Rassegna stampa

Recensioni dalla Stampa al 28 settembre 2012

www.governarelascuola.it – 22 settembre 2012
“Buona e cattiva digitalizzazione”
░ Riportiamo le considerazioni di Pietro Perziani, il direttore del periodico digitale “Governare la scuola”.
… Il 18 settembre al MIUR è stato firmato un “accordo operativo” tra il Ministro Profumo e 11 regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Marche, Piemonte, Umbria). Gli accordi prevedono un cofinanziamento tra MIUR e singola Regione per la realizzazione di una pluralità di iniziative, a seconda delle diverse esigenze, quali le LIM, le Cl@2.0 o le Scuole@2.0 in Toscana, ad esempio, sono stati stanziati due milioni e mezzo di euro. I fondi serviranno sia per l'acquisto degli strumenti informatici che per la formazione del personale. Un plauso alle 11 regioni; domanda: e le altre ? Questa è “buona digitalizzazione”, tutto il contrario di quello che è stato chiamato il registro digitale, classico esempio dell’effetto annuncio. Fermo quanto finora detto sulla mancanza di risorse, la ristrettezza dei tempi, le difficoltà di realizzazione, la domanda vera è: come garantire la sicurezza e la privacy, nella compilazione da parte dei docenti e nell’accesso da parte dei genitori ? Molto più semplicemente: a cosa serve? Non sarebbe più pratico informare le famiglie in modo regolare, magari via e-mail? Il gioco vale la candela ?

www.orizzontescuola.it – 23 settembre 2012
“Se questo concorso s’ha da fare… Almeno siano ben fatte !”
░ Riportiamo alcuni passaggi di un lungo articolo del prestigioso pedagogista Maurizio Tiriticco.
… Non si comprende perché e come possano essere proposti quesiti di questo tipo, in considerazione del fatto che i concorrenti da “testare” sono soggetti laureati i quali, dopo anni e anni di studio e di elaborazione intellettuale, non possono non possedere abilità logiche. Dubitarne è folle! Il Miur che ha la governance della scuola e dell’università dubita dei loro prodotti? A meno che non vengano proposti i “giochini” della Settimana enigmistica o quelli che ritroviamo in centinaia di pubblicazioni dedicate. In effetti, le librerie sono piene di manualetti finalizzati a misurare le proprie capacità intellettive, in cui si propongono quesiti a volte cervellotici, “indovinelli”, cerchietti e triangolini, disegnini vari, tutti stralciati dai test che in genere si adottano per misurare il Qi, sempre ammesso che sia possibile misurare l’intelligenza, se è poi vero che non ne esiste una sola. Sono “giochini” che, com’è noto, creano sempre mille difficoltà anche a un severo e preparatissimo professionista. Io non ne azzecco mai uno, quindi… se mi presentassi alla prima prova preselettiva, sarei rigorosamente bocciato!
… Non si comprende come e perché un laureato non debba essere in grado di comprendere un testo…. Se poi si tratterà di un testo letterario (siamo sempre malati di petrarchismo), ci sarà da ridere se qualcuno penserà che una sua lettura sia riconducibile a una interpretazione univoca e oggettiva! Basta un Papè Satan per bocciare tutti i candidati insegnanti!
Come sarà possibile verificare se un soggetto è in grado di utilizzare con successo un PC, o meglio di possedere una sufficiente competenza informatica (competenza, cioè saper fare) – come sto facendo io in questo momento, scrivendo, anche se con criteri molto elementari – solo se è in grado di rispondere a 10 quesiti? E se non so chi sono Papert o Turing o Von Neumann, cosa sono l’algebra di Boole o l’Eniac o l’Ai o una Cpu, qualcuno può dire che la mia competenza informatica di primo livello, quella che si deve richiedere ad ogni insegnante oggi, non esiste?
… C’è poi la questione tempo: è sufficiente un minuto a quesito per rispondere? Se i quesiti puntano solo sulla memoria di dati e informazioni, la risposta è sì. Ma se i quesiti implicano un minimo di ragionamento (quesiti di logica) e di interrogazione del testo (la sua comprensione), un minuto a quesito è insufficiente… A meno che la scelta complessiva effettuata dal Miur sia proprio quella di sparare nel mucchio – come si suol dire – e “privilegiare” i soggetti che potremmo definire più intuitivi e “far fuori” quelli più analitici. La prova scritta consiste in una prova semistrutturata con griglia nazionale di valutazione…. Com’è noto al docimologo, in caso di risposte aperte, è opportuno predisporre per ciascun quesito la cosiddetta “risposta criterio”, cioè una sorta di facsimile della risposta attesa onde evitare disparità di trattamento misurativo. Il che è possibile nel caso di quesiti semplici, ma nel caso di quesiti complessi, aperti poi a incursioni anche pluridisciplinari, formulare una “risposta criterio” si presenterà estremamente difficoltoso. D’altra parte, il non formularla darà adito a verifiche inficiate di un alto tasso di soggettività! Già prevedo che due correttori si esprimeranno diversamente di fronte alla stessa prova! E allora? Dove andrà a finire l’oggettività di una prova semistrutturata? La prova orale… Mi chiedo: che cosa significa lezione simulata? … E’ bene che chi apprende sappia che nel corso della vita si troverà spesso di fronte a “informazioni discendenti” (relazioni, conferenze, discorsi, dissertazioni, arringhe, comizi, allocuzioni, ecc), che occorre seguire, comprendere, coglierne i concetti fondanti e via dicendo. Ma la lezione non deve assolutamente costituire l’unica forma di rapporto linguistico/comunicativo con gli alunni. Da anni si insiste, ad esempio, sulla attività laboratoriale e su mille altre forme di coinvolgimento degli alunni che non sto qui a ricordare. Il secondo errore concettuale è quello di simulazione: se c’è qualcosa di estraneo ad una corretta e produttiva interazione, e non solo tra i docenti e gli alunni… è proprio quello della simulazione! A meno che non si parli dei giochi di simulazione che sono un’altra cosa rispetto alla simulazione tout court. Per non dire poi che non c’è nulla di più falso che simulare – o fingere – di svolgere una lezione che riguarderebbe alunni in età evolutiva di fronte ad adulti che non devono apprendere e comprendere, ma giudicare! Insomma la lezione simulata contribuirà a sollecitare nei concorrenti conoscenze, atteggiamenti e comportamenti che sono proprio quelli che non dovranno mai assumere con i loro alunni! A meno che non si voglia persistere ad oltranza con la scuola verbosa e nozionistica che da almeno mezzo secolo stiamo combattendo! Altro passaggio infelice è quello relativo alle “competenze di trasmissione delle discipline di insegnamento”. Una disciplina non si trasmette! Non è un telegiornale! Non è un insieme di informazioni che vengono “trasmesse” senza poi verificare se sono state “ricevute” o meno! La stessa teoria della comunicazione rifiuta ormai questo modello…. Di fatto il nostro Miur propone ai suoi insegnanti la didattica delle prove oggettive e della lezione !

Latecnicadellascuola.it – 23 settembre 2012
“Nuove regole per le convenzioni di cassa”
░ Le scuole dovranno seguire regole precise e minuziose per individuare l'Istituto Cassiere a cui affidare l'incarico. (Di Reginaldo Palermo).
Con una nota del 20 settembre il Miur fornisce alle istituzioni scolastiche norme analitiche e dettagliate sullo schema delle convenzioni di cassa che le scuole stesse dovranno quanto prima sottoscrivere per adeguarsi alle norme contenute nella legge 135 del 2012. La nota (quasi 50 pagine) contiene diversi allegati: uno schema di convenzione, un capitolato tecnico, lo schema di offerta economica e, per finire, persino una precisa tabella per le modalità del calcolo del punteggio spettante a ciascuna offerta…. Intanto bisogna ricordare che a metà novembre le scuole dovranno trasferire alla Tesoreria Unica tutti i fondi disponibili sul proprio conto corrente bancario sul quale rimarranno davvero pochi spiccioli. Senza dimenticare che a partire dal prossimo gennaio alle scuole non verranno più assegnate le risorse per le retribuzioni dei supplenti che verranno gestite direttamente dai Servizi del Tesoro….

www.lastampa.it – 24 settembre 2012
“Prof italiani nel mirino “Pubblicazioni inutili”
░ L’accusa è che scrivano su riviste di scarsa qualità; lo fanno per acquisire il punteggio utile a fare carriera negli atenei.
Secondo voi «Yacht Capital» è una rivista di un certo peso nel mondo della ricerca scientifica internazionale? E «Etruria Oggi?» E «Suinicoltura»? La risposta è fin troppo ovvia ma l’università italiana - già non troppo quotata nel mondo - è oggetto di scherno sul web da quando il sito Roars ha dato uno sguardo un po’ approfondito alla lista delle riviste scientifiche sulle quali i docenti pubblicano i loro lavori per i settori non bibliometrici, vale a dire scienze umane e sociali, pubblicata dall’Anvur, l’Agenzia prevista dalla riforma Gelmini dell’università per mettere a punto il sistema di valutazione del mondo universitario e della ricerca. … Andrea Graziosi, uno degli «Alti esperti di valutazione» dell’Anvur, ha provato a difendere sul sito Roars il lavoro suo e degli altri che hanno compilato l’elenco: «Facile fare dell’ironia, ma c’è da piangere. Quel che vedete è quanto è stato immesso per anni da tantissimi professori e ricercatori italiani delle scienze umane e sociali nelle banche dati del Cineca, anzi la sua parte migliore (per questo c’è da piangere ancora di più). Almeno per l’area 11, quella di cui rispondo, le Società e il Gruppo di Lavoro hanno infatti ripulito le liste, e credo che abbiano tagliato quasi il 50% delle “riviste” su cui dicono di aver pubblicato. Aggiungo che sulla base di queste pubblicazioni molte università hanno distribuito i soldi ai dipartimenti per anni». Forse anche su questo sarebbe utile un approfondimento.

www.latecnicadellascuola.it – 24 settembre 2012
“I rischi etici che potrebbero arrivare dall'espletamento del concorso a cattedra”
░ La prova di selezione sarà somministrata a professionisti che operano da diversi anni come docenti. E se venissero bocciati? (di Lucio Ficara).
… In questi giorni ci sono state diverse manifestazioni contro il bando di questo concorso…. Oltre al dibattere sull’opportunità o meno di bandire questo concorso, bisognerebbe fare una seria analisi sui forti rischi etici che potrebbero determinarsi con l’espletamento del concorso a cattedra. Si potrebbe verificare, anzi si verificherà certamente, che qualche docente, che insegna da molti anni nella scuola pubblica, risponda male a diverse domande di area logico-deduttiva, e che quindi risulti escluso dal concorso. Ma questo comporterebbe non soltanto l’esclusione da un concorso, ma la certificazione che mandiamo ad insegnare nelle classi dei nostri figli, persone che non posseggono abilità logico-deduttive. Il rischio etico a cui facciamo riferimento è quello che l’amministrazione ha utilizzato in modo reiterato negli anni personale a tempo determinato che oggi scopriamo non possedere facoltà logico-deduttive, procurando danni irreparabili. Secondo voi è etico da parte di un’Amministrazione seria, scoprire, dopo lustri di carriera come docente, che un professore non ha abilità logico-deduttive? Noi francamente pensiamo di no. Siamo convinti che questo tipo di concorso possa andare bene per chi non ha avuto esperienze didattiche e quindi deve essere valutato per comprendere se possiede oppure no certe abilità.
Non è etico invece misurare le abilità logico deduttive di persone che hanno un’esperienza lavorativa consolidata ed una carriera ben avviata.

Retescuole – 26 settembre 2012
“Caro Profumo, il concorso è pubblico o riservato?”
░ Riportiamo l’articolato, fondamentale, quesito posto da Pino Patroncini
Chi sa di scuola e di pubblico impiego sa che esistono concorsi pubblici e concorsi riservati. Normalmente quelli pubblici, come prescrive l’articolo 97 della Costituzione, che ne fa una questione di oggettività e di eguaglianza dei cittadini nell’accesso agli incarichi pubblici, sono aperti a tutti, cioè a chiunque voglia parteciparvi, posto, naturalmente, che abbia i requisiti legali (titolo di studio appropriato, fedina penale pulita , rispetto dei limiti minimi e massimi di età, cittadinanza una volta italiana oggi europea ecc.). I concorsi riservati sono normalmente riservati a personale che appartiene già alla medesima amministrazione e voglia o passare da una qualifica ad un’altra o, essendo precario, passare a tempo indeterminato…. Il concorso che viene bandito oggi dovrebbe essere pubblico, ma in realtà non lo è. Non lo è, non tanto perché dovrebbe essere riservato ai soli abilitati: la legge è cambiata nel 1998 ed ha aggiunto un requisito in più, cosa spiacevole per molti, ma fino a qui legale, dal momento che da allora in poi il percorso universitario avrebbe dovuto chiudersi, per chi intendesse dedicarsi all’insegnamento, con un’appendice abilitante. La cosa tuttavia è stata bloccata alcuni anni fa per la scuola secondaria, e non per la primaria e la scuola dell’infanzia, come se niente fosse, senza rendersi conto dei disguidi che si creavano nonché delle disparità di trattamento tra i due gradi di scuola. Risultato: sono esclusi tutti coloro che si sono laureati senza poter partecipare da alcuni anni a questa parte a questa appendice abilitante che non c’era più, mentre sono inclusi tutti coloro che, pur non essendo abilitati, si erano laureati prima della legge (cioè fino al 1998) o che erano già in corso di laurea (cioè fino al 2002 se il corso era quadriennale o al 2003 se era quinquennale), ivi compresi per la scuola elementare e materna i diplomati iscritti all’istituto magistrale fin dall’anno scolastico 1997-98 (compresi eventuali ripetenti terminanti oltre il 2002). Già questo la dice lunga sulla correttezza della dizione “concorso pubblico”, oltre che sulla caratterizzazione giovanile di questo concorso che vedrà tra un paio d’anni (tanto ci vorrà svolgerlo) entrare in ruolo “giovani” laureati al minimo trentasettenni, sempre che riescano a “soffiare” spietatamente il posto ai loro colleghi ultraquarantenni ancora precari, alla faccia del preteso ringiovanimento della categoria, oltre che della solidarietà sociale. Ma, a parte ciò, il concorso non è pubblico innanzi tutto perché il bando – si badi bene, il bando, non una legge o un decreto delegato – prevede che non possano parteciparvi coloro che occupano già un posto a tempo indeterminato nella scuola statale. Cioè non può parteciparvi un bidello o un lavoratore delle segreterie scolastiche che si sia laureato per tempo ma che finora non abbia avuto la fortuna di entrare nell’insegnamento, può invece parteciparvi qualsiasi altro lavoratore pubblico e privato. Non può parteciparvi un maestro elementare che, poniamo laureato in lettere o matematica, voglia tentare di entrare nella scuola secondaria. Non può parteciparvi un insegnante di lettere di un istituto tecnico o professionale che voglia andare insegnare lettere con latino in un liceo. Naturalmente invece può parteciparvi un insegnante a tempo indeterminato della scuola privata. … - diciamola giusta - per “evitare gente più vecchia “ si mettono “pezze” che sono peggiori del buco. Talmente peggiori che questa da sola, portata davanti ai TAR, è in grado di produrre il blocco del concorso stesso. E poi ci sono le altre misure contraddittorie che potremmo definire minori. Il bando continua a parlare di una prova pre-selettiva. Ora, se non mi ingannano la logica e la linguistica (ah, lo strutturalismo!) , il prefisso “pre” vuol dire prima. Prima di che ? Prima del concorso. E quindi è una prova extra - concorso, tesi avvalorata dal fatto che il concorso prevede di norma due prove, una scritta e una orale. Allora al concorso non parteciperanno tutti ma coloro che avranno superato una pre-selezione e quindi non tutti coloro che hanno titolo per legge a parteciparvi, ma coloro che hanno titolo a parteciparvi ad libitum dell’amministrazione, che stabilirà pre-selezioni più o meno difficili a seconda delle bisogna, anche se in base a un criterio oggettivo quanto si vuole. Si aggiunga che la legge a cui si ispira il concorso (decreto legislativo 460/1998)prevedeva che potessero partecipare al concorso, in caso di numeri di ammissione inferiori al triplo dei posti messi a concorso ( e qui – tanto per complicarci ulteriormente la vita- sarebbe interessante capire se prima o dopo la pre-selezione), anche i laureati successivi al 2002-2003. Ma chi ha scritto il bando questa clausola scritta nella legge l’ha dimenticata nella penna, pur sapendo che nelle recenti preselezioni dei TFA la spietata legge della selezione ha creato più di un caso in tal senso, costringendo l’amministrazione a cancellare intere serie di quesiti per salvare la situazione. Ecco dunque altri potenziali esclusi che potrebbero legge alla mano rivendicare l’inclusione almeno potenziale. Un’altra disparità di trattamento: come si è già detto, per i diplomati dell’istituto magistrale è previsto che l’anno di riferimento per l’accesso non sia solo quello finale 2002-03 ma anche quello iniziale 1997-98, in altre parole salvaguardando gli eventuali ripetenti nel percorso scolastico, ma la stessa cosa non è prevista per i fuori corso dell’università iscritti nel 1997-98. E’ una disparità prevista nella legge del 1998 e stavolta non è colpa di chi ha steso il bando, ma è pur sempre una disparità che potrebbe persino comportare l’incostituzionalità del D.Lvo 460/98. Infine l’ultima esclusione contenuta nella legge stessa: tra i non abilitati non tutti coloro che supereranno il concorso, cioè l’esame, saranno abilitati, ma solo coloro che vinceranno cattedra e saranno assunti. E’ una cosa ridicola che il titolo professionale non dipenda dalla prova d’esame e neppure, badate, dal superamento del periodo di prova, ma dalla casualità, tutt’altro che improbabile, della assunzione. Tutt’altro che improbabile perché, per fare un esempio, con 6 posti di matematica e scienze messi a concorso in Liguria e 68 in Sicilia è pressochè sicuro che un risultato più alto non darà luogo ad abilitazione a Genova mentre uno più basso lo darà a Palermo. Ed anche questo mi pare assai poco costituzionale. Sono sicuro che queste obiezioni sono state più volte sollevate ed anche da più parti. Ma ho l’impressione che nei corridoi del Ministero ed anche in quelle del Parlamento, visto che un Decreto legislativo supera controlli parlamentari, si siano fatte le spallucce di fronte a queste obiezioni. Allora però non lamentiamoci se l’amministrazione di questo paese la debbono fare i Giudici e non i Ministri e i Parlamentari!

www.larepubblica.it – 26 settembre 2012
“Straniero un alunno su dieci “Per loro pochissime iniziative e i docenti li sceglie la Curia”
░ Gli studenti non cristiani triplicati dal 2001. E le confessioni reclamano nuovi programmi
Cattolici, ortodossi, protestanti e giovani musulmani. La scuola italiana è “politeista”. Tra i banchi si moltiplicano le nazionalità e le religioni professate. Tutta colpa dei “nuovi italiani”: quell’esercito di 755.939 figli di immigrati che frequentano regolarmente gli istituti scolastici del nostro Paese. Per questo le altre confessioni chiedono che dall’ora di religione si passi all’ora di storia delle religioni.
La scuola multietnica è fotografata dai numeri: su poco meno di otto milioni di studenti, nell’anno scolastico 2011/2012 sono 755.939 gli alunni con cittadinanza non italiana (quest’anno dovrebbero sfiorare il tetto degli 800mila). Di questi, il 44,2 per cento è nato in Italia (334.284). Una crescita costante: basta pensare che dieci anni fa gli studenti d’origine straniera si fermavano a quota 196mila.
Da dove vengono? In testa i romeni (126mila), seguiti da albanesi, marocchini, cinesi e moldavi. Di che religione sono? Più difficile saperlo. Stando ai dati del dossier Caritas-Migrantes, tra i quasi cinque milioni di immigrati residenti in Italia, il 53,9 per cento è cristiano (in gran parte ortodosso), il 32,9% è musulmano, il 2,6% induista, l’1,9% buddista, lo 0,1% ebreo, il 4,3% ateo. Una proporzione che stando
al dossier può reggere anche tra i banchi di scuola… Di fronte a una scuola multiconfessionale, l’ora di religione “parla” ancora solo cattolico… E i musulmani che cosa dicono? «L’ora di religione è figlia del Concordato — risponde Izzeddin Elzir, presidente dell’Ucoii (Unione comunità islamiche d’Italia) — noi chiediamo che accanto a questo diritto acquisito si faccia un’ora di dialogo interreligioso, per far conoscere ai nostri bambini le culture, non solo religiose, di tutti quanti. Perché la diversità è una ricchezza che non andrebbe cancellata».

Corriere della sera – 27 settembre 2012
“Religione, Profumo si corregge «Non voglio cambiare le norme»”
░ Assicura: «non penso certo a cambiare norme o patti, tantomeno a fine legislatura, quando rifletto ad alta voce» su come l'Italia e dunque la scuola italiana possa fare i conti con la mutata realtà.
Non se lo aspettava tanto clamore, il ministro Profumo, per le sue dichiarazioni sull'opportunità di rivedere i programmi di religione. La polemica, partita in sordina venerdì, è scoppiata ieri dopo reiterate dichiarazioni sul tema da parte del ministro. E ieri, in una lettera inviata al filosofo cattolico Giovanni Reale pubblicata da Il Messaggero, il titolare di Viale Trastevere smorza i toni parlando di «valutazioni personali», «interpretazioni fantasiose», «cortocircuiti della cronaca più spicciola». Ma soprattutto assicura: «non penso certo a cambiare norme o patti, tantomeno a fine legislatura, quando rifletto ad alta voce» su come l'Italia e dunque la scuola italiana possa fare i conti con la mutata realtà. Parole che dovrebbero rassicurare, soprattutto le alte sfere ecclesiastiche. L'Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ieri in un articolo, eloquentemente titolato «Il ministro sbaglia tema», parla di «nuovo fuoco sorprendentemente aperto contro l'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, cioè statale e paritaria». E rimprovera a Profumo — già al centro di un editoriale per la faccenda del concorso a cattedra — una «sorprendente poca dimestichezza "tecnica" con il tema». Polemico anche Giuseppe Fioroni, esponente del Pd e cattolico convinto. «Se per evitare di confrontarsi con i danni fatti finora alla scuola italiana dai tagli si butta sempre la palla in tribuna non si risolve nulla» ha ammonito l'ex ministro dell'Istruzione, rivolgendo un invito al suo successore: «Anziché cambiare l'ora di religione, che è materia concordataria, il ministro Profumo deve dare le risorse necessarie a far funzionare l'ora alternativa, che già esiste ma che gli istituti non riescono a rendere operativa». Decisa stroncatura nelle file del Pdl. «Si legga il concordato» suggerisce il senatore Franco Asciutti, capogruppo pdl della commissione Istruzione del Senato, mentre promette barricate Alessandro Bertoldi, presidente nazionale studenti Pdl-Vis studentesca. Nella lettera a Reale, Profumo chiarisce tuttavia il suo pensiero. Racconta di aver incontrato, visitando tante scuole in tutta Italia, un'Italia multietnica e multiculturale. «Il nostro Paese è al centro di un Mediterraneo in tumultuosa evoluzione politica e spirituale, da sempre crocevia di fedi e popoli, che da qualche tempo cerca un diverso equilibrio tra di esse e tra di essi. Sono dinamiche — scrive il ministro — che ci toccano da vicino, mi sono detto guardando le nuove classi della scuola italiana, dove questo essere crocevia è divenuto infine realtà. Conoscere questo nuovo mondo, e cercare di capirne i processi di trasformazione mi sembra essenziale per i nuovi italiani tanto quanto saper far di conto, saper scrivere nella nostra bellissima lingua, conoscerne una straniera e avere una cultura civica e costituzionale pronta per la cittadinanza». E questa esigenza — conclude — «non ha nulla a che fare né con un relativismo culturale in spregio alle nostre radici né con la riproposizione di un multiculturalismo così ideologico da essere stato accantonato anche nella civilissima Gran Bretagna dove fu per la prima volta introdotto».

 

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