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Istruzione: Italia bacchettata da Andreas Schleicher, vicedirettore per l'educazione Ocse

Istruzione – Italia umiliata dalle bacchettate di Schleicher, vicedirettore educazione Ocse: troppo alto il gap Nord-Sud e poca attenzione alla figura del docente, prenda l’esempio di Finlandia e Cina. Il commento Anief-Confedir: nel nostro Paese negli ultimi anni la già ‘magra’ spesa per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha registrato un -5,4%. Sono state tagliate migliaia di classi, sedi e dirigenze scolastiche. Bloccati gli stipendi al personale, che è stato anche ridotto di 150mila posti tra docenti e personale Ata. Pacifico (Anief-Confedir): serve un cambio di marcia, il Governo che verrà non ha scelta.

Quando si parla di istruzione a livello internazionale, oramai per l’Italia non ci sono che bacchettate. Stavolta l’autore è Andreas Schleicher, vicedirettore per l'educazione dell'Ocse e ideatore della classifica ranking Pisa, che misura la preparazione degli studenti, il quale ha duramente ammonito il nostro Paese sul fronte della qualità dell’istruzione pubblica. Ancora una volta si parla di scarsi investimenti per il settore: l'Italia infatti concede alla formazione delle nuove generazioni appena il 4,9 % del Pil, contro una media Ocse del 5,8%. Ciò avviene per due motivi: per il perdurare del gap tra l’istruzione del Nord e quella del Sud d'Italia; per colpa della poca attenzione alla pratica professionale e alla mancata incentivazione degli studenti migliori a diventare insegnanti.

Schleicher prende anche come esempi positivi la Finlandia, al top delle classifiche internazionali, dove la carriera di docente è la seconda professione più ambita, e la Cina, che invia i professori in carriera nelle scuole più difficili per dimostrare le proprie abilità. E poi sottolinea quanto, rispetto a questi modelli trainanti, l’Italia sia “ancora molto indietro”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato per la scuola Confedir, “le affermazioni di Schleicher confermano che senza un serio piano industriale sullo sviluppo del patrimonio culturale e uno stop ai tagli indiscriminati non si potrà mai parlare di elevazione della qualità dell’istruzione pubblica italiana. Basta dire che nell’ultimo ventennio la già ‘magra’ spesa per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca è scesa in Italia del 5,4% contrariamente agli investimenti decisi negli Stati Uniti e in Germania”.

Il sindacato non può non rilevare che negli ultimi anni nel nostro Paese si è pensato bene di cancellare anche la figura del ricercatore e tagliare 150mila posti tra docenti e personale Ata. E nell’ultimo periodo si sono annullate migliaia di classi, sedi e dirigenze scolastiche. Per non parlare degli stipendi del personale scolastico, bloccati per quattro anni, e dell’utilizzo di personale precario per un settimo del fabbisogno ordinario.

“Avvicinare l’Italia ai Paesi più avanzati sul fronte dell’istruzione – ricorda Pacifico – significa abbandonare la strada controproducente dei tagli lineari ai servizi e dell’aumento della pressione fiscale: l’unica strada rimane la riconversione industriale e produttiva intorno a un progetto condiviso che rilanci il nostro unico patrimonio culturale che ha già avuto in passato l’onore di ospitare la metà dei monumenti Unesco dell’umanità. Attraverso la cultura si può vivere, ma soltanto se si crede e si investe in chi vi opera quotidianamente. Quello che dovrà fare necessariamente il nuovo Governo, sempre se vorrà voltare pagina”.

 

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