Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 28 dicembre 2012

Letterina ASASI n 345 - 20 dicembre 2012
“Spigolature da Facebook sul concorso”
░ Riportiamo le proteste raccolte dal redattore del settimanale digitale: si tratta di post di presidi e professori tratti da Facebook.
- “A settembre, quando hanno chiesto la disponibilità dei laboratori, nella lettera del MIUR-CINECA si chiedeva un supporto tecnico non precisato e non venivano indicati i tempi e le modalità di svolgimento, altrimenti penso che tutti avremmo desistito. Comunque io ho cercato di “fare la disdetta” per i motivi di cui sopra, ma la Direzione si è imposta, facendo presente le difficoltà di sistemare i 60.000 concorrenti della Campania; speriamo che sia servito almeno a qualcosa”.
- “Come sempre, il dirigente-pezzente (perché guadagna la metà degli altri dirigenti), siccome non ha nulla da fare, si trova sulle spalle anche la prova preselettiva del concorso senza un ca... di supporto e senza la normativa adatta per obbligare il personale a prestare assistenza e supporto ... e i soldi vanno solo al CINECA ... Come sempre schiavi caricati di ogni responsabilità. Ho dato la disponibilità e ho motivato il personale solo per aiutare i docenti del concorso ! … Spiego il perché: due giorni di sospensione dell’attività didattica non giustificati che vanno detratti dai giorni di lezione, lavoro non retribuito per i docenti incaricati né per il personale ATA… siamo al limite del peculato per ciò che concerne l’utilizzo del personale per compiti non afferenti il contratto di lavoro, danno all’erario per il mancato svolgimento di due giorni di lezione e uso improprio delle attrezzature per attività non programmate nel POF... potrei continuare”.
- “Oggi in quel di Napoli siamo andati alla Conferenza di servizio, ben 236 scuole, impegnate per le prove selettive del concorso docenti. Sarebbe stato meglio quel giorno di settembre, andare altrove, piuttosto che offrire la disponibilità al CINECA dei laboratori di informatica. Alla fine tutti gli adempimenti di una prova nuova per la scuola ricadono su scuole non preparate, senza uno staff di persone esperte. Il fatidico Comitato di Vigilanza diventa in effetti una Commissione di Esame e deve assumere oneri e compiti di ogni tipo, in un tour de force di 4 batterie per laboratorio, al giorno, moltiplicato per due giorni e le indicazioni dei turni di assistenza e vigilanza non sanno neanche loro delle alte sfere come devono essere definite. Non si è mai visto nulla di simile a memoria di scuola ... e questo è il nuovo della multimedialità”.
- “Nei Giorni 17 e 18 dicembre, buona parte dei docenti e degli assistenti tecnici e amministrativi delle scuole pubbliche italiane sarà impegnata nei turni di vigilanza alle prove preselettive dei concorsi a cattedra. Davanti a quest’ulteriore compito e precise responsabilità che molti di noi dovranno reggere, rimaniamo molto perplessi, piuttosto che risentiti. I nostri compiti contrattuali non prevedono l’obbligo di sorveglianza durante i Concorsi, a meno che i docenti non siano stati nominati componenti di Commissioni esaminatrici e, quindi, abbiano data la loro disponibilità dietro corrispondente retribuzione.
Nonostante ciò, un ordine di servizio, che deriva da una CM, ci chiama a prestare la nostra opera e il nostro tempo per turni di sei ore o mattutini o pomeridiani a titolo totalmente gratuito, come a sostituzione delle effettive ore di lezione che, non certo per nostra decisione, non potremo svolgere nei due giorni di Dicembre. … Il 17 e il 18 dicembre vigileremo a prove assurde e certamente non qualificanti che scremeranno in modo “strano” il numero degli aspiranti docenti. In margine è bene ricordare che da queste prove sono stati esclusi colleghi che insegnano già da anni: a vantaggio di chi e di che cosa? Sorge un dubbio: forse sarebbe stata troppo onerosa per lo Stato la loro ricostruzione di carriera? Non lo sapremo mai!”
Il Messaggero - 21 dicembre 2012
“Tagli, l'allarme delle università. «Così non paghiamo gli stipendi»”
░ Le università protestano per la "cura dimagrante" da 300 milioni votata dal Senato.
Professori e studenti dicono che a questo ennesimo taglio all’università non ci vogliono credere. Dicono che la legge di stabilità avrebbe dovuto accordare 400 milioni almeno per restare nelle stesse condizioni dell’anno scorso. Dicono che questa scelta è un pugno in faccia alle nuove generazioni che vogliono studiare. Un taglio del 6%... I cento milioni concessi agli atenei, ripetono i docenti, non basteranno neppure a pagare gli stipendi. «E’un allarme molto alto», insiste il ministro che ora dovrà riuscire a lavorare con disponibilità così ridotte….
Marco Mancini, presidente della Conferenza dei rettori, ricorda che una sforbiciata come questa non ha mai colpito le università. «Per giunta - aggiunge - da un anno all’altro. Una mazzata definitiva. Che pregiudica la copertura degli stipendi e gran parte dei servizi». Negli ultimi mesi le università hanno taciuto. Speravano che il governo fosse di manica larga. Speravano che il ministro Profumo, ex rettore a Torino, sapesse manovrare le leve giuste per portare a casa finanziamenti tali da non far temere il collasso. In nessun ateneo, comunque, è stata nascosta l’aria di crisi che tira tra i banchi. A Roma, a La Sapienza per esempio, l’anno accademico non è stato inaugurato con la solita cerimonia. Abolita per l’occupazione degli studenti ma anche per evitare di saccheggiare le casse già abbastanza sofferenti. In altre città si contano i docenti che insegnano gratis. Genova è una di queste: quasi il 60% di quelli a contratto non percepiscono stipendio….

Scuola oggi.org - 22 dicembre 2012
“Brutti, sporchi e cattivi”
░ Come essere altrettanto chiari? Un articolo veemente di Franco Buccino.
Sull’onda dell’entusiasmo per il gran numero di partecipanti alla prova preselettiva al concorso a cattedre (come se il numero fosse un merito) e per il successo della complicata operazione sui due giorni (gestita per la verità dalle scuole), il Ministero (immagino sia il Ministro) si lascia andare ad avventurose ed approssimative analisi e a fuorvianti e “neoleghisti” commenti. Ci presenta, con una tempestività che ci aspetteremmo in tante altre occasioni, a cominciare dal concorso ad ispettori misteriosamente scomparso, una serie di dati automaticamente ottenuti da una prova tutta informatizzata. Dai predetti dati si evince che: la percentuale di quanti hanno superato la prova a quiz per ordine di scuola è più bassa nella scuola dell’infanzia e nelle elementari, più alta nelle medie e nelle superiori; per fasce di età è più alta tra i “giovani” fino a quarant’anni e più bassa per gli “over”; per aree geografiche è molto più alta al centronord e più bassa al sud. Il Ministero non può infine fare a meno di sottolineare la “curiosa” coincidenza su base regionale tra i risultati ottenuti dagli aspiranti insegnanti e i risultati degli studenti rilevati dall’Ocse PISA 2009. E cioè - senza avere il pudore di dirlo, l’ha suggerito ai giornali - i risultati modesti degli studenti meridionali dipendono dai loro insegnanti poco preparati. Lo ha capito la Gelmini già qualche anno fa senza aspettare il concorsone. Ancora di più lo hanno capito i rappresentanti della Lega che contrastano l’arrivo di insegnanti e dirigenti meridionali nelle loro scuole. Se i dirigenti del ministero, quasi tutti meridionali, che supportano il Ministro, si fossero un po’ allargati verso altri studi, ricerche e statistiche, avrebbero trovato tantissime altre “curiose” coincidenze: a cominciare dal reddito medio pro capite all’entità della pensione media, dal tasso di disoccupazione a quello di inoccupazione, giovanile e femminile, dai servizi sociali attivati ai posti nelle residenze per anziani, dalle convenzioni che le associazioni di volontariato stipulano con gli enti locali al posto in classifica per livello di vivibilità delle città, dalle presenze in cinema e teatri alle biblioteche e ai luoghi di aggregazione. E, se vi sembra che mi sto allargando troppo, potremmo fermarci alle coincidenze nelle aree geografiche di questi risultati e la distribuzione degli asili nido, delle classi a tempo pieno, delle attività di integrazione scolastica offerte dai comuni. Non ci vuole molto a capire, perfino per gli esperti del Ministero, che un milione di coincidenze non sono “curiose”, non sono casuali. A spiegare tutte le coincidenze ci vuole la storia del Mezzogiorno, da prima dell’Unità ad oggi. Un po’ umiliati e frustrati, occorre dire che le cause dei risultati più modesti sono storiche, ambientali, sociali e soprattutto politiche. Non genetiche. Come dimostrano il gran numero di insegnanti meridionali al nord. Se si facesse una tabella degli ammessi per provincia di nascita, i risultati tra nord e sud starebbero in equilibrio; se si facesse poi per provincia di nascita dei genitori degli ammessi, i risultati si capovolgerebbero. Anche se suscitano meno interesse e meno reazioni, sono da discutere i risultati per fasce di età e per ordine di scuola, perchè offerti senza spiegazione. Il Ministro con molto cinismo dice che si aspettava la percentuale di ammessi, un terzo, e il fatto che fossero i più giovani. E neanche si rende conto che in tal modo ammette che lo strumento e le modalità del reclutamento, nel contesto attuale, siano sbagliate e profondamente ingiuste. Con tale meccanismo si è voluto favorire i più “freschi” di studio e di allenamento, poi anche quanti si sono potuti permettere costosi corsi specifici e il tempo necessario per farlo. Una minoranza, si sa; perché la maggioranza vive da anni in modo precario, magari senza incarico annuale, e spende i risparmi in formazione per nuovi titoli e master, per migliorare la posizione in graduatoria, oltre che per la gioia delle università, libere e statali. Ma quale amministrazione in Italia e all’estero, sapendo chi sono gli interessati, propone loro tali prove preselettive. Quale amministrazione, in Italia o in qualunque altro paese del mondo, sottopone a prove preselettive i suoi dipendenti precari, il cui lavoro apprezza e di cui si serve da anni. E che, stando nella Comunità Europea, ha l’obbligo di stabilizzare per legge. Gli ammessi per la scuola dell’infanzia e per la scuola elementare, poi, sono molti di meno perché un gran numero di partecipanti ha vecchi diplomi conseguiti tanti anni fa, è rimasto fuori della scuola, oggi ha tentato questo concorso anche senza nessuna preparazione specifica. Tra loro, manco a dirlo, tantissimi meridionali. I giovani insegnanti di questi tipi di scuola primaria oggi hanno una laurea specifica al pari dei loro colleghi della scuola secondaria. Ci manca solo che qualche benpensante del Ministero, con il rimpianto dei tempi passati, alla luce di questi risultati riproponga una gerarchia tra gli insegnanti con relative differenze di stipendi. Un sospetto legittimo proprio per la pubblicazione dei dati che abbiamo visto e per i relativi infelici commenti ed analisi. Il Ministro ha fatto più danno alla scuola con il comunicato di ieri che neppure con il concorso stesso. Concorsone che rimane inutile e dannoso perché servirà ad aumentare il numero dei precari e il numero dei ricorsi. Ricorreranno quelli che hanno ottenuto fra 30 a 34, cioè la media del 6, e saranno ammessi con riserva allo scritto; quanti supereranno il concorso senza vincerlo, non si rassegneranno e si rivolgeranno al Tar; le sentenze dei tribunali stravolgeranno e regoleranno le graduatorie, provinciali o di concorso che siano. Come sempre. E come sempre i precari aumenteranno e rimarranno precari.
Pubblico Giornale - 22 dicembre 2012
“Intervista a A. Calvani: «Solo demagogia, il digitale a scuola non migliora l'apprendimento»”
░ Su un argomento di grande importanza educativa – viste le propensioni attuali della politica scolastica – Marina Boscaino ha interpellato Calvani, una delle massime autorità, in merito, professore ordinario di Metodi e Tecnologie educative del dipartimento di Scienze dell'Educazione e dei Processi Culturali e Formativi dell'Università di Firenze. In conclusione al suo intervento, il professore detta alcuni consigli.
…Antonio Calvani è autore di molti libri; l'ultimo è «Per un'istruzione evidence based. Analisi teorico -metodologica internazionale sulle didattiche efficaci a inclusive», (Erickson, 2012). Abbiamo partecipato entrambi a un dibattito all'interno dell'eBook Fest, che si è svolta a Sanremo. … È da un anno che Profumo ci intrattiene con promesse "digitali", dimenticando … che le tecnologie da sole e pertanto la "modernità" che traghettano non possono rappresentare (se non demagogicamente) la soluzione ai nostri problemi.
D. Quali sono, dal punto di vista della ricerca scientifica, i risultati per l'apprendimento dell'utilizzo delle tecnologie digitali nella scuola?
Calvani. Contrariamente a quanto si è indotti a pensare la ricerca educativa basata su evidenza mostra ormai da decenni che in termini di efficacia dell'apprendimento i risultati sono assai modesti; in molti casi si può verificare anche un abbassamento degli apprendimenti, dovuto verosimilmente alle difficoltà di gestire i fattori di sovraccarico, distrattività o estroflessione che le tecnologie possono introdurre. In breve, se si vuole che gli studenti apprendano di più (la matematica, le scienze, la storia, eccetera) non sono le tecnologie la via maestra. Questo non vuol dire che le tecnologie non si debbano inserire nella scuola; ci sono situazioni particolari (ad esempio si pensi alla didattica speciale, all'individualizzazione dei percorsi) oppure ragioni culturali (sviluppare competenza digitale, superare il digital divide…
D. Quali sono le ragioni del grande spazio riservato alle stesse tecnologie nell'immaginario didattico?
Calvani. Le tecnologie sono un tratto caratterizzante la vita dell'uomo; da sempre… Recentemente le tecnologie "cognitive" sono diventate fonti più subdole di seducenti aspettative (e di fuorvianti deduzioni pedagogiche); un genitore (o un insegnante) che vede un bambino smanettare con una certa abilità su un qualunque nuovo oggetto tecnologico è indotto a immaginare di essere di fronte a nuove forme dí pensiero, o a nuovi geni in erba; allo stesso tempo è portato a vedere la scuola come arretrata… Poi si scopre la verità; quelle maestrie manipolative dei cosiddetti nativi digitali non si accompagnano quasi mai ad un avanzamento qualitativo dei processi di pensiero.
D. Quali modelli e quali contenuti possono essere davvero efficaci per formare in modo utile coloro che si occupano di didattica?
Calvani. … Sono le metodologie (e non le tecnologie) che fanno la differenza. Tra le metodologie hanno maggiore efficacia quelle che sono orientate a conseguire obiettivi ben chiari, che valorizzano l'interazione (il feed-back), la ripetizione sistematica degli apprendimenti in contesti variati e la consapevolezza autoriflessiva che deve accompagnare l'apprendimento.
D. Quali criteri possono essere utili per la progettazione e le decisioni istituzionali in merito alle politiche scolastiche ?
Calvani. Per i decisori di politiche tecnologiche si potrebbe fare un decalogo veloce: non inserire le tecnologie per poi lasciare che si trovi dopo (o emerga) il senso del loro utilizzo educativo; tenere conto dei tempi di decadimento delle tecnologie stesse (obsolescenza e così via); non fare introduzioni massicce, ma sempre mirate a specifiche finalità; far precedere l'introduzione da formazione degli insegnanti; procedere con rapporti circolari teoria-pratica; iniziare dagli ambiti nei quali è più evidente il valore aggiunto (bisogni speciali, drop-out, inter cultura, lingue straniere).

Il Messaggero - 24 dicembre 2012
“Doni, flebili tracce”
░ L’editoriale del periodico digitale, scritto in occasione della festività religiosa.
Non è, il Natale, dal punto di vista liturgico la più importante festa cristiana, cosa che è la Pasqua; ma non a caso è la più popolare. Per quanto infatti i discepoli abbiano fin da subito fondato la loro fede sul duplice evento della Morte e Resurrezione, la devozione lungo i secoli ha colto nella Nascita la premessa in cui l’evento è custodito: cioè l’Incarnazione, l’abbassamento del divino nell’opacità della forma umana, affinché la natura di quest’ultima sia rinnovata. Nella tenerezza del Bambino cullato dalla Madre è del resto il mistero della vita che si rinnova, di cui ogni famiglia è in ogni tempo testimone. Il fatto che nella società secolarizzata, o anche in contesti non cristiani, il Natale abbia trovato diffusione come festa profana dei regali, non ne snatura più di tanto il senso. E non tanto perché il Bambino è un archetipo universale, che in differenti tradizioni trova corrispondenze, o perché il senso dell’Incarnazione si estende ovunque il divino abbia preso dimora nel mondo simbolico e sociale degli uomini; ma per una ragione più intrinseca. Se, nell’economia della salvezza, Dio non ha disdegnato una Nascita umile, in quel mondo di povertà materiale che inizia oltre le soglie dei potenti, si può pensare che abbia misericordia per la povertà spirituale così tipica del nostro mondo. Scambiarsi i doni, anche per chi non abbia altra memoria, è pur testimonianza della gratuità che è oltre il muro dell’utilitarismo.

Latecnicadellascuola.it - 24 dicembre 2012
“L’Agenda Monti prende sul serio la Scuola»”
░ Una riflessione di Anna Maria Bellesia su “Cambiare l’Italia, riformare l’Europa”, appena pubblicata dal senatore a vita Mario Monti su internet, e diventata subito un documento cliccatissimo.
Una delle 25 pagine riguarda la scuola ed espone in sintesi il Monti-pensiero, che ricalca pari pari le strategie europee del programma Lisbona 2020, dallo sviluppo delle competenze appropriate per vivere e lavorare nel mondo della globalizzazione, alla riduzione del tasso di abbandono, all’incremento del numero di laureati. “La scuola e l’università sono le chiavi per far ripartire il Paese e renderlo più capace di affrontare le sfide globali”, è l’esordio.“La priorità dei prossimi cinque anni è fare un piano di investimenti in capitale umano”, è il punto saliente, tanto da essere ripetuto due volte in poche righe…. Dalla prossima legislatura si fa sul serio. Il paragrafo si intitola proprio così: “Bisogna prendere l’istruzione sul serio” e investire sulla qualità. Con prudenza, perché prima c’è sempre la questione del contenimento della spesa pubblica: “Man mano che si riduce il costo del debito pubblico e si eliminano spese inutili, possiamo creare nuovi spazi per investimenti nell’istruzione”. Quanto agli insegnanti “devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto”. Come si era capito nei mesi scorsi, la tendenza è di procedere decisamente nel senso della flessibilità e della valutazione.“Il modello organizzativo deve cambiare puntando su autonomia e responsabilità come principi fondanti”. Inoltre, “da subito occorre completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su Invalsi e Indire, basato su indici di performance oggettivi e calibrati sulle caratteristiche del bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti. Occorre inserire con gradualità meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici basati sulla valutazione del rendimento della struttura ad essi assegnata, e degli insegnanti, ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati”….

Latecnicadellascuola.it - 25 dicembre 2012
“L’Agenda Monti: Molti dubbi e interrogativi”
░ Il giorno dopo, La tecnica della scuola torna sull’argomento. Dubbi e interrogativi riguardano la prospettiva di premiare i docenti che ottengono risultati migliori, una idea in netta controtendenza persino rispetto allo schema di regolamento sulla valutazione delle scuole approvato dallo stesso Governo nell'agosto scorso. Ci associamo alle perplessità, e non tanto per la premialità – che fatta bene (e l’Invalsi c’entrerebbe poco) …. – quanto per la fonte da cui vengono i propositi: la stessa che in TV, lo scorso 25 novembre mostrava scarsa o nulla consapevolezza del ruolo culturale e sociale degli insegnanti arrivando ad adombrare un nesso tra il presunto corporativismo degli insegnanti e ipotizzate pratiche strumentali della protesta studentesca.
L’ “Agenda Monti” di cui il nostro sito ha già dato notizia è certamente un documento di grande interesse… Parole nobili, nobilissime, la domanda è d’obbligo: con quali iniziative concrete il professor Mario Monti pensa di raggiungere questi obiettivi ? Anche l’aumento dell’orario di cattedra era stato presentato da Monti come una operazione finalizzata a migliorare la qualità del sistema di istruzione. Monti parla anche di motivare i docenti e di riconoscerne il contributo, ma subito dopo sottolinea la necessità di “completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su Invalsi e Indire” e si spinge fino a prevedere “un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati”. L’idea non piacerà di certo a gran parte del “popolo della scuola” che da anni combatte contro l’uso delle prove Invalsi e contro ogni altri strumento che possa in qualche modo “misurare” risultati e prestazioni. Ed è facile prevedere che l’ipotesi non troverà d’accordo neppure i sindacati del comparto. D’altronde lo schema di regolamento sulla valutazione e l’autovalutazione della scuola approvato a fine agosto dal Governo (e di cui non si è saputo più nulla) aveva avuto il via libera del Cnpi e di una parte del mondo sindacale solo perché non prevedeva né premi né altri meccanismi di incentivazione.
Il programma contenuto nell’”Agenda Monti” risulta dunque in controtendenza persino rispetto ad una precedente decisione del suo stesso Governo e proprio per questo appare debole e poco credibile….

l’Unità - 27 dicembre 2012
“Slogan vecchi sulla scuola”
░ Nei propositi dello Agenda Monti, il Professore parla come se le cose non fossero peggiorate durante il suo governo (di Paolo Valente).
È un’agenda piccola piccola, quella del professor Mario monti, nella parte in cui si occupa di Scuola, Università, Ricerca: poche parole che liquidano i gravi problemi su temi così centrali per il futuro del Paese, con richiami generici a merito e valutazione, e ancor più generiche promesse d’investimenti «anche mediante agevolazioni fiscali». Abbandono scolastico e basso numero di laureati - su cui l’Agenda Monti si concentra - sono problemi reali, ma sono sintomi di uno stato di malattia molto più generale della «conoscenza» nel nostro Paese. È un fenomeno che ha radici innanzitutto nel massiccio disinvestimento di risorse, ma che è motivato anche dal grave stato di abbandono della scuola pubblica e nell’incapacità di restituire normalità, prima ancora che un rilancio, a università e ricerca, martoriate da riforme continue e contraddittorie. Non si spiega, allora, come possa migliorare la qualità dell’offerta formativa della nostra scuola, nell’impossibilità di motivare insegnanti senza prospettive di carriera né riconoscimento, anche sociale, del loro ruolo; o a cosa possa portare una valutazione senza premialità da una parte, e senza adeguato aggiornamento dall’altra. O come pensi, un eventuale futuro governo Monti, di migliorare la performance in termini di qualità e numero dei laureati, senza intervenire sul dissesto degli atenei, con professori in diminuzione costante e senza ricambio, vittime di una valutazione cervellotica (criticata, non a caso, in tutto il mondo) che non distribuisce risorse ai migliori. Né dice, l’Agenda, come i giovani ricercatori precarizzati e sotto-impiegati possano competere efficacemente per i bandi europei, o quali azioni intende mettere in campo per far rimanere in Italia quelli che, nonostante le condizioni di partenza, riescano ad attrarre fondi. Quello che si capisce bene, invece, è che per ricerca e innovazione s’intende, ancora una volta, in modo molto riduttivo, la ricerca applicata ai processi industriali o - peggio - la distribuzione di incentivi e risorse a pioggia alle imprese, piuttosto che un rilancio di un sistema realmente integrato che veda protagonisti gli enti pubblici e privati di ricerca, la ricerca condotta negli atenei e il mondo delle imprese innovative. Per fare questo, infatti, occorre incentivare tutto il «motore» dello sviluppo che dalla ricerca di base trasmette conoscenza alla ricerca applicata e fa girare gli ingranaggi dell’innovazione fino al mondo produttivo. Ma ancora più significativo è quello che nel documento programmatico di Monti non c’è scritto affatto: non c’è traccia della drammatica crisi finanziaria delle università pubbliche, dovuta ai tagli lineari di Tremonti-Monti-Grilli; non un accenno alle decine di migliaia di insegnanti precari da una parte e di classi «pollaio» dall’altra, con le scuole italiane che si reggono in piedi letteralmente per scommessa e con i contributi dei genitori per l’acquisto degli strumenti essenziali; non una parola sul sistema della ricerca pubblica umiliato da anni di declino dei fondi e della mancata attenzione di governo e Parlamento, dove le isole di eccellenza lottano per la sopravvivenza e gli altri per la dignità di una scienza oramai priva di mezzi. Un’agenda, dunque, che nella parte che riguarda scuola, università e ricerca, nella migliore delle ipotesi è quella che avrebbe potuto stilare il professor Monti nel novembre 2011: il documento sembra, infatti, ignorare i drastici provvedimenti «salva Italia» e di revisione della spesa nonché il cinico consolidamento della disarticolazione del sistema dell’istruzione pubblica perseguito anche da questo governo. Investire nella scuola e nell’università significa investire sul futuro dei nostri figli, ma per farlo occorre molto di più che generici richiami alla «valorizzazione» e al merito: occorrono risorse, restituendo ossigeno a un sistema oramai strangolato dai tagli; occorre invertire la tendenza, consolidata negli anni, di cercare di migliorare la performance di un sistema stremato da continue riforme e impoverito della sua risorsa migliore, ovvero i giovani.


 

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