Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 23 novembre 2013

 tuttoscuola.it – 16 novembre 2013
“Delega al Miur per riformare scuola e università? Altolà della Flc Cgil”
░ Il Governo mette mano a interventi su varie materie relative a scuola e università, tra le quali la ridefinizione del rapporto di lavoro.
Proprio su quest’ultima ipotesi (i cui contenuti non sono, comunque, ancora noti) la Cgil-scuola, per bocca del suo segretario generale, Pantaleo, ha preso posizione. “L'ulteriore colpo ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici pare sia contenuto in un disegno di legge delega su istruzione università e ricerca. Tale norma prevederebbe, oltre ad una serie di deleghe su una pletora di materie, sostanzialmente la rilegificazione del rapporto di lavoro, inclusa la parte economica, per i docenti del comparto scuola, i ricercatori e tecnologi e i docenti AFAM. Tradotto significa: mano libera su orari, stipendi e carriere.” Secondo Pantaleo, già il decreto legge 104, recentemente convertito nella legge 128/2013, contiene elementi che attengono al rapporto di lavoro e che sembrano prospettare, secondo il sindacato, volontà dell’Amministrazione di intervenire unilateralmente sulla materia che è prerogativa contrattuale. “E se il buongiorno si vede dal mattino, quanto contenuto in alcune parti del decreto legge 104/2013 in termini di aumento dei carichi di lavoro e quindi di peggioramento del contratto nazionale, conferma il tentativo di cancellare parti significative del contratto nazionale e della contrattazione.

Il Messaggero – 18 novembre 2013
“Scuola media, per 600 mila la scelta delle superiori”
░ Per gli studenti dell’ultimo anno del Primo ciclo, si avvicina (gennaio) il momento delle scelte. (Alessia Camplone)
Per circa 600mila studenti il bivio è tra un passaggio interlocutorio verso l’università o un diploma e una preparazione che si rivolge già al mondo del lavoro. … Con la crisi che non si limita a colpire i redditi, ma che è argomento di conversazione ogni giorno in famiglia, la formazione tecnico-professionale viene sempre più apprezzata. …. C’è ancora qualche settimana per decidere. Per l’anno scolastico avviato lo scorso settembre, in testa alle preferenze sempre i licei (48,9%). Seguono gli istituti tecnici, in recupero rispetto agli anni passati, con il 31,2% delle preferenze. Poi i professionali (19,9%). Al primo anno di scuola superiore, l’indirizzo del liceo scientifico si è confermato il preferito (90.942 alunni). Piace anche il linguistico (45.740 iscritti). Tra i tecnici il settore tecnologico ha la meglio sull’economico. Così come negli istituti professionali l’ambito dei servizi spicca su quello dell’industria e artigianato. In crescita (più 4,4%) gli alunni che hanno scelto la formazione professionale. …. Secondo l'Unioncamere, che ha curato con il ministero del Lavoro uno studio sull’evoluzione della domanda di impiego dal 2013 al 2017 e sulle competenze richieste, sanità, assistenza sociale e servizi sanitari (+3,1%) avranno una buona performance. Ma dovrebbe andare bene anche il settore turistico-alberghiero, quello dei servizi alle persone, i finanziari-assicurativi. Previsioni rosee pure per meccanica e elettronica….

ItaliaOggi – 19 novembre 2013
“Precari ai Pas per tutte le classi”
░ Ricapitolando in modo davvero efficace, Carlo Forte fa il punto della situazione qual è ai nastri di partenza dei PAS. Riportiamo integralmente
Docenti precari ai blocchi di partenza in vista dell'avvio dei corsi abilitanti speciali. Il ministero dell'istruzione ha già predisposto la bozza di decreto con le disposizioni a cui dovranno attenersi gli atenei, gli istituti di alta cultura e gli uffici periferici per organizzare i corsi. Italia Oggi è in grado di anticiparne il contenuto: i corsi saranno obbligatoriamente istituti e organizzati dalle università, dai conservatori (purché sedi di dipartimento di didattica della musica) e dalle accademie. L'elenco degli aventi diritto a frequentare i corsi sarà compilato e trasmesso dagli uffici scolastici regionali, sulla base delle domande e previo accertamento del possesso dei requisiti richiesti. Saranno ammessi ai corsi i docenti non di ruolo, compresi gli insegnanti tecnico pratici, in possesso dei titoli di studio previsti dal decreto n.39/1998 e dal decreto n.22/2005, che abbiano maturato, a decorrere dall'anno scolastico 1999/2000 fino all'anno scolastico 2011/2012 incluso, almeno tre anni di servizio in scuole statali, paritarie ovvero nei centri di formazione professionale, limitatamente ai corsi accreditati per l'assolvimento dell'obbligo scolastico…. Almeno un anno di servizio dovrà essere stato prestato sulla classe di concorso per la quale si chiede l'accesso al percorso formativo abilitante speciale. Per essere considerato valido, ciascun anno scolastico dovrà comprendere un periodo di almeno 180 giorni; oppure il servizio dovrà essere stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. Il requisito di servizio si matura anche cumulando servizi prestati, nello stesso anno e per la stessa classe di concorso o posto, nelle scuole statali, paritarie e nei centri di formazione professionale. A questo proposito, però, il ministero dell'istruzione, con la nota 11970 dell'8 novembre scorso, ha chiarito che al fine del raggiungimento dei tre anni di servizio e analogamente a quanto previsto per la scuola primaria e per la scuola dell'infanzia, possono essere cumulati i servizi prestati su classi di concorso appartenenti alla scuola secondaria sia di primo che di secondo grado; fermo restando che almeno un anno scolastico deve essere stato prestato sulla stessa classe di concorso. Il servizio prestato nei centri di formazione professionale deve essere riconducibile a insegnamenti compresi in classi di concorso, e prestato nei corsi accreditati dalle regioni per garantire l'assolvimento dell'obbligo di istruzione a decorrere dall'anno scolastico 2008/2009. Il servizio sul sostegno è valido alle stesse condizioni del servizio prestato su classi di concorso, avendo come riferimento la graduatoria che ha costituito titolo di accesso al servizio sul sostegno. Gli aspiranti che hanno prestato servizio in più anni e in più di una classe di concorso dovranno optare per una sola di esse. Le classi di concorso richiedibili sono quelle previste nelle tabelle A, C e D allegate al decreto 39/98. La domanda di partecipazione dovrà essere inoltrata agli uffici scolastici regionali tramite apposita istanza online. I candidati ammessi ai corsi saranno assegnati ai singoli atenei, ai conservatori e alle accademie della regione secondo criteri che dovranno assicurare sia la frequenza dei corsi che lo svolgimento del servizio. Se non sarà possibile soddisfare tutte le richieste, per scarsità di posti attivabili, i corsi saranno suddivisi in più anni accademici. In tal caso, l'accesso degli aventi titolo avverrà con priorità in favore di chi non ha l'abilitazione, e secondo il criterio della maggiore anzianità di servizio. Che sarà calcolata secondo i punteggi indicati dal decreto 13 giugno 2007 per la III fascia delle graduatorie di istituto. I servizi valutabili sono quelli presenti al SIDI (sistema informativo dell'istruzione) se prestati nelle scuole statali, e quelli derivanti dalle autocertificazioni degli interessati, se prestati nelle scuole paritarie o nei centri di formazione professionale. A parità di punteggio il candidato con maggiore anzianità anagrafica avrà la priorità. Se non si raggiungeranno almeno 30 unità per corso, potranno essere attivati corsi interregionali oppure i corsisti potranno essere raggruppati per classi di concorso affini. E in ogni caso, tali corsi potranno prevedere anche dosi massicce di attività in e-learnig. I corsi dovrebbero iniziare entro la seconda metà del mese di dicembre 2013 e terminare, possibilmente, entro la prima decade del mese di giugno 2014. Gli esami si svolgeranno entro la fine del mese di luglio 2014. La durata complessiva dei corsi sarà di 900 ore pari a 36 Cfu. La frequenza dei corsi è obbligatoria. Sarà consentito un massimo di assenze nella percentuale del 20%.

larepubblica.it – 20 novembre 2013
“Quei 10mila euro in più degli ingegneri: ecco quanto vale davvero una laurea
░ Stipendi al top anche per gli economisti: in una ricerca le facoltà che premiano sul lavoro. Medici e avvocati una spanna sotto.
Economia e Ingegneria pagano prima e meglio delle facoltà umanistiche. Vale per i maschi e per le femmine. Nei primi dodici mesi post università, chi ha in tasca una laurea (e un lavoro) in Economia riesce a guadagnare fino a 10mila euro all'anno in più rispetto ai coetanei che scelgono studi umanistici. Lo stesso anche nel lungo termine, a 15 anni dalla discussione della tesi. In questo caso la differenza è di 26mila euro annui, mentre gli ingegneri riescono a guadagnare fino a 25.500 euro in più. Tra chi riesce a trovare lavoro, dunque, sono loro i più remunerati, seguiti dai futuri medici, dai matematici e dai fisici… A dirlo è una ricerca realizzata da Giovanni Peri (economista e ricercatore all'UC Davis, Università della California) insieme a Massimo Anelli. Uno studio della Fondazione Rodolfo De Benedetti che sarà presentato a Milano - l'11 dicembre alle 9, nell'aula magna dell'università Bocconi -, basato su un campione di 30mila studenti diplomati nei licei classici e scientifici milanesi tra il 1985 e il 2005…. Secondo quanto emerge dalla ricerca, non è detto che il voto di laurea conti poco o nulla al fine di trovare un lavoro ben pagato. Viceversa, a parità di percorso di studi, chi si laurea con 110 guadagna in media il 50 per cento in più rispetto a chi porta a casa il voto più basso. …

Ora i precari della scuola hanno qualche speranza in più.
░ Dalla Commissione Europea è arrivato lo stop alle discriminazioni nei confronti dei precari della scuola pubblica. Il governo italiano rischia di essere chiamato a rispondere di fronte alla Corte di giustizia Ue. Sulla questione riportiamo un articolo da Avvenire e uno da La Repubblica Tutti ormai se ne occupano ma ai colleghi precari chiediamo di riflettere su chi ha portato avanti questa battaglia (“di straordinaria importanza”, dichiarano i sindacati “rappresentativi”); troveranno che, al solito, in prima fila con i precari c’è stata l’ANIEF; il presidente Pacifico si recò a Bruxelles, nel novembre 2012 giusto adesso un anno addietro, con faldoni di documentazione e denunce. Adesso i nostri sforzi sembrano dare i frutti sperati perché la Commissione minaccia il ricorso alla Corte di giustizia se in Italia non cessa la discriminazione in materia di contratti. Se la battaglia avrà buon esito, questa impresa a quale altra potrà essere raffrontata, per numero di colleghi che beneficeranno della normativa che il Governo dovrà attivare ?

larepubblica.it – 20 novembre 2013
“Precari della scuola, ultimatum UE”
Bruxelles già nell'ottobre 2012 ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia e ieri ha inviato alle autorità italiane un parere motivato, l'ultimo passo prima del deferimento di fronte ai giudici di Lussemburgo. La procedura in realtà è un ampliamento di un'altra, avviata nel 2009, che si riferiva però al solo personale precario non docente mentre ora si parla di tutti i dipendenti scolastici precari, insegnanti inclusi. Al centro è la direttiva Ue sul lavoro a tempo determinato del 1999, che vieta che i dipendenti assunti a tempo determinato siano soggetti a un trattamento peggiore dei colleghi che hanno invece un contratto a tempo indeterminato solo sulla base di una differente durata del contratto. Secondo la normativa europea, per tali differenze devono esserci «motivazioni giustificate e impone agli Stati membri di indicare quali ragioni obiettive possano portare al rinnovo di contratti a termine al posto di normali assunzioni, la durata massima totale di questi contratti, e infine il numero massimo possibile di rinnovi. Ebbene, si legge in una nota, «la Commissione Europea ha ricevuto numerose denunce che indicano come il personale assunto a tempo determinato sia trattato in modo meno favorevole del personale permanente». Bruxelles lamenta che i precari della scuola «vengono utilizzati attraverso una serie di contratti a tempo determinato per vari anni, lasciandoli nel precariato sebbene stiano svolgendo compiti da personale permanente». La Commissione afferma inoltre che «la legge nazionale non fornisce misure efficaci per prevenire tali abusi», inoltre i precari «ricevono stipendi più bassi del personale permanente con simile carriera professionale». Ecco perché per Bruxelles l'Italia viola la direttiva Ue. Roma avrà adesso due mesi per notificare alla Commissione le misure intraprese, altrimenti si pronuncerà la Corte Ue. L’Italia, a dire il vero, già nel 2011 in una lettera a Bruxelles aveva addotto il decreto legge n.70 del 13 maggio di quell'anno (convertito in legge nel luglio successivo), che introduce una eccezione alla direttiva per «esigenze imprescindibili di erogazione del servizio scolastico e compensata da un piano di immissioni in ruolo», argomento ritenuto valido dalla Cassazione. La Commissione, invece, non lo accetta, e il diritto Ue prevale su quella nazionale. Ora i precari della scuola hanno qualche speranza in più.

larepubblica.it – 20 novembre 2013
“Flc-Cgil e Uil scuola: il richiamo Ue esige una soluzione”
"Un richiamo ulteriore che dovrebbe spingere a trovare una soluzione strutturale". Così il segretario della Uil scuola, Massimo Di Menna, commenta lo stop alla discriminazione degli insegnanti precari arrivato oggi da Bruxelles. "Più volte abbiamo sollecitato il Governo a considerare oltre all'ingiustizia la non legittimità dei rapporti di lavoro precari nella scuola", spiega il sindacalista sottolineando che a oggi ci sono ancora oltre 130.000 persone con contratto a tempo determinato che fanno funzionare la scuola. "Nonostante i continui richiami, la risposta data con il Piano di immissioni in ruolo è - osserva Di Menna - una soluzione parziale perché ci sono ancora posti in organico di diritto coperti con contratti annuali reiterati di anno in anno. La soluzione - prosegue il leader della Uil scuola - è nell'organico funzionale, lasciando l'adozione dei contratti a tempo determinato solo per i casi dove c'e' una motivazione contingente, come, ad esempio, una supplenza di 20 giorni per malattia. Anche per Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, il pronunciamento della Commissione Europea contro le discriminazioni degli insegnanti precari in Italia "è di straordinaria importanza". Il sindacalista ricorda che la Flc sostiene da anni che nella scuola "è stata ripetutamente violata la direttiva europea sul lavoro a tempo determinato precarizzando strutturalmente il lavoro di migliaia di docenti e negando sistematicamente la loro stabilizzazione". ….

larepubblica.it – 22 novembre 2013
“L’ineluttabile rito delle occupazioni”
░ del collega prof. Maurizio Muraglia.
Si apre il tam tam delle scuole superiori palermitane, puntuale come un orologio. …. Sit-in, collettivi, assemblee studentesche, strenui negoziati con dirigenti scolastici per ottenere improbabili tre più due, ovvero tre ore di scuola più due ore per approfondire i temi che stanno più cari ai giovani soprattutto nel passaggio novembre-dicembre di ogni anno. Chi segue le faccende della scuola sa bene che le inadempienze delle istituzioni nei confronti della scuola sono ben presenti anche a gennaio o ad aprile, ma uno studente quattordicenne candidamente confessa che da un certo momento in poi scatta la paura delle valutazioni finali…. La parola “occupazione” seduce indubbiamente tutti i ragazzini che si affacciano per la prima volta alle scuole superiori. Ogni anno il copione è lo stesso. Caricature di democrazia. I più grandicelli, che rappresenterebbero (sic!) l’intera scolaresca, arringano i piccolini con argomentazioni serratissime riguardanti tagli all’istruzione pubblica, edifici scolastici privi di sicurezza…, manchevolezze di varia natura della Provincia, insomma con tutto un armamentario di lagnanze che agli occhi dei fanciulli dei primi anni suonano come musica orecchiabilissima che ha un solo titolo: vacanza e tanta nanna al mattino. … Le scuole progettano la didattica tenendo conto di questa variabile. Grottesche suddivisioni tra trimestri e pentametri, corse folli ad organizzare compiti in classe perché dopo chissà…, calendarizzazione di riunioni tra docenti o di ricevimenti genitori prima dell’irreparabile. I dirigenti scolastici hanno le armi spuntate perché i nostri giovanotti non sembrano incontrare ostacoli nella loro marcia verso la palese interruzione forzata del diritto allo studio. La rassegnazione ormai attraversa le sale professori nonostante qualche timido tentativo di ragionare con questi avventurieri per i quali le ragioni della protesta si devono cercare dopo la protesta stessa. Dal punto di vista educativo siamo davanti alla disfatta più bruciante che si possa immaginare. …. Si urla al mondo intero che questa scuola, con i banchi, le lavagne, le cattedre, le lezioni, le campanelle e tutto il rituale celebrato ogni mattina dalle scuole di ogni ordine e grado è stato sopportato fino alla fine della terza media ma ora è arrivato il momento di dire basta. Basta a tutto questo. Occorre trovare a tutti i costi qualcosa che non va da qualche parte, cavalcarlo e trovare il modo di sospendere il tempo di questa prigione, almeno per un po’. Sì, perché dalla prigione non si esce. A gennaio, quando le presunte ragioni della protesta natalizia saranno tutte lì irrisolte, torneremo comunque in cella, sembrano dirci, perché non siamo in grado di sbattere i pugni sui tavoli dei consigli di istituto e dei consigli di classe con una proposta formativa alternativa. In fondo il menu proposto dai nostri insegnanti può andar bene, l’importante è poterne fare a meno di tanto in tanto, meglio se in prossimità di dicembre, ché almeno il dessert è garantito.

scuolaoggi.org – 23 novembre 2013
“Pubblico impiego: Governo e contratti”
░ Pippo Frisone fa la cronistoria della contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, e conclude richiamando Pirandello (uno dei pochi che aveva capito tutto).
La contrattualizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego quest’anno ha compiuto vent’anni. Risale infatti al 1993 la prima organica delegificazione del lavoro pubblico che trovò una completa sistematizzazione nel decreto legislativo n.29. Dalla legificazione piena del rapporto di pubblico impiego, risalente negli anni ’50 al Dpr n 3/57, si passò via via a forme di contrattazione sempre più simili al settore privato. La prima tornata contrattuale si ebbe nel ’76. La Scuola in quegli anni ottiene coi decreti delegati uno Stato giuridico proprio, staccandosi dal resto del pubblico impiego, col riconoscimento pieno della specificità del settore e con gli organi collegiali, la partecipazione attiva dei genitori alla vita della scuola…. Nel 1983 arrivò la legge quadro sul P.I. che definì i comparti e con gli accordi intercompartimentali, il primo tentativo di omogeneizzare diritti e trattamenti economici in tutto il pubblico impiego. Ma la cosiddetta privatizzazione del lavoro pubblico comincia a sviluppare pienamente i suoi effetti a partire dal ‘93 col dlgs.n.29, andando a completamento col dlgs. n.165 del 2001. … Col 2008-09 e la vittoria alle elezioni del centro-destra, inizia il ritorno al passato. Tagli alla scuola, controriforma degli ordinamenti,riduzione di oltre 400.000 addetti in tutto il pubblico impiego,controriforma del lavoro. Con i decreti dell’ex ministro Brunetta ed in particolare col dlgs.150/09 si rimettono in discussione alcuni cardini del rapporto di lavoro pubblico, la contrattazione integrativa, il valore del contratto nazionale, cercando di ridurre e mettere all’angolo il ruolo stesso del sindacato. Sempre con maggior frequenza si mettono i piedi nel piatto della contrattazione , riducendo sempre più le materie riservate al contratto facendoli diventare riserva di legge, non più derogabili con la contrattazione. Una strada senza ritorno. Il blocco dei contratti e degli stipendi fermi al 2009 fanno da degna cornice a questo ritorno al passato. E’ in questo quadro che il governo delle sempre meno larghe intese tenta il colpo grosso della rilegificazione dello stato giuridico dei lavoratori della scuola, AFAM, università e ricerca. E con lo stato giuridico anche delle retribuzioni. Non lo fa direttamente con la legge di stabilità ma con un ddl collegato, classificato “provvedimento urgente in diramazione”. La bozza del 7 novembre , proveniente dal Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi n.51032, sotto forma di schema viene predisposta completa di relazione illustrativa e di relazione tecnica, da sottoporre al Consiglio dei Ministri. La delega al Governo in materia d’istruzione contiene sette punti : riforma del reclutamento del personale docente 2) riforma degli organi collegiali della scuola, coordinamento, incentivi, compiti delle reti di scuole 4) procedimenti relativi allo stato giuridico e al trattamento economico della scuola 5) contabilità delle istituzioni scolastiche disciplina giuridica degli altri soggetti riconosciuti dall’ordinamento vigente in materia d’istruzione e formazione 7) organizzazione dell’AFAM e stato giuridico del relativo personale docente. Il disegno è chiaro. Il Re è nudo. Si completa così il disegno che fu del primo centro-destra. Riportare la scuola al di fuori della contrattazione, rilegificando le norme sullo stato giuridico, sulla carriera, sul merito e sulle retribuzioni. Il sindacato non solo viene messo all’angolo ma viene spogliato di ogni potere contrattuale . Dopo l’alzata di scudi del sindacato, il Miur si è affrettato a smentire i contenuti della bozza . Il ddl per ora è accantonato, essendo la priorità e l’attenzione concentrata sulla legge di stabilità. Il collegato prima o poi riemergerà. L’esigenza è dettata non tanto dalle riforme quanto dal contenimento della spesa pubblica. Tagliare 32 miliardi in tre anni è l’obiettivo che il nuovo commissario alla spending review Carlo Cottarelli si è prefissato. E la scuola, come l’università e la ricerca dovranno fare la loro parte. Non più col contratto ma con Dpr . Così è se vi pare .

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