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Dati Istat impietosi: il potere d’acquisto di 3 milioni di dipendenti pubblici torna a 20 anni fa

Marcello Pacifico (Anief-Confedir): stipendi bloccati, -275mila posti di lavoro, nuovi tagli in arrivo. È un sacrificio che non ha eguali tra i lavoratori italiani.

Sono ancora una volta i lavoratori della pubblica amministrazione a pagare più di tutti gli altri le scelte scellerate adottate dai Governi degli ultimi anni: la conferma arriva dai dati Istat di oggi, contenenti il “congelamento” degli stipendi dei dipendenti statali nel mese di febbraio, con l’indice delle retribuzioni contrattuali rimasto invariato rispetto a gennaio. A cui si aggiunge una crescita davvero modesta su base annuale, molto al di sotto dell’inflazione. Se a questo aggiungiamo che anche la capacità economica delle famiglie consumatrici, sempre tenuto conto dell'inflazione, nel 2012 rispetto all’anno precedente si è ridotta di quasi il 5%, un calo annuale che non si toccava dal 1995, viene da sé che gli oltre 3 milioni di dipendenti e dirigenti statali vivono oggi con un potere d'acquisto corrispondente a quello di 20 anni fa.

“Si tratta di un sacrificio che non ha eguali tra i lavoratori italiani – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato alla gestione del contenzioso per la Confedir – la cui parabola discendente ha preso inizio con il blocco dei contratti introdotti con la legge 122 del 2010. Con il peggio che deve ancora venire, visto che si parla insistentemente di introduzione di incentivi attraverso esclusivamente il merito. Il caso della scuola è emblematico, con gli scatti automatici di docenti e Ata recuperati solo attraverso una parziale una tantum e con i futuri fortemente in bilico. Tutto questo, peraltro, accade malgrado si tratti di scelte che contrastano palesemente diversi articoli della Costituzione: l’1, il 36, il 39 e il 41. E non a caso la questione è stata già censurata dalla Consulta, attraverso la sentenza 223 dell’ottobre scorso che ha di fatto ‘cassato’ il blocco degli scatti stipendiali dei magistrati”.

Non si capisce perché a pagare il conto più “salato” debbano essere sempre i dipendenti pubblici. Non bisogna infatti dimenticare che stiamo parlando di una categoria martoriata anche dai tagli agli organici: a differenza dei dati ufficiali, che indicano una riduzione di 230 mila posti negli ultimi 5 anni, Anief-Confedir ha infatti rilevato, andando a confrontare gli aventi diritto alle elezioni del rinnovo delle rappresentanze sindacali dello scorso anno rispetto a quelle del 2006, che mancano all’appello 275 mila unità di lavoro. Di queste, 200 mila appartengono alla scuola e le altre al resto della pubblica amministrazione.

“Ma non è finita – continua Pacifico – perché è di questi giorni l’annuncio da parte del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, della volontà dell’amministrazione di ridurre di un ulteriore 10% il personale dipendente. E addirittura del 20% quello dei dirigenti. Lo scenario che si sta preparando è quindi quello di un Paese dallo sviluppo economico bloccato e che si trascina verso un’indicibile recessione”.

Per tutti questi motivi, Anief e Confedir annunciano la ferma intenzione di avviare un contenzioso con chi amministra le sorti dei lavoratori pubblici, al fine di riportare dignità a dei professionisti dello Stato trasformati da chi ci governa (male) in vittime sacrificali per far quadrare i conti. “A tal proposito – conclude il sindacalista – va ricordato che negli ultimi 10 anni, proprio mentre si tagliavano spregiudicatamente stipendi e posti di lavoro nello Stato, il contributo pubblico ai partiti è cresciuto del 100%”.

 

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