www.ilsussidiario.net/News- 28 giugno 2014
"SCUOLA/ Reggi: non può più essere un ammortizzatore sociale”
░ L’intervista di Federico Ferraù(ilsussidiario.net) al sottosegretario Reggi, già vicepresidente nazionale dell'Anci e nel 2012 coordinatore della campagna elettorale diRenzi. La Giannini gli ha conferito deleghe importanti: edilizia scolastica, autonomia, reclutamento del personale, valutazione. Nel ragionamento che propone, in sede di intervista, si nota qualche contorcimento sospetto (strumentale ?), qual è il seguente: “Quello che chiedono gli insegnanti è una tregua, dicono chiaramente di non poterne più di riforme che si susseguono a cambiare continuamente le cose … Serve consolidare, possibilmente migliorandole, tante situazioni come, ad es., l'autonomia prevista dalla legge Berlinguer, che va attuata fino in fondo,dandole le gambe e le risorse per poter correre. Se lo facessimo avremmo realizzato la più grande riforma che il Paese attende nella scuola”. Strano modo di consolidare il personale statale che non ne può più, e guarda qual è il primo esempio sulla lingua (un chiodo fisso ?). E l’intervistatore non è da meno:“Per essere espliciti: come vede l'assegnazione annuale di un budget complessivo, a tutte le scuole statali e non statali, su parametri fissi omnicomprensivi senza vincoli di destinazione, con il quale ogni scuola provveda alla realizzazione dell'offerta formativa, con un severo controllo annuale sull'utilizzo delle risorse assegnate?”. Un severo controllo… Tipo EXPO e MOSE ?!?!
D. Sottosegretario Reggi, la carriera dei docenti dev'essere legata al merito, questo la Giannini lo ha detto… A che punto siamo?
R. Soltanto attraverso una buona classe di insegnanti si può migliorare la scuola, per questo investire sulla qualità dei docenti è il punto di partenza. Ancor prima viene quindi la qualità del personale che assumiamo. Occorre verificare la reale capacità di fare gli insegnanti, perché conoscere la teoria non basta. E poi investire sulla formazione in servizio, che a mio avviso dovràprogressivamente divenire obbligatoria.
D. Le prove Invalsi valuteranno direttamente l'operato degli insegnanti?
R. No… Sono uno strumento di misurazione di un trend di apprendimento, non di valutazione dell'operato dei docenti… Le prove – nel quadro del nuovo S.N.V. che partirà a settembre,intendono dare loro e alle scuole strumenti utili a mettere in atto un eventuale piano dimiglioramento…. Dall'intervento sui laboratori,là dove un apprendimento tecnico-scientifico è particolarmente scarso, alla decisione di attivare percorsi per attuare una didattica più efficace; da una maggiore attenzioneall'inclusione, ad un maggiore utilizzo della progettazione in team.
D. Della rivalutazione della carriera dei docenti in base al merito ?
R. Il cantiere del ministero elaborerà una proposta, che verrà messa in consultazione… La carriera di dirigenti e docenti non sarà piùsolo legata all'anzianità… ma valuterà lecompetenze acquisite e la formazione, nonché l'impegno nelle attività complementari alla didattica. Penso che oggi sia un diritto anche degli insegnanti farsi valutare, pretendere una formazione continua obbligatoria, altrimenti siamo condannati al sistema attuale, dove chi si impegna, studia e si aggiorna è retribuito esattamente come chi queste cose non le fa….Siamo chiamati a dare stabilità alla scuola. In questi anni la scuola ha subìto continui tagli e soprattutto è stata gravata di incertezze che hanno impedito la programmazione del lavoro e l'attuazione dell'autonomia scolastica. La prima cosa da fare ora è dare stabilità di risorse umane ed economiche, superando la logica dell'emergenza che ha segnato l'amministrazione.
D. Reclutamento dei docenti e Tfa: la situazione è caotica, sfilacciata.
R. Lo so bene, c'è un'incredibile sovrapposizione di norme. È una disgrazia cheassorbe la metà del nostro tempo. Anche a queste persone dobbiamo dare maggiori certezze di una ragionevole stabilità delle modalità con cui formiamo e selezioniamo chi dovrà fare uno dei mestieri più importanti: costruire il futuro dei nostri figli e quindi del Paese.
D. La tentazione di azzerare tutto e fare una legge quadro, non l'avete?
R. Quello che chiedono gli insegnanti è una tregua, dicono chiaramente di non poterne più di riforme che si susseguono a cambiare continuamente le cose. Quando dicevo cheoccorre stabilità intendevo…, consolidare, possibilmente migliorandole, tante situazioni. Ad esempio, l'autonomia prevista dalla legge Berlinguer, che va attuata fino in fondo,dandole le gambe e le risorse per poter correre. Se lo facessimo avremmo realizzato la più grande riforma che questo paese attende nella scuola.
D. Parla di autonomia finanziaria?
R. Intendo l'autonomia di gestione, ad esempio attraverso l'organico funzionale. Le faccio l'esempio dei bambini di etnie diverse e alunni con disabilità. Sono richiesti interventi particolarmente impegnativi, ma i vincoli di risorse umane ed economiche e contrattuali impediscono un utilizzo flessibile delpersonale e un contrasto serio del disagio.
D. Ma c'è una disponibilità vostra a investire sull'autonomia finanziaria? Per essere espliciti: come vede l'assegnazione annuale di un budget complessivo, a tutte le scuole statali e non statali, su parametri fissi omnicomprensivi senza vincoli di destinazione, con il quale ogni scuola provveda alla realizzazione dell'offerta formativa, con un severo controllo annuale sull'utilizzo dellerisorse assegnate?
R. …Il modello che mi ha presentato lei sarebbe efficacissimo in alcune zone del paese, ma creerebbe enormi diseguaglianze in altre, dunque non va bene. Quello che conta è garantire l'autonomia, certamente, ma attraverso una coordinamento che deve essere in capo allo Stato. Altro è la parità scolastica, che vogliamo assolutamente tutelare nel nome del principio di sussidiarietà a noi moltocaro….Autonomia massima sì ma secondo criteri di valutazione e standard di qualità che devono essere comuni. Un genitore ovunque mandi il figlio deve avere la garanzia di un livello di qualità da tutto il pubblico e da tutto ilprivato…..
D. Uno dei problemi più gravi dell'amministrazione scolastica è dato dai ricorsi. Alcuni sindacati per esempio impugneranno il Tfa perché privo dei pareri dilegge di Cnpi e Cnam… Come pensate di fermare la valanga?
R. Invito quella parte del sindacato che vuole la battaglia giuridica a spostare il confronto sul piano dei contenuti. Un ministero che si occupa solo di ricorsi non fa bene alla scuola, ma non fa bene nemmeno al sindacato che ha a cuore il bene della scuola. Del Cnpi, organo che non si è riunito da un anno e mezzo, mi pare che nessuno senta la mancanza.
D. C'è chi vuole dare la Scuola in mano ai giudici. Che vantaggio hanno ? Evidentemente quello di sanare per legge, attraverso le sentenze, una miriade di situazioni di fatto.
R. Lo so, è chiaro che lo scopo è questo, ma credo che viviamo un tempo in cui questa situazione non è più possibile. Ora dobbiamo mettercela alle spalle. E possiamo farlo solamente insieme….
www.corrieredellasera.it - 28 giugno 2014
"Gli abusivi della cattedra”
░ E’ diventata una sindrome e la spiegazione non sappiamo darla. Va cercata nella sfera subliminale ? In quella degli affari ? Nella incompetenza ?. Fatto è che magistrati,psicopedagogisti, genitori, non c’è chi non si creda competente in materia scolastica. Come insegnare e quali criteri docimologici i docenti debbano adottare lo stabiliranno, di volta in volta i genitori degli studenti vittime della scarsa professionalità degli insegnanti, o gli esperti INVALSI o i magistrati amministrativi, e il ministro provvederà a inviare gli esperti INDIRE a riqualificare gli insegnanti che non diano buona prova di sé. Occorre, però, che questi competenti di Scuola abbiano un requisito: non devono appartenere alla categoria degli insegnanti; guai se si scoprisse che uno di questi, genitore, giudice, psicopedagogista che sia, ha conseguito (in un passato di follia) l’abilitazione o ha vinto il concorso a cattedra; se, poi, ha prestato servizio di insegnamento, ha perso ogni competenza.
Sono ancora i professori ad avere la responsabilità pedagogica dell’insegnamento nelle nostre scuole? È in fondo questa la domanda che nasce dalla lettura di una recente sentenza del Tar del Lazio, che ha annullato la bocciatura di uno studente di un liceo classico romano il quale aveva riportato alcune pesanti insufficienze: 3 in matematica, 4 in fisica, 3 in storia dell’arte. Al di là delle motivazioni più tecnico-giuridiche della sentenza, spicca il rimprovero del Tar agli insegnanti per non avere adeguatamente valutato la preparazione complessiva dello studente, all’interno della quale — secondo i giudici amministrativi — un 3 in matematica e un 4 in fisica sarebbero meno gravi trattandosi di un liceo classico. Anche a prescindere dall’opinione che si può avere su un’argomentazione del genere (personalmente, la reputo una sciocchezza), a lasciare di stucco è il fatto che in questo modo il Tar salga, letteralmente, in cattedra. Finisce infatti per sostituirsi agli insegnanti in quell’attività chiave della loro funzione pedagogica che consiste nella valutazione di uno studente: una valutazione che può fare a ragion veduta (o almeno così credevamo) solo chi lo abbia avuto in classe per un anno scolastico. Una sentenza del genere va inserita in quella tendenza generale — comune a tutti gli Stati democratici contemporanei, ma in Italia più accentuata che altrove — che vede la magistratura amministrativa (e non solo) intervenire in un numero sempre maggiore di ambiti della vita sociale, dagli scrutini scolastici alle cure mediche. È il fenomeno che il politologo Alessandro Pizzorno ha definito come «resa dell’autorità sociale alla legge» (Il potere dei giudici , Laterza): in sostanza, le figure che un tempo fissavano regole e le facevano rispettare (dall’insegnante al medico, dal capofamiglia al dirigente d’azienda) si rivelano non più in grado di svolgere questa funzione. Da parte sua, chi un tempo accettava le decisioni di un’autorità sociale oggi — se non è d’accordo — ricorre sempre più frequentemente alla magistratura. Dunque, dietro la sentenza del Tar che ha annullato una bocciatura, come dietro altre pronunce consimili, c’è il fenomeno, da tempo sotto gli occhi di tutti, della perdita di autorità e di credito sociale degli insegnanti. Oggi, di fronte alla bocciatura di un figlio, a molti rischia di apparire normale andare direttamente dall’avvocato (per non parlare dei casi limite di chi, come la coppia di genitori di Cosenza di cui ha parlato giorni fa il Corriere , ha letteralmente aggredito la vicepreside)… È la nostra cultura che, in preda a una derivapseudobuonista (pseudo, perché la possibilità della scuola di contrastare le differenze legate alla diversa provenienza socioculturale si lega anche alla sua capacità di valutare il merito di ciascuno), dietro ai voti e alle insufficienze non sa vedere altro che un atto illegittimo. Contro cui chiedere dunque l’intervento di qualche tribunale amministrativo disposto a sostituirsi agli insegnanti.
www.latecnicadellascuola.it - 30 giugno 2014
“Edilizia scolastica, si passa alla fase due: dal 1° luglio al via 2.500 interventi”
░ L’annuncio è del sottosegretario Roberto Reggi. Di Alessandro Giuliani.
Finalmente delle buone notizie sugli interventi di manutenzione da attuare sugli edifici scolastici italiani: il 30 giugno verrà pubblicato il decreto che dà il via libera ai primi 400 interventi programmati sulla base delle priorità fornite al Governo Renzi da parte dei sindaci. L’annuncio è di Roberto Reggi, sottosegretario all'Istruzione, che nella stessa giornata ha incontrato i sindaci della provincia di Piacenza. Reggi ha detto che il piano per l'edilizia scolastica del governo "ora passa alla fase due, dalle richieste ai fatti concreti, dalla progettazione all'operatività. Oggi viene pubblicato il decreto – ha detto ancora il sottosegretario - che sblocca oltre 400 interventi immediatamentecantierabili dato che hanno risorse proprie e beneficiando dello sblocco del patto di stabilità potranno partire immediatamente". La fase due arriva dopo la lettera inviata lo scorso 3 marzo dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dopo che 4.400 sindaci hanno risposto con una e-mail al Governo, segnalando gli interventi da effettuare sugli edificiscolastici….
www.orizzontescuola.it – 1 luglio 2014
“Musei gratis. Pubblicato Decreto-Franceschini, per i prof vale il Decreto del 19 febbraio”
░ E’ stato pubblicato il Decreto 27 giugno 2014, n. 94; entrerà in vigore giorno 15 luglio 2014. Permetterà l'ingresso gratuito nei musei e luoghi d'arte.
La prima domenica di ogni mese sarà libero l'accesso a tutti gli istituti ed ai luoghi della cultura. A decretarlo la lettera a dell'articolo unico del Decreto, in GU Serie Generale n.149 del 30-6-2014. Esclusi saranno coloro che hanno compiuto il sessantacinquesimo anno di età. Vediamo i casi che riguardano docenti e studenti. E' consentito l'ingressogratuito agli istituti ed ai luoghi della cultura: - ai docenti ed agli studenti iscritti alle facoltà di architettura, di conservazione dei beni culturali, di scienze della formazione e ai corsi di laurea in lettere o materie letterarie con indirizzo archeologico o storico-artistico delle facoltà di lettere e filosofia, o a facoltà e corsi corrispondenti istituiti negli Stati membri dell'Unione europea. Il biglietto gratuito è rilasciato agli studenti mediante esibizione del certificato di iscrizione per l'anno accademico in corso; - ai docenti ed agli studenti iscritti alle accademie di belle arti o a corrispondenti istituti dell'Unione europea. Il biglietto gratuito è rilasciato agli studenti mediante esibizione del certificato di iscrizione per l'anno accademico in corso. Per ragioni di studio o di ricerca, attestate da istituzioni scolastiche o universitarie, da accademie, da istituti di ricerca e di cultura italiani o stranieri nonché da organi del Ministero, ovvero per particolari e motivate esigenze, i capi degli istituti possono consentire ai soggetti che ne facciano richiesta l'ingresso gratuito per periodi determinati. Per i cittadini dell'Unione europea di età compresa tra i diciotto ed i venticinque anni nonché per i docenti delle scuole statali con incarico a tempo indeterminato, l'importo del biglietto di ingresso è ridotto della metà. Ricordiamo che per tutti gli altri casi legati ai docenti della scuola a tempo determinato e indeterminato è valido il decreto 19 febbraio 2014 "Modalità per l'accesso gratuito del personale docente nei musei statali e nei siti di interesse archeologico, storico e culturale gestiti dallo Stato"...
scuolaoggi.org – 2 luglio 2014
"L'organico funzionale fai-da-te”
░ di Pippo Frisone
L’art.50 della legge n.35/2012, introduceva seppure in modo virtuale, il tanto auspicato organico funzionale dell’autonomia nonchél’organico territoriale di rete. Entro 60 giorni il Ministro dell’Istruzione doveva emanare un decreto contenente le linee guida per l’attuazione. Tra le novità, il superamento del dualismo tra organico di diritto e di fatto, stabilità triennale, budget e risorse certe alle scuole sulla base di accertati fabbisogni. Sono passati due anni e la riforma sull’organico funzionale è ancora di là davenire…. In assenza di interventi strutturali sugli organici e con una costante crescita del fabbisogno per supplenze brevi e saltuarie , le scuole per far fronte alle assenze brevi si sono nel frattempo arrangiate, riducendo fortemente il ricorso alle supplenze esterne. Prima con lo smembramento delle classi, poi con la riduzione dell’ora di lezione….Chi subisce un vero e proprio danno è lo studente. Con la scusa di evitare lo smembramento delle classi o di nominare il supplente esterno per mancanza di fondi, in caso di assenze brevi dei docenti titolari, con la riduzione dell'ora viene messa a rischio la stessa validità dell'annoscolastico…..
TuttoscuolA – 2 luglio 2014
"La valutazione: abbassare i toni, avviare una riflessione”
░ di Benedetto Vertecchi. Segnaliamo che nella chiusa dell’articolo (“Perché non valutare quale sia l’impatto dell’uso di risorse digitali sulla memoria di bambini e ragazzi? E sullo sviluppo della loro competenza verbale?”), lo studioso esprime la medesima esigenza che abbiamo espresso in questa rubrica, lo scorso 12 giugno (in, “Quale servizio educativo, dallo Stato, per i bambini nativi digitali ?”).
Molti degli argomenti che sono stati utilizzati a favore o contro le rilevazioni nazionali sui livelli di apprendimento degli allievi sono tutt’altro che nuovi. Si tratta, infatti, per lo più della ripresa di aspetti del dibattito sulla valutazione che già, in tempi non molto lontani, avevano suscitato una viva attenzione. Nell’ultimo decennio del Novecento si erano, infatti, manifestati due diversi orientamenti, il primo favorevole a compiere rilevazioni su tutta la popolazione scolastica, l’altro a operare su campioni. Alla base del primo orientamento c’era la convinzione che la valutazione fosse di per sé in grado di promuovere percorsi virtuosi di miglioramento della qualità dell’educazione scolastica. Le famiglie avrebbero potuto disporre di criteri obiettivi per preferire le scuole accreditate di risultati migliori. Gli insegnanti più capaci avrebbero tratto un vantaggio professionale dal successo dei loro allievi. Gli stessi allievi avrebbero potuto giovarsi del credito riconosciuto alle scuole frequentate (sempre, ovviamente, che si fosse trattato di scuole valutate positivamente). Si sarebbe promossa la concorrenzialità fra le scuole assegnando risorse aggiuntive e quelle che avevano ottenuto valutazioni più positive. Nel Regno Unito l’attuazione di un programma valutativo ispirato a tali criteri aveva comportato lo sviluppo di istituzioni specializzate per la verifica dei livelli di apprendimento, come la Qualifications and Curriculum Authority (QCA). Per l’accertamento della conformità al modello desiderato del funzionamento delle scuole. Era questa la funzione dell’Office for Standards in Education(Ofsted), che vi provvedeva attraverso ispezioni periodiche. Un complicato sistema di esami, svolti in massima parte tramite prove strutturate, doveva assicurare, fin dai primi anni del percorso scolastico, che determinati traguardi fossero effettivamente conseguiti. Un’importante istituzione di ricerca (la National Foundation for Educational Research) assicurava il sostegno conoscitivo necessario per svolgere nel modo corretto le diverse operazioni. Di segno opposto erano le scelte operate in Francia. Si riteneva, innanzi tutto, che gli atteggiamenti inquisitori, difficili da evitare in operazioni che, per essere svolte sull’intera popolazione, avrebbero dovuto mobilitare legioni d’ispettori e richiedere che nelle scuole si svolgessero un numero enorme di prove, non avrebbero favorito il crearsi del clima di fiducia e di collaborazione necessario per ottenere risultati attendibili. Non era un mistero per nessuno che alla rilevazione di dati sull’universo degli allievi corrispondeva il manifestarsi di atteggiamenti di diffidenza, che potevano condurre ad alterare i dati. Segnali in tal senso non erano mancati neanche in un contesto tradizionalmente rispettoso delle regole, come quello inglese. Ma ciò che spingeva la Francia a seguire una via divergente era la convinzione che non fossero le scuole migliori a dover trarre vantaggio dall’attività valutativa, ma quelle che per i risultati ottenuti mostravano di incontrare maggiori difficoltà. Le rilevazioni campionarie presentavano il duplice vantaggio di non indurre diffidenze e di individuare, con una spesa relativamente modesta (nel Regno Unito i costi della valutazione erano enormi) le aree che avrebbero potuto trarre giovamento da una più intensa attività educativa (Zone d’éducation prioritaire). I due casi sui quali ci siamo soffermati, anche se riferiti a situazioni molto diverse e a scenari non più attuali, mostrano che la valutazione è considerata uno strumento necessario per qualificare le decisioni relative allo sviluppo dei sistemi educativi. Dipende dagli orientamenti politici dei governi che si succedono alla guida dei diversi paesi se, volta a volta, s’intraprende la via delle rilevazioni sull’universo o quella delle analisi campionarie. A orientamenti conservatori corrisponde, in linea di massima, un’attività valutativa condotta sull’universo, e il contrario se le scelte perseguono intenti di progresso. In Italia, quando la contrapposizione tra le due vie caratterizzava il dibattito nel Regno Unito e in Francia, la necessità di valutare l’intera popolazione era sostenuta dallo schieramento di forze che si apprestava, nel 2001, ad assumere il governo del paese. … Se per alcuni decenni la valutazione è apparsa strettamente collegata all’innovazione didattica e al crescere di una consapevolezza critica nei confronti delle iniziative che s’intraprendevano per superare determinate difficoltà, l’esasperazione da parte dell’Ocse delle comparazioni tra i sistemi scolastici ha finito con l’imporre come criterio unico di giudizio la posizione ottenuta nelle graduatorie internazionali. E, dal momento che tale posizione dipende dai risultati che gli allievi conseguono in prove strutturate, il criterio valutativo ha finito con l’assumere un valore didattico (teaching tothe test). Non ci si preoccupa più che gli allievi, attraverso un processo che si protrae attraverso l’infanzia e l’adolescenza e che, con sempre maggiore evidenza, si sta estendendo all’età adulta, acquisiscano un profilo culturale aperto a varie dimensioni della conoscenza, ma di porli in condizione di fornire prestazioni adeguate alle prove delle rilevazioni Ocse. Quel che è peggio, l’addestramento degli allievi a rispondere alle prove strutturate non si è limitato al tentativo di ottenere migliori posizioni nelle comparazioni internazionali, ma è stato esteso alle rilevazioni a carattere nazionale, che si avvalgono di metodologie e di strumentari definiti per calco. Né potrebbe essere altrimenti, considerando lo stato agonico della ricerca educativa in Italia. Le conseguenze di uno sviluppo anomalo dell’attività valutativa si manifestano su vari piani, da quello linguistico (parlare di quiz o di indovinelli è un modo di manifestare discredito abbassando il registro verbale) a quello metodologico (certe procedure per l’elaborazione dei dati non sono considerate necessarie per accrescere la consapevolezza sui fenomeni, ma per affermare interpretazioni subalterne e dommatiche). Quel che è certo è che dal dibattito in corso non possono derivare apporti utili per lo sviluppo dell’educazione se non ci si impegna nella ricerca di nuovi modelli interpretativi e di nuove soluzioni. Mi limito a proporre un esempio di ciò che sarebbe utile fare e non si fa: perché non valutare quale sia l’impatto dell’uso di risorse digitali sulla memoria di bambini e ragazzi? E sullo sviluppo della loro competenza verbale? …