www.Corrieredellasera.it– 8 dicembre 2014
"Meglio fondere elementari e medie che tagliare l'ultimo anno del liceo”
░ L’ex ministro Berlinguer sostiene: non si può stare a scuola fino a 19 anni. Ma l’idea di eliminare il quinto anno delle superiori è sbagliata. Molto meno traumatico, a parere di Berlinguer, ridurre il primo ciclo. Cogliamo l’occasione per ricordare ai lettori che l’Anief sta vagliando la proponibilità della seguente struttura di sistema: L’ultimo anno della Scuola dell’infanzia sia il primo dei 13 anni dell’“obbligo scolastico” da concludersi ai 18 anni d’età. Il servizio pubblico all’invanzia, generalizzato com’è nel Disegno di legge n.1260/14, sarebbe cadenzato secondo l’età dei bambini (0-3 / 4-5 / 6) e l’anno terminale sarebbe il primo “dell’obbligo scolastico”. I piccolissimi (di età da 0 a 3 anni) e i piccolini (da 3 a 5 anni) sarebbero accuditi in ambiente prescolare; successivamente gli alunni accederebbero al primo ciclo di istruzione, e compiuti i 13 anni accederebbero al biennio (anche questo obbligatorio e gratuito) comune a tutti gli ordini dell’istruzione secondaria. Seguirebbe un anno di orientamento (dai 15 ai 16 anni) e, a conclusione dell’ iter scolastico/formativo, il biennio scuola/lavoro, organizzato e gestito dal sistema scolastico in collaborazione con il sociale e con la formazione regionale.
Non si può tenere a scuola i nostri ragazzi fino a 19 anni. È un grave danno che facciamo loro rispetto ai loro colleghi europei. Questo problema era stato risolto con la riforma dei cicli che la restaurazione di destra nel Paese ha cancellato. Bisogna tornare a ristrutturare l’architettura scolastica riducendo, ancora una volta di un anno, il suo percorso. C’è chi affaccia ora la proposta di ridurre la secondaria superiore cancellando l’ultimo anno. Io lo ritengo un grave errore perché, nella scuola di tutti e nella società della conoscenza, per la quale si programma un percorso universitario addirittura al 40%, quello della verticalizzazione curricolare e del favorire la più proficua crescita nell’ambito educativo - scolastico e universitario – è un problema capitale. E, in questo quadro, l’ultimo anno delle superiori funge da raccordo fra scuola e post-scuola ed è pertanto indispensabile. Si tratta, pertanto, di riflettere come riorganizzare il ciclo della scuola primaria rendendolo coerente con le indicazioni nazionali per il curricolo, introdotte ad ordinamento nel 2012, che puntano sulla continuità e unitarietà educativa dai 3 ai 16 anni. E’ necessario rendere congruente l’impianto culturale con gli ordinamenti, oggi separati in tre diversi segmenti che costituiscono una delle principali cause della dispersione scolastica che inizia sin dal primo ciclo. Ed è qui che va accorciato di un anno e non nel secondo ciclo, in modo da renderlo unitario con il percorso di apprendimento dell’alunno. Dato che la scuola per l’infanzia è stata pensata come una pre-scuola con elevato tasso di educatività e ancor più oggi (nuove iniziative legislative Puglisi ed altri) si tende a perfezionare tale modello, togliere un anno da questo lungo I ciclo non solo non è traumatico, e non solo serve a fare uscire i nostri ragazzi a 18 anni, ma è addirittura necessario nell’ottica del riordino del ciclo stesso. Tralascio numerosi altri argomenti in proposito perché desidero con questo mio intervento sollecitare le riflessioni di coloro che vorrebbero apportare contributi a questo dibattito su Education 2.0 e, nel contempo, evitare affrettate decisioni governative in proposito.
www.repubblica.it– 8 dicembre 2014
"Scuola, molti i dubbi sul piano di assunzioni del governo”
░ Le 148 mila immissioni in ruolo previste dal progetto dell'esecutivo presentano molte incognite. Problematiche messe in evidenza dalla sentenza della Corte di giustizia europea, dai tecnici del Senato, dalla pronuncia del Consiglio di stato. Di Salvo Intravaia
Piano di assunzioni dei precari della scuola in salita. Da più parti, le 148mila immissioni in ruolo contenute nella Buona scuola di Renzi sono messe in dubbio. E dopo quelli manifestati da sindacati e addetti ai lavori, anche i tecnici del Senato, che nei giorni scorsi si sono espressi sulla Legge di stabilità, avanzano perplessità sulla possibilità che il governo riesca a portare in porto l'assunzione di tutti i supplenti inseriti nelle graduatorie provinciali ad esaurimento entro il primo settembre del 2015.….Gli ultimi a sollevare consistenti dubbi sono i tecnici di Palazzo Madama. Il Piano Renzi stanzia per il 2015 un miliardo di euro e 3 miliardi a partire dal 2016 per assumere i supplenti delle graduatorie ad esaurimento e gli idonei degli ultimi concorsi a cattedra. Cifre che serviranno anche a riconoscere loro la "ricostruzione di carriera" per le supplenze effettuate finora. Ma gli esperti del Senato obiettano che "per i profili di quantificazione e copertura, considerato che la Relazione tecnica riferisce espressamente che gli oneri si intendono, in parte, prioritariamente da correlare alla spesa da sostenersi anzitutto per il piano delle assunzioni ex novo da effettuare, nonché per far fronte alle ricostruzioni della carriera "economica" delle unità lavorative della scuola, di cui si prevede la stabilizzazione in ruolo", sia possibile quantificare la spesa. E precisa che "occorre necessariamente segnalare che la medesima relazione tecnica non fornisce i necessari primi elementi circa la platea interessata dal piano assunzionale e i relativi dati concernenti l'anzianità media maturata dal medesimo personale nel servizio a tempo determinato. Ciò al fine di consentire almeno una prima valutazione, circa l'adeguatezza delle risorse stanziate nel fondo ad assicurarne la integrale copertura finanziaria, con la stima dei costi concernenti la ricostruzione di carriera cui avranno diritto coloro che saranno assunti per effetto della immissione in ruolo". In altre parole, non è possibile capire se i fondi stanziati dalla legge di stabilità per assumere i precari della scuola, anche se ingenti, basteranno…. Nel frattempo, l'Alta corte europea ha condannato l'Italia per l'abuso di contratti a tempo determinato nei confronti di supplenti nominati su posti liberi. Una sentenza che però riguarda anche il personale amministrativo, tecnici e ausiliario (Ata) della scuola che il Piano del governo non contempla. … Per questi soggetti, che non rientrano nelle 148mila assunzioni previste dagli esperti del governo, la sentenza della Corte di giustizia europea prevede l'assunzione in ruolo o un megarisarcimento danni. Che fare? E dulcis in fundo la sentenza del Consiglio di stato di tre giorni fa che riconosce ai diplomati magistrali entro il 2002 il diritto di entrare in graduatoria. Si tratterebbe di circa 50mila docenti … Potrebbero anche essere assunti Ata e supplenti che non sono inseriti nelle graduatorie ma che hanno lavorato ugualmente su posto vacante per più di tre anni.
ItaliaOggi– 9 dicembre 2014
"Presidi sul piede di guerra contro i tagli retroattivi. Pronti ricorsi al giudice e mobilitazioni a gogò”
░ Di Giorgio Candeloro.
Moderata soddisfazione - per essere stati ascoltati e per la promessa che le loro richieste verranno quanto meno valutate - mescolata ad una buona dose di diffidenza e al timore di aver ottenuto un risultato soltanto interlocutorio. Sembra questo il sentimento dei dirigenti scolastici in agitazione dopo l'incontro del 4 dicembre col sottosegretario Faraone, seguito alla la manifestazione di protesta sotto la sede del Miur…. In prevalenza una protesta motivata da ragioni economiche, determinate dalla mancata erogazione di una parte di retribuzione, il Fondo Unico Nazionale (in pratica il salario accessorio dei presidi), atteso da due anni e tagliato pesantemente dal Miur su indicazione del Mef per un importo di poco meno di 50 milioni di euro. Come se non bastasse i tagli sono stati estesi anche al passato, applicandoli pure al fondo 2012-13 e 2013-14, con il risultato che molti dirigenti si sono visti recapitare una richiesta di restituzione di somme già percepite per un ammontare oscillante tra i 5000 e i 10000 euro…. Sul tappeto anche la questione del mancato rinnovo contrattuale, bloccato come tutti quelli del pubblico impiego, e fermo ormai da sei anni. In campo anche la vecchia questione della perequazione retributiva con gli altri dirigenti della pubblica amministrazione –ma da questo orecchio sembra proprio che il governo non voglia sentire- resa peraltro impossibile proprio dal mancato rinnovo del contratto….Durante l'incontro, comunque, Faraone sembra aver rassicurato i rappresentanti della dirigenza, riconoscendo la legittimità delle loro richieste e assumendo l'impegno di affrontare le questioni poste attraverso un confronto con il Mef all'indomani dell'approvazione definitiva della legge di stabilità. … I dirigenti però, si fidano fino a un certo punto: pur considerando l'incontro un primo passo positivo, temono lungaggini e meline, soprattutto da parte dell Mef. E intanto affilano le armi non escludendo, se necessario, il ricorso ad azioni giudiziarie.
www. corrieredellasera.it– 10 dicembre 2014
"Alternanza scuola-lavoro, «studenti pagati per gli stage»”
░ Un assegno da 600 euro, e un formatore che segua in azienda i progressi. A nostro parere, il lavoro – è indiscutibile – ha una efficace, specifica, funzione nella formazione culturale delle persone. Un pregiudizio atavico ha perpetuato il convincimento della superiorità degli studi liberali rispetto a quelli professionalizzanti; Occorre ri-orientare la opinione pubblica all’apprezzamento del valore formativo del lavoro – che i giovani mostrano già di avere compreso, nello sforzo, il più delle volte vano, di fare esperienza in stage. Il governo dovrà incentivare convenzioni territoriali, non solo tra scuole e fabbriche ma anche con le pubbliche amministrazioni, gli albi professionali, i musei, le sovrintendenze ecc… Occhio, però, ai volponi; a fine dicembre abbiamo riportato la notizia dell’azienda che, a Vicenza, ha fruito del lavoro di 2.700 studenti di scuole alberghiere sfruttando l'alternanza scuola-lavoro in modo improprio (retribuzione di 60 euro settimanali e niente contributi); l’evasione erariale accertata sarebbe di oltre un milione E.
Dai banchi al lavoro, ma non gratuitamente. Sono in arrivo, col decreto scuola in preparazione al ministero dell’Istruzione, anche le nuove regole per gestire l’alternanza scuola lavoro. …..Il modello a cui si punta è quello duale, alla tedesca, dove si alternano davvero sei mesi in classe con sei mesi in azienda, ma declinato all’italiana, con una «formazione manuale» seguita da un tutor interno, e un piccolo assegno di rimborso. Le ore di alternanza, che dovranno riguardare non solo i tecnici e i professionali ma anche i licei, dovrebbero essere almeno 200, secondo il piano della buona scuola, ma il decreto potrebbe prevederne fino a 400 all’anno. … A quanto ammonterebbe il rimborso? Attualmente per gli studenti di scuola superiore viene previsto un buono pasto, all’incirca 5 euro al giorno, ma per quelli più «grandi» si prevedono rimborsi dai 600 agli 800 euro: ed è questa la linea seguita dal governo, che punta a coinvolgere le aziende e le società locali per supportare la crescita attiva di nuove generazioni di operai, specialisti, tecnici. L’ultimo rapporto Censis, il 48°, pubblicato qualche giorno fa, conferma che nell’arco di 7 anni questa metodologia si sia diffusa in maniera sostenuta, passando dai 45.879 studenti coinvolti nel 2006-2007 ai 227.886 del 2012-2013. Nell’alternanza, rileva il Rapporto, sono oggi coinvolte quasi 78.000 strutture ospitanti, tra imprese (58,2% del totale), professionisti, ma anche strutture pubbliche di diversa natura (enti locali, scuole, Asl, università, Camere di commercio, ecc.). Tuttavia, nonostante la vivacità dimostrata, i percorsi di alternanza coinvolgono appena il 9% degli studenti di scuola secondaria superiore. Ecco perché parte del miliardo stanziato per la buona scuola verrà utilizzato, così come precisato nella legge di Stabilità, proprio a quest’obiettivo…
Scuola Oggi– 11 dicembre 2014
"Uscire dalla scuola a 18 anni? Sì, ma, come”
░ Di Maurizio Tiriticco. Questo articolo fa seguito a quello di Berlinguer che abbiamo riportiamo come primo in questa rassegna stampa.
La provocazione di Luigi Berlinguer va assolutamente raccolta. Che i nostri giovani debbano uscire dal Sistema Educativo di Istruzione a 18 anni di età non è affatto cosa peregrina o avventata…. E i motivi sono più che ovvi. Il che non significa che non sia necessario continuare a studiare dopo la maggiore età: si studia all’università fino a conseguire lauree brevi e lauree magistrali, si studia nell’istruzione e formazione professionale, nell’apprendistato e anche negli stessi posti di lavoro. In una società, che ormai tutti chiamiamo della conoscenza, apprendere per tutta la vita e ovunque è una necessità e un dovere. La questione, quindi, non riguarda la fine di un’attività di studio, ma la fine di uno studio fortemente formalizzato qual è quello offerto da una scuola, con i suoi orari, le sue scansioni disciplinari, ecc. Con la legge 30/2000 – firmata Berlinguer – avviammo un complessivo riordino dei cicli di istruzione, che avrebbe impegnato tempi non brevi per la sua definitiva messa a regime. Si prevedevano: una scuola per l’infanzia dai 3 ai 6 anni di età fortemente generalizzata sull’intero Paese; una scuola di base settennale (6-13 anni di età); un’istruzione secondaria quinquennale (13-18 anni di età); l’obbligo di istruzione avrebbe avuto la durata di 9 anni, dai 6 ai 15 anni di età… Si avviava così per la prima volta una continuità, da sempre estranea alla nostra scuola, ma oggi estremamente necessaria. … Il nostro sistema di istruzione è rimasto, di fatto, quello di sempre, ripartito in gradi e, per quanto riguarda il secondo ciclo, in ordini, le canne d’organo parallele di sempre: il liceo per gli alunni “migliori”, poi, a scalare, i tecnici e i professionali. …Abbiamo ancora i due cicli di sempre, e ben distinti: all’inizio, la scuola dell’infanzia, la primaria, la media, il biennio successivo con cui si conclude – o si dovrebbe concludere l’obbligo – e alla fine il triennio che conduce a un esame che, purtroppo, è un ibrido: non è più di maturità, cioè non ha più “come fine la valutazione globale della personalità del candidato” (legge 119/1969, art. 5), ma ancora non certifica competenze, come dovrebbe in forza della legge di riforma 425/2007, art. 6. … Giustamente osserva Berlinguer: “E’ necessario rendere congruente l’impianto culturale con gli ordinamenti, oggi separati in tre diversi segmenti che costituiscono una delle principali cause della dispersione scolastica che inizia sin dal primo ciclo. Ed è qui che va accorciato di un anno e non nel secondo ciclo, in modo da renderlo unitario con il percorso di apprendimento dell’alunno”…. Il problema non è tagliare in alto, ma riordinare in basso. E’ l’intero percorso dai 6 ai 14 anni che va rivisitato! Anzi, dai 6 ai 16, quando si conclude l’obbligo di istruzione (non il diritto/dovere che, com’è noto, si conclude solo se lo studente ha conseguito almeno la qualifica professionale triennale). Possibile che non si sia capaci di dar vita a un curriculum di istruzione continuo verticale e progressivo della durata di dieci anni? Possibile che non si sia capaci di ricucire lo spezzatino di sempre e di oggi, 6-11, 11-14, 14-16? Cioè scuola primaria, scuola media, biennio? Possibile che non si sia capaci di rileggere che cosa accade nel primo segmento della scuola per l’infanzia? So benissimo che è un gioiello prezioso, ma è anche vero che gli alunni anticipitari sono in continuo aumento, e che la stessa infanzia non è immune dai cambiamenti che attraversano le nostre giovani generazioni. In un mondo in cui si impara a scrivere prima con la tastiera e poi con la penna, certi interrogativi ce li dobbiamo porre. Anche per le ricadute che hanno sugli apprendimenti iniziali e propedeutici a saperi sempre più complessi….
www.lastampa.it– 11 dicembre 2014
" Mille euro al giorno per ogni classe che occupa”
░ E’ il danno economico calcolato dall’Associazione nazionale Presidi: con il “fermo” di un istituto di 30 classi “persi” 30mila euro al giorno.
Anche quest’anno nelle proteste studentesche, l’occupazione continua ad essere l’arma prediletta dei giovani manifestanti. Ormai da settimane, sempre più numerose le scuole che cadono sotto l’assedio dei propri studenti decisi a portare avanti la propria battaglia in difesa dei diritti che le politiche governative e i tagli all’istruzione hanno messo più volte a rischio sopravvivenza. E spesso l’occupazione diventa devastazione dell’edificio scolastico o dei materiali. … Secondo un’indagine svolta dalla stessa Anp il ”cost” vivo delle occupazioni scolastiche, al di là di eventuali danni provocati durante la protesta ammonta a mille euro al giorno per ogni classe che occupa. «Uno studente - spiega l’Anp - costa allo Stato circa 8mila euro l’anno, cioè 40 euro al giorno di lezione. Una classe di 25 studenti ne costa mille. Il ”fermo” di una scuola di 30 classi ne costa 30mila, sempre al giorno. In due giorni di sospensione delle lezioni - evidenzia - una scuola di medie dimensioni ha “bruciato” l’equivalente di quanto riceve in un anno di finanziamenti». Non solo, l’Anp evidenzia anche che «quel denaro viene dalle tasse, pagate in primo luogo dai lavoratori dipendenti….
Il fatto quotidiano– 12 dicembre 2014
"La Buona scuola': conclusioni senza l’oste”
░ Eppure gli esiti sono inconfutabili. Innanzitutto non esiste una sola delibera o mozione favorevole alla Buona Scuola. Una delibera di collegio è poi un atto formale e giuridicamente significativo, a differenza del segno di spunta su un sondaggio online. (Marina Boscaino).
…Come è noto le risposte al sondaggio sulla proposta Renzi sono 65mila. Una cifra decisamente deludente, considerando che ci sono728mila prof che sono indicati nell’organico di fatto, e 101milainsegnanti di sostegno; 2.580.007 sono gli studenti della secondaria di II Grado; complessivamente 7.878.661 è il totale degli studenti italiani, cui corrisponde un numero più o meno doppio dei rispettivi genitori(dati: La Scuola in cifre 2013-14, Servizio Statistico Miur). Un bottino, dunque, particolarmente deludente, soprattutto considerata la vastissima potenziale platea. La ‘propaganda di regime’ – complici gran parte dei media, tutti i siti istituzionali occupabili, spot pubblicitari passati sulle reti Rai che vorremmo sapere come e perché sono stati pagati – aveva entusiasticamente chiamati tutti allarme, persino i nonni… Delle 65mila risposte che sono state fornite al sondaggio non conosciamo gli esiti… Esiste un concreto pronunciamento del mondo della scuola sul Piano Renzi, anche se il Governo tende ad ignorare anche quello. Si tratta di 200 delibere di collegi dei docenti che gli Autoconvocati delle Scuole di Roma e del Lazio e il Comitato per la Riproposizione della Lip hanno raccolto non in due mesi, come le risposte al sondaggio, ma in un solo mese; e non con un imponente spiegamento di forze. Ma con l’impegno di insegnanti che hanno responsabilmente risposto all’invito del governo di pronunciarsi sul documento renziano. Senza l’aiuto dei sindacati, che pure – se avessero voluto essere della partita – avrebbero potuto spendersi meglio e più efficacemente per ottenere un risultato. Eppure gli esiti sono inconfutabili. Innanzitutto non esiste una sola delibera o mozione favorevole alla Buona Scuola. Una delibera di collegio è poi un atto formale e giuridicamente significativo, a differenza del segno di spunta su un sondaggio online; inoltre, ogni delibera (la maggior parte sono state votate all’unanimità) corrisponde al pronunciamento di un numero variabile dai 70 ai 120 docenti…. Il piano scuola di Renzi scardina i principi della democrazia scolastica fondata sul pluralismo e sulla libertà di insegnamento e li sostituisce con l’autoritarismo del dirigente scolastico, decisore unico delle sorti dei sottoposti; i principi dell’uguaglianza e dell’unitarietà del sistema scolastico, perché ammette e anzi favorisce l’entrata dei privati nella scuola, ampliando inevitabilmente la sperequazione tra istituti scolastici, a seconda di indirizzi, territori, destinatari; annulla il principio pedagogico della collaborazione collegiale e del lavoro condiviso, configurando una figura di insegnante-monade, che impegna le proprie capacità per costruire una carriera che gli garantisca di prevalere sugli altri economicamente e nella collezione dei crediti; un docente che sceglie le proprie sedi per potersi affermare, cercando rivali meno “pericolosi”, su cui far prevalere la propria “produttività”; un docente che valuta ed è valutato non già in base al mandato che la Costituzione gli ha implicitamente affidato (favorire la cittadinanza consapevole), ma in base alla capacità di affossare il sapere critico analitico, obiettivo dell’Invalsi e del Sistema Nazionale di Valutazione di cui esso è la gamba principale. In tutto ciò, studenti: sventurate pedine del gioco. Tutto ciò si chiama concorrenza e libero mercato. Ma con la scuola, con gli studenti, cosa c’entra? Si tratta, insomma, di una proposta che per metodo e merito non può essere una base nemmeno di confronto (che comunque non è al momento nell’agenda del Governo); è una proposta inemendabile. Una parte della scuola si è così pronunciata, rilanciando – costruttivamente – la propria proposta: un disegno di legge di 29 articoli Per la Buona Scuola della Repubblica.