www.lastampa.it -22 dicembre 2014
“On line le linee guida per i bambini adottati”
░ Pubblicate sul sito MIUR, spiegano che il primo passo è l’iscrizione al portale www.iscrizioni.istruzione.it, attraverso il quale si può successivamente compilare e inoltrare la domanda alla scuola prescelta.
Sono arrivate le linee guida per l’iscrizione a scuola dei bambini e dei ragazzi adottati;…. vale sia per le scuole statali che per quelle paritarie che abbiano aderito alla procedura informatizzata. … La presentazione della domanda online è consentita anche in mancanza del codice fiscale del bambino o del ragazzo (nel caso di adozioni internazionali il minore potrebbe non averlo ancora al momento dell’iscrizione). Inoltre, dato che non può essere possibile prevedere il momento di arrivo dei bambini nei nuclei familiari adottivi, è comunque consentito alle famiglie di iscrivere il minore in qualsiasi momento dell’anno, anche dopo la chiusura delle procedure online, presentando la domanda di iscrizione direttamente alla scuola presecelta. Per quanto riguarda invece i tempi d’inserimento, saranno decisi dal dirigente scolastico, sentito il team dei docenti, in accordo con la famiglia e con i servizi pubblici e/o privati che la sostengono nel percorso adottivo. Al fine di facilitare la costruzione di legami affettivi con le nuove figure genitoriali sarà inoltre possibile, in casi particolari, procrastinare l’inizio del percorso scolastico di alcuni mesi. Per gli alunni arrivati in Italia da poco tempo può essere utile l’affiancamento di un “compagno tutor” e, se possibile, di un “facilitatore linguistico”. È auspicabile che ogni scuola individui un insegnante referente (formato sulle tematiche adottive) che dia una mano alle famiglie nella fase di inserimento del bambino o del ragazzo ma anche durante il percorso scolastico. … L’individuazione di un insegnante all’interno del consiglio di classe che possa essere un interlocutore privilegiato per il ragazzo e i suoi genitori può essere utile, ad esempio, nel mettere in campo in maniera tempestiva interventi ad hoc (potenziamento linguistico, percorsi personalizzati, ecc.) se emergono difficoltà di apprendimento all’inizio di un nuovo ciclo scolastico oppure a prestare particolare attenzione al clima di relazione in classe attraverso attività che stimolino gli studenti all’accoglienza, alla valorizzazione delle diversità e all’inclusione. …
www.orizzontescuola.it -23 dicembre 2014
“Legge stabilità. Novità pensioni: attenuate penalizzazioni pensione anticipata e limiti importi trattamenti”
░ Di Anselmo Penna.
Tra le novità che riguardano la Legge di Stabilità varata ieri definitivamente dal Parlamento, ci sono due commi che affrontano questioni pensionistiche. Il primo comma è il 113 che riguarda i soggetti che maturano il diritto a pensione entro il 31.12.2017, pur non possedendo 62 anni di età anagrafica, non si applicano le penalizzazioni previste dalla Legge Fornero (1% per ciascuno dei due primi anni + 2% per ciascun anno successivo ai primi due) per l’accesso alla pensione anticipata. Con effetto sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1º gennaio 2015, il secondo periodo del comma 2-quater dell’articolo 6 del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Le disposizioni di cui all’articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017. Il secondo comma è il 707, seguito dal 708, nei quali viene posto un limite agli importi dei trattamenti pensionistici, che riguarda anche le pensioni già liquidate, prevedendo che tali trattamenti non potranno eccedere l’importo che sarebbe stato liquidato con le norme precedenti l’entrata in vigore della Legge Fornero. 707. All’articolo 24, comma 2, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, l’importo complessivo del trattamento pensionistico non può eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di calcolo vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto computando, ai fini della determinazione della misura del trattamento, l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa.». 708. Il limite di cui al comma 707 si applica ai trattamenti pensionistici, ivi compresi quelli già liquidati alla data di entrata in vigore della presente legge, con effetto a decorrere dalla medesima data. Resta in ogni caso fermo il termine di ventiquattro mesi di cui al primo periodo del comma 2 dell’articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per i lavoratori che accedono al pensionamento a età inferiore a quella corrispondente ai limiti di età, con esclusione delle cause di cessazione di cui al comma 5 del medesimo articolo 3.
www.latecnicadellascuola.it -23 dicembre 2014
“Piano assunzioni: crescono le perplessità”
░ Saranno davvero 150mila? Chi rientrerà nel piano, tutti i docenti delle GAE o anche quelli che hanno maturato 3 anni di servizio? Intanto il Miur non ha neppure dato avvio al censimento. Di Reginaldo Palermo.
Mano a mano che il tempo passa aumentano i dubbi sulla effettiva possibilità che il piano di assunzioni previsto dal progetto "Buona Scuola" si realizzi già a settembre 2015. I problemi da risolvere sono infatti molteplici. Il primo nodo da sciogliere riguarda l'effettiva consistenza degli "aventi diritto": secondo tecnici ed esperti del Miur che abbiamo consultato un censimento completo delle diverse graduatorie richiederebbe non meno di 3 mesi e - a quanto è dato sapere - al Ministero per il momento non si sta affatto lavorando a questo. Poi c'è un altro problema. Semplificando molto, diciamo che il Governo ha di fronte due strade: assumere tutti i docenti presenti nelle GAE oppure assumere i precari che hanno comunque 3 anni di servizio effettivo. Nel primo caso si ottiene certamente il risultato di svuotare le graduatorie ma si rischia di assumere persone che non hanno mai lavorato o che sono presenti in graduatorie di classi di concorso di fatto inesistenti (il caso classico è quello di stenodattilo). Al tempo stesso si darebbe il via alle proteste e ai ricorsi dei docenti delle graduatorie di istituto che invece hanno maturato tre anni di servizio e magari anche molti di più. Se invece il Governo decidesse di assumere i precari con 3 anni di servizio, un buon numero di docenti delle GAE non potrebbero entrare in ruolo, con il risultato che il programma previsto dalla "Buona Scuola" ne uscirebbe ridimensionato. Senza contare che le operazioni necessarie per immettere in ruolo 150mila persone richiedono tempi lunghi. Ad ogni modo a gennaio il Governo dovrà scoprire tutte le carte che ha in mano e chiarire, con un decreto o con altro provvedimento adeguato, in che modo intende affrontare la questione.
www.repubblica.it -23 dicembre 2014
“Buona scuola, “scatti di merito” per i prof non convincono. E il ministero studia l’alternativa”
░ Di Salvo Intravaia.
Il mondo della scuola ha recentemente bocciato gli “scatti di merito” proposti dal premier, Matteo Renzi… La maggioranza degli interpellati – il 46 per cento – vede con favore un sistema misto, in cui gli aumenti di stipendio di maestri e professori vengano determinati sia dall’anzianità di servizio sia dal merito conquistato sul campo…. Alla luce di questo risultato al ministero si sta lavorando per mettere in piedi un nuovo modello di retribuzione che prenda in considerazione le critiche avanzate dai cittadini. Il merito, comunque, entrerà a far parte della futura vita professionale dei docenti della scuola italiana, con tutta probabilità a partire dal primo settembre 2015. Non si sa ancora come. Le ipotesi al vaglio sono sostanzialmente tre. … Stabilire un nuovo sistema per determinare gli aumenti retributivi per metà legato al merito e per l’altra metà legata all’anzianità è senz’altro salomonica. Ma non sembra la più gettonata dal gruppo che si sta occupando della vicenda. Perché, secondo quanto riferito dalla Giannini, l’81 per cento degli interpellati – tra favorevoli al merito tout court e favorevoli al sistema misto – vuole che i docenti più bravi vengano pagati di più dei fannulloni. E il governo vuole cogliere la palla al balzo per fare entrare, una volta per tutte, il merito tra i parametri da prendere in considerazione per pagare gli insegnanti. Le altre due ipotesi percorrono strade diverse. Si potrebbe lasciare l’attuale sistema incentrato sull’anzianità per i docenti in servizio e attivare il sistema degli scatti di merito per i soli nuovi assunti. Ma questo modello ha il difetto di prevedere risorse aggiuntive che al momento mancano. Oppure si potrebbe optare per un sistema misto con aumenti stipendiali sulla base dell’anzianità per coloro che sono vicini alla pensione e un sistema misto – merito più anzianità – per tutti gli altri, perché alcuni docenti già di ruolo potrebbero essere interessati al merito. Come declinare il tutto? Una cosa è certa: per avviare la rivoluzione del merito in cattedra non c’è, un solo euro in più rispetto a quanto previsto per i vecchi scatti automatici: da 250 a 300 milioni di euro….
ItaliaOggi -23 dicembre 2014
“Merito, cercasi nuova ricetta”
░ Dentro il PD riparte (per fortuna) la riflessione su “La buona scuola” e si prospetta il mantenimento degli scatti stipendiali per anzianità. Intervista di Alessandra Ricciardi a Francesca Puglisi, senatrice, responsabile scuola del Pd.
D.. È stato il Pd ad annunciare che saranno rivisti gli scatti di merito…
R. La consultazione sulla Buona scuola conferma che va riconosciuto il merito dei docenti. Questo va coniugato però con l'anzianità di servizio. Del resto, in tutti i paesi europei l'esperienza è un valore, il problema è che in Italia ad oggi è l'unico elemento di progressione. … Cambieremo il sistema di avanzamento stipendiale con un mix tra anzianità e merito, che potrà essere diversamente declinato, perché nella scuola c'è chi lavora bene in classe, aiuta i ragazzi nel loro percorso di crescita, e va premiato, e chi svolge per esempio il ruolo di cooordinatore dei docenti, e anche questo maggiore impegno va premiato. Insomma, va dato valore al diverso impegno offerto dagli insegnanti nella scuola riconoscendone le differenti professionalità….
D.La nuova impostazione sugli stipendi sarà decisa per legge o contratto?
R. Non siamo ancora a questo dettaglio, la fase di ascolto ed elaborazione non è finita.
D. Dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, le 148 mila assunzioni della Buona scuola saranno fatte solo dalle graduatorie a esaurimento? Qual è la posizione del partito ?
R. La sentenza della Corte europea di condanna è arrivata e dice che dobbiamo assumere coloro che hanno lavorato su posti vacanti e disponibili per più di tre anni, e sono solo 13 mila i docenti che sarebbero interessati. La priorità, alla luce della sentenza, è che nel piano di assunzione loro ci siano. L'obiettivo finale resta inalterato, un grande piano di stabilizzazione del precariato che assicuri alla scuola un organico funzionale, che supera la differenza dannosa tra fatto e diritto, e che rende pienamente attuativa quella grande riforma del centrosinitra che è l'autonomia scolastica.
D. Il provvedimento attuativo sulla scuola slitta a febbraio?
R. Credo proprio di sì.
www.corrieredellasera.it -24 dicembre 2014
“Istat, un anno buio: cala il lavoro,si fugge dall’Università”
░ L’Annuario 2013: residenti in calo (60.8milioni). Solo il 12% si laurea. L’Italia secondo Paese più vecchio d’Europa.
Un Paese sempre più vecchio e meno attento all’istruzione, con i giovani in fuga dall’università e studenti in calo. Nella fotografia scattata dall’Istat nell’Annuario Statistico 2014 si legge che poco più della metà dei giovani che prendono il diploma si iscrivono all’università: nell’anno accademico 2012-2013, il 55,7%. Erano 72,6 gli immatricolati su 100 diplomati nell’anno 2003-2004, il picco più alto, che ha coinciso con con gli anni di avvio della riforma. I valori più alti per i residenti nelle regioni del Nord-ovest e in quelle del Centro (entrambe 60,2). Tre su dieci le persone che hanno un diploma di scuola secondaria superiore (29,2%), in leggera, costante crescita, dice l’Istat, mentre sono solo il 12,3% quelli che hanno conseguito un titolo di studio universitario. Per quanto riguarda la popolazione scolastica, la sezione Istruzione e formazione dell’Annuario conta 8.943.701 studenti iscritti all’anno scolastico 2012/2013, circa 17.500 in meno rispetto a quello precedente. Per la prima volta negli ultimi quattro anni diminuiscono gli iscritti sia alle scuole dell’infanzia (-8.817) sia alle scuole secondarie di primo grado (-12.621) mentre prosegue, anche se attenuato, il calo degli iscritti alle scuole secondarie di secondo grado (-2.686). Crescono, invece, i bambini nelle scuole primarie (+6.666) e i giovani iscritti ai percorsi triennali di istruzione e formazione (+47.321). Quasi 787 mila gli alunni stranieri, poco meno del 9% degli iscritti, concentrati soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro, dove la loro presenza nelle scuole del primo ciclo sfiora il 14% degli iscritti, mentre nel Mezzogiorno non raggiunge il 3,5%. L’Istat indaga anche sulla riuscita scolastica: 5,8 studenti ogni 100 ripetono l’anno scolastico, soprattutto nel passaggio dal primo al secondo anno, dove la percentuale di alunni respinti è pari al 16,8%. La scelta di proseguire gli studi dopo le superiori coinvolge maggiormente i diplomati dei licei: fra questi, sei su dieci si dichiarano studenti a tempo pieno contro meno del 20% dei diplomati degli istituti tecnici e il 6,7% di quelli degli istituti professionali. Nel 2012 circa 297mila studenti sono arrivati al traguardo della laurea (o del diploma universitario), circa 1.400 in meno rispetto all’anno precedente (-0,5%). Le donne sono più propense a proseguire gli studi oltre la scuola secondaria (le diplomate che si iscrivono a un corso universitario sono circa 62 su 100, i diplomati appena 50) e pure a portare a termine il percorso accademico. Infatti, tra i laureati triennali e a ciclo unico (ossia tra coloro che hanno conseguito almeno un titolo di formazione universitaria), il tasso di conseguimento della laurea (laureati per 100 venticinquenni) è al 37,6% per le ragazze e al 25,2 per i coetanei. Fra coloro che hanno concluso percorsi «lunghi» (corsi di durata da quattro a sei anni e lauree specialistiche biennali) le laureate sono 24,1 ogni 100 venticinquenni e i laureati 15,7 ogni 100. Il censimento dell’Istat conta la popolazione complessiva (60.782.668 residenti nel 2013, 29.484.564 maschi e 31.298.104 femmine). Al 1 gennaio 2013 l’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione «over 65» e quella «under 14») ha raggiunto il valore di 151,4%, da 148,6% dell’anno precedente. Nell’Ue a 27 Paesi l’Italia si conferma al secondo posto, preceduta dalla Germania che ha circa 160 anziani ogni 100 giovani. Cresce la speranza di vita alla nascita: per gli uomini da 79,6 del 2012 a 79,8 anni e per le donne da 84,4 a 84,6. Tra gli altri spunti che inquadrano l’italiano medio, il dato che il 73,4% delle famiglie è proprietario dell’abitazione in cui vive. Il tasso di disoccupazione sale al 12,2% (da 10,7%), quello di inattività al 36,5% (da 36,3%). Il lavoro si è ridotto a 22,420 milioni, 478mila in meno rispetto al 2012, -2,1%, il numero degli occupati nel 2013. Un calo che porta il tasso di occupazione per la fascia 55-64 anni al 55,6%, «molto al di sotto del dato Ue, 64,1%».
www.orizzontescuola.it -24 dicembre 2014
“Diventare insegnanti di scuola secondaria, scegliere tfa o pas”
░ Alcuni insegnanti candidati ai percorsi di abilitazione si trovano nella condizione di dover scegliere, per la stessa classe di concorso o diversa, tra abilitazione da conseguire con PAS o con TFA. Di Lalla.
Tale situazione si è venuta a determinare dalla circostanza che i partecipanti ai corsi di abilitazione PAS, indetti con dm n. 58 del 25 luglio 2013, sono stati scaglionati in 3 anni accademici. Coloro che hanno avuto accesso al corso nell'a.a. 2013/14 non hanno avuto problemi di incompatibilità con analoghi percorsi di abilitazione perché il TFA non è stato avviato in quell'anno accademico. Il problema si presenta invece per chi accede al corso PAS nell'a.a. 2014/15 e contemporaneamente ha svolto la selezione per l'accesso al TFA II ciclo, e in misura maggiore per chi è stato ammesso al TFA per classe di concorso diversa rispetto a quella per cui dovrebbe frequentare il PAS. Posto che si tratta di due percorsi di abilitazione ai quali il candidato ha avuto accesso nel pieno rispetto della normativa, a questo punto si impone una scelta. La normativa infatti ha il limite di non tutelare - allo stato attuale - tali situazioni e non permette di "congelare" uno dei due corsi (per entrambi tra l'altro pesa l'incertezza su un eventale svolgimento successivo, per il PAS perchè non è detto che per la stessa classe di concorso sia prevista la terza annualità, per il TFA perché non esiste ancora normativa sul III ciclo). Le riflessioni sull'opportunità di scegliere una classe di concorso anziché un'altra non possono necessariamente essere generiche, ma vanno riferite da ciascuno al contesto lavorativo in cui ci si vuole inserire, tenendo presente che ci avviamo verso una stagione di riforme, che dovrebbero essere introdotte dall'organico funzionale, e sul quale finora negli ambienti ministeriali c'è il più assoluto riserbo, pertanto non se ne possono indicare a priori le conseguenze. Dunque, grande incognita, che nessun consiglio di esperti del settore potrà risolvere oggi. Dal punto di vista didattico i due percorsi coincidono sotto molto aspetti, tranne per lo svolgimento del tirocinio nel TFA… L'unico dato certo è la differente valenza che in termini di punteggioviene attribuita all'una o all'altra abilitazione… Abilitazione PAS: voto di abilitazione (da 4 a 12) + 6 punti. Abilitazione TFA: voto di abilitazione (da 4 a 12) + 42 punti (12 per la durata annuale del percorso abilitativo e 30 per la selettività dello stesso percorso tenendo conto del superamento di prove di accesso selettive e dell'ammissione a corsi di numero programmato). L'abilitato PAS può far valere tutti i servizi svolti, per l'abilitazione TFA invece non sono valutabili i servizi di insegnamento prestati durante il periodo di durata legale dei corsi, qualora utilizzati come titoli di accesso a una graduatoria di un qualsiasi posto o classe di concorso. Altra incognita è il concorso. Potrebbe essere ipotizzata una differente valutazione dei titoli? O l'introduzione della valutazione del servizio (al momento non contemplata)? Per quanto riguarda la restituzione di tasse già pagate nell'Ateneo che eroga il corso PAS, l'eventuale determinazione appartiene al Senato Accademico.
www.scuola24.ilsole24ore.com -24 dicembre 2014
“A un anno dal titolo, a Nord il laureati occupati sono il 17% più che a Sud”
░ A dirlo è il focus realizzato dal consorzio interuniversitario Alma Laurea per Scuola 24. Consorzio che - dopo l’ingresso di Milano Statale, Palermo, Brescia, Pisa, Bergamo, Pavia e la Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa - ha visto salire a 72 le università aderenti. Di Eugenio Bruno.
Il tasso di occupazione è infatti del 49% tra i residenti al Nord (tra i quali il 15% coniuga studio e lavoro) e del 32% al Sud (di questi, l'11% studia e lavora contemporaneamente). … Il contesto economico e del mercato del lavoro influenzano le strategie che i giovani mettono in atto –volutamente o meno– per massimizzare le proprie chance occupazionali. … Prendendo in esame le performance occupazionali dei laureati magistrali del 2012, intervistati a un anno dal titolo, le differenze territoriali permangono ed evidenziano tra Nord e Sud un differenziale occupazionale superiore a 18 punti percentuali.Il tasso di occupazione è infatti pari al 63% tra i residenti al Nord e al 45% tra coloro che risiedono nelle aree meridionali. La differenza si accentua nei gruppi economico-statistico, agrario, psicologico e giuridico, dove supera i 20 punti percentuali. Anche in questo contesto, i laureati residenti al Centro si collocano in una condizione intermedia. Con il passare del tempo dal conseguimento del titolo, il divario Nord-Sud tende a ridimensionarsi, pur restando elevato. Tra i laureati magistrali del 2008 indagati a cinque anni dalla laurea il differenziale occupazionale Nord-Sud scende a 12 punti percentuali: 87 a 75 a vantaggio del settentrione. Cresce anche la stabilità lavorativa: a cinque anni il lavoro stabile, complessivamente considerato, coinvolge 75 occupati al Nord su 100 contro 72,5 al Sud. Più nel dettaglio, al Mezzogiorno svolge un lavoro in proprio il 28% del campione , al Nord il 19,5. I contratti a tempo indeterminato riguardano invece 55 occupati che lavorano al Nord e 45 che lavorano al Sud. La più elevata stabilità lavorativa al Nord è confermata nella maggior parte dei percorsi disciplinari, ad eccezione dei gruppi geo-biologico, architettura, letterario, giuridico e scientifico. …Per quanto riguarda il guadagno a cinque anni dalla laurea le differenze sono rilevanti: il differenziale Nord-Sud è nell'ordine del 20% (1.385 contro 1.150 euro).