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Nella giornata mondiale del docente l'Ue pubblica dati scoraggianti: in Italia stipendi fermi al 2000

È beffardo il destino degli insegnanti che operano in Italia: nel giorno della giornata mondiale del docente, celebrata in più di cento Paesi per ricordare l’alta valenza sociale di questa professione, la Commissione europea pubblica un rapporto dal quale risulta che se si tiene conto del costo dell’inflazione l’entità degli stipendi degli insegnanti italiani è ferma addirittura al 2000. Nel rapporto sugli stipendi e le indennità degli insegnanti e dei presidi in Europea viene, inoltre, rimarcato che il mancato riconoscimento stipendiale “disincentiva l'ingresso nella professione dei soggetti migliori e dunque la qualità dell'insegnamento, fondamentale per la crescita economica”.

Questi dati confermano quanto sottolineato nei giorni scorsi dall’Anief, che nel riportare l’ultima indagine Ocse “Education at a Glance” si era soffermata su un punto: tra il 2000 e il 2010, fatto 100 lo stipendio medio degli insegnanti dei 37 Paesi economicamente più progrediti, lo stipendio in Italia è cresciuto ogni anno a partire dal 2005 solo del 4-5%; mentre nella media Ocde l’incremento è stato del 15-22%. E ciò è avvenuto per colpa della percentuale di spesa del PIL (4,9%) che l’Italia dedica al settore della conoscenza, rispetto alla media Ocse del 6,2%. Risultato: nel 2010, il reddito medio degli insegnanti italiani si colloca intorno a 32.000 euro lordi, in Inghilterra supera i 49.000 euro.

A parte il minore investimento, permane poi la differenza tra stipendio iniziale e di fine rapporto, a testimonianza di una carriera che in Italia non c’è: infatti, nell’accesso alla professione, i docenti italiani si ritrovano in busta paga quanto i colleghi europei (28.000 euro), ma nell’ultimo anno prima della pensione perdono, in media, tra i 7.000 e gli 8.000 euro. Ciò malgrado, in questi ultimi dieci anni i nostri docenti hanno visto aumentare le ore di insegnamento (da 744 a 770, rispetto a una media Ocde da 762 a 782 per la primaria, da 608 a 630 rispetto a una media Ocde da 681 a 704 per la secondaria di primo grado, da 605 a 630 rispetto a una media Ocde da 608 a 658). Inoltre, gli insegnanti italiani lavorano 39 settimane rispetto alle 38 Ocde, 175 giorni rispetto ai 185 Ocde.

Secondo l’Anief non c’è più tempo da perdere. Lo sanno bene anche gli studenti, scesi oggi in diverse piazze italiane per rivendicare una politica che torni ad investire sull’istruzione pubblica, sugli stipendi dei docenti italiani, ormai i più bassi d’Europa, anziché tagliare fondi, risorse e organici per pareggiare i bilanci di amministrazioni pubbliche gestite con superficialità e all’insegna degli sprechi.

Questi dati confermano che se si vuole cambiare il futuro delle nuove generazioni e della nostra società – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir - bisogna immediatamente ripartire dalla valorizzazione del ruolo del docente. Cancellando una volta per tutte la tendenza degli ultimi anni, durante i quali l’insegnante italiano è stato sempre più mortificato da iniziative peggiorative della qualità della professione”.

Come diversamente si potrebbe commentare – continua Pacifico – la volontà del Parlamento, addirittura bipartisan, di rivedere gli organi collegiali riducendo gli spazi di autorevolezza del collegio dei docenti? Oppure dell’ostinazione nel non considerare l’insegnamento una professione logorante, anzi applicando una tassa sul giorno di malattia, a dispetto degli ultimi autorevoli rapporti nazionali che indicano l’alta percentuale di docenti che si sono ammalati di burnout?  degli ultimissimi autorevoli rapporti nazionali che indicano Per non parlare del fatto che alla mancata possibilità dei docenti italiani di poter fare un minimo di carriera, si è aggiunta nel 2010 la decisione di bloccare pure gli scatti automatici dello stipendio per addirittura tre anni? E che dire del recente concorso a cattedra, che il Miur vorrebbe negare a tutti i laureati degli ultimi 10 anni e ai docenti di ruolo?”.

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