http://temi.repubblica.it/micromega-online – 13 settembre 2014
La "buona scuola" dei Chicago boys
░ La proposta della carriera docenti fondata sul “merito”, presentata da Renzi, rappresenta l’aspetto più dirompente ed eversivo delle pagine delle linee programmatiche “La buona scuola”. Lo scrive Marco Magni.
… Prevede l’abolizione di ogni automatismo di carriera, la divisione degli insegnanti di ogni scuola in un 66% che prenderebbe, ogni tre anni, l’aumento, ed in un 33% che verrebbe escluso… Il concetto stesso di “carriera” viene abolito, e sostituito da una competizione che procede di tre anni in tre anni. Chi, dopo tre anni, riceve l’aumento di stipendio, nei successivi tre potrebbe vederselo negato, perché scavalcato da qualcun altro e relegato nel 33% peggiore dell’istituto. Le fonti di tale concezione della carriera stanno nel management d’impresa dell’epoca neoliberista e, senza dubbio, nel modello thatcheriano della competizione tra scuole fondata sulla performance. Personalmente, feci molti anni fa uno stage di selezione di venditori delle aspirapolveri di nuova generazione Kirby, e il sistema di incentivi immaginato dal governo mi ricorda molto il sistema vigente tra i venditori porta a porta. La competizione per garantire più impegno e produttività al proprio istituto dovrebbe costituire l’unica condizione di progressione economica, in alternativa non soltanto all’anzianità di servizio, ma anche alla differenziazione per livelli diversi della carriera degli insegnanti (com’è ad es. in Francia e in altri paesi). Si tratta, senza dubbio, della celebrazione dell’”homo oeconomicus”. Si presuppone che gli insegnanti siano degli “agenti razionali” mossi esclusivamente dal movente dell’incentivo al guadagno. Gli estensori del documento sulla “buona scuola” lo affermano chiaramente quando dicono che uno degli obiettivi del piano è di determinare una maggiore mobilità degli insegnanti tra i diversi istituti. Infatti, si dice che molti tenderebbero a trasferirsi in quegli istituti in cui la media è più bassa e nella quale c’è quindi maggiore probabilità di finire nel 66% di “premiati”. In questo modo, si migliorerebbe il livello qualitativo delle scuole (secondo un sistema di vasi comunicanti per cui poi, come accade per il meccanismo dei prezzi, il livello delle scuole dovrebbe tendere verso un livello omogeneo di qualità). In questo senso, il modello di “carriera” immaginato dalla “buona scuola”, così come il suo precedente, il piano Brunetta per dividere in una scala retributiva secondo il merito i membri della pubblica amministrazione, si presenta come un’applicazione del modello della “scelta razionale”, ideato dalla microeconomia liberista della scuola Chicago… C’è da attendersi che il reale effetto del sistema sarebbe molto diverso dalle premesse microeconomiche della sua formulazione. Innanzitutto, una mobilità forzosa condurrebbe a mettere in discussione la continuità didattica nelle classi, ed è tutt’altro che garantito che tale mobilità verrebbe effettivamente a realizzarsi. Infatti, le ragioni per cui un insegnante sceglie una certa scuola, oggi, sono molto lontane da considerazioni di carattere meramente economico: la prossimità al luogo di abitazione innanzitutto, la sicurezza percepita nel clima interno dell’istituzione, lo stato delle relazioni con il capo d’istituto, rapporti affettivi e di amicizia, l’attaccamento ai propri studenti e la continuità didattica. Inoltre, la natura del meccanismo immaginato porta con sé un fattore di tipo simbolico che sormonta immensamente l’aspetto di incentivazione puramente economica su cui insiste il governo Renzi… Questa suddivisione tra il 66% e il 33% è innanzitutto una divisione in “buoni” e “cattivi”, che presuppone l’idea che per gli uni l’essere premiati costituisca una gratificazione e una motivazione all’impegno e, per gli altri, la punizione debba essere una molla per ricollocarsi attraverso la mobilità tra istituti o migliorarsi professionalmente. Ma siamo effettivamente sicuri che accada veramente questo? Il rozzo utilitarismo del piano governativo non tiene conto (oppure, se si vuole, è proprio guidato sotterraneamente da questa intenzione) del fatto che la molla principale della “gara” tra gli insegnanti degli istituti diventerebbe la paura di essere relegati nel 33% peggiore, e che i connotati di tale paura sarebbero principalmente di natura simbolica prima ancora che economica. E ciò finisce anche per contraddire i presupposti di coloro che affermano una necessità di standardizzare l’insegnamento argomentando che ciò che conta, nel campo dell’istruzione, è lo standard medio, non il “picco” di rendimento. Demotivando ogni tre anni un terzo degli insegnanti, e con il prevedibile effetto di fenomeni cumulativi, quali risultati si pensa di ottenere dal punto di vista della produttività? Quale può essere l’interesse della scuola a generare ogni tre anni un’ampia quota di “falliti”, tra l’altro all’interno di una categoria professionale che l’Istituto superiore di Sanità giudica come quella con la più alta probabilità di produrre il cosiddetto fenomeno del “burn out”?... Il modello contrattuale degli insegnanti della “buona scuola” appare come l’istituzionalizzazione, all’interno del pubblico impiego, degli effetti disgregatori della nuova economia della flessibilità del lavoro.
http://www.roars.it/online – 14 settembre 2014
“Valutare e punire nella scuola di Matteo Renzi”
░ Una sintesi di questa intervista condotta da Roberto Ciccarelli è stata pubblicata su il Manifesto, lo scorso 4 settembre. E’ doveroso riflettere sul fantasma della eterodirezione delle menti. Una valutazione di Valeria Pinto che ci convince a pieno è quella in ordine al dovere costituzionale dello Stato di dare a tutti i cittadini le medesime opportunità di istruzione; di ciò, la “visione” di Renzi non tiene conto.
D. Qual è il ruolo della valutazione nella «buona scuola» di Renzi?
R.: È il cuore della riforma di Renzi. Il suo ruolo emerge quando si parla del «piano di miglioramento», un concetto ingannevole della nuova retorica pubblica, come la parola «qualità» cui spesso si accompagna. Si tratta di un tipico strumento di controllo del management per obiettivi. Quando si parla dell’aggiornamento e della formazione continua si chiarisce che i docenti devono raggiungere gli obiettivi «preposti». Preposti da chi? Chi decide? Sempre più questi obiettivi coincidono con i quelli dei cosiddetti «portatori di interessi», interessi che, alla fine, sono solo interessi di classe, gli unici dotati della forza per imporsi su altri… Una concentrazione mai vista prima. Essa è infatti una forma di governo, la forma di governo dello «evaluative State», lo Stato della valutazione. Si chiama «governing by number», governo con i numeri o governo a distanza. A dispetto della parvenza democratica – siamo consultati su tutto ormai, specie online, ma a contare sono solo le opinioni che danno copertura a scelte già fatte – è un governo di controllo capillare teso a «cambiare le menti», come disse Monti premier, di fatto citando la Thatcher. Sono ricorrenti i concetti di ispezione e rendicontazione. C’è l’accentramento del potere nelle mani del preside-manager e del consiglio di amministrazione, l’annullamento degli organismi intermedi di rappresentanza. …
D.Che cos’è la «meritocrazia» che Renzi vuole introdurre nella scuola?
R.: …Il sistema del merito emana, rafforzandolo, dal riconoscimento della giustizia e dell’evidenza dell’ordine sociale esistente. Rendendo le diseguaglianze accettabili su basi razionali e eticamente legittime, la meritocrazia risponde all’esigenza di mantenere fermo questo ordine. Essa non combatte le diseguaglianze, ma si preoccupa di legittimarle. In questa cornice l’istruzione è l’arma per la perfetta razionalizzazione dell’esclusione. Il modello che si prospetta per la scuola è questo….
D.Perché quando si parla di merito, le risposte della scuola sono sempre difensive ?
R.:… L’immagine di discredito del nostro sistema formativo, oggetto di diffuse campagne stampa, è stata interiorizzata, mentre la «cultura della valutazione» – nel migliore dei casi pura cultura neoliberale, per lo più semplice paccottiglia – ha cucinato a fuoco lento la nostra coscienza critica. È come la rana bollita di Chomsky, quella che all’inizio sguazza felice nell’acqua tiepida. Poi, mentre la temperatura sale, si sente un po’ fiacca ma non se ne dà pensiero, sdrammatizza. Quando l’acqua diventa calda davvero magari si mette sulla difensiva, ma non serve niente, in un attimo è cotta. Ecco che cose che ci avrebbero fatto orrore solo qualche decennio fa sono oggi proposte e accettate come soluzioni semplici e concrete, secondo una pragmatica generale che è la nuova cifra del tempo.
D.Il governo rilancia il ruolo dei privati nella scuola. Si prospetta una privatizzazione oppure si vuole gestire la scuola – e in generale il pubblico – come se fossero delle aziende?
R.: Le due cose non sono mai state in alternativa: si tratta di formare nuove soggettività flessibili conformi alle regole del mercato. Quello determinato dalla valutazione è un «quasi-mercato», l’analogo del sistema informativo dei prezzi. Sorprendentemente ancora qualcuno si ostina a non vedere il nesso, peraltro dichiarato (basta sfogliare, ad esempio, il recente libro della Fondazione Agnelli La valutazione della scuola). E’ la cosiddetta «school choice». L’intento è fornire alle famiglie le informazioni per scegliere come investire il proprio capitale (in primis capitale umano) e per rendersi quindi responsabili delle proprie scelte ovvero del proprio destino. La conseguenza logica è il modello «voucher» per rendere le famiglie «libere» di scegliere la migliore scuola per i loro figli, nella sostanziale liquidazione della scuola pubblica. Si parte dall’assunto che «le risorse pubbliche non saranno mai sufficienti», presentato come un’evidenza naturale, nella neutralizzazione di qualunque interrogativo sul perché, e si rende semplice buon senso l’ingresso dei privati. Ecco che la finanziarizzazione del sapere diventa qualcosa di molto tangibile.
D. Tutto questo è presente nella «buona scuola» di Renzi?
R.: Nel «patto educativo» si parla di «finanza buona», di «obbligazioni ad impatto sociale», i «social impact bond» già utilizzati in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. La scuola è sempre più risucchiata in un universo di concetti, valori, criteri che ha nel mercato il suo unico riferimento. Questo movimento è cominciato con la trasformazione di sufficienze e insufficienze scolastiche in crediti e debiti. La logica privatistica è funzionale all’ingresso dei privati, ad affari in carne ed ossa, fino al grande business della formazione…. In un sistema dove l’istruzione è un diritto sancito dalla costituzione, è legittimo che qualcuno abbia insegnanti «eccellenti» e altri abbiano invece insegnanti «screditati»? … Lo Stato valutativo funziona sempre solo con la sostanziale complicità di coloro che vi sono sottoposti. Non a caso c’è chi parla di «servitù volontaria». A me pare più rispondente l’idea foucaultiana di governamentalità: produrre soggettività autonomamente conformi alle procedure attese. Alla fine, siamo davanti a una macchina potentissima, a dispositivi globali di trasformazione. Bisognerebbe attaccarli direttamente, attaccare da ogni lato.
www.larepubblica.it – 16 settembre 2014
“Leggere Platone alla Columbia University pensando a Wall Street”
░ Nadia Urbinati, corrispondente dagli USA, si sofferma sulla contraddizione intrinseca, in materia di insegnamento della storia: da un lato le risorse alle discipline umanistiche vengono ridotte, e dall'altro si riconosce l'esigenza di educare le nuove generazioni alla comprensione del contesto, prima di tutto del loro paese, e non solo.
Le grandi università statunitensi sono diventate la meta privilegiata per la formazione delle élite globali. Questa vocazione sempre meno nazionale ha e avrà un impatto enorme nel modo di concepire l'insegnamento e di intendere la storia: per esempio ampliando lo spettro ad altre aree del mondo oltre a quella occidentale e mettendo in secondo piano la storia degli Stati Uniti… Ad Harvad, Yale, Chicago e Columbia, da diversi decenni si prevedono corsi obbligatori per matricole sui grandi autori e temi del pensiero politico, religioso e filosofico a partire dal mondo classico fino ai nostri giorni. Il corso é ironicamente chiamato "From Plato to Nato". A Columbia, esso è annuale e prende il nome di Contemporary Civilization, al quale si è recentemente aggiunto un corso di cultura globale, inclusiva della aree non occidentali. Fondato nel 1919, quello che a Columbia viene chiamato il "Core" (ovvero il curriculum formativo di base) è insegnato da docenti dei dipartimenti umanistici ed è una delle ragioni che spinge molti studenti a concorrere per il Columbia College. La struttura del Core è esemplificativa del peculiare rapporto con la storia che ha la cultura, anche umanistica, statunitense. Il nome del corso "Civiltà Contemporanea" parla da sé: il presente è fatto iniziare da Platone e Aristotele, dai testi religiosi (Antico e Nuovo Testamento, Corano, la Riforma) per giungere fino a noi. Un corso volutamente basato sulla lettura dei testi, senza bibliografia secondaria e che invita i ragazzi a leggere e a riflettere con la mente rivolta al loro tempo, non a quello degli autori studiati. Un passato che è presente… Vi è in tutto questo un senso storico? La risposta è ambigua come la domanda. Se per senso storico si intende la comprensione delle differenze all'interno della storia umana, allora nascono problemi: i diciottenni che arrivano al college non hanno l'idea del tempo lungo. I secoli precedenti al Ventesimo (in rari casi al Diciottesimo, quello della fondazione della Repubblica americana) sono compressi in un tempo unico, indifferenziato e breve perché manca la conoscenza generale della specificità dei popoli passati. Tutto diventa parte del presente. O meglio, del passato viene selezionato e discusso quel che ancora ha un'eco nel presente. La discussione ora in corso sulla revisione dei programmi di storia americana per i licei mostra al paese che cosa ha assorbito del suo passato. … È dunque l'identità del presente che detta la regola alla conoscenza del tempo passato. La contemporaneità è la protagonista effettiva della storia. E non ci si deve stupire, perché questa è dopo tutto la matrice sia della società democratica che della società di mercato: in entrambi i casi sono i bisogni delle persone che scelgono e decidono (ora e qui) a dettare le regole del giudizio e il bisogno di sapere. Diceva Platone che i cittadini democratici sono come i mangiatori dei fiori di loto: vivono nel presente e dimenticano facilmente. E così vuole anche l'economia che ci educa a consumare più che a conservare e riparare: senza consumo non ci sarebbe del resto produzione e lavoro.
Corriere della sera – 17 settembre 2014
“Licei di 4 anni addio, il Tar del Lazio li boccia. Il Miur: «Andiamo avanti»”
░ Con sentenza del 16 settembre 2014, la Sezione III bis del TAR Lazio ha dichiarato illegittima la sperimentazione dei licei quadriennali.Si va avanti così: con i tribunali amministrativi che cassano buona parte delle decisioni del MIUR. Un pensiero grato va alla Gelmini e alla Carrozza, e a chi le mise a Viale Trastevere. La Giannini dichiara di non notare, quest’anno, criticità maggiori che nei passati anni, e dice che presenterà appello. Quando faranno entrare, al MIUR, la logica? Riportiamo, dal quotidiano, alcuni passi di due articoli.
Licei di 4 anni? Tutto da rifare. …La terza sezione bis del Tar Lazio (con una sentenza del 16 settembre) ha dichiarato illegittime queste sperimentazioni. Ma il ministero dell’Istruzione non ha alcuna intenzione di bloccarle: ed è pronto a fare ricorso. «Annullati i decreti, ora il governo deve definitivamente rinunciare a sperimentazioni che avevano come obiettivo finale quello di ridurre la durata dei corsi di studio. Se si vuole discutere di riordino dei cicli e di orientamento siamo pronti e abbiamo le nostre proposte», commenta soddisfatto Mimmo Pantaleo, segretario della Cgil scuola… A proposito dell’ipotesi di disparità, invece, i tecnici del ministero ricordano che il dpr del 1999 prevede la possibilità per le scuole di attivare progetti innovativi che incidono anche sulla durata degli ordinamenti.
“Il liceo breve di 4 anni bloccato dal Tar «Studenti favoriti»”
«Licei brevi illegittimi». La sentenza del Tar che bloccherebbe la sperimentazione arriva ad anno scolastico già iniziato e nelle scuole che preparano i primi diplomati «europei» in quattro anni, sono spiazzati studenti e famiglie come insegnanti e presidi. Ennesimo effetto Tar sulla scuola. La sentenza è di due giorni fa. … Per quattro istituti statali il via libera alla sperimentazione era arrivato nel 2013 e i sindacalisti della Cgil nei mesi scorsi avevano presentato ricorso. Il Tar del Lazio lo ha accolto. È stata riconosciuta l’illegittimità formale dei decreti perché manca il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione (organo abolito dal 2013 e sostituito dal Cspi che però deve ancora essere eletto). I giudici amministrativi poi hanno ritenuto fondato il timore di una disparità di trattamento nei confronti degli altri studenti che al diploma arrivano dopo cinque anni di scuola superiore. La risposta dal Miur: «In attesa della ricostituzione dell’organo collegiale nazionale, il parere non è dovuto». Poi: «Si tratta di percorsi sperimentali, che si diversificano da quelli ordinari e pertanto non c’è disparità di trattamento». Prime reazioni dalle scuole, pronte a diplomare i liceali in quattro anni, come succede in più Paesi europei.
latecnicadellascuola.it – 17 settembre 2014
“Finalmente arrivano gli scatti!”
░ NoiPa annuncia che l’applicazione dei due CCNL sottoscritti il 7 agosto scorso avverrà con la rata di ottobre. Finalmente docenti e Ata riceveranno quanto spetta loro.
È ufficiale: sulla rata di ottobre docenti e Ata riceveranno gli scatti e le posizioni economiche, così come previsto dai CCNL sottoscritti il 7 agosto scorso. È NoiPA a dirlo, con l’informativa n. 120 del 17 settembre 2014, a conferma di quanto già comunicato qualche giorno fa. Il Mef ha in sostanza effettuato due interventi: il primo, riguarda il ripristino degli scatti di anzianità, con l’inclusione del 2012 nel computo degli anni utili alla maturazione delle posizioni stipendiali e l’attribuzione di eventuali classi o scatti maturati sempre nel 2012. L’anno 2013 continua, invece, a non valere. Dall’elaborazione sono stati esclusi:
- il personale immesso in ruolo con decorrenza economica successiva al 1° gennaio 2013; - il personale con ricostruzioni di carriera effettuate dalle Ragionerie Territoriali dello Stato in data successiva all’applicazione centralizzata del CCNL del 13 marzo 2013, per il ripristino dell’utilità dell’anno 2011; - il personale con inconguenze tra inquadramento e relativi assegni tabellari. Il secondo intervento riguarda esclusivamente il personale Ata, con prima o seconda posizione economica acquisita a decorrere dal 1° settembre 2011 e successive annualità, al quale è stato riconosciuto un emolumento una tantum a carattere stipendiale per il periodo 01/09/2011-31/08/2014. Il personale interessato leggerà sul proprio cedolino la voce “una tantum ATA CCNL 2014” in sostituzione di “valorizzazione professionale ATA”. …
orizzontescuola.it – 19 settembre 2014
░ Alcuni passi della Direttiva ministeriale per l'avvio del sistema di valutazione delle istituzioni scolastiche.
La valutazione è finalizzata al miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti e sarà particolarmente indirizzata: - alla riduzione della dispersione scolastica e dell’insuccesso scolastico; - alla riduzione delle differenze tra scuole e aree geografiche nei livelli di apprendimento degli studenti; - al rafforzamento delle competenze di base degli studenti rispetto alla situazione di partenza; - alla valorizzazione degli esiti a distanza degli studenti con attenzione all’università e al lavoro. L'Invalsi fornirà strumenti di analisi dei dati resi disponibili dalle scuole: - l’INVALSI sosterrà i processi di autovalutazione delle scuole fornendo strumenti di analisi dei dati resi disponibili dalle scuole, dal sistema informativo del Ministero e dalle rilevazioni nazionali e internazionali degli apprendimenti; definirà un quadro di riferimento, corredato di indicatori e dati comparabili, per l’elaborazione dei rapporti di autovalutazione il cui format sarà reso disponibile alle scuole entro ottobre 2014; - il Sistema Nazionale di Valutazione si avvarrà di una piattaforma operativa unitaria predisposta dai Servizi informativi del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in modo da poter gestire e coordinare il flusso delle informazioni e le elaborazioni dati provenienti dalle varie fonti; - il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca avvierà, in collaborazione con i soggetti del Sistema Nazionale di Valutazione, piani di formazione per tutte le scuole, con particolare attenzione ai dirigenti scolastici. Entro marzo 2015, la Conferenza di coordinamento adotterà, su proposta dell’INVALSI, i protocolli di valutazione delle scuole e gli indicatori di efficienza e di efficacia per individuare le scuole da sottoporre a verifica esterna… saranno, per il prossimo triennio, fino ad un massimo del 10 per cento del totale per ciascun anno scolastico… Le attività di valutazione esterna, con le visite dei nuclei di valutazione costituiti dai dirigenti tecnici, che ne assumono il coordinamento, e dagli esperti individuati secondo i criteri di seguito indicati, avranno inizio a partire dall’anno scolastico 2015-2016.
Gli esperti dovranno essere dotati di adeguata esperienza e competenza in materia di valutazione esterna dei sistemi scolastici e/o delle organizzazioni complesse. Inoltre dovranno svolgere la loro funzione in regione diversa da quella nella quale prestano eventualmente servizio, a qualsiasi titolo, presso le istituzioni scolastiche o gli uffici dell’Amministrazione scolastica. L’INVALSI, entro 60 giorni dall’emanazione della presente direttiva, con propria delibera, definirà le modalità di selezione, costituzione e formazione degli elenchi degli esperti che parteciperanno ai nuclei di valutazione. L’INVALSI procederà, inoltre, alla costituzione dei nuclei di valutazione sulla base dei criteri definiti e resi noti dalla Conferenza in modo da assicurarne imparzialità e terzietà. La restituzione dei risultati delle rilevazioni degli apprendimenti alle singole scuole sarà oggetto di particolare attenzione da parte dell’INVALSI, in modo che i risultati stessi possano costituire, unitamente agli altri elementi conoscitivi in possesso delle scuole, la base per l’avvio dei processi di autovalutazione e di miglioramento per tutte le istituzioni scolastiche. … Per favorire l’utilizzo dei risultati in chiave autovalutativa, l’INVALSI predisporrà apposite linee guida per la lettura e l’utilizzo dei dati. … In questa prima fase di avvio del sistema, tutti i dirigenti tecnici parteciperanno allo sviluppo e alla realizzazione del Sistema Nazionale di Valutazione….