Università

Università – Anief-Confedir: non è un collasso, è semplicemente un disastro

Così replica Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, alle dichiarazioni di oggi del Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini, sulle stime disastrose del CUN a proposito del dimezzamento del numero di docenti universitari entro il 2018 confermato anche dall’ultima Legge di Stabilità: la sparizione di 10 mila professori si somma alla messa ad esaurimento dei ricercatori, alla scarsità di iscritti, alle difficoltà di arrivare alla laurea. Con effetti disastrosi sull’occupazione.

“Non è un collasso, è semplicemente un disastro”: così replica Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, alle dichiarazioni di oggi del Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini, sull’allarme lanciato dal Consiglio universitario nazionale a proposito del previsto dimezzamento del numero di docenti universitari entro il 2018.

“Se per il Ministro ‘parlare di collasso è eccessivo’ – continua Pacifico – noi sosteniamo che sul fronte del reclutamento siamo da tempo all’allarme rosso. Come sindacato, siamo d’accordo però con Giannini quando sostiene che ‘i vincoli che sono stati messi vanno ripensati’. Perché non è più possibile utilizzare il blocco del turn over accademico come controllo del bilancio statale da parte del MEF. Il Governo quindi intervenga in fretta per rivedere la proroga del blocco delle assunzioni fino al 2018”.

L’attuale situazione di stallo sul ricambio dei docenti universitari ha origine con la Legge 133 del 2008, attraverso cui il ricambio dei docenti è stato ridotto al minimo. Trova conferma con la Legge 122/2010, nella quale si conferma il 100% delle assunzioni solo a partire dal 2016. Il blocco, anzi l’epurazione, arriva anche per i ricercatori a tempo indeterminato, attraverso la Legge 240/2010, con la categoria posta ad esaurimento.

La scorsa estate il Governo Letta sembrava volesse cambiare il corso delle cose, approvando finalmente un massiccio piano di assunzioni: la Legge 98/2013 aveva, infatti, dirottato 75 milioni di euro dal fondo per i servizi terziarizzati delle scuole al FFO per i concorsi da bandire negli atenei proprio per favorire l’assunzione dei ricercatori al termine delle procedure di abilitazione nazionale. Ma è durata poco: l’ultima Legge di Stabilità ha, infatti, prorogato la riapertura totale delle assunzioni al 2018, dirottando la riduzione dei fondi (-28 milioni per il 2016, -70 milioni per il 2017, -84 milioni per il 2018) alle necessità di cassa del Ministero dell’Economia.

E ora tutti i nodi stanno venendo al pettine. In queste ultime ore il CUN ci ha detto che entro il 2018 il sistema universitario perderà 9.486 professori ordinari; le ultime stime nazionali indicano che l’Università viene sempre più snobbata dai nostri giovani, come confermato dall’Istat, che di recente ha ravvisato un calo di quasi 10mila immatricolazioni (il 3,3%).

E le conseguenze si fanno sentire pure dopo: il Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco lancia l’allarme sullo scarso rendimento in termini di redditi lordi dei lavoratori italiani laureati rispetto a quelli dei grandi Paesi europei (-15 punti); il consorzio Almalaurea si sofferma sulle difficoltà crescenti dei laureati nel trovare un impiego: nell’ultimo quinquennio, ad un anno dal titolo si è passati dal 10% al 26,5% di neo-dottori disoccupati.

Di conseguenza, non c’è da meravigliarsi se se nell'ultimo decennio gli under 35 che sono stati costretti a recarsi Oltralpe in cerca di un impiego sono più che raddoppiati, passando da 50 mila a 106 mila. Se, dati Istat, dal 1983 il numero di ultratrentenni che continuano a vivere con la famiglia di origine, quasi sempre con mamma e papà, è quasi triplicato. Se la categoria dei Neet nel 2012 (dati Cnel) ha raggiunto 2 milioni 250 mila unità, pari al 23,9%, ovvero circa un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni.

“L’unica verità – conclude amaramente il presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è che mentre tutti i Paesi al vertice del G8 aumentano gli investimenti per l’Università e la Ricerca, l’Italia per mere esigenze di cassa continua a reiterare sistematicamente le percentuali di blocco del turn-over: il tempo delle promesse è scaduto, se non si vogliono bruciare generazioni intere si passi con prontezza a risanare il sistema accademico”.

Per approfondimenti:

Università: se non si torna ad investire rischiamo di svuotare gli atenei

 

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