Il Messaggero – 9 novembre 2014
“Medicina, pronti 6 mila ricorsi al Tar”
░ Il caos dei quiz sbagliati. Gli aspiranti chiedono ammissione ai corsi per tutti e le dimissioni della Giannini. Di Camilla Mozzetti. Su internet ci foto e post che dimostrerebbero come le prove non siano state effettuate seguendo tutti i criteri di controllo previsti dal bando. Prendiamo atto che le assurdità delle prove a quiz si perpetuano nel tempo, come se al MIUR non si sia capito che il metodo non funziona. Siamo stanchi di ripetere perché, a questo livello di complessità dei saperi, il metodo non può funzionare. Gli studenti reclamano a gran voce le dimissioni della Giannini, e a che servirebbero se al posto della Giannini arrivasse l’ennesimo ministro ex rettore, affetto da infatuazione per i quiz che tanto fanno cassa a pro delle università ? La settimana scorsa, in questa stessa rubrica, abbiamo pubblicato – con riferimento alla infatuazione neocomportamentista in docimologia – un chiarimento pubblicato da Giorgio Israel; tra altro, vi leggevamo: “… Abbiamo sentito parlare di “standardizzazione”, di correzione automatica alla maniera dei test Invalsi, che si auspica siano introdotti anche all’esame di maturità, persino di correzione automatica mediante i calcolatori e software avveniristici: il tutto per escludere l’arbitrarietà della soggettività umana, le idiosincrasie dei commissari…. Qui, piaccia o no, si tocca una questione epistemologica e cioè in che senso si possa intendere l’oggettività in un ambito che non è quello delle scienze fisiche o del mondo inanimato, ma è contrassegnato dalla presenza attiva di soggetti autonomi, nella fattispecie insegnanti e studenti. Qui ci si divide tra chi – non soltanto di area umanistica, ma anche e talora soprattutto di area scientifica – ha ben chiari i limiti del trasporto meccanico in quell’ambito dell’idea di oggettività tipica delle scienze fisico-matematiche, e di chi ha scarsa attenzione per il contesto disciplinare e per le modalità del processo di insegnamento e apprendimento… La valutazione di quanto è stato scritto non è assolutamente riducibile a un giudizio standardizzato impersonale…. E – si badi bene – questo vale anche per un problema di matematica, in cui la determinazione della soluzione esatta – un numero, un’espressione finale – è , in fin dei conti, l’aspetto meno importante del compito: gli aspetti più rilevanti sono come si è giunti alla soluzione…, il modo con cui si sono descritti i vari passaggi, il rigore e la precisione esplicativa. Tutto questo non può darlo alcuna correzione standardizzata, a meno di non decidere di sottoporre lo studente a prove standardizzate di modesto livello culturale, che non consentono altro che una risposta univoca: questionari, quiz, e analoghi. A tale degrado dovremmo arrivare in nome di una mitologia dell’oggettività impersonale estranea alla sfera dell’umanità ?”. E’ accettabile che la ragion di Stato debba obnubilare la mente dei decisori politici al punto da impedire di comprendere ciò ?
Li avevano annunciati subito dopo le prove, promessi a gran voce ai piedi del ministero dell’Istruzione e ricordati ieri nella protesta di piazza dei dipendenti statali. Gli aspiranti specializzandi in Medicina, ora, passano ai fatti. Ben 6mila i potenziali ricorsi, di cui 500 già scritti nero su bianco, contro quel grande pasticciaccio del primo concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione. Finita nel caos per l'inversione delle 30 domande relative all’area medica e a quella dei servizi clinici, la prima prova nazionale - volta a defenestrare le baronie universitarie e salvata dopo un imbarazzante tira e molla del Miur - potrebbe lasciare dietro di sé non solo uno strascico di polemiche ma una serie infinita di azioni legali. L'Unione degli universitari insieme alla Funzione pubblica Cgil Medici, stanno organizzando un maxi-ricorso per chiedere al Tar l'ammissione in sovrannumero di tutti i candidati esclusi dalla graduatoria: ben 6.664. Intanto l'agitazione degli aspiranti specializzandi non tende a diminuire. A gran voce tornano a chiedere le dimissioni del ministro Stefania Giannini, «responsabile - dicono i medici - quanto il Cineca per lo sbaglio che ha sporcato il primo concorso nazionale». Su internet si rincorrono foto e post che dimostrerebbero, inoltre, come le prove non siano state effettuate seguendo tutti i criteri di controllo previsti dal bando. Immagini scattate con il proprio telefonino ai computer sui quali si svolgevano le prove, con le domande dei test ben leggibili sullo schermo. Immagini che raccontano aule con commissari poco impegnati nel loro compito di verifica. La stessa graduatoria, pubblicata mercoledì in tarda serata, contempla ancora un punteggio in trentesimi quando la decisione di “neutralizzare” due domande per l'area medica e per quella dei servizi clinici avrebbe dovuto, invece, stabilire il punteggio massimo in 28/28. Non solo. «Tramite un controllo - spiega il legale dell'Udu, Michele Bonetti - molte domande somministrare ai candidati il 28 ottobre erano già state utilizzate in prove precedenti e molte altre, invece, erano sbagliate anche nel blocco dei 10 quesiti specifici per ogni area». Dalla numero 8 per la scuola di endocrinologia concernente l'ipoglicemia, alla numero 7 per la scuola di cardiologia, che prevedeva una doppia risposta sulla terapia antiipertensiva. Da viale Trastevere la titolare del dicastero, Stefania Giannini, ripetere che «non è un episodio ineccepibilmente risolto dal punto di vista formale e sostanziale a poter mettere in discussione il concorso» e definisce i ricorsi «una costante in questo Paese». Qualcosa dovrebbe iniziare a muoversi, invece, per l'ammissione al quinquennio della facoltà di Medicina: «Stiamo lavorando con il governo all’ipotesi dell’eliminazione del test d’ingresso» fa sapere la Giannini. Il modello di riferimento potrebbe tornare a essere quello francese, scartato in un primo momento, con apertura a tutti il primo anno e selezione successiva.
latecnicadellascuola.it – 11 novembre 2014
“Valutazione, mancano gli ispettori: ogni scuola dovrà fare da sé”
░ Intervistata da Alessandro Giuliani, Lucrezia Stellacci, che tra gli alti incarichi ricoperti nel settore Istruzione è stata anche direttore Invalsi, considera non realistico che il MIUR potenzi il corpo ispettivo - che è esiguo, sufficiente a monitorare le scuole, nel triennio avviato, non più di mille istituti (sui circa 8.500). Riportiamo alcune risposte.
Ricordo che le intenzioni di chi ha scritto il D.P.R. 80 (28 marzo 2013, "Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione" n.d.r.) erano quelle di far visitare dai nuclei di valutazione solo le scuole risultate in situazione di forte criticità dalla prima fase di autovalutazione: una quota che normalmente si aggira sul 5 per cento del totale, quindi stiamo parlando di 400-500 istituti. A cui si sarebbe dovuto aggiungere un certo numero, che poteva essere tra i 100 e i 150, sorteggiato ogni anno fra tutte le scuole. Per un totale complessivo nel triennio di circa mille istituti scolastici. …La differenza che riscontro tra il progetto originario e la direttiva è essenzialmente nel metodo organizzativo attuato: da parte nostra si puntava su di una partenza disallineata del processo triennale di valutazione, che non aveva inizio nello stesso anno per l’intera platea delle istituzioni scolastiche, in modo da consentire ai nuclei di spalmare sui tre anni il contingente di scuole da visitare fra quelle che avevano appena compilato il rapporto di autovalutazione. E per gli altri istituti non visitati avrebbe fatto fede il risultato della fase di autovalutazione e le misure poste in atto per il miglioramento…. L’unica soluzione era e rimane quella di convincere le scuole ad autovalutarsi per conoscere i propri profili di criticità e di qualità. E cercare, quindi, soluzioni per eliminare i primi e potenziare gli altri. E per la gran parte il percorso di valutazione triennale si fermerà lì…. L’autovalutazione sarà supportata dall’Invalsi, attraverso l’approntamento di un quadro di riferimento corredato di indicatori, parametri di misurazione e dati comparabili che sarà fornito alle scuole… Sarebbe stato possibile anche visitare 8.000 scuole in un triennio, sapendo però di dover dispiegare un contingente ispettivo che non solo non esiste, ma che allo stato attuale non sembra neppure prevedibile. Suggerirei di concentrare l’attenzione su due punti ancora inesplorati: riuscirà l’esiguo numero di dirigenti tecnici in servizio presso le strutture centrali e periferiche del Miur, oltre a svolgere i quotidiani compiti loro assegnati, a visitare, con al seguito esperti tutti ancora da cercare e formare, 800 scuole nel breve giro di un anno scolastico? Perché, come riporta la direttiva ministeriale, il quadro di riferimento della ‘Buona Scuola’ deve compilarlo l’Invalsi e non il Ministro, che invece si limita ad enucleare nella prima parte della direttiva, solo obiettivi generici e neppure presidiati da alcun benchmarking?
orizzontescuola.it – 12 novembre 2014
“Riforma scuola valorizza gli insegnanti? Secondo il 92%, NO. Renzi bocciato”
░ I docenti non ci stanno a farsi tagliare lo stipendio secondo il nuovo sistema di scatti stipendiali elargito solo al 66% sulla base di crediti.
A dirlo un sondaggio tra i nostri utenti di FaceBook, ma basterebbe solo il buon senso per comprenderlo. Certo, ieri il Primo Ministro ha anche detto chiaramente in Tv, a "Porta a porta", che non vuole una scuola nelle mani dei sindacati, i quali comunque hanno presentato ben 300 mila firme che bocciano "La Buona scuola" proprio sulla modifica proposta relativamente all'abolizione degli scatti di anzianità. Ricordiamo, infatti, che il sistema proposto dal Governo non stanzia un euro in più per il merito dei docenti, ma propone lo stesso investimento diviso per il 66% dei docenti, lasciando ai "mediamente bravi" (scritto nel testo "La Buona scuola") lo stipendio invariato. Che i docenti vogliano uno stipendio legato al merito non è un segreto, un nostro sondaggio lanciato nell'ottobre del 2013 aveva dato risultati netti, il 70% aveva risposto positivamente. Ma il 41% aveva chiesto che il nuovo sistema meritocratico venisse affiancato al sistema di scatti di anzianità e non che lo sostituisse. Il sistema proposto dal Governo non ha pari in tutta Europa ed obbedisce ad un classico cliché tutto italiano di spaccare il capello in quattro, avviando un sistema "meritocratico" senza sborsare un soldo in più. Un sistema quello proposto da Renzi che si traduce, a conti fatti, in una perdita per i docenti, sebbene nel testo "La Buona scuola" si elogi la possibilità di guadagni superiori. Così, in realtà, non è, come è stato ampiamente dimostrato da diverse simulazioni approntate dalla nostra redazione e da alcuni nostri utenti. Calcoli che dimostrano come un docente neoassunto possa perdere fino a 125mila euro in tutta la sua carriera o un docente già in carriera fino a 88 mila euro, con le donne che saranno le maggiormente penalizzate. A ciò si aggiunge che nelle intenzioni del Governo c'è la volontà di mantenere il contratto bloccato fino al 2018, data in cui entrerà a regime il nuovo sistema di scatti stipendiali, come chiaramente desumibile da quanto scritto sul testo "La Buona scuola". Blocco che servirà a finanziare l'avvio stesso del nuovo sistema, a proposito di spaccare il capello in quattro. Anche su questo i docenti non sono concordi, bastano a riprova le 300 mila firme consegnate al Premier da parte dei Sindacati.
latecnicadellascuola.it – 13 novembre 2014
“I sindacati incontrano Giannini: fumata nera”
░ Il confronto del 12 novembre conferma la distanza tra le parti: la Cgil è preoccupata per le supposte intenzioni dell’amministrazione di subordinare il modello scolastico alle domande dell'impresa e del mercato, parla già di mobilitazione unitaria. Marcello pacifico pronuncia un giudizio durissimo ma lucidissimo sulla politica sindacale. Di Alessandro Giuliani.
“Non c’è alcuna apertura concreta da parte della Ministra Giannini sui temi indicati dal sindacato”. La delusione delle organizzazioni sindacali è tutta in questa frase pronunciata da Domenico Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, al termine dell’incontro tenuto nella serata del 12 novembre. Secondo Pantaleo, l’incontro è stato “tardivo”, ma soprattutto non è servito per “affrontare nel merito sia i contenuti del Piano buona scuola che le tante criticità che la scuola vive quotidianamente. Abbiamo indicato come priorità il rinnovo del contratto nazionale per dare una risposta all'emergenza salariale e per valorizzare le professionalità di docenti, ata e dirigenti. Abbiamo ribadito la nostra radicale contrarietà all'abolizione degli scatti di anzianità e al meccanismo degli scatti di competenza riservati dal 2018 solo al 66% del personale. Non è accettabile che il piano governativo proponga un modello di scuola subordinato alle domande dell'impresa e del mercato smarrendo la sua funzione culturale e democratica”. La lista delle mancate attuazioni, a detta del leader della Flc-Cgil, è lunga. “Non vi è alcun impegno per l'elevamento dell'obbligo scolastico a 18 anni, il finanziamento del diritto allo studio, l'effettiva gratuità dei percorsi di studio, la generalizzazione della scuola dell'infanzia, la promozione dell'apprendimento per tutto l'arco della vita”. E ancora: “mancano risposte per i precari che hanno frequentato i corsi di TFA e PAS e per il personale Ata, il grande escluso dal Piano. Si tagliano salari e risorse per la formazione dei docenti”. Per Marcello Pacifico, presidente Anief, però, i sindacati che siedono al tavolo dovrebbero prendersela con loro stessi: l’incontro con il Ministro “si è rivelato un flop. Rimane confermato il blocco dei contratti fino al 2018, programmato da tempo. Ma i sindacati, che oggi rilasciano dichiarazioni di meraviglia, già sapevano tutto”. L’Anief aveva prontamente denunciato tutto ciò già nel Documento di Economia e Finanzia di fine 2013, dove si parlava in modo chiaro dello stop di assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, “congelata” sino a tutto il 2017, per i pubblici dipendenti. Ma la vera “madre” del lungo stop al rinnovo contrattuale ha origini più lontane: sulla scia del decreto legislativo 150/09, voluto dall’ex ministro Renato Brunetta, che ha legato gli incrementi in busta paga con il livello delle performance professionali, fruendo dei risparmi derivanti dal comparto, per la scuola arrivò l’accordo interconfederale del 4 febbraio 2011 (non firmato da Flc-Cgil e Confedir), premessa dell’atto di indirizzo sottoscritto all’Aran il 18 febbraio 2011, sempre in ossequio al decreto legislativo n. 150/09. Ed è attraverso quell’accordo che sono stati praticamente sacrificati i fondi da dedicare al miglioramento dell’offerta formativa per garantire gli scatti di anzianità. “Quello che deve essere chiaro è che la riforma Brunetta – continua il sindacato ANIEF - non sarebbe mai stata approvata senza il consenso di quegli stessi sindacati che oggi si ribellano al piano Renzi: perché sono stati loro a permettere il pagamento degli scatti del triennio successivo, riducendo il MOF, il fondo d’istituto, di due terzi e consentendo la cancellazione di 50mila posti di lavoro. E questi sindacati oggi, incredibilmente, si indignano”. “Con lo stessa filosofia, la necessità di realizzare gli obiettivi di invarianza finanziaria a danno della categoria, sempre loro hanno assecondato la proposta del Governo di turno, l’ultimo Berlusconi, di finanziare l’assunzione dei nuovi docenti mandando in soffitta “le posizioni stipendiali contrattualmente previste”: attraverso il Contratto collettivo di lavoro, sottoscritto il 4 agosto 2011, si è infatti sacrificata l’anzianità di servizio maturata dei neo-assunti, che per percepire il primo scatto devono oggi vantare qualcosa come 13 anni di pre-ruolo. Il passo successivo dopo la cancellazione del primo gradone stipendiale, era inevitabile, sarebbe stato l’addio agli scatti stipendiali”.
www.globalpress.eu/ – 13 novembre 2014
“LEGAMBIENTE presenta il XV Rapporto Ecosistema Scuola”
░ Intervenendo alla presentazione del XV Rapporto, il neo sottosegretario Davide Faraone ha tenuto a ricordare che questo governo, fin dall’insediamento, ha messo in agenda il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica: ha destinato all’edilizia risorse per circa 3 miliardi e altre ne arriveranno nei prossimi anni: il piano per l’edilizia di #scuolebelle, #scuolenuove e #scuolesicure (1,4 miliardi), i mutui agevolati con la BEI, la Banca Europea per gli Investimenti (1,2 miliardi), i fondi PON Istruzione (400 milioni), lo #sbloccaitalia e la destinazione dei proventi dell’8x1000 (non ancora quantificabili), sono le linee di finanziamento principali”.
Ripartire da quelle opere davvero utili per sbloccare l’Italia e darle un nuovo futuro. Tra queste opere ci sono anche gli edifici scolastici italiani, molti dei quali, più di 41.000, hanno bisogno di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza come emerge dalla 15a edizione di “Ecosistema Scuola”, l’indagine annuale di Legambiente sulle strutture e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 94 capoluoghi di provincia. Anche quest’anno la fotografia scattata da Legambiente è poco rassicurante: il 58% delle scuole è stato costruito prima dell`entrata in vigore della normativa antisismica del 1974. Il 32,5% necessita di interventi urgenti di manutenzione. Il 9,8% degli edifici si trova in aree rischio idrogeologico, il 41,2% in aree a rischio sismico e l’8,4% a rischio vulcanico. Calano al 30,9% gli edifici dotati dei certificati essenziali come quello della prevenzione incendi, mentre solo 22,2% sono le scuole dove è stata effettuata la verifica di vulnerabilità sismica. La crisi economica e la minore disponibilità dei Comuni ad investire, anche a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità, ha portato inoltre ad un calo delle scuole che hanno servizi scuolabus (22,5%) e pedibus (5,2%). Dati positivi arrivano, invece, dalle pratiche sostenibili come la raccolta differenziata che registra il trend positivo del 2012. Diminuiscono invece i fondi destinati alla manutenzione ordinaria e straordinaria. La difficoltà delle scuole italiane è testimoniata anche dalle storie di ordinaria emergenza di molte scuole superiori, la cui competenza rimane alle province. Legambiente chiede che lo stesso percorso previsto per i comuni vada esteso anche alle province, che devono avere la possibilità di sbloccare le risorse disponibili uscendo dal patto di stabilità. Accanto alle emergenze, ci sono le esperienze e le eccellenze che fanno ben sperare. A guidare la graduatoria della qualità dell’edilizia scolastica anche quest’anno sono sempre le città del nord con Trento in prima posizione seguita da Pordenone (2º) e Forlì (3º). Unica eccezione è la citta di Prato in quarta posizione, seguita da altre città del nord: Reggio Emilia (5º), Piacenza (6º), Sondrio (7º), Bergamo (8º), Verbania (9º) e Bolzano (10º). Il sud rimane ancora indietro e compare solo a metà classifica con Lecce (21°). Tra le novità di quest’anno, c’è da segnalare invece il ritorno in graduatoria di Roma…
www.corrieredellasera.it – 14 novembre 2014
“Scuola, la Ue boccia l’Italia: troppi abbandoni e poche risorse”
░ Il Rapporto Education and Training monitor 2014 segnala l’Italia agli ultimi posti per efficacia di insegnamento.
Abbandono scolastico elevato, bassa percentuale di laureati, difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, cordoni della borsa stretti, quando si tratta di investire in istruzione: gli studi comparati confermano che l’Italia arranca. Niente di nuovo, niente di buono. Siamo tra gli ultimi Paesi Ue per qualità ed efficacia di insegnamento, a tutti i livelli. Lo dice un rapporto appena pubblicato dalla Commissione europea (Education and Training monitor 2014). Che riconosce che qualche progresso nell’ultimo anno c’è stato, ma insignificante, se si guardano gli obiettivi di Lisbona. Il 2020 non è più così lontano. Ma i passi che il nostro Paese fa per agganciare quegli obiettivi sono troppo corti. Per esempio, in termini di abbandono scolastico, la percentuale auspicata è del 10%: siamo ancora al 17% (media Ue 12%) di studenti tra i 18 e i 24 anni che lasciano la scuola senza aver conseguito un titolo di studio. Si tratta di una delle percentuali più alte d’Europa e seconda solo a Grecia (23%), Malta (21%), Portogallo (19%) e Romania (18%). Si laurea il 22,4% degli italiani, mentre il target europeo sarebbe il 40% (la media europea è del 36,9%, in Irlanda e Lussemburgo è del 51; quelle di Italia e Romania le performance peggiori dell’Europa a 28). Più o meno dentro la media le competenze base degli studenti in matematica, scienza, lettura (anche se il dato statistico è un riassunto di un segno più al Nord e un segno meno al Sud). Il sistema di valutazione è a dir poco acerbo. La spesa pubblica tra le più basse d’Europa - 4% del Pil a fronte di una media europea del 5,3%. Peggio fanno solo Romania (3,0) Bulgaria (3,5) e Slovacchia (3,8) - soprattutto a livello universitario. Mentre per primaria e secondaria la spesa per studente risulta in linea con quella comunitaria. E quando cercano lavoro, i laureati italiani - in compagnia di greci, spagnoli e croati - sono quelli che fanno più fatica: solo il 49% di chi consegue una laurea in Italia trova un impiego in tempi brevi a fronte di una media europea del 71%. Una situazione peggiore si registra solo in Grecia. Bassa anche la percentuale di giovani coinvolti in attività lavorative durante gli studi. Le nubi si diradano solo quando si valutano le competenze alfabetiche e numeriche degli studenti, soprattutto dei primi cicli d’istruzione liceali. Scarse, invece, quelle degli adulti. Con le tecnologie, poi, studenti e prof italiani hanno meno confidenza dei colleghi europei. Passando agli insegnanti, i risultati del rapporto attingono abbondantemente alla rilevazione Talis (Teaching and Learning International Survey) dell’Ocse, che prende in esame professori della scuola secondaria inferiore di più di 30 Paesi ed economie del mondo. Il prototipo italiano è donna, alla soglia dei 50 anni, mediamente soddisfatta del proprio lavoro ma convinta di non godere della giusta considerazione sociale. Tanti precari (18,5% contro una media Talis del 10% e il doppio che in Francia, Norvegia e Svezia). Quasi del tutto assente la valutazione. Carente la preparazione specifica all’insegnamento, così come le attività di formazione continua, aggiornamenti, laboratori: il 38% degli insegnanti è giudicato «non abbastanza qualificato»; più o meno in linea con la media europea come la percentuale (31%) di chi utilizza le nuove tecnologie per il proprio insegnamento, mentre solo il 75% (media europea 85%) sta cercando di acquisire nuove competenze.
www.lastampa.it – 15 novembre 2014
“Tablet School 3: ecco la scuola digitale del futuro”
░ Oggi, all’Istituto Leone XIII di Milano, il Centro Studi Impara Digitale presenta significative esperienze sperimentate in Italia. E’ possibile seguire le lezioni in streaming su ImparaDigitale, Telecom Italiae Fondazione Telecom. Di Luca Indemini.
Una mattina immersi nella scuola digitale del futuro. Succede oggi, a partire dalle 10, all’Istituto Leone XIII di Milano, dove si svolgerà l’evento Tablet School 3, organizzato dal Centro Studi ImparaDigitale … Sarà possibile scoprire le sperimentazioni sulle nuove metodologie didattiche che integrano i new media nel processo di apprendimento degli studenti. Si passerà dalla “classe scomposta” di Dianora Bardi, motore di ImparaDigitale e degli eventi Tablet School, che prevede computer e tablet al posto di banchi e seggiole, offre agli alunni libertà di movimento in aula e fuori, e lavori di gruppo online, condivisi in modalità “wiki”; alla flipped classroom, che offre ampia autonomia agli studenti. Si potrà ripercorrere l’esperienza di Bookinprogress, progetto avviato da Salvatore Giuliano all’ITIS Majorana di Brindisi, che propone la sostituzione dei libri di testo con materiali didattici scritti dagli oltre 800 docenti della rete nazionale e stampati all’interno delle scuole…. E poi ancora esperimenti di coding in classe, l’impiego delle stampanti 3D in chiave didattica, costruzione di lezioni e programmi nella “cloud” ed esempi di didattica per competenze. La mattinata è rivolta ai ragazzi, ma anche e soprattutto ai docenti… A fine mattinata è previsto un collegamento video con l’evento finale delle consultazioni su “La Buona Scuola”, organizzato a Matera dal ministero dell’Istruzione alla presenza del ministro Stefania Giannini. L’articolato programma prosegue nel pomeriggio con una serie di assemblee aperte in cui si discuterà delle esperienze vissute in mattinata.