TFA

TFA speciali e ordinari, formazione dei sovrannumerari: il solito pasticcio del Miur

Si è concluso con una confusa informativa il primo incontro con i sindacati, all’indomani delle richieste dell’Anief di maggiore chiarezza sui tempi e sulle modalità di attivazione dei corsi TFA riservati a chi ha prestato servizio nelle scuole, a due settimane dalla scadenza di iscrizione on-line ai corsi TFA ordinari.

Dal 2004 il legislatore è intervenuto per prevedere una nuova formazione iniziale degli insegnanti che ne garantisse il reclutamento. Nel 2009 è stato partorito dal ministro pro-tempore un regolamento attuativo che ha disciplinato la sola formazione triennale universitaria, prevedendo una fase transitoria annuale (TFA). Nel 2012, nell’arco di un mese, il Miur pubblica tre decreti che disciplinano le prove di accesso a numero programmato per partecipare al TFA ordinariamente transitorio, alla specializzazione ordinaria su sostegno, alla riconversione del personale sovrannumerario su sostegno, mentre in un’intervista il ministro pro-tempore annuncia la volontà di far partire dei corsi TFA speciali per il personale non abilitato con tre anni di servizio e un comunicato del Miur smentisce quanto riportato dalla normativa sulla validità concorsuale delle nuove abilitazioni conseguite. Il tutto condito dal grande assente, il regolamento sull’accorpamento delle nuove classi concorsuali, che dopo la sua approvazione aumenterà le condizioni di sovrannumero, dà una certezza (il 30% dell’organico su sostegno è ancora precario rispetto al 5% sul curricolare) e offre una speranza (un nuovo concorso in autunno riservato a tutti gli abilitati, ma non a quelli dei TFA speciali e ordinari) che fa sempre bene sotto elezioni politiche. Senza parlare della nebbia che ancora avvolge il futuro liceo motorio o l’azzoppato liceo musicale.

È evidente che, ormai, siamo al fai da te, forse per colpa di un consigliere - chiamato dal ministro Gelmini a Viale Trastevere e confermato dal ministro Profumo - che si ostina a voler programmare la formazione universitaria senza avere una minima competenza in materia né il pudore o la coscienza di ammettere di essere, perlomeno, la persona meno indicata a trattare l’argomento. Ma si sa, l’Italia non è la Germania dove per aver copiato una tesi ci si dimette immediatamente. Speriamo che al prossimo incontro, almeno, i sindacati scelti dai lavoratori per trattare la materia, sappiano ricordare ai tecnici del Miur come negli ultimi dieci anni con 360 giorni di servizio siano stati abilitati 200.000 insegnanti (e non con tre anni), come sia necessario programmare il fabbisogno sulle nuove classi concorsuali (ultimo regolamento da approvare), come non si possa obbligare un precario ad abilitarsi in una specifica regione, a vedere compresso il diritto al lavoro durante la frequenza dei corsi né a pagare l’iscrizione a un test di accesso quando ha diritto a quel corso; così come anche i corsi di formazione per i sovrannumerari devono rispettare il numero di crediti formativi (60) richiesti dalla legge per il rilascio della certificazione universitaria.

Chiediamo al ministro di fare chiarezza, cambiando consigliere, e ai sindacati di rappresentare gli interessi dei lavoratori e degli utenti della scuola, perché a limitarsi a fornire le notizie è sufficiente la stampa.

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