Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 12 aprile 2014

 http://www.infiltrato.it/inchieste
“Rapporto-shock-della-commissione-europea-2023-la-poverta-diventera-la-norma”
E’ il titolo di un articolo redazionale che “infiltrato.it” riprende – con riferimento al Quarterly Report on the Euro Are, il Rapporto della Commissione europea “The euro area's growth prospects over the coming decade” portato all’attenzione da fai notizia.it ma ben presente su: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/qr_euro_area/2013/pdf/qrea4_section_1_en.pdf. I grandi media, invece, non gli hanno dato rilievo. Il Rapporto ha toni che lasciano poco sperare alla generazione giovane.
Nell'ultimo rapporto trimestrale dell'Unione Europea sull'euro redatto dalla Commissione europea e pubblicato alcune settimane fa, c'è un passaggio sfuggito a vari commentatori. A un certo punto c'è una previsione a 10 anni. Si legge: "Presumendo che l’area euro e le previsioni sugli Stati Uniti sostengano che questo scenario sia accurato, è previsto che l’Area euro finisca nel 2023 con degli standard di vita che potrebbero essere più bassi di quelli di metà Anni 60 relativamente agli Stati Uniti. Se questo accadesse nel 2033 gli standard di vita dell’area euro (PIL pro capite) sarebbero circa il 60% di quello degli Stati Uniti, con una differenza di quasi 2/3 nello standard di vita a causa dell’abbassamento dei livelli di produttività del lavoro e col rimanente terzo dovuto alle differenze nell’utilizzazione del lavoro".

www.repubblica.it/scuola 4 aprile 2014
“Scuola, molti prof d'accordo sulla pensione. E la petizione fa il pieno di firme".
░ Ventiduemila adesioni per la richiesta rivolta al premier Matteo Renzi. Ancora da risolvere il problema dei 4mila "quota '96". E la nostra è la classe docente più anziana, impegnata in un lavoro sempre più logorante.
Fino ad oggi, la petizione online lanciata da Mila Spicola sul prepensionamento degli insegnanti ha raggiunto 22mila adesioni. Un numero destinato sicuramente a crescere visto che gli insegnanti over 60 attualmente in servizio sono tantissimi e che una consistente fetta non vede l'ora di togliere il disturbo. Per rendersene conto basta fare un giretto nei corridoi di qualsiasi scuola. I 4mila "quota '96" - coloro che sono stati bloccati dalla riforma Fornero con i requisiti per andare in pensione già maturati: 35 anni di servizio e 61 anni di età o 36 anni di servizio e 60 anni - sono alla ricerca di qualcuno che comunichi loro la fine dell'attesa. E poi ci sono gli insegnanti over 50 - che in Italia abbondano davvero, visto che ammontano al 62 per cento del totale - che quando sono entrati di ruolo potevano lasciare la cattedra a 54 anni, ma che adesso si ritrovano imbrigliati in un lavoro sempre più stressante fino a 67 anni: ben 13 in più rispetto a quanto ipotizzato all'inizio della carriera. Un'eternità. Diversi partiti, di maggioranza e opposizione, sembrano intenzionati a trovare una soluzione per il pasticcio dei Quota 96, generato dalla riforma delle pensioni. Ma anche all'interno del Pd, e del governo, sono parecchi coloro che si mostrano sensibili verso le ragioni dei prof che raccontano di una fatica del lavoro quotidiano in classe che si trasforma in realtà controproducente per l'insegnamento. La Spicola, oltre ad essere insegnante, è anche componente della direzione nazionale del Pd di Renzi. E pur non essendo esclusivamente rivolta alla classe docente, qualche giorno fa, anche il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, ha avanzato la proposta di una staffetta generazionale per inserire i giovani nel mercato del lavoro. Una eventualità che interessa da vicino i docenti che rappresentano circa un terzo degli impiegati pubblici italiani. … La petizione chiede al premier Matteo Renzi di prevedere che, "su base volontaria, i docenti di 60 anni (e perché no, anche 58) possano optare per modalità di prepensionamento o per meccanismi di riconversione ad altre funzioni strumentali all'insegnamento o alla gestione scolastica interne alla scuola, attuando una diversificazione nella carriera dei docenti e una funzionalizzazione del management scolastico che all'estero è norma e da noi non esiste". E sono bastati pochissimi giorni per raccogliere il favore di migliaia di insegnanti italiani. Gli oltre 22mila like alla proposta di prevedere una via d'uscita anticipata per coloro che volessero percorrerla potrebbero sembrare pochi rispetto agli oltre 700mila docenti della scuola nostrana. Ma rappresentano una percentuale considerevole - oltre il 30 per cento - rispetto ai circa 60/70 mila maestri e professori italiani over 60. Una quota eccessiva per qualsiasi sistema formativo al mondo, che di ultrasessantenni ne conta in media la metà. E che fa leva su giovani insegnanti - under 30 - che in Italia rappresentano una specie da proteggere: appena lo 0,27 per cento, poco più di 2mila.

http://www.corriere.it/scuola – 6 aprile 2014
“Perché i «nativi digitali» snobbano le scienze?".
░ Richiesti dalle aziende, i laureati in discipline «Stem» scarseggiano dappertutto tranne che nei Paesi in via di sviluppo. Lo «spread» italiano: solo 12 laureati su 1.000 in materie scientifico-tecnologiche.
I numeri sono importanti: negli Stati Uniti, tra cinque anni ci saranno due milioni e mezzo di posti da occupare, per esperti di discipline «Stem» (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). In Francia il buco, lo scorso anno, era di 130mila unità, con il 10% di scienziati e tecnici in meno rispetto al 2000. Nel Regno Unito, il calo in dieci anni è stato del 18%. Arretra anche il Giappone. E in Italia, Unioncamere e ministero del Lavoro contano in 47mila le figure professionali introvabili, principalmente tra i profili tecnici. Una tendenza contraria a quella che sembra interessare le economie «emergenti», Asia in testa, come ha sottolineato nei giorni scorsi il quotidiano Les Echos… È una sorta di «morbo», partito dagli Stati Uniti negli anni ‘80, arrivato in Europa nei ‘90, esploso in Italia nel 2000, con iscritti al blocco delle Scienze «dure» in caduta libera, precipitati da 10 a 4mila: le smagliature più evidenti a Matematica e Fisica. … Ma all’annus horribilis, il Paese di Galileo e Volta, di Fermi e Montalcini, ha reagito schierando l’artiglieria. Nella forma di un Piano pluriennale (2005-2008, poi rinnovato per altri 4 anni, e nuovamente finanziato nel 2013/14, con fondi per due milioni di euro), per incrementare il numero di iscritti. Migliorando la conoscenza e l’orientamento, avvicinando i giovani, sensibilizzandoli durante le scuole superiori; «formando» i docenti, aumentando le attività di laboratorio (in maniera «consistente», indica il Piano lauree scientifiche-Pls: almeno 20ore di lavoro degli studenti), adottando e insegnando attività di didattica sperimentale. Il Progetto - frutto della collaborazione tra Miur, Confindustria e Presidi delle 40 facoltà scientifiche e tecnologiche - ha coinvolto 173mila studenti e duemila insegnanti, in oltre 800 scuole ogni anno, cercando di rendere più amichevole l’approccio alle scienze dure. Lo sforzo - insieme a una migliore informazione sui fabbisogni delle imprese - ha contribuito ad invertita la tendenza. In otto anni le matricole delle facoltà scientifiche sono aumentate del 26%...Per i laureati in materie scientifiche, il bilancio è positivo anche sul fronte occupazionale: i laureati triennali, a un anno dalla laurea, lavorano nel 42% dei casi, proseguono gli studi (20%), o sono in cerca di lavoro (31%). Mentre 85 laureati magistrali su 100, a tre anni hanno un posto stabile (contro il 69,8% della media delle altre discipline), con retribuzioni medie del 10,5% superiori a quelle dei laureati triennali. Fisica la più richiesta (85,3%); un po’ sotto alle altre Matematica (79,9%)….

www.larepubblica.it – 8 aprile 2014
“Concorsi a scuola e all'università, aboliti per farsa".
░ Farsa ! Non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Zunino lo scrive; lo diciamo da 4 anni ed è significativo che nello sviluppare il suo ragionamento, il giornalista abbia voluto citarci (a proposito della vergognosa prova preselettiva del concorso a dd.ss.) ricordando che va a sentenza, il 18 aprile, il maxi ricorso dell’Anief.
Uno dei motivi per cui il ministro Stefania Giannini vuole tornare indietro sui concorsi scolastici e universitari è il fatto che non c’è un "concorso" indetto dal Miur che sia finito bene. Uno. Partiamo dall’Abilitazione nazionale scientifica, che in realtà è una prova per curricula organizzata per scegliere chi potrà insegnare in università. Di fatto, si è trasformata in un concorso. E poi, nell’ennesimo concorso ad personam della squalificata università italiana. … È dallo scorso gennaio che alle interrogazioni parlamentari sono seguiti articoli e poi ricorsi. Curriculum falsi sia dei commissari che dei candidati, "fake" nella presentazione dei materiali per via telematica, idonei diventati tali nonostante i pareri negativi, promozioni date sulla buona fede (mancando i fogli d’appoggio a giustificare il curriculum annunciato). Un Far West… Andando indietro con la memoria, c’è stato il concorso per diventare dirigenti scolastici, i vecchi presidi. Questo data 13 luglio 2011(2.386 posti disponibili, 33 mila partecipanti) e in quell’estate rappresentò una nuova apertura di possibilità e di carriere dopo anni di vuoto concorsuale. Dopo trenta mesi di diatribe, un decreto del Consiglio dei ministri ha mantenuto in servizio fino alla fine di quest’anno scolastico i 112 selezionati in Toscana: rischiavano di perdere il posto avendo vinto un concorso parzialmente annullato dal Consiglio di Stato. È possibile che con l’inizio del nuovo anno scolastico i magistrati amministrativi ordinino un nuovo bando, lasciando nuovamente a casa i 112 vincitori del precedente. Attenzione, sul concorso presidi ci sono ottomila ricorsi in attesa: un aspirante preside su quattro si è rivolto al Tar. In rapida rassegna per quella prova nazionale si sono registrate esclusioni illegittime di docenti, domande cancellate per marchiani errori a pochi giorni dall’avvio della prova: 975 domande (su 5.500 ufficiali) sono state buttate al secchio. Improponibili. Quindi, fughe di notizie sui contenuti della prova preselettiva e la soppressione degli stessi quiz somministrati errati (38 su 100). C’è stato, nel concorso presidi, il casus delle buste semi-trasparenti che hanno portato — per presunto mancato anonimato — all’annullamento delle prove in Lombardia e solo in Lombardia. Non c’è soluzione ancora oggi per i 355 vincitori lombardi che, per ora, restano in servizio come normali docenti (rischiavano di lasciare 40 mila alunni senza insegnante) e contemporaneamente iniziano il tirocinio necessario per diventare presidi il prossimo 30 giugno. Il rischio di far partire la selezione per la terza volta in tre anni, dopo che le prime due hanno dato esiti tra loro sensibilmente diversi, è tutt’altro che scongiurato. E i commissari d’esame incompatibili? Sì, ci sono stati pure quelli: il concorso per presidi è stato il più brutto concorso pubblico degli ultimi vent’anni. Ecco, su tutte queste questioni c’è un maxi-ricorso aperto (si chiude il 18 aprile) del sindacato Anief. La conflittualità più aspra si è accesa persino sul mitico concorsone dei 300 mila per diventare insegnanti di scuola elementare, media e superiore. Lo varò l’ex ministro Francesco Profumo il 24 settembre 2012 dopo tredici anni di silenzio pubblico. Oggi ci sono 17 mila "idonei alla professione che non possono insegnare". Sono stati selezionati e poi lasciati a casa. Le loro conoscenze sono state accertate (inutilmente) da commissioni di Stato…. Se si scende di livello e di affollamento, si scoprono molti concorsini Miur presi di mira dai tribunali regionali. Difficile reclutare in queste condizioni, con questa credibilità.
www.latecnicadellascuola.it – 9 aprile 2014
“Il Governo approva il DEF: si punta su nuovo reclutamento e sviluppo delle carriere".
░ Nel Documento di Economia e Finanza, approvato l’8 aprile in Consiglio dei Ministri, c’è anche: la previsione di un nuovo metodo di reclutamento di insegnanti e ds, l’impegno a rafforzare lo sviluppo professionale, l’impegno ad intervenire su sicurezza, apprendistato, istruzione tecnica, lotta a Neet e dispersione, più lingua inglese e connettività wi-fi.
Sono diversi i passaggi riguardanti la scuola nel Documento di Economia e Finanza. Si va dall’edilizia, passando per l’apprendistato, per la lotta alla dispersione e il miglioramento della lingua inglese a tutti i livelli scolastici e per l’avanzamento delle tecnologie digitali nelle scuole italiane. Ma il punto più controverso, su cui si sposterà sicuramente l’attenzione nei prossimi giorni, è quello dalla valutazione. Di istituti e docenti che vi operano. All’interno del documento si indica la necessità di dare “piena attuazione, a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico, del Regolamento per l’applicazione del Sistema Nazionale di Valutazione delle istituzioni scolastiche. Valutazione e incentivi alle università migliori (ANVUR)”. Si parla anche di nuove metodologie da adottare per reperire il personale: bisogna rivedere i modelli… Quindi, è giunta l’ora di “fornire alle scuole strumenti di raffronto, verifica e riconoscimento del merito e dell’efficienza. Disporre, a livello nazionale, di un sistema trasparente dove i risultati relativi al miglioramento delle attività didattiche e formative siano comparabili tra istituti e tra il nostro sistema nazionale e quelli dei principali paesi europei”. …Nel DEF, inoltre, si indica l’esigenza di “migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera”. Un punto, quest’ultimo, che il Ministro intende ratificare all’interno del prossimo rinnovo del Ccnl. Con l’amministrazione che, con ogni probabilità, chiederà di abbandonare del tutto la logica degli aumenti a ‘pioggia’. Mentre i rappresentanti del lavoratori hanno già detto che, seppure favorevoli al merito, non intendono abbandonare del tutto gli attuali scatti: un minimo per tutti, almeno per adeguare gli stipendi all’inflazione, deve essere garantito.
… È confermato uno stanziamento iniziale di “2 miliardi per rendere le scuole più sicure, con interventi di messa in sicurezza, efficienza energetica, adeguamento antisismico e costruzione di nuove scuole, e per rilanciare l’edilizia anche attraverso una riallocazione delle risorse non utilizzate”. Maggiore sostegno va poi conferito “all’apprendistato, ai tirocini formativi presso le aziende, e all’alternanza scuola-lavoro, trasformando le sperimentazioni in pratiche diffuse, aumentando il numero di ore che i giovani delle passano in azienda nel periodo scolastico ed universitario, e certificando le competenze che acquisiscono. Predisposizione, nell’ambito del Piano Garanzia Giovani, di programmi di orientamento che diminuiscano la dispersione e migliorino la qualità delle scelte degli studenti”. Via libera anche al “rafforzamento dell’istruzione tecnica e valorizzazione delle esperienze positive come il modello ITS (Istituti Tecnici Superiori), scuole ad alta specializzazione tecnologica…” Per favorire un miglior raccordo tra scuola e mondo del lavoro, “è in fase di elaborazione un piano triennale d’interventi per tirocini extracurriculari degli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali presso imprese, altre strutture produttive di beni e servizi o enti pubblici”. Tra gli obiettivi che si prefigge il Governo Renzi vi è anche quello di “fornire la risposta più efficace all’aumento dei NEET… “la lotta alla dispersione si deve attuare fin dalla scuola per l’infanzia, la cui diffusione vede ancora oggi disparità inaccettabili tra le diverse aree del paese. … Nel DEF si indica, inoltre, la necessità di “diffondere l’insegnamento della lingua inglese dalla scuola primaria fino all’università attraverso il CLIL, metodologia di insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera”. Largo anche alla “messa a disposizione di connettività wi-fi all’interno delle scuole … Sostegno alla diffusione e all’utilizzo, soprattutto nell’istruzione superiore, di Open Educational Resources.

Scuola oggi.org – 10 aprile 2014
“La scuola con le ganasce"
░ Pippo Frisone commenta l’assegnazione, per l’a.s.2014/2015, delle dotazioni organiche alle regioni: Sono 600.839 né un posto in più né un posto in meno rispetto al 2011/12.
Dopo i tagli epocali della Gelmini, -81mila posti dal 2008 al 2011, i tagli in effetti sono stati bloccati. Alla scuola sono state applicate le ganasce, lasciando inalterato dal 2011 il dato complessivo sugli organici a livello nazionale. Sono invece continuate le fluttuazioni in più o in meno dei posti assegnati a livello regionale, in base all’andamento della popolazione scolastica. Mentre il dato nazionale sugli alunni registra un incremento di 34mila unità rispetto all’anno scorso e al netto delle iscrizioni dell’Infanzia, 87mila unità nell’ultimo triennio, va precisato che l’andamento a livello locale vede concentrati gli incrementi soprattutto nelle regioni del centro-nord e i decrementi maggiori in quelle del centro-sud. Delle 18 regioni italiane, 9 registrano tagli agli organici mentre 9 hanno incrementi di posti. In testa la Lombardia con +410, seguono l’E.Romagna con +396, la Toscana con +269, il Lazio con +246. Subiscono, invece, tagli pesanti la Sicilia con -504, la Campania -387, la Puglia -340, la Calabria -183. A invarianza d’organico nazionale, il Miur dà un po’ meno di quanto spetterebbe alle regioni del nord mentre taglia un po’ meno alle regioni del sud…. Le ganasce messe agli organici a livello nazionale, rischiano così di aumentare le contraddizioni… La risposta doveva arrivare con l’introduzione dell’organico funzionale. Ma le ganasce messe alla scuola dal duo Gelmini-Tremonti sono ancora lì, salde più che mai, ad impedirlo.

www.latecnicadellascuola.it – 10 aprile 2014
“La spesa per la scuola diminuirà ancora: lo dice il DEF".
░ Per il 2014 è previsto un ulteriore calo della spesa per gli stipendi del personale della scuola. Dal 2015 si prevede la stabilizzazione, ma non ci sarà nessun aumento. Di Reginaldo Palermo.
Al di là delle buone intenzioni e delle dichiarazioni ad effetto, contano i numeri che, per la verità, non sono molto rassicuranti. Basta leggere alcuni capitoli del DEF (Documento di Economia e Finanza) per rendersene conto. Parliamo per esempio della spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici. Nel 2013 - si legge nel documento - la spesa è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7% circa rispetto all’anno precedente…. Se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5% rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3% nel 2009, 11,1% nel 2010, 10,7% nel 2011)….. Ma cosa si prevede per il futuro ? Nulla di buono per le tasche di docenti e Ata. “Nel quadro a legislazione vigente - si legge infatti nel DEF - la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020”. Esaminando poi alcuni dati di dettaglio si ha la conferma che il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni. La spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi. Al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64. …

www.larepubblica.it – 11 aprile 2014
“Contratti pubblici congelati fino al 2020, sindacati sul piede di guerra".
░ Nel Documento di economia e finanza non si prevedono spese per il rinnovo dei contratti, confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. Le OO.SS. chiedono certezze o annunciano la mobilitazione.
In arrivo una nuova stretta per il pubblico impiego. I contratti degli statali, già bloccati dal 2010, rischiano di rimanere congelati fino al 2020 con un'ulteriore proroga rispetto al termine del 2017 deciso dal governo Letta. I sindacati sono già sul piede di guerra e si dicono pronti a opporsi "con tutti i mezzi" a un nuovo colpo per i dipendenti della pubblica amministrazione. Nel Documento di economia e finanza varato dal governo e pubblicato in versione definitiva non è prevista, infatti, alcuna erogazione di spesa per il rinnovo contrattuale. Al contrario, si legge nel Documento, "nel quadro a legislazione vigente la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche è stimata diminuire dello 0,7% circa per il 2014 per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3% nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020". Nel Documento si prevede di pagare per il 2018 la nuova indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2018-2020, finora congelata, perché non si ha in programma un rinnovo. Confermato anche il blocco del turn-over fino al 2017. "Il rinnovo dei contratti - spiega Michele Gentile, coordinatore dei settori pubblici della Cgil - comporta un'uscita di spesa che nel Def non è prevista. Nulla si dice sul questo tema. Si va dunque verso un nuovo blocco. Se aggiungiamo a questo le voci sullo scioglimento dell'Aran, che è la sede del rinnovo dei contratti privatistici, quanto contenuto nel disegno di legge di riforma costituzionale in cui si parla di 'disciplina giuridica del rapporto di lavoro', la somma di tutte queste cose è che il governo vuole dare un ulteriore colpo al lavoro pubblico, dopo tutto quello che è successo dal 2008 in poi. Se questo è il quadro - conclude - una risposta del lavoro sarà assolutamente necessaria"…

il Manifesto – 11 aprile 2014
“Il governo investe un po' nelle aule ma taglia ancora gli stipendi dei professori"
░ La ministra Giannini si dice all'oscuro ma nel Def c'è la verità: i fondi per docenti e ata saranno fermi fino al 2017.
Il governo Renzi investe sull'edilizia scolastica (3,7 miliardi), ma continua a tagliare gli stipendi dei docenti e del personale Ata che permettono le lezioni, mantengono aperte le aule, tengono in vita i laboratori e le altre attività. E in più non offre ancora una risposta agli esodati della scuola (i circa 4 mila «Quota 96»), malgrado una mozione parlamentare l'abbia impegnato a farlo. Per il sottosegretario Graziano Del Río la spending review da 32 miliardi di euro «coinvolgerà anche la scuola e toglieremo le incrostazioni». Per la precisione queste incrostazioni corrispondono, al momento, agli stipendi di chi insegna. La ministra dell'Istruzione Stefania Giannini ha ammesso di non saperne niente. «Sarei stupita se ci fossero tagli alla scuola» ha detto l'esponente di Scelta Civica che solo un paio di settimane fa aveva addirittura promesso di «creare un problema politico al governo» se non avesse rifinanziato il fondo per scuola e università. «A me non è stato comunicato niente di specifico, quindi credo che la spending riguarderà l'alta dirigenza dello stato e quindi includerà anche il nostro ministero». Il Documento di Economia e Finanza (Def) però parla di tutt'altra realtà. Insieme al taglio degli stipendi dei dirigenti strombazzato da Renzi c'è infatti il taglio degli stipendi dei docenti e ata ordinari. Nell'insieme la strategia economica del governo potrebbe essere così descritta: investire sul capitale fisso, e non su quello «umano». Con il risultato, se e quando arriveranno i soldi, che verranno create occasioni di lavoro grazie ai cantieri, mentre il personale impegnato dentro le aule verrà pagato sempre meno, sarà sempre più precario e non recupererà il potere d'acquisto mangiato dalle spending revieiv dei governi Monti e Letta. Scelte confermate anche nel Def che fa un resoconto della spesa nel pubblico impiego. Dal 2007 al 2012 è calata del 5,6%. Nel 2013 i tagli hanno comportato una riduzione degli stipendi e la riduzione del numero dei dipendenti nella PA. il settore che più ha contribuito alla causa dell'austerità programmata è stato appunto la scuola dove i contratti di lavoro non vengono rinnovati dal 2010. Il blocco è stato prolungato da Letta e Saccomanni fino al 2015, poi confermato da Renzi e Padoan. Sulla base di questa programmazione, i fondi per la scuola sono destinati a scendere dello 0,7%, verranno stabilizzati nel triennio successivo, per iniziare a crescere di un microscopico 0,3% a partire dal 2018. Considerata l'incertezza che regna sovrana sulla spesa pubblica, non è detto che queste previsioni verranno rispettate. In realtà quello preventivato non è un "aumento" della spesa per il personale, bensì solo l'effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale per il triennio successivo 2018-2020. A oggi, questa indennità resta ancora bloccata e non verrà restituita. La scuola si conferma uno dei settori più colpiti del pubblico, insieme alla sanità. La spesa per il funzionamento ordinario di scuole, università o enti di ricerca è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013. Nello stesso periodo per il ministero dell'Economia è quasi raddoppiata da 2,62 a 4,79 miliardi. Quello tra Giannini e Del Río non è dunque solo un problema di comunicazione. È una decisione ponderata e nota da tempo. La prima non ne è al corrente. Il secondo, che porta i conti, invece sì.

 

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