http://www.insegnareonline.com - 4 ottobre 2014
“Elogio della scoperta”
░ di Giuseppe Bagni
Jessica guarda che sbagli a non venire mai il giovedì a scuola, non è una noia come gli altri giorni. Il prof nuovo ieri ci ha fatto tornare in laboratorio (figurati, con quell'altro ci si andava due volte l'anno)… Ha mescolato due liquidi che sembravano tutti e due acqua, ci ha divisi a coppie e ciascuna doveva montare l'impianto per la distillazione. Si doveva scaldare il miscuglio segnando ogni poco il tempo e la temperatura, ma qui Jessica è successa una cosa straordinaria: ci ha chiesto di prendere il cellulare! … Ci ha detto di metterlo su "modalità aereo" - che da ora in poi per noi significherà "modalità scuola" - e di usarlo per fare la foto all'impianto. La foto la metteremo nella relazione di laboratorio che faremo nell'aula computer e lui ci insegnerà a scriverci sopra perché dovremo indicare cosa sono le varie parti dell'impianto di distillazione e a cosa servono. Non basta: ci ha anche chiesto di usarlo subito come cronometro per leggere ogni minuto la temperatura… A un certo punto il prof è andato a pendere quello strano tavolino che è sempre stato in un angolo e nessuno sapeva a cosa serviva. Lo ha sistemato di fronte alla lavagna, ha tolto due blocchi laterali e il piano si è ribaltato: abbiamo scoperto che sotto c'è uno specchio con un braccio lungo sopra. Il professore ha infilato la spina nella presa e il braccio si è acceso tipo lampada da comodino. Si vedeva sul muro il riflesso quadrato dello specchio che sembrava di essere al cinema. Lui ha detto che si chiama "lavagna luminosa", una roba che nessuno usa più da anni ma che lui trova ancora molto utile. Ma Jessica, le sorprese erano appena cominciate: il prof ci ha dato un foglio di plastica per uno… Ci ha chiesto di tagliare il foglio di plastica, che sembra si chiami "acetato", in strisce di un paio di dita di altezza e poi ci ha chiesto di scrivere ciascuno sulla striscia cosa pensavamo sarebbe successo via via che si scaldava. Una volta che abbiamo finito tutti lui se l'è fatte portare tutte e le ha sistemate una sotto l'altra sullo specchio: sul muro si vedevano tutti i nostri nomi e quello che si era scritto, anche Alessia che non parla mai e si mette sempre in fondo, questa volta era là, spiattellata! Lo sai che era la prima volta che si vedeva le calligrafie di tutti e che tutti si "parlava" là sul muro?... A giudicare dalle risposte, la maggioranza si aspettava che continuando a scaldare l'acqua, o quello che era, avrebbe iniziato a bollire e una metà ha scritto che se si scaldava ancora la temperatura saliva ancora, l'altra che la temperatura restava ferma. … Ed è successa una cosa strana, Jessica: a un certo punto il liquido ha iniziato a bollire ma il termometro in alto segnava sempre la stessa temperatura di 78 gradi. Nella provetta dall'altra parte dell'impianto ha iniziato a gocciolare un liquido dal profumo proprio buono. Poi la temperatura ha ripreso a salire e il professore ci faceva cambiare ogni tanto le provette dove finiva il distillato. Alla fine la temperatura è arrivata a 100 e non si è mossa più, anche se si scaldava a palla. …Ora è venuto il bello: il prof ci ha autorizzato ad annusare e ci ha reso le striscioline di plastica: dovevamo pulirle con lo spirito e poi scriverci le differenze che si sentivano… Poi è andato all'armadio e ha preso un coperchio tondo di vetro che ha detto si chiama "vetro da orologio"… ci ha messo sopra due gocce del liquido della prima provetta e poi ha preso l'accendino ed è andato con quello sul vetrino, e il vetrino ha preso fuoco, voglio dire il liquido che ci ha messo lui. Poi invece di spengerlo ha preso l'ultima provetta, quella che non sa di nulla e l'ha versata tutta sul vetrino. Noi tutti a pensare: questo è un pazzo incendiario, e ora si fa una fiammata, e invece il vetrino si è spento! Allora Michele ha chiesto al professore se ci diceva cosa erano i due liquidi che aveva mescolato, se ci spiegava cosa era successo e dettava gli appunti che si dovevano studiare. E lui dice di no, che la strada è ancora lunga, che dovremo tornare in laboratorio anche la volta prossima e fare alcune prove sui due liquidi separatamente e poi faremo il grafico di come cambia la temperatura al passare del tempo mentre si riscalda e ci saranno altre domande che salteranno fuori. E poi ci dice che per tutto l'anno lui non detterà mai appunti e non darà mai spiegazioni che non siano le risposte alle nostre domande. Dice che lui ha lo stesso desiderio di Popper (con questo Popper c'è proprio fissato!) di una scuola in cui non si pretenda di ascoltare risposte non sollecitate a domande mai poste. Lui ci aiuterà a porci le domande giuste e a metterci gli occhiali degli scienziati per scoprire le risposte, ma niente spiegazioni prima! ….
www.latecnicadellascuola.it - 5 ottobre 2014
“La buona scuola la fanno i bravi insegnanti”
░ di Lucio Ficara
Insegnare non è affatto facile. Pensare che affrontare la professione dell’insegnante sia difficile, soltanto per il percorso formativo che conduce un laureato ad abilitarsi all’insegnamento e poi a superare un concorso, significa banalizzare il concetto di questa delicatissima professione sociale. Insegnare significa molto di più che riuscire a superare le selezioni di un TFA, le varie prove scritte e orali e poi anche un concorso. Insegnare significa principalmente sapere trasmettere le competenze specifiche, acquisite nel proprio corso di studi e permanentemente aggiornarle. Se non si comprende questo semplice concetto, non esisterà mai una buona scuola, ma avremo al contrario una pessima scuola. È utile ricordare che il termine scuola deriva dal verbo greco scholazein che significa avere tempo di occuparsi di una cosa per divertimento. Quindi è semplicissimo comprendere, ed è scritto nello stesso etimo della parola scuola, che insegnanti e discenti occupano il loro tempo a studiare con piacere. Il piacere dell’apprendimento risiede principalmente nella capacità comunicativa dell’insegnante, che riesce a trasmettere, con semplicità, conoscenze e competenze anche complesse. In buona sostanza per avere una buona scuola, c’è bisogno della figura di un docente esperto della sua disciplina e specializzato nella comunicazione e trasmissione del sapere specifico. Una figura in grado di rendere semplice e piacevole ciò che semplice non è. L’idea singolare e miope di chi sostiene che tutti possono insegnare tutto e possono svolgere contemporaneamente all’insegnamento altre mansioni, non serve assolutamente a migliorare il livello della didattica nella scuola pubblica italiana, ma al contrario crea grossi problemi per l’apprendimento dei nostri ragazzi. È un’idea, che troppo spesso viene imposta per ragioni economiche e in nome della flessibilità, ma determina pessima qualità didattica e quindi una cattiva scuola. Docenti in esubero che vengono dirottati in altri classi di concorso o anche in altri ordini di scuola, non sono un esempio di buona scuola. Insegnanti riconvertiti ad altri insegnamenti con corsetti di 200 ore che si trovano ad insegnare nell’età della vecchiaia, quello che non hanno mai insegnato, non è un esempio di buona scuola. Per non parlare del disastro delle classi di concorso atipiche dove al bisogno si utilizzano i docenti, per insegnare quando una materia, quando un’altra più o meno affine. La buona scuola la fanno i bravi insegnanti che hanno costruito la loro figura professionale sulla specificità dei loro insegnamenti e sull’abilità comunicativa. L’insegnante che conosce la propria disciplina, ma non la sa trasmettere, per evidenti limiti comunicativi, non fa bene alla scuola, vista come luogo di apprendimento piacevole. In quel caso si fa una cattiva scuola. Allora quali potrebbero essere le soluzioni di una giusta riforma, fatta per una buona scuola? Smetterla di caricare di compiti aggiuntivi gli insegnanti, come se fossero onniscienti ed in grado di svolgere ogni compito contemporaneamente. Dividere le carriere di chi lavora a scuola, in carriera d’insegnamento per coloro che hanno il dono di essere bravi insegnanti ed eccellenti comunicatori e in carriera dell’organizzazione del lavoro, per coloro che amano di più gli aspetti burocratici. Non è possibile avere docenti che contemporaneamente ti fanno l’orario scolastico, la funzione strumentale, il docente a tempo pieno nelle classi. Forse dovrebbe sorgere il sospetto che chi pensa di riuscire a fare tutto, poi rischia di svolgere qualcosa in malo modo. Eliminare le classi di concorso atipiche e introdurre le specificità degli insegnamenti, sburocratizzare i compiti degli insegnanti, e fare formazione sugli aspetti della comunicazione. Un’idea questa che restituirebbe ordine in un sistema che è fuori controllo, dove ci sono poche risorse economiche e caricate tutte sulle spalle di una parte ristretta di docenti, quella più obbediente al dirigente scolastico, uno spreco di risorse umane che andrebbero meglio gestite e ovviamente meglio pagate.
lastampa.it - 7 ottobre 2014
“Presentato il Piano nazionale per la musica a scuola”
░ Si punta alla reintroduzione dell’educazione musicale in tutte le tipologie di scuola Superiore
Alfabetizzazione musicale già dalla scuola dell’infanzia, potenziamento alle Medie degli indirizzi musicali, ampliamento dei Licei musicali a livello territoriale, reintroduzione dell’educazione musicale in tutte le tipologie di scuola Superiore. Sono alcuni degli interventi proposti nel Piano nazionale per la musica (“Musica nella scuola per la formazione del cittadino”) presentato dal Comitato nazionale per l’apprendimento della musica, presieduto da Luigi Berlinguer, nella sede del ministero dell’Istruzione. All’iniziativa - che si inserisce nell’ambito della consultazione su “La Buona scuola” - hanno partecipato oggi come testimonial i musicisti Paolo Fresu, Danilo Rea, Paolo Damiani, oltre a numerosi esponenti di istituzioni musicali e culturali…. Il Piano illustrato prevede una massiccia formazione in servizio di tutti gli insegnanti coinvolti (con la collaborazione di Conservatori e Università), un accordo quadro Stato-Regioni che promuova, tra l’altro, una stretta collaborazione con il ministero dei Beni culturali e l’apertura ai privati… Per introdurre lo studio della musica nel primo biennio delle Superiori di propone l’uso della quota flessibile di orario e, per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali si potrebbero sviluppare - è il suggerimento - sia gli aspetti relativi al settore della costruzione degli strumenti sia quelli inerenti al mondo dell’organizzazione, comunicazione, editing e promozione musicale sia quelli della diffusione della musica tramite i media digitali.
www.corrieredellasera.it – 8 ottobre 2014
“Un miliardo per le assunzioni, ma gli altri capitoli restano senza coperture”
░ di Valentina Santarpia.
Nella Legge di Stabilità ci sarà un miliardo per la scuola: l’annuncio, dato dal premier Matteo Renzi alla fine dell’incontro con i sindacati, era atteso e ampiamente annunciato. Questi fondi dovranno servire a coprire, almeno per il primo anno, cioè a partire dal 1° settembre del 2015, l’assunzione a tempo indeterminato di circa 150 mila precari, che dal 2016 costeranno 3 miliardi all’anno. Ma restano ancora tantissimi punti «oscuri» sul fronte delle coperture. A partire dagli anni successivi al 2015, quando bisognerà pagare gli stipendi per l’intero anno a tutti gli insegnanti stabilizzati. La riforma a regime dovrebbe costare tre miliardi. Dove saranno trovare queste risorse? Secondo il piano della buona scuola, «a partire dal 2016-2017, e quindi dall’anno successivo a quello in cui verrà attuato il piano straordinario per l’assunzione dei 148 mila, il reclutamento avverrà senza ulteriori costi per le casse dello stato oltre quelli sopra previsti. Si tratterà infatti di assumere su turnover e di sostituire, quindi, i docenti che andranno via via in pensione». Ma il ministro Stefania Giannini ha anche annunciato che l’anno prossimo sarà bandito un nuovo concorso, per l’assunzione di 40 mila nuovi insegnanti, che presumibilmente dovrebbero coprire proprio le cattedre lasciate vuote dai pensionandi. Nella legge di stabilità ci sarà anche qualche altro fondo destinato alla scuola: cento milioni per l’alternanza scuola lavoro, e circa 15 milioni annuali (ma l’obiettivo è di spalmare 40 milioni entro i prossimi tre anni) per finanziare le reti wifi degli istituti. Stop. E le altre riforme della buona scuola, come verranno foraggiate? Il potenziamento dei laboratori dovrebbe trovare sponda nei finanziamenti privati, secondo i piani ottimistici del Miur. La formazione obbligatoria e continuativa degli insegnanti dovrebbe svolgersi indirizzando in maniera funzionale i progetti di formazione già in corso. Ma non ci sono previsioni di spese ad hoc per finanziarla. Le nuove materie da introdurre o potenziare (dalla musica all’inglese alla storia dell’arte) non avranno stanziamenti specifici per ora: i tecnici sono alle prese con un censimento dei precari in graduatoria, per capire chi sono e se potranno essere utilizzati per i vari insegnamenti, in modo da evitare di dover spendere ancora per formarli e renderli adatti a occupare i posti a disposizione. Anche perché intanto la spending review, imposta dal commissario Carlo Cottarelli a tutti i ministeri, dovrà sfoltire pure l’Istruzione. Secondo le stime, saranno 800 i milioni alla fine ricavati dalle sforbiciate qua e là: sarà ridotta la pianta organica del ministero, tagliati gli Ata (ausiliari tecnici e amministrativi), ritoccati all’ingiù i costi intermedi (dalla carta alle macchine alle bollette), e un taglio alla fine dovrà toccare pure al Fondo dell’università, che già soffre da anni, dopo la scelta di Tremonti di ridurlo di anno in anno: il Ffo è stato ridotto di quasi un miliardo dal 2009 ad oggi. Attualmente ammonta a 6,7 miliardi, secondo la legge Tremonti dovrebbe essere sfoltito di ulteriori 170 milioni, mentre i risparmi stimati dal Miur (che però non dovrebbero toccare la didattica, ma solo le spese correnti) ammontano a 30 milioni. Totale: 200 milioni a rischio. L’obiettivo del ministro Giannini sarebbe quello di evitare quanto meno il taglio Tremonti, come fatto dal governo Letta, che lo aveva scongiurato all’ultimo inserendo in Finanziaria 170 milioni per l’università . Ma per ora, fanno sapere dal Mef, coperture alternative non ce ne sono, quindi tutto dovrebbe procedere secondo piano. Con buona pace dei rettori.
Il fatto quotidiano – 8 ottobre 2014
“Sciopero della scuola: docenti e studenti contro ‘l’invalsizzazione’ dell’istruzione”
░ di Marina Boscaino.
Ero alla prima riunione degli autoconvocati delle scuole di Roma – precari, coordinamento delle scuole, assemblea delle scuole di Roma, genitori, studenti, Rsu di varie sigle sindacali – il primo settembre scorso, a decidere come/cosa fare per ripartire dopo la grande mobilitazione del luglio precedente contro il Piano Reggi…. Tramontato l’ennesimo tentativo di regolare l’orario di lavoroeludendo il contratto, eravamo certi che – anche per il continuo annuncio di un’imminente riforma – non solo la partita non fosse chiusa. Ma – persino – che ci attendesse qualcosa di peggio….Fu in quell’occasione che inviammo ai vari coordinamenti con cui siamo in contatto la proposta: sciopero. Non avevamo torto: il 3 settembre ecco la Buona Scuola, il documento di riforma targata Matteo Renzi: un progetto che … si configura come lesione grave alla libertà di insegnamento, cessazione della democrazia scolastica, umiliazione della professionalità e della dignità dei docenti e del diritto all’apprendimento degli studenti, esasperazione delle prerogative del dirigente scolastico, rottura dell’unitarietà del sistema scolastico nazionale, privatizzazione della scuola di tutte e di tutti. Un pesante tassello dello smantellamento della democrazia nel nostro Paese… rispetto al quale studenti e docenti uniti devono reagire con convinzione…. Una risposta unitaria e trasversale anche alle sigle sindacali che continuano ad arrancare in un minuetto di tentennamenti, principi traditi o parzialmente traditi, indizioni di scioperi tutti in giornate differenti, con l’evidente perdita di vista dell’interesse generale e del sacrificio ulteriore che, in tempi come questi, costa una giornata di astensione dal lavoro: non più strumento (e lo stiamo ormai comprendendo in molti) dei movimenti in difesa della scuola di tutte e di tutti. Le nostre energie sono oggi concentrate sulla riuscita di questa giornata di mobilitazione, che non consideriamo altro che l’inizio di un percorso che ci vedrà tornare a lavorare nelle scuole, organizzando assemblee di lavoratori, studenti e genitori… Molti collegi si sono già attivati per produrre delibere contrarie al piano – potremmo adoperarci per informare le scuola che esiste un disegno di legge in Parlamento che propone gli articoli della legge di iniziativa popolare che nel 2006 raccolse 100mila firme e fu scritta da studenti, docenti, genitori, cittadini in ascolto e condivisione reale. Ecco, potremmo sforzarci di far sapere che, mentre il governo usa i propri potenti mezzi (con la collaborazione di quasi tutti i media) per scavalcare il Parlamento e raggranellare consenso a colpi di tecnodemagogia, noi siamo presenti con un iter legittimo ed istituzionale con un dispositivo di legge che, pur nella sua perfettibilità, raccoglie il dettato costituzionale…
latecnicadellascuola.it – 9 ottobre 2014
“La bocciatura la decide la scuola non il giudice”
░ La bocciatura decisa dal Consiglio di classe non può essere sindacata nel merito dal giudice purchè essa sia conforme al parametro normativo e ai criteri deliberati preventivamente dal collegio dei docenti. Lo ha affermato il Tar Lazio-Latina con la sentenza 750/2014
La vicenda, ripresa dal Sole 24 Ore, riguardava la bocciatura di un'alunna al termine del primo anno di un liceo classico. I genitori della studentessa avevano impugnato il verbale del Consiglio di classe che sanciva la non ammissione alla classe successiva della loro figlia per via dello scarso impegno ed interesse, nonché di evidenti e diffuse lacune che non avevano consentito il raggiungimento degli “obiettivi minimi nella quasi totalità delle discipline” e che non avrebbero garantito “un proficuo percorso per il successivo anno scolastico”. Per i genitori della ragazza non erano stati tenuti adeguatamente in considerazione i risultati ottenuti dalla figlia al termine della scuola secondaria di primo grado e la frequentazione assidua e costante dei corsi di recupero in alcune materie. Il Consiglio di classe avrebbe dovuto eventualmente procedere ad una sospensione del giudizio sul profitto con indicazione delle materie da recuperare, e non invece disporre la bocciatura. Il Tar laziale invece ha respinto il ricorso, scrive sempre Il Sole 24 Ore, perché per i giudici amministrativi i corsi di recupero frequentati dall'alunna non possono costituire l'unico elemento di valutazione in ordine al giudizio di ammissione alla classe successiva. Ed in ogni caso, afferma il Tar la sostituzione della valutazione effettuata dal Consiglio di classe andrebbe a sconfinare in valutazioni di merito che sono sottratte al giudice e rimesse all'apprezzamento esclusivo dell'Amministrazione. Il giudice infatti può solo verificare la conformità della decisione del Consiglio di classe al parametro normativo ed ai criteri deliberati dal collegio, nonché controllare eventuali vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti. E ciò in quanto, «i giudizi espressi dai docenti, di non promozione alla classe successiva, sono caratterizzati dalla discrezionalità tecnica, costituendo il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni espressione di una valutazione rimessa dalla legge al collegio dei docenti, il cui giudizio riflette le specifiche competenze da esso possedute».
www.orizzontescuola.it – 9 ottobre 2014
“Ferie non godute. M5S: “Dimostreremo il danno per i precari”. Parte iter proposta di legge”
░ Inizia in Commissione Lavoro, alla Camera, l'iter della proposta di legge sulle ferie non fruite dei docenti precari, a firma dell’Onorevole Silvia Chimienti di CinqueStelle. Riportiamo l’intervista poiché siamo interessati a questa iniziativa parlamentare che percorre la stessa via che l’ANIEF ha intrapreso a difesa dei precari, e per l’abrogazione delle norme che le direttive comunitarie hanno ripetutamente condannato.
D. Onorevole, lei ha presentato una proposta di legge sulle ferie non godute dei precari della scuola. In effetti l'articolo 54 della Legge di Stabilità n. 228 del 12 introduce il divieto di monetizzazione delle ferie, ma secondo anche alcuni sindacati esso non è applicabile nel caso dei lavoratori della scuola perché contraddice una norma comunitaria, la n. 88/2003. Questa è la linea che intende portare avanti lei?
R. “Oltre all’atto del Parlamento europeo, faremo appello alla direttiva 99/70 CE, che prevede espressamente: «i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato… a meno che non sussistano ragioni oggettive". Ma non è solo una questione di normativa comunitaria. Siamo in presenza di una norma di legge che stralcia illegittimamente il contratto collettivo dei docenti che, come sappiamo, viene concordato insieme alle parti sociali. La norma di Monti ha surclassato il contratto di riferimento e ha posto sullo stesso piano docenti di ruolo e a tempo determinato, sancendo per entrambe le categorie l’obbligo di considerare i giorni di sospensione dell’attività didattica come giorni in cui il personale scolastico tutto viene considerato in ferie “d’ufficio”. Al contrario, il contratto collettivo di riferimento in materia di ferie distingueva chiaramente tra docenti di ruolo e a tempo determinato, proprio in considerazione del fatto che i contratti a termine, nella migliore delle ipotesi, conservano la loro validità fino al 30 giugno e non consentono al personale precario di usufruire delle mensilità retribuite di luglio e agosto, come invece avviene per i docenti di ruolo. Porterò alla luce le ingenti perdite economiche che sono conseguite a questi gravi interventi normativi che, in un’ottica di risparmio, ledono i diritti dei lavoratori”.
D. L’iter parlamentare inizia giovedì. Quali passaggi e quali ostacoli immagina sul suo cammino?
R.“La difficoltà è sempre la stessa: quella delle coperture e delle risorse. Noi abbiamo individuato delle coperture economiche ma siamo aperti ad altre opzioni. Noi abbiamo calcolato che pagare le ferie ai docenti precari costerebbe circa 200 milioni l’anno. Certamente chiederò che qualcuno dal MEF venga in commissione Lavoro a fornire dati ufficiali sulla platea degli interessati e sulla quantificazione degli oneri, oltre che sulla portata dei risparmi che sono già stati effettuati dal 2012”. …
D. Nel tecnico, che cosa si intende esattamente per ferie non fruite?
R. “Sono le ferie che ogni lavoratore matura durante un anno scolastico. Si tratta di circa 36 giorni in un anno, equivalenti a circa 1000 euro in busta paga. I docenti di ruolo fruiscono di queste ferie durante i mesi estivi; i docenti precari, al contrario, non ne fruiscono in quanto il loro contratto si estingue il 30 di giugno. Fino al 2012 queste ferie non fruite venivano regolarmente monetizzate e corrisposte ai docenti in busta paga. Monti ha imposto che per la scuola la monetizzazione delle ferie avvenga solo per la differenza tra i giorni maturati e quelli di sospensione dell’attività didattica: Natale, Pasqua e ponti sono giorni in cui i docenti vengono messi in ferie “d’ufficio” cioè coattivamente. La differenza è ovviamente pari o inferiore a zero: dal 2012 ogni precario perde circa 1000 euro in busta paga. Natale, Pasqua e ponti sono giorni in cui la scuola è chiusa e in cui il docente non può neppure scegliere di recarsi a lavoro, come farebbe se svolgesse un altro mestiere e avesse necessità di guadagnare quei 1000 euro in più. Tutto ciò è profondamente iniquo e discriminatorio”.
www.latecnicadellascuola.it – 10 ottobre 2014
“Confermato: ancora tagli all'Istruzione”
░ Il Miur sarà protagonista tanto della voce "avere", grazie al miliardo destinato alla stabilizzazione di 148.100 docenti precari, quanto alla voce "dare". Di Pasquale Almirante.
Se calcolato sul saldo netto da finanziare il contributo di viale Trastevere dovrebbe valere un sesto dei tagli complessivi (1,1 miliardi sui 6 attesi nel 2015). Che salirebbe a un quarto se calcolato sull'indebitamento (800 milioni sui 3 miliardi di risparmi attesi dalla manovra).Risorse che, spiega Il Sole 24 Ore, arriveranno in parti quasi uguali dal comparto scuola, da un lato, e dal binomio università/ricerca, dall'altro. Il risparmio più consistente arriverebbe dalla modifica degli esami di stato e dalla soppressione dei membri esterni (eccezion fatta per il presidente) nelle commissioni per la maturità: 144 milioni che scenderebbero a 99 se rapportati all'indebitamento. Altri 130 milioni giungerebbero invece dalla riduzione del fondo di funzionamento delle scuole assicurata dalla razionalizzazione delle spese di pulizia. Sempre in tema di scuola paiono degne di nota altre tre decurtazioni: gli 80 milioni (43 ai fini dell'indebitamento) dovuti allo stop agli scatti di anzianità, che salirebbero a 189 alla fine del prossimo triennio; i 55 milioni (30 ai fini del rapporto deficit/Pil) attesi dall'eliminazione delle supplenze di un giorno; i 50 milioni sottratti ai progetti nazionali di istruzione. Passando all'università, il primo intervento che balza agli occhi è una mini-sforbiciata alla quota rimodulabile del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), che dovrebbe valere 32 milioni ed essere collegata all'incremento di efficienza nell'acquisto di beni e servizi da parte degli atenei. Per il resto, spiega sempre Il Sole 24 Ore, l'aiuto del comparto universitario dovrebbe giungere attraverso la cancellazione di una serie di micro-voci: altri 2 milioni dell'Ffo destinati ai piani triennali; 5 milioni per la sede di ingegneria di Genova (Erzelli); 3 milioni della scuola d'ateneo Jean Monnet; 500mila euro della mai decollata fondazione per il merito. Lungo e variegato è anche l'elenco di misure per la ricerca. …