Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 30 giugno 2014

 lastampa.it - 23 giugno 2014

"Il ministero accorpa. Nell’aula-pollaio si ritrovano in 42

░ Record di alunni in una sola classe di liceo: 42 studenti.

«Da Renzi in giù, tutti sostengono che il ruolo della scuola deve tornare centrale. Benissimo, allora perché nel mio istituto rischio di avere una classe di 42 studenti? Come si può fare lezione?». Mentre gli studenti del quinto anno delle superiori stamattina sono alle prese con la terza (e ultima) prova scritta dell’esame di maturità, il “quizzone”, i presidi guardano con preoccupazione al prossimo anno scolastico, con il rischio concreto di dover fare lezione in “aule pollaio”, con classi di 33, 34 o più allievi. L’allarme parte dalla provincia, anche se riflette una situazione non certo isolata.Lo lancia Riccardo Calvo, dirigente scolastico dell’istituto superiore Cesare Balbo di Casale (raggruppa tre licei). È lui a segnalare il caso limite dei 42 allievi. «Una comunicazione del Provveditorato ha proposto prima e poi imposto, nonostante le nostre obiezioni (percorsi differenti, libri non uguali, curriculum non omogeneo, addirittura una materia differente per quanto riguarda la lingua straniera), di passare da tre a due classi per il liceo scientifico Palli, con la conseguenza davvero stupefacente di una classe con il tedesco di 24 alunni e una con l’inglese di 42». Aggiunge il preside: «Sappiamo che potrebbe essere, poi, rimediato il numero di 42, ridefinendo le classi e riposizionando gli allievi, ipotizzandone una articolata per le ore di tedesco: resta il fatto che agli alunni viene imposto uno totale smembramento della loro esperienza scolastica di anni e che a un liceo scientifico come quello di Casale, a cui sono state tolte tutte le sperimentazioni dalla Riforma Gelmini, tutti i potenziamenti e gli arricchimenti dell’offerta formativa, viene negata la possibilità di una proposta didattica equilibrata per i propri studenti»

 

ItaliaOggi - 24 giugno 2014

"Pensioni. Dal Pd alla Lega, ecco chi vuole la controriforma

░ Le proposte dei partiti (Cesare Damiano Pd, Massimiliano Fedriga Ln, Renata Polverini FI, Titti Di Salvo Sel), in materia di pensionisono all’esame della XI commissione lavoro della Camera, in sede referente

Le proposte di legge presentate sono unificatenel testo elaborato dal comitato ristretto della stessa commissione, contenente modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico Il testo unificato contiene alcune proposte di modifica e/o di integrazione all'articolo 24 del decreto legge 201/2011(riforma Fornero) e di modifica al comma 2-quater dell'articolo 6 del decreto legge 216/2011 che interessano direttamente il personale della scuola ivi compreso quello docente e Ata che si riconosce nel movimento “quota 96”. Nel corso dell'esame della proposta di legge la commissione non potrà, tuttavia, non tenere conto di alcune disposizioni in materia di trattamento di quiescenza che sono contenute nel disegno di legge delega approvato dal consiglio dei ministri del 13 giugno. Si tratta comunque di una anticipazione, con qualche modifica dei termini di scadenza, rispetto a quanto prevede, appunto in materia di deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico dei pubblici dipendenti ivi compreso il personale della scuola - il testo unificato all'esame della commissione.Continua, invece, a trovarsi in una situazione di stallo la proposta di legge Ghizzoni/Marzanache, come è noto, prevede di estendere la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa previgente l'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto legge 2012/2011, anche al personale della scuola che aveva maturato tali requisiti entro il 31 agosto 2012 anziché entro il 31 dicembre 2011….

ItaliaOggi - 24 giugno 2014

"Il ministero taglia le cattedre, mentre gli alunni aumentano

░ Nel prossimo settembre: 33mila studenti in più, 1.352 docenti in menoCarlo Forte spiega,con stile a 360 gradiche il contenzioso aumenterà.

Gli alunni in più, rispetto allo scorso anno, sono circa 33mila, mentre il numero dei docenti è destinato a diminuire di 1352 unità. Il taglio si rileva confrontando l'organico di diritto (e cioè il numero complessivo dei docenti che si prevede dovrebbero stare in cattedra dal 1° settembre) e il numero delle cattedre autorizzate dal ministero dell'istruzione in vista del prossimo anno: 602.191 contro 600.839…. Il problema avrebbe potuto trovare soluzione anticipando la costituzione delle cattedre necessarie, già nella fase dell'organico di diritto, senza attendere eventuali ampliamenti tardivi in sede di organico di fattoMa quest'anno viale Trastevere ha fatto orecchie da mercante. Perché l'anticipazione avrebbe potuto determinare anche un aumento delle cattedre da destinare alle immissioni in ruolo. … Resta il fatto, però, che l'attuale organico di diritto non copre il reale fabbisogno. E ciò vuol dire, inevitabilmente, classi affollate nei grossi centri e pluriclassi nei piccoli comuni e nelle frazioni. Due fenomeni che mettono a rischio la sicurezza di alunni e docenti e la qualità del servizio. A ciò va aggiunta la riduzione del numero degli incarichi di supplenza, che sarà pari al numero dei posti tagliati, e l'aumento delle situazioni di soprannumerarietà. Che espongono i docenti alla roulette russa del trasferimento d'ufficio e gli alunni ai problemi connessi all'interruzione della continuità didattica. Il fenomeno assume particolare rilievo nelle secondarie superiori, anche perché i tagli di quest'anno coincidono con l'entrata a regime della riforma Gelmini. Che ha comportato, a sua volta, una forte riduzione del numero delle cattedre proprio negli istituti superiori. Riduzione dovuta essenzialmente al taglio del numero delle ore di lezione. L'amministrazione centrale, peraltro, ha cercato di tamponare il problema ampliando la spendibilità delle abilitazioni dei docenti interessati, tramite le cosiddette tabelle di confluenza. Un sistema, che rende fungibili le abilitazioni dello stesso ambito disciplinare senza tenere conto della tipologia di scuola (cosiddette classi atipiche). Ma tale soluzione ha alimentato un forte contenzioso, dal quale è emerso che la scelta dell'amministrazione non sarebbe legittima. Secondo la giurisprudenza, infatti, per adottare il criterio di fungibilità (e cioè per trattare gruppi di classi di concorso diverse come se fossero uguali, inserendo i docenti in un'unica graduatoria ai fini della mobilità d'ufficio) significa violare le disposizioni contenute nel decreto sulle classi di concorso. Che è sempre lo stesso, perché, sebbene la legge avesse previsto una riforma delle classi di concorso da adottare contestualmente all'entrata in vigore della riforma Gelmini, il ministero non ha ancora emanato il nuovo regolamento, accontentandosi di precedere con semplici note. E siccome le note non possono derogare il vecchio regolamento (attualmente in vigore) la giurisprudenza non ho potuto fare altro che prenderne atto, affermando il principio secondo il quale la fungibilità delle classi di concorso affini è giuridicamente inesistente. L'amministrazione, però, non ha pienamente recepito l'orientamento della giurisprudenza. E quindi, ai docenti delle superiori, che sono stati individuati soprannumerari tramite l'applicazione delle norme contestate dalla giurisprudenza, non resta altro da fare che compilare la domanda di trasferimento oppure ricorrere al giudice.

 

ItaliaOggi - 24 giugno 2014

"Un esame a perdere, cosa non è oggi la maturità

░ Riportiamo le importanti riflessioni proposte da Maurizio Tiriticco

Quando alla fine del secolo scorso furono riformati gli esami di maturità, l'intento era molto chiaro. In un Paese che stava cambiando e in un'Europa che non era più solo un mercato unico, ma un'Unione vera e propria… i nostri titoli di studio dovevano essere concorrenziali con quelli dei partner europei La legge 119 del lontano 1969 prevedeva che «l'esame di maturità ha come fine la valutazione globale della personalità del candidato» (art. 5) e che «a conclusione dell'esame di maturità viene formulato, per ciascun candidato, un motivato giudizio, sulla base delle risultanze tratte dall'esito dell'esame, dal curriculum degli studi e da ogni altro elemento posto a disposizione della commissione» (art. 8). … Occorreva, pertanto, un vero e proprio giro di boa e dichiarare chiaramente, alla fine di un esame così impegnativo quale quello conclusivo di un percorso di studi superiori, che cosa un giovane conosce e che cosa, soprattutto, sa fare. Fu così che, dopo un lungo dibattito, varammo un nuovo esame di Stato, che non fosse più centrato su una sempre discutibile e vaga maturità, ma sulle concrete conoscenze acquisite dal candidato, soprattutto in chiave pluridisciplinare, e sulla loro altrettanto concreta utilizzazione, in termini di competenze. A sostegno del «saper fare», introducemmo anche i crediti, quel corredo di attività significative che, meglio di un generico curriculum, possono dare testimonianza delle vocazioni e delle effettive capacità operative del candidato. Indicammo strumenti di misurazione e di valutazione nuovi, sostituendo i punteggi ai voti. Introducemmo una nuova prima prova scritta, «intesa ad accertare la padronanza della lingua italiana, nonché le capacità espressive, logico-linguistiche e critiche del candidato». E padronanza significa anche saper leggere: di qui la prova relativa all'analisi del testo. Innovazioni importanti furono anche quelle del colloquio pluridisciplinare e della III prova scritta, pluridisciplinare. Ma il clou del nuovo esame, in effetti, doveva essere l'atto conclusivo, un diploma che non fosse una generica indicazione di maturità, ma di concreti «saper fare» accertati, verificati e certificati. L'articolo 6 della legge così recita: «Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell'esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell'ambito dell'Unione europea». Si trattò di una innovazione, ma anche di una scommessa. Sarebbe riuscito il nostro sistema scolastico superiore, da sempre finalizzato a un esame di generica maturità, a passare a un esame centrato su competenze? Era sufficiente rifare il tetto della casa, perché tutto l'edificio cambiasse? La scommessa era forte. Una scuola che non aveva alcuna confidenza con le competenze sarebbe stato in grado di saperle promuovere, valutare e certificare? Alle indicazioni della legge occorreva un sostegno attivo e chiarificante …Per molti anni le commissioni hanno arrancato. E l'amministrazione nulla ha fatto per sostenere un esame del tutto nuovo Non abbiamo ancora un esame centrato sulle competenze, come la legge auspicava. In seguito l'Unione Europea ci ha dato una definizione certa di competenza, con il rapporto Deseco del 2003 e con le due Raccomandazioni del 18 dicembre 2006 e del 23 aprile 2008. Ora, siamo alla vigilia di un nuovo esame di Stato, che andrà in vigore con la tornata del 2015. Va ricordato che, oltre alle indicazioni UE, disponiamo anche delle indicazioni dell'EQF (European QualificationsFramework) e sappiamo che i titoli di studio della nostra istruzione secondaria di secondo grado corrispondono al livello quarto degli otto individuati dal suddetto EQF, come indicato dall'Accordo quadro del 20 dicembre 2012….

 

larepubblica.it - 25 giugno 2014

"Non sono solo numeri quelli seduti ai banchi

░ Di Maria Pia Veladiano.

Cvuole un bel coraggio a dar principio alla marcia contro il voto. Oggi tutti sono soprattutto giudici di ogni cosa e sono piuttosto infallibili e a tutti si danno pagelle, agli scrittori, ai Papi e anche ai professori. Ma la scuola senza voti non è cosa nuova e bizzarra. Ricordare che a Barbiana i voti non c’erano è banale solo se nella tranquillizzante schizofrenia che ci permette di pensare quell’esperienza come esemplare e nello stesso tempo improponibile. Nessuna esperienza pedagogica è riproducibile così come è stata, ma se una ha ben funzionato, e là i ragazzi imparavano egregiamente a leggere, a scrivere, la matematica, le lingue, e anche a vivere, è il caso di non farne un santino e guardarci dentro davvero per capire. Anche la scuola steineriana è senza i voti, che sono considerati lo strumento di un pericoloso ricatto pedagogico, o comunque un incentivo a essere competitivi e non creativi. E, più in grande, la mitizzata scuola finlandese, in cima alle indagini Ocse-Pisa sugli apprendimenti, non prevede voti per tutto il tempo della formazione di base. E ancora, qui in Italia la scuola del Trentino, a sua volta eccellente nei risultati, valuta (sufficiente, buono, distinto...) per aree di apprendimento fino alla quarta elementare, e comunque niente voti fino alla terza media e poi non si va sotto il quattro nelle pagelle delle superiori. Il voto sembra la scelta più semplice. Un giudizio articolato può non dir nulla per dieci righe, il voto invece ha una sua apparente seduttivatrasparenza. Tutti capiscono che cinque non va bene e tre è un disastro. Ma non è così. Che il disastro non riguarda mai la persona dello studente ma solo una disciplina, e nemmeno tutta ma solo un aspetto, ad esempio l’ortografia e non la fantasia, o il calcolo e non la logica, questo il voto non lo può dire. E nemmeno dice che può diventare il residuale strumento di potere di docenti stretti all’angolo, talvolta da una loro incapacità (a volte, bisogna dirlo, non a tutti dovrebbe essere permesso fare l’insegnante). Ma spesso anche dall’arroganza di studenti e famiglie che pretendono i risultati a scuola come dalla propria squadra di calcio. Se perde la partita la colpa è sempre dell’arbitro venduto e dell’allenatore impedito. Il voto non è la valutazione, lo sappiamo. Senza voti si può fare scuola e può essere anche pedagogicamente vincente questo andare controvento rispetto a una società che tende a mettere in numero tutto, e invece la scuola è soprattutto pazienza e sapienza di tempi di crescita diversi, e il riconoscimento di modi liberi di diventare quel che si desidera e si può diventare. È non lasciare nulla di intentato. Proprio le esperienze che hanno già una loro storia ci consegnano una serie di attenzioni, che sono forse vere e proprie condizioni: centralità del rapporto studente-docente,  e poi formazione degli insegnanti, che vivono nello stesso mondo dei loro studenti e non possono passare la loro vita in aula a inseguirlo arrancando dietro conoscenze (non solo digitali) che i ragazzi maneggiano dallamaterna.

 

corrieredellasera.it - 27 giugno 2014

"Censis, la scuola è un ascensore sociale che va solo in discesa

░ Uno studio del Censis evidenzia come solo il 16,4% di chi ha studiato ha fatto un salto di qualità rispetto alla condizione della sua famiglia.

Sale la sfiducia degli italiani nella scuola che non funziona più da «ascensore sociale». È quanto emerge da uno studio del Censis presentato giovedì mattina: se una volta si studiava per migliorare la propria posizione, oggi il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali. Di più: la scuola è percepita come inutile: si lavora o non si lavora indipendentemente da quanto si è studiato. Anzi: meno hai studiato più hai possibilità di lavorare. Anche perché i lavori non qualificati sono gli unici ad essere aumentati negli anni della crisi, dal 2009 a oggi (+16,8%). Per contro, quelli che richiedevano una qualificazione media (per esempio il diploma) sono scesi del 3,9% e quelli per soli laureati del 9,9%. Un diplomato su tre che abbia un’occupazione, fa un lavoro dequalificato rispetto al suo titolo di studio e la percentuale sale a quasi il 37 per i laureati.

Rispetto all’anno precedente, nell’anno accademico 2011/2012 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%). Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. Anche tra chi si iscrive all’università emergono presto segni di stanchezza e disaffezione. Nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi tra il primo e il secondo anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. … Tra il 2007 e il 2011, il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%, passando da 41.394 a 62.580…. Crisi e frustrazione determinano la fuga anche dai gradini più bassi del percorso di studi. Nell’anno scolastico 2013/2014 risulta «disperso» nell’arco di un quinquennio il 27,9% dei ragazzi «in formazione», cioè all’interno di un percorso scolastico: circa 164mila giovani. …. Complessivamente, si può stimare che la scuola statale ha perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700mila hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, oppure hanno trovato un lavoro.

 

tuttoscuola.com - 27 giugno 2014

"Dura presa di posizione della Cgil-scuola nei confronti del ministro

 Volano parole grosse. La Cgil-scuola grida che il ministro ha detto sciocchezze sulla questione del ritardo dei pagamenti dei supplenti. Certo è che si profila un problema: quanto durerà la Giannini al MIUR, visto che la sua dimensione politica sè assottigliata e c’è già l’elenco dei possibili subentranti ?

Ci aveva sorpreso la risposta ad una interrogazione parlamentare del ministro Giannini a proposito del ritardo nel pagamento dei supplenti, imputabile, a suo dire, alle segreterie delle scuole. Anche la Cgil-scuolaera rimasta sorpresa per quella risposta, ma non ha concesso sconti al ministro con una presa di posizione dai toni molto critici.“Apprendiamo che il Ministro Giannini,rispondendo ad una interpellanza parlamentare sui cronici ritardi che si registrano nel pagare i supplenti, non ha trovato di meglio che chiamare in causa gli errori delle scuole –dichiara il sindacato di Mimmo Pantaleo. I motivi veri sono i seguenti: mancano “cronicamente” i fondi, che vengono accreditati in ritardo alle scuole, il sistema informatico fa acqua da tutte le parti, il MIUR deve mendicare i fondi di volta in volta al MEF. Che cosa c’entrano le scuole? Se fosse vero quanto dice il Ministro a doversi lamentare dovrebbero essere solo le scuole “che sbagliano”. Ma quando sono tutte le scuole italiane a denunciare questo fenomeno, davvero si può sostenere questa stravaganza? Recentemente il personale di segreteria ha lavorato di sabato e di domenica pur di garantire il regolare svolgimento degli esami di Stato dopo che il SIDI era rimasto bloccato per diversi giorni: basta leggere i diversi comunicati del Sistema Informativo del MIUR che a più riprese cercava di rassicurare le scuole con messaggi del tipo “Scusate il disagio, stiamo lavorando per voi”. Tutto ciò in uno dei periodi più caldi per gli adempimenti delle segreterie scolastiche. Dopo avere chiarito la reale situazione delle segreterie, smentendo di fatto il ministro, l’Flcgil incalza: “Da tempo un tavolo tecnico istituito presso il Dipartimento delle risorse umane del MIUR, a seguito di una proclamazione dello stato di agitazione della FLC all’inizio del presente anno scolastico, ha individuato con le organizzazioni sindacali la soluzione: liquidazione diretta da parte del MEF, feedback tra dati immessi e risorse disponibili quasi immediato, lettura dei pagamenti sospesi nel giro di una giornata, emissione settimanale, visualizzazione costante dei dati da parte delle singole scuole su ogni contratto. Si lascino in pace le scuole, dunque, e anzi le si ringrazino per le mille fatiche aggiuntive che devono fare per sopperire alle insufficienze di MIUR e MEF, e si riattivi il tavolo tecnico dando corso a quanto congiuntamente elaborato”.La conclusione del sindacato è molto pesante, sia nei confronti del ministero che dello stesso ministro Giannini: La verità è che il MIUR non garantisce più il governo del sistema d'istruzione e formazione nel nostro Paese e non si può pensare di risolvere i problemi scaricando su altri le proprie responsabilità.Il Ministro Giannini si informi meglio prima di dire colossali sciocchezze.

 

Larepubblica.it - 28 giugno 2014

"La carica dei 147mila aspiranti prof. E il governo prepara una rivoluzione sul reclutamento

░ Al via i test preselettivi dei Tirocini Formativi attivi, porta di ingresso all'insegnamento. Tante le richieste ma i posti a disposizione sono solo 22748. Dal 2015 partiranno i concorsi, con cadenza biennale. Ma saranno tutelati i precari storici: a loro la metà dei posti disponibili.

E’ corsa per diventare insegnanti. Ma il governo Renzi prepara una mezza rivoluzione sul reclutamento. I dati comunicati questa mattina dal ministero dell'Istruzione confermano la grande fame di posti di lavoro nelle scuole italiane. I quasi 147mila aspiranti al Tirocinio formativo attivo - il Tfa - la dicono lunga sulla situazione lavorativa nel nostro Paese. A farcela, infatti, sarà poco meno di un aspirante su sette. Perché il Miur, a fronte della grande richiesta di ingressi, ha messo a disposizione "soltanto" 22.478 posti. Da alcuni anni a questa parte, per evitare di creare nuovo precariato, si programmano i fabbisogni della scuola del futuro. Due anni fa, furono ancora di più - 176mila - gli iscritti al primo ciclo del Tfa, ma poi si presentarono in 115mila. … Questo primo passaggio - il superamento del Tfa - sarà soltanto il primo gradino per salire in cattedra. Il primo cantiere sulla scuola voluto dal premier Renzista lavorando sulle nuove modalità di reclutamento. Sui dettagli vige il più stretto riserbo. Ma qualche voce comincia a circolare. A partire dal 2015, come ha annunciato lo stesso ministro Giannini, partiranno i concorsi che avranno cadenza biennale."Abbiamo un'occasione unica per un ricambio generazionale che non possiamo perdere: tra il 2017 e il 2022 il 40 per cento degli attuali insegnanti andrà in pensione e questa è l'occasione per sostituirli con docenti più attrezzati e rispondenti alle esigenze della scuola del futuro", conclude il sottosegretario Reggi. Ma occorrerà fare i conti con 168mila precari storici inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. Per questa ragione, il nuovo reclutamento contemplerà un periodo di transizione della durata di 6/8 anni in cui metà dei posti disponibili andranno ai precari storici ….

 

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