dietro l’angolo”.

 

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