www.dire.it – 19 settembre 2014
“Cittadinanzattiva, sicurezza a scuola dati preoccupanti”
░ Cominciano a rimbalzare critiche al Piano Scuole belle; ce ne dispiace.
Dal 'XII Rapporto su sicurezza, qualità e accessibilità a scuola' emergono 'criticità vecchie che riguardano la manutenzione pesante, la presenza di amianto, la mancanza di barriere architettoniche, l'assenza di certificazioni. Molto c'è ancora da fare e a nostro avviso molto sul piano strutturale, della messa in sicurezza piuttosto che dell'abbellimento e del decoro. I dati sono ancora negativi e preoccupanti'. Cosí Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale della Scuola di Cittadinanzattiva ai microfoni di Diregiovani… L'enfasi data al piano scuole belle rischia di disperdere significato e risorse preziose, è necessario intervenire piuttosto su scuole sicure e nuove'. A proposito del Piano scuola del governo, ciò che non convince Cittadinanzattiva, è la distribuzione dei finanziamenti: al nord sono maggiori gli interventi su scuole sicure e nuove rispetto al sud dove sono di più gli stanziamenti per scuole belle. 'Una situazione da un lato giustificata dal fatto che siano proprio le regioni del nord ad avere accantonato fondi oggi disponibili grazie allo sblocco del patto di stabilità - dichiara Bizzarri - dall'altro comporta che si investa meno nelle regioni del sud e nelle isole dove maggiore è il numero di scuole con deficit strutturali. Occorrerebbero interventi ben più pesanti dal punto di vista strutturale e non certo solo di abbellimento e decoro '. Secondo i dati raccolti e pubblicati nel Rapporto, lo stato di sicurezza delle scuole è grave: quattro edifici si dieci hanno una manutenzione carente, oltre il 70% presenta lesioni strutturali, in un caso su tre gli interventi strutturali non vengono effettuati, più della metà delle scuole si trova in zona a rischio sismico e una su quattro in zona a rischio idrogeologico. …
www.corrieredellasera.it – 20 settembre 2014
“«Mio figlio a 21 anni sporco di pipì». L'odissea dei disabili a scuola”
░ Le famiglie con ragazzi e bambini con difficoltà psichiche o motorie, alle prese con carenze, disagi e inadempienze. Di Valentina Santarpia
«E’ stato un pessimo inizio di scuola per mio figlio: è tornato tutti i giorni a casa bagnato di pipì. A 21 anni, per lui, una grande umiliazione»: Maria è una delle tante mamme esasperate da quest’inizio di anno scolastico, una delle tante mamme sentite da «Redattore sociale» per indagare sull’odissea disabili a scuola. «Mio figlio, che ha una tetraparesi spastica, frequenta da quattro anni una scuola superiore, qui a Roma. Per tre anni, la sua scuola ha cambiato sede. Ogni volta, si è ripresentato il problema del bagno. Anche questa volta, stessa storia: lunedì, martedì e mercoledì è tornato tutto bagnato. I bidelli non erano riusciti a fargli utilizzare bene la tazza, per lui inadeguata. In una posizione scomoda, a lui si irrigidiscono i muscoli, con tutto ciò che ne consegue nel momento in cui dovrebbe rilassarli». Eppure Maria fin da giugno aveva contattato la preside per accertarsi che tutto fosse a posto: e l’avevano rassicurata. «Invece, quel bagno non va bene, la carrozzina non riesce a muoversi come dovrebbe. E a ciò si aggiunga che i bidelli, per quanto riqualificati, non sono minimamente formati»…. Il grande assente, in questo avvio di anno scolastico, come spesso in quelli passati, si chiama «sostegno». …Tanti sono i genitori, soprattutto le mamme, che parlano di ore che non bastano, insegnanti che non ci sono, o che non si conoscono, assistenti educativi che ancora non arrivano. Nonostante il contingente massiccio di immissioni in ruolo di insegnanti di sostegno autorizzata dal Miur (13342, una bella fetta dei circa 28 mila insegnanti assunti a tempo indeterminato a settembre) ci sono decine di studenti disabili che, al suono della prima campanella, non sono stati accolti come avrebbero dovuto: con attenzione, competenza, professionalità. La maggior parte delle famiglie si è trovata, come ogni anno, un insegnante di sostegno nuovo al fianco del proprio figlio. Tanti però non sanno ancora chi sarà a prendersi cura di lui, perché il docente non è stato assegnato. Altri, ancora, quell’insegnante non lo vedranno mai, perché non ci sarà: in alcune province, a quanto pare, sono finiti gli insegnanti di sostegno, quindi alcuni studenti con disabilità, anche gravi, saranno affidati a insegnanti «normali», che poco o nulla sanno di disabilità. «Purtroppo il numero di alunni è in costante aumento, ma l’impegno non manca», sottolineano dal ministero dell’Istruzione. E poi c’è il problema degli edifici: che, in barba a tutti i proclami sulle scuole belle, nuove e sicure, spesso sono inadeguate ad ospitare bambini e ragazzi che non hanno la consueta mobilità. Quasi in una scuola su due, rivela l’ultimo rapporto di Cittadinanzattiva presentato giovedì, mancano posti auto dedicati adiacenti all’edificio e in una su 4 all’interno dell’area. Nel 29% dei casi le aule hanno barriere architettoniche, l’11% delle mense sono inaccessibili e il 20% delle palestre non può essere utilizzato dai disabili. Anche gli arredi non sono a misura….Patrizia vive a Bergamo ed è la mamma di Matteo, 12 anni, disturbo dello spettro autistico associato a psicosi. «Una bambino difficile - spiega - che ha bisogno di una persona non solo sensibile e competente, ma specializzata». Quest’anno, per di più, ha iniziato la prima media: «Compagni nuovi, scuola nuova, insegnanti nuovi. Un cambiamento difficile per tutti, figuriamoci per lui», racconta. In virtù della sua condizione di gravità (tecnicamente, articolo 3 comma 3 della legge 104), Matteo avrebbe diritto a una copertura totale delle ore scolastiche, con un rapporto di uno a uno con l’insegnante di sostegno. «Ho chiamato il preside una settimana prima dell’inizio della scuola, per accertarmi che fosse tutto a posto e sapere quale insegnante avrebbe seguito mio figlio. Mi è stato detto che Matteo avrebbe avuto 6 ore di sostegno e 8 di assistenza, a fronte delle 20 ore totali che aveva lo scorso anno». Del tutto insoddisfatta, Patrizia ha minacciato di telefonare al provveditorato. «A quel punto, le ore di sostegno sono diventate 8, come fossimo al mercato. Ma io ho replicato che di ore me ne servono 18. Di lì a poco, il preside mi ha richiamato, dicendo di essere arrivato a 10 ore di assistenza e quindi a 18 complessive». Tutto risolto, ma solo in teoria: «Il giorno prima dell’inizio della scuola, il preside mi chiama nuovamente, per comunicarmi che Matteo non avrebbe avuto, l’indomani, né l’insegnante di sostegno né l’assistente. E che, in verità, l’insegnante di sostegno non l’avrebbe avuto mai, perché erano finiti». Incredula, Patrizia ha chiamato il Provveditorato, che ha confermato la notizia: gli alunni disabili erano più degli insegnanti di sostegno, così a Matteo e ad altri come lui sarebbe stata assegnata un’insegnante normale. Se da Bergamo si scende verso Sud, la situazione non è molto diversa. Lorenzo è un ragazzo con sindrome d Down, che frequenterà quest’anno la prima classe della Scuola secondaria di primo grado «Faa’ di Bruno» di Marotta di Mondolfo (PU). I suoi genitori sono molto preoccupati e insoddisfatti… «A Lorenzo sono state assegnate solo 9 ore di sostegno, contro le 13 dello scorso anno, a fronte di un aumento del tempo scuola e di un passaggio di ordine di scuola da affrontare - raccontano - Così come è stato ridotto al lumicino il monte ore di altri due nuovi alunni disabili che frequenteranno il primo anno, come nostro figlio». Di fronte ad una richiesta di chiarimenti, «abbiamo ricevuto solo una telefonata del funzionario addetto all’organico del sostegno, che ci ha chiesto di essere pazienti- Ma la domanda è: con quale spirito possiamo mandare a scuola il nostro ragazzo?».
ItaliaOggi – 23 settembre 2014
“Niente licei di 4 anni? Così il Miur si opporrà”
░ Di Carlo Forte. Facciamo notare che i provvedimenti bocciati dalla magistratura amministrativa di solito sono deboli o carenti formalmente. Se non li vuole cassati, il MIUR non li confezioni di fretta (inseguiti da chi ?) e con la supponenza di poter fare tutto ciò che, senza consultare la base, scaturisce dalla mente dei decisori politici di turno (Ahi ahi, ahi Signora Carrozza). Al riguardo della supponenza che contraddistingue l’amministrazione scolastica centrale, invitiamo il lettore a leggere l’articolo di De Anna che pubblichiamo per ultimo.
La secondaria di II grado in 4 anni non s'ha da fare. Manca la copertura normativa. E anche se vi fosse, prima di partire bisognerebbe comunque assumere il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. Così il Tar del Lazio in una sentenza emessa il 19 settembre scorso ( r.g. 1268 del 2014) a seguito di ricorso della Flc-Cgil. Ma il ministero dell'istruzione non ci sta ed è già pronto a impugnare la sentenza davanti al Consiglio di stato. … Secondo i giudici amministrativi… il percorso abbreviato determinerebbe discriminazioni ai danni di tutti gli altri studenti che, per prendere il diploma, hanno dovuto sostenere un corso quinquennale. Pazienza se in Europa lo fanno in 4 anni. E in più non si sa nemmeno bene se alla fine il titolo avrebbe valore legale oppure no. Ma anche su questo viale Trastevere non è d'accordo. Secondo il ministero, infatti, il decreto del presidente della repubblica 275 del 1999 prevede la possibilità per le scuole di attivare progetti innovativi che incidono anche sulla durata degli ordinamenti. Si tratta, quindi, di percorsi sperimentali, che di per sé si diversificano da quelli ordinari. Resta il fatto, però, che le sentenze dei Tar sono immediatamente esecutive. E dunque, allo stato attuale, la situazione è questa: il Tar ha cancellato con un colpo di spugna i decreti con i quali il dicastero di viale Trastevere aveva autorizzato la sperimentazione del percorso quadriennale in 4 istituti superiori… I giudici hanno comunque ritenuto di andare oltre, spiegando che la motivazione addotta dal ministero all'atto dell'emanazione dei decreti (adeguare la durata dei percorsi di istruzione agli standard europei) «in assenza del parere del Cnpi che coniughi l'autonomia delle istituzioni scolastiche e la loro modifica ordinamentale con i bisogni del territorio», si legge nella sentenza, «l'adeguamento agli standard europei appare costituire piuttosto una motivazione superficiale ed insufficiente a giustificare l'abbreviazione di un anno». In più, il collegio ha fatto presente che questa motivazione, senza una chiara specificazione circa il valore legale del titolo di studio conseguibile al termine del quadriennio di sperimentazione e senza indicazioni circa la sua spendibilità nel mondo del lavoro o per il prosieguo degli studi universitari «appare creare realmente quella sperequazione temuta dalla ricorrente organizzazione sindacale rispetto a coloro che effettuano il corso di studi quinquennale, come si è verificato in occasione di altre sperimentazioni».
www.scuolaoggi.org
Dal giorno 18 settembre, nel sito di ScuolaOggi, prestigiosi studiosi hanno pubblicato interessanti commenti relativi al Documento-proposta “La buona scuola”. Ne citiamo alcuni passi indicando, per ciascuno, data e autore. I lettori potranno compararli a quanto abbiamo scritto nelle 13 schede pubblicate nella rubrica di Aggiornamento del portale ANIEF.
░ Pubblicato il 18 Settembre 2014 | di Antonio Valentino. Verte sul tema della “formazione in servizio” e sviluppa in modo approfondito concetti ai quali, nelle nostre schede, abbiamo accennato con favore.
… Può apparire ovvia l’idea di ancorare la formazione al profilo professionale. Non è comunque ovvio – e quindi ne vanno ricercate le strategie – quanto si dice nel passaggio del documento sul mestiere docente; e cioè che quello che più conta non è più solo la trasmissione di saperi codificati, ma l’attenzione ai “modi di pensare (creatività, pensiero critico, problem-solving, decision-making, capacità di apprendere), [ai]metodi di lavoro (tecnologie per la comunicazione e collaborazione) e [alle] abilità per la vita e per lo sviluppo professionale nelle democrazie moderne”.Un secondo aspetto riguarda la necessità di legare la formazione alla possibilità di sviluppare riflessionesistematica sulle pratiche didattiche e di valutare l’efficaciadelle pratiche educative; e, se necessario, modificarle. E di puntare a questi obiettivi, lavorando e facendo ricerche “in stretta collaborazione soprattutto con i colleghi e il territorio…”. Mi sembrano questi dei buoni indicatori di una formazione sensata. È evidente qui il taglio innovativorispetto alle modalità oggi di gran lunga prevalenti nelle attività di formazione; innovativo non tanto e non solo per il richiamo al nesso stretto tra formazione e pratiche didattiche e tra formazione ed autovalutazione e ricerca; quanto perché si sottolinea l’importanza dell’autoformazione tra pari (“i colleghi”) e della collaborazione con soggetti esterni capaci di sollecitazioni e proposte… Una terza ideadel Piano che esprime una percezione diffusa è quella che punta a modelli organizzativi che prevedano sia “il superamento di approcci formativi a base teorica”, sia modalità formative che mettano al centro le esperienze professionali dei docenti coinvolti….Un quarto aspettopositivo riguarda i modi di fare formazione. A proposito dei quali c’è nel Documento un no netto sia aipercorsi - “in presenza o in parte online (blended) – troppo spesso frontali (che di fatto ostacolano il confronto interattivo e la verifica dell’esperienza fatta), sia ai “pacchetti formativi” spesso standardizzati generalmente lontani dai problemi del fare scuola e da prospettive concrete…Si parla opportunamente: a. di valorizzazione delle associazioni professionali dei docenti; b. della centralità di reti di scuole, di poli a livelloregionalesu cui concentrare partenariati di ricerca per l’innovazione continua; c. degli “innovatori naturali”, che dovranno avere la possibilità di concentrarsi sulla formazione…. L’interrogativo allora è: la formazione è un obbligo o solo un’opportunità che si offre ai volenterosi che vengono sollecitati / invogliati perché così maturano crediti e conseguono scatti?... Nella nota introduttiva gli item della consultazione (cap. 2, p.2), si parla di formazione “continua e obbligatoria”. Ma “obbligatoria” in quanto “necessaria per conseguire crediti formativi”?... In ogni caso, l’individuazione di indicatori plausibili per l’attribuzione del credito è una questione delicata e complessa. E non solo per i “crediti formativi”….
░ Pubblicatoil 18 Settembre 2014 | di Pippo Frisone. Per parte nostra, nella scheda pubblicata lo scorso 26 su Aggiornamenti in progress, abbiamo segnalato queste altre “dimenticanze”: - l’innalzamento dell’obbligo scolastico; - il diritto allo studio; - l’indennità da corrispondere ai docenti immessi nell’organico funzionale con obbligo di servizio in più sedi distanti; e che glissa sul ritardo con cui si procede al riordino delle classi di concorso (senza il quale, gli organici sono anacronistici e producono caos e iniquità).
In 126 pagine, riassunte in 6 capitoli ricchi di cifre, dati statistici e grafici si sviluppa la buona scuola del governo…. Con qualche amnesia. La prima sul sistema pubblico dell’istruzione riguarda le scuole non statali paritarie, nonostante da anni si assegni quasi mezzo miliardo di euro nel bilancio destinato all’Istruzione. C’è crisi anche nelle private, calano le iscrizioni (-15% ) e allora forse è meglio non parlarne. Altra amnesia quella sui docenti in “ esubero”. L’ultima rilevazione fatta dal Miur dopo i trasferimenti e passaggi del 2014/15 dava 7.553 docenti in esubero… Altra amnesia riguarda il personale ATA, a partire dal precariato. Non si parla né di stabilizzazione né di svuotare le specifiche graduatorie provinciali… Ma l’amnesia che più colpisce della buona scuola è quella sul contratto. Rimosso. Anche se è bloccato al 2009 e rischia di restare al palo fino al 2018… La messa all’angolo dei sindacati che verranno magari ascoltati dal Governo ma senza alcun diritto di veto la dice lunga su come andrà a finire. La stessa consultazione on line sul Piano rivolgendosi direttamente al “popolo”, tende a sminuire il ruolo e la funzione dei corpi intermedi, quali sono le OO.SS….
░ Pubblicatoil 19 Settembre 2014 | di Aldo Domenico Ficara (che cita le opinioni espresse dal prof. Settis, e che l’ANIEF condivide in pieno).
Sono particolarmente stimolanti alla discussione le parole del Prof Salvatore Settis …che, dalle pagine de L’Espresso in un suo articolo dice: “ Quanto alla scuola, a parte la farsa di centomila assunzioni rimangiate in un giorno, le dichiarazioni del ministro Giannini fanno trasecolare: la scuola pubblica risorgerà grazie a capitali privati; intanto, per «garantire la libertà di scelta educativa» bisogna archiviare il «pregiudizio ideologico» che privilegia la scuola pubblica su quella privata. Giannini copia impudicamente la sua predecessora Gelmini, secondo cui «la Costituzione dice che la scuola, sia statale sia paritaria, è sempre pubblica». Ma la Costituzione dice il contrario (art. 33): «la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». In questi ambiti, Renzi è un innovatore o no? Non lo è, perché innovare non è riciclare i progetti del centro-destra e la deregulation reaganiana. Lo è, invece, per uno stile di governo che punta tutto sull’effimero e nulla sul permanente “. Altre voci interessanti come quelle di Repubblica.it snocciolano su “La Buona Scuola“ percentuali e numeri: “la riforma della scuola ne esce maluccio: i giudizi negativi ammontano al 72,4% del totale, mentre i pareri positivi si fermano al 13,9%. Per il 26,2% dei post la riforma è iniqua, perché premia alcuni penalizzando ingiustamente altri; per il 17,2% è contraddittoria, perché fatica a mandare in pensione alcune categorie di insegnanti mentre annuncia massicce stabilizzazioni di docenti precari; per il 14,7% sposa la logica, ritenuta inopportuna, del "lavorare tutti per guadagnare meno" ("Blocco stipendi statali ma assunzione dei precari scuola”). Ma in fondo a tutti questi ragionamenti la ricetta innovativa è sempre quella più semplice: Per fare “ la buona scuola“ ci vogliono “ le buone teste“. Ma “le buone teste“ si trovano soltanto contraccambiando le loro qualità intellettive con retribuzioni adeguate e con un riconoscimento dell’attività svolta in termini di dignità sociale. Se, come si fa oggi per tutti gli attori della scuola, si bloccano gli stipendi, e si rende vano un aggiornamento professionale efficace e mirato ad obbiettivi strategici lungimiranti, allora non ci si deve lamentare di una situazione culturale e strutturale labile, che pervade irrimediabilmente tutta la scuola, dalle fondamenta alle vette (sono testimonianze attive gli errori proposti nei concorsi pubblici scolastici degli ultimi anni: http://www.laricerca.loescher.it/index.php/component/content/article/37-scritto-da-voi/850-esempi-di-errori-formulati-nei-concorsi-pubblici-scolastici). Insomma quando la testa delle persone è buona, tutto ciò che circonda il loro operato diventa buono, e la scuola non fa eccezione.
░ Pubblicato il 20 Settembre 2014 07:22 | di Maurizio Tiriticco.Il suo proverbiale rigore logico, la proverbiale passione.
Se la Buona scuola vuole essere un documento che vuole sollecitare riflessioni e interventi, va benissimo. … Dal documento dei nostri anonimi estensori non emerge nulla dei nodi cruciali della nostra scuola! Sembra che tutto vada bene, e che basti qualche ritocco qua e là perché tutto funzioni meglio. E le sollecitazioni non investono le questioni di fondo! Mah!!! Se la mia automobile va in panne, non la porto al lavaggio, ma all’officina, e magari all’officina autorizzata! Entro nel merito di qualche nodo importante. Vogliamo fare uscire i nostri ragazzi a 18 anni di età? Benissimo, ma... basta tagliare un anno al secondo ciclo? Non ci ho mai creduto e l'ho scritto! E qualcuno più autorevole di me ha bacchettato le sperimentazioni che sono in atto! In effetti, non si può bignamizzare un percorso di istruzione! Siamo seri! Uscire a 18 anni significa ripensare l'intero percorso del nostro alunno, fin dalla primissima infanzia! … Perché si continua ad insistere su un primo ciclo di istruzione che si conclude a 14 anni di età, quando in effetti dovrebbe terminare a 16, con la conclusione di un obbligo che abbiamo elevato nel 2007 …. I tre percorsi biennali del secondo ciclo di istruzione vietano di fatto che gli insegnanti si sentano obbligati a insegnare considerando le competenze di fine obbligo. Ciascun insegnante pensa in termini di quinquennio, non in termini di biennio. Ma la colpa non è degli insegnanti, ma di un Miur che ha innalzato l’obbligo senza intervenire nel merito degli ordinamenti. Per cui l’equivalenza formativa dei percorsi – così si esprime il dm istitutivo dell’obbligo decennale – è un puro e semplice flatus vocis!... Nessuno del Miur si è preso la briga di dire alle scuole che le competenze finali della terza media corrispondono al primo livello dell’EQF, quelle di fine obbligo al secondo, quelle dell’esame di Stato finale al quarto. E che sarebbe il caso, se si ragiona e si insegna in termini di competenze, constatare quali convergenze vi siano tra quelle nazionali da noi adottate e quelle indicate dall’EQF, che valgono per tutti i cittadini dei 28 Stati membri… Quelle competenze di cittadinanza che l’Unione europea ci ha indicato (e ad elaborare questa “indicazione” ha contribuito anche il nostro Paese) e che i nostri cittadini tutti dovrebbero acquisire a conclusione degli studi obbligatori, il nostro bravo Miur le ha completamente ignorate nel modello di certificazione che le scuole adottano. Ciò coincide con la colata a picco di quella disciplina che si chiama Cittadinanza e Costituzione, che doveva dare nuova vita a quell’Educazione civica che le nostre scuole hanno sempre ignorato… E che dire del fatto che il nostro secondo ciclo non è affatto unitario ? Perché i licei sono “ordinati” da Indicazioni nazionali, a volte assi vaghe, e gli istituti tecnici e professionali da Linee guida, tutte incentrate invece sul dolmen delle conoscenze, delle abilità e delle competenze? Quando mai abbatteremo quel solco che ancora divide “per legge” gli studi umanistici, fatti per i figli di papà, e quelli tecnico-professionali destinati agli sfigati? Siamo ancora una società classista? Certo! Ed è la nostra scuola che contribuisce a riprodurla!... Questi problemi di fondo chi scrive la Buona scuola non li vede, non li conosce, non li vuole vedere, non li vuole conoscere! Altrimenti scriverebbe la Cattiva scuola, entrerebbe nel merito e, invece di sollecitare interventi altrettanto buonisti, invece di scrivere tonnellate di pagine, stenderebbe due paginette di interventi reali e costruttivi! … Una scuola europea! Semplicemente dovrebbe essere una scuola che formi cittadini, persone e lavoratori. In effetti lo abbiamo anche scritto! Le istituzioni scolastiche devono garantire interventi di educazione, formazione e istruzione per garantire a tutti il successo formativo (dpr 275/99, att. 1). A quando però?
░ Pubblicato il 21 Settembre 2014 | di Gianfrancesco Costantini. Giudica la consultazione on line attivata sul Documento-proposta “Piano per una buona scuola”, “un obbrobrio metodologico e inutile”.
Da un punto di vista metodologico, il “sondaggio” proposto dal governo è un obbrobrio. Dal punto di vista dell’utilità, fatta salva quella di “far pensare che sia in corso una consultazione”, si tratta di un esercizio insensato. Un esercizio insensato perché, sia per il momento in cui è stato lanciato, sia per le modalità con cui è costruito di fatto impedisce che qualsiasi contributo “costruttivo” o “critico” (perché poi un intervento critico non sarebbe costruttivo?) possa influire sulla formulazione del piano e sulla sua attuazione. Forse un intervento delle comunità scientifiche della sociologia, delle scienze dell’apprendimento e delle altre scienze sociali sarebbe necessario. Probabilmente sarebbe poco efficace nel cambiare le caratteristiche della consultazione (che comunque sarebbe interessante sapere da chi è stata predisposta e da chi è gestita), ma almeno potrebbe osservarne e renderne noti pubblicamente i vizi. Mi limito a menzionarne qualcuno.Il vizio di fondo: una consultazione basata sul “web”. Renzi si dimostra in questo caso più Grillino di Grillo e non sembra tener conto che non tutti hanno accesso a internet, né la capacità di utilizzarlo adeguatamente. Né che di fronte a uno schermo ci sono individui, mentre i processi di innovazione sono un’opera collettiva. Un secondo vizio salta agli occhi ancora prima di aprire il “questionario”. A chi partecipa alla “consultazione” è richiesto di registrarsi (e fin qui tutto bene), ma non c’è nessuna assicurazione che il questionario sia anonimo, anzi…. Il terzo vizio riguarda la definizione dei soggetti che partecipano alla consultazione. Possono essere di quattro categorie soltanto: docenti, studenti, dirigenti scolastici e “altro”. L’altro è indistinto e indeterminato, dentro ci può essere tutto: professori universitari, operai, imprenditori, professionisti, impiegati, laureati e non. Non sapremo mai chi c’è. Non si potrà ragionare sul significato delle informazioni raccolte: queste potranno corrispondere alle opinioni di studenti, professori o dirigenti oppure a quelle dei cittadini “qualunque” (o degli “uomini qualunque”), potremo sapere forse l’età e il luogo di residenza di questi uomini qualunque ma non è gran che se si vuole capire cosa rappresenta un’opinione. Non sapremo mai per esempio se si tratta di persone che hanno relazioni quotidiane con le scuole o di persone che non hanno messo piede in una scuola negli ultimi 30 anni. Il quarto vizio è più grave: la consultazione semplicemente chiede a chi risponde al questionario di esprimere un’opinione circa le caratteristiche che pensa siano più importanti per una buona scuola (le caratteristiche dei professori, ecc.). Il menu di “caratteristiche preferite” è chiuso, non è organizzato in scale, prevede uno spazio di libertà solo nella marginale casella “altro” (che è davvero marginale, visto che non si chiede neanche di specificare cosa sia questo “altro”). Il dato che si rileverà è che quindi X persone ritengono importante qualcosa tra quello che il governo propone loro. Che cosa questo voglia dire è un mistero, la possibilità che ci siano altre preferenze non è neanche lontanamente contemplata. Non si saprà mai se per esempio ritengono le proposte che sono state presentate loro “irrilevanti”, o “impertinenti” o fortemente nocive. Non si può esprimere un parere negativo, solo quello positivo!... Non si chiede neanche ai cittadini di dire quali pensano siano i problemi della scuola, né quali ne siano i punti di forza, e neanche quali siano le loro difficoltà nell’uso di questo “servizio” o quali siano state le loro esperienze. I fatti non interessano, e neanche la possibilità di arricchire il quadro analitico del piano che al momento è assai carente (più che carente, assente)….
░ Pubblicato il 22 settembre 2014 | di Giancarlo Cerini. Rende il modo efficace il senso del Documento, e con occhio – non occorre dirlo – competente. Il punto di vista dell’Anief sul Documento- proposta collima con non poche delle valutazioni espresse da Cerini; ci riconosciamo, ad esempio, nell’affermazione: “Non c’è un buon insegnamento se non c’è gioco di squadra. Occorre dunque soppesare con attenzione gli effetti collaterali di incentivazioni di merito che si rivolgerebbero in quota fissa ai 2/3 dei docenti, escludendo il residuo 1/3. Ogni docente dovrebbe poter accedere a questi riconoscimenti… è necessario per non trasformare la ricerca del merito in una competizione tra individui, da tradurre viceversa in una migliore valorizzazione di tutti i docenti e dei loro potenziali talenti. Si cresce tutti assieme a scuola, come professionisti”. Dissentiamo, invece, sulla locuzione “qualche tocco di liberismo appena sussurrato”, perché ci sembra che, nel Documento, il liberismo sia asse portante; quanto alla connessa sottolineatura “ma con un ancoraggio visibile ai valori costituzionali”, rimandiamo il lettore alla nona scheda di commento (pubblicata il 22 settembre nel sito ANIEF).
La proposta del Governo Renzi sulla “Buona scuola” ha certamente un suo “piglio” organico, presenta ipotesi corredate anche da quantificazione di impegni e da crono programmi… Si respirano idee innovative, la voglia di mettere mano a proposte fattibili, l’esigenza di modernizzare il quadro culturale, didattico ed organizzativo. Non manca una certa aria di “giovanilismo”… Offre una nuova possibile qualità: docenti più preparati, valutazione delle scuole, trasparenza totale e lotta alla burocratizzazione, modernizzazione del progetto culturale (con forti iniezioni di lingue straniere, nuove tecnologie, economia, rapporti con il mondo del lavoro, che potrebbero far tornare in mente le fatidiche “tre i”), controbilanciato però da un sincero recupero dei saperi disinteressati… Si può ipotizzare un ampliamento del tempo pieno nella scuola primaria (il testo lo dichiara esplicitamente in più punti) ed in generale dell'offerta formativa (ad esempio offrendo insegnamenti specialistici di musica ed educazione fisica)… Per la scuola secondaria il personale dell'organico funzionale potrà favorire il ripristino di quelle attività laboratoriali ed operative, compresse dai decreti del 2010 (ma anche spingere più a fondo la didattica digitalizzata), nonché il potenziamento di insegnamenti ritenuti indispensabili (l'economia, la geografia, la storia dell'arte, le lingue straniere-CLIL, ecc.) per un ammodernamento dell’offerta formativa della scuola…. L’insieme dei crediti descrive una sorta di “standard professionali” che ci si aspetta da ogni insegnante. … Si dovrebbero a conciliare due principi apparentemente opposti: da un lato riconoscere le competenze maturate dai singoli docenti, dall’altro legare questo riconoscimento alla natura collaborativa e cooperativa dell’insegnamento. Non c’è un buon insegnamento se non c’è gioco di squadra. Occorre dunque soppesare con attenzione gli effetti collaterali di incentivazioni di merito che si rivolgerebbero in quota fissa ai 2/3 dei docenti, escludendo il residuo 1/3. Ogni docente dovrebbe poter accedere a questi riconoscimenti… A questa idea sembra rispondere la valorizzazione di figure intermedie, come il “mentor” di cui parla il documento (ma le figure sono assai più articolate), cioè di colleghi di comprovata competenza ed esperienza cui viene richiesto di collaborare al buon funzionamento della comunità professionale, assumendo l’onere, ad esempio, di accogliere i “nuovi docenti”, di coordinare gruppi di progetto, di presidiare funzioni significative a vantaggio della scuola dell’autonomia. In sintesi, siamo di fronte ad un pertugio stretto, ma necessario per non trasformare la ricerca del merito in una competizione tra individui, da tradurre viceversa in una migliore valorizzazione di tutti i docenti e dei loro potenziali talenti. Si cresce tutti assieme a scuola, come professionisti, ma qualcuno potrebbe dare una mano per realizzare questo obiettivo ambizioso…. Il processo valutativo fa perno sull’autoanalisi di istituto (anche a partire dai dati forniti dal sistema centrale: “Scuole in chiaro” e Invalsi), sulla stesura di un Rapporto di Autovalutazione (sulla base di un format comune, con alcune possibili integrazioni locali), sulla valutazione esterna di scuole campionate (il 10% ogni anno), sulla definizione di pochi obiettivi strategici su cui imperniare il miglioramento, sulla rendicontazione pubblica dei risultati. Il documento non entra dettagliatamente nel merito degli attuali assetti curricolari delle scuole … però, non rinuncia a segnalare alcune priorità da riscoprire e da inserire come “addenda” significativi agli attuali programmi. Ci riferiamo a: - potenziamento del curricolo di lingua inglese, in forma di insegnamento veicolare (CLIL) delle discipline non linguistiche (DNL) in lingua straniera, a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria…; - sviluppo della cultura e della pratica musicale, per cui è previsto l’inserimento nelle classi quarte e quinte della scuola primaria di oltre 4.000 docenti specialisti provenienti dalla scuola secondaria …; - maggiore attenzione all’educazione fisica e all’attività sportiva… ; - l’espansione dell’economia nei curricoli della scuola secondaria, considerato un sapere-base per un cittadino “globale” (unitamente all’operazione sulla geografia già avviato dal Ministro Carrozza); - l’affinamento delle competenze digitali lungo tutto il percorso formativo, con una insistenza specifica per la scuola primaria, in cui viene adottata anche una particolare metodologia (il coding)… - la riscoperta della vocazione italiana all’arte ed alla creatività… Torna nel documento un sogno inseguito da tanti anni nel nostro paese: rendere la scuola un sicuro veicolo di mobilità sociale, possibile solo se risponde anche al fabbisogno di competenze per il sistema produttivo, che lamenta la vetustà e la debolezza dei profili formativi in uscita dal sistema scolastico…. Una ipotesi presente nel documento è quello di costruire contatti espliciti tra la cultura della scuola e la cultura del fuori-scuola, del mondo delle imprese e dei servizi, trasformando anche le istituzioni scolastiche in organismi che producono (e vendono) tecnologie e prodotti innovativi. Uno stage non deve più essere un’eccezione, così come un viaggio all’estero. L’alternanza non può essere un abbellimento ex-post di curricoli ingessati. Ma soprattutto si dovrà immaginare un sistema duale in cui l’incontro con le dimensioni operative, tecniche, professionali non finisca per essere confinato all’area più debole della popolazione studentesca, ma possa rilucere di vita propria, magari inseguendo i fasti del modello tedesco, ad alto impatto sociale, ove la scelta della filiera tecnico-professionale garantisce quella collocazione nel mondo del lavoro che da noi latita…
░ Pubblicato il 24 settembre 2014 | di Franco De Anna. Considerazioni sul nodo essenziale: Viale Trastevere versus Autonomia scolastica.Nelle profonde argomentazioni proposte da De Anna troviamo conforto ad alcune nostre osservazioni, ad esempio quando leggiamo: “Se c’è un carattere specifico del nostro sistema di impresa è la sua indifferenza e la sua assenza nel destinare risorse alla formazione”, ciò che i nostri lettori trovano nella XIII scheda, dello scorso venerdì. Ma è soprattutto nel discorso che cui De Anna accenna sul centralismo amministrativo che ci riconosciamo, e ringraziamo l’Ispettore per la risolutezza con cui scrive dell’amministrazione scolastica (“potere reale, ma non manifesto, che governava davvero “le cose e le persone”, ma non ne rispondeva. “Potere senza responsabilità”)di cui ha sicura, diretta contezza. E’ proprio vero che “la profondità è meglio del perimetro”. Grazie, Franco De Anna.
Nei commenti alle proposte del Governo sulla “buona scuola” che si ritrovano su questo e su altri siti focalizzati sull’istruzione, si incontrano interventi, opinioni, spunti, attacchi e difese. Alcuni, confesso, mi restituiscono una immagine che desta preoccupazione: un confronto senza “ordine del giorno”, una assemblea in cui tutti sono oratori e nessuno ascolta, una destrutturazione dell’argomentazione come se si trattasse di un “montaggio” di pellicole già girate da tempo, e riproposte come “nuove”. La preoccupazione è tanto più fondata quanto più si pensi che si tratta di confronto tra “addetti ai lavori” e che la gran parte di essi sono “docenti”; dunque da un lato sono “intellettuali”, responsabili della funzione fondamentale della elaborazione del “senso comune” e della “cultura sociale”; dall’altro hanno (dovrebbero avere..)cura della “riproduzione” delle capacità critiche, dell’autonomia di pensiero, della capacità di analisi… Tre “postulati” sono proposti in modo ricorrente in molti interventi: il primo consiste nel fatto che ormai il compito della scuola disegnato dall’attuale politica, sarebbe quello di preparare al mondo produttivo, rinunciando ad obiettivi di eguaglianza sociale e concentrandosi sulle “eccellenze”. Il secondo “postulato” (di conseguenza) è che lo Stato si “ritirerebbe” dal compito di “produrre” la risposta al diritto di cittadinanza all’istruzione, lasciando aperto il campo a soggetti vari (scuole autonome, imprese, volontariato, fondazioni ecc…); sintetizzando: saremmo di fronte ad una vera e propria strategia “privatizzante”, aziendalistica ..ecc… Il terzo “postulato”: si tratterebbe di una strategia in corso da lungo tempo e iniziata con l’autonomia scolastica che viene letta come tentativo di decostruzione del sistema pubblico dell’istruzione. Si tratta di opinioni, rispettabili come tutte; ma inviterei gli autorevoli interlocutori a verificarle non con il personale convincimento (l’ho sempre detto da vent’anni…) ma con quanto accaduto in questi ultimi 15 anni: la politica scolastica e l’amministrazione hanno chiuso progressivamente ogni spazio aperto con il Regolamento dell’Autonomia. Le definzioni curricolari si sono addensate in “indicazioni (programmi) nazionali”; le risorse per la progettazione locale si sono progressivamente e drasticamente ridotte; la flessibilità del personale è stata ricondotta a determinazioni “statistiche” (classi, classi di concorso, precariato); l’erogazione delle risorse e le regole contabili e finanziarie si sono progressivamente rese più vincolanti e centralizzate… Sono stato allevato nell’idea che la cittadinanza fosse il “percorso” … Chi agita lo spettro (il “postulato”) della privatizzazione si tranquillizzi: la scuola privata (non è tutta uguale: gesuiti e salesiani hanno insegnato a fare scuola in tutto il mondo) insegue qualche beneficio (spesso miserabile) ammantandolo di alte parole (le “libertà di scelta” per esempio, pure citata dal Ministro) ma né aspira né soprattutto è in grado di porsi obiettivi di gestione di sistema. Il sistema di istruzione non è accerchiato da imprese che aspirano ad assumerne la gestione, ad accollarsi finanziamenti, a “piegarlo” ai propri interessi… Semmai se c’è un carattere specifico del nostro sistema di impresa è la sua indifferenza e la sua assenza nel destinare risorse alla formazione. Le grida sulla “privatizzazione” oltre che irrealistiche finiscono per assumere la funzione di “liberare le volpi” perché si dia inizio alla caccia… Come dico spesso, la caccia alla volpe è assolutamente indifferente alla preda.. Serve solo ai cani per abbaiare e ai cavalieri per dare mostra delle loro abilità ippiche. Nel dibattito politico il ricorso alla “caccia alla volpe” è un espediente ricorrente e nel quale cascano in molti e tra i più entusiasti nel cavalcare appresso ad una preda insignificante, lasciando il campo libero sulle cose davvero importanti. (Vi vengono altri esempi attuali?) E mentre paventiamo la privatizzazione dell’istruzione, la macchina amministrativa macina i diritti entro i suoi ingranaggi “neutrali” e “super partes” del Diritto Amministrativo e del suo “manuale operativo” … Quale che sia il valore reale delle proposte sulla “buona scuola” attorno alle quali si sta discutendo, posto che si arrivi a tradurle in effettiva “azione politica”, a chi verrà affidata la realizzazione? Alla Pubblica Amministrazione che conosciamo, anche se depurata, come si vorrebbe, dalle 100 procedure da semplificare e abolire? Io penso che il vero “crogiuolo” ove convergono tutti i problemi che ogni disegno di rinnovamento deve affrontare stia in Viale Trastevere. E costituisce, per la scuola, il riflesso di una questione più generale e di valore storico politico per il nostro Paese e per il “modello” di Stato che si è andato costruendo dall’Unità ad oggi : il carattere del “compromesso e dello scambio” tra politica e Amministrazione. Non è riflessione che si possa affrontare qui: mi limito ad una provocazione. Il lettore si provi a rintracciare il segno della cesura costituzionale (l’unica nella nostra storia, quella del 1948: il Fascismo non modificò lo Statuto Albertino..) nell’assetto della Pubblica Amministrazione. Non lo troverà; troverà solo la continuità, gli aggiustamenti, le sovrapposizioni aggiunte. Si tratta di una vera e propria “questione nazionale” si sarebbe detto una volta… Altri grandi apparati del welfare se ne sono liberati, ma l’istruzione è invece rimasta legata alla “piramide” ministeriale, alle circolari, alle ordinanze, alla eguaglianza formale del diritto amministrativo (conta la produzione “dell’atto”, non del servizio effettivo). E’ rimasta legata ad una “catena di comando” centralizzata e “algoritmica”, come se l’algoritmo amministrativo fosse davvero capace di controllare e plasmare e governare la realtà complessa di un sistema a vocazione “universalistica” come l’istruzione e distribuito capillarmente nel Paese. … L’Amministrazione ha governato. O meglio: quel compromesso tra potere politico e potere gestionale amministrativo, nel quale un potere manifesto (quello politico..) comunque vincolato ad una dimensione pubblica (gli elettori, i cittadini..) si confrontava, nella sua evanescenza, con un potere reale, ma non manifesto, che governava davvero “le cose e le persone”, ma non ne rispondeva. “Potere senza responsabilità”. Ci abbiamo provato con l’autonomia, a cominciare ad intaccare e destrutturate la “macchina” (e con l’ipotesi connessa funzionalmente di “valutazione dei dirigenti”). Ma evidentemente gli ostacoli, i nemici, e le alleanze improprie (Gli apparati amministrativi sono in grado di costruire convenienze collettive che intrecciano i grandi vantaggi del grande burocrate con i piccoli interessi dell’usciere..) sono stati più forti. Soprattutto più forti di un “potere politico” debole, a volte incompetente, e a volte minato da nemici interni (nella scuola, un Ministro innovatore come Berlinguer fu abbattuto da “fuoco amico”). Perciò capisco il tono dell’intervento di Maurizio Tiriticco al quale mi accomunano alcune (solo alcune..) idee e lunga esperienza nella scuola: il rischi del maquillage. Il problema fondamentale è: quali che siano gli elementi innovatori che “passeranno”, chi li metterà in opera? Viale Trastevere? Dirigenti che sono passati attraverso “tutte le stagioni” e sempre “realizzando gli obiettivi assegnati” dalla politica (come da modelli di valutazione dei dirigenti amministrativi che premiano sempre tutti…)?... Se smettiamo di inseguire le volpi se ne può discutere, ma per favore: nel caso la profondità è meglio del perimetro.