larepubblica.it – 8 settembre 2014
“L'azienda in classe”
░ Il Governo opera perché i privati entrino nella scuola e nella formazione finanziandole. Molte le resistenze. Il 40% di disoccupazione in Italia non dipende dal ciclo economico ma dalla distanza tra domanda di addetti e offerta (connessa alle qualifiche). Di Corrado Zunino.
… I 65 Istituti Tecnici Superiori italiani già offrono a 5.500 diplomati un biennio di specializzazione pre-produttiva… Qui, istituti meccanici, agroalimentari, nautici, metà delle ore di insegnamento in classe è affidata a prof prestati dall’industria, un terzo delle lezioni devono essere di tirocinio attivo. Avamposti di quel che potrà diventare la scuola italiana in un futuro ravvicinato, gli Its sono governati da una fondazione con aziende e camere di commercio a fianco di ministeri ed enti locali. Negli Its dove si insegna la tecnologia del mare i costosi simulatori di navigazione sono dati in concessione dalle compagnie. A fine luglio la legge Carrozza, che ha fatto partire gli stage in azienda, è diventata operativa. E tra dieci giorni sette scuole da Nord a Sud offriranno all’Enel classi sperimentali dove ogni tre settimane di insegnamento frontale ce ne sarà una quarta trascorsa in azienda. Il governo Renzi vuole arrivare al primo settembre 2015 con una fila di aziende medio-piccole, enti pubblici, realtà no profit e artigianali (le scuole bottega) pronte a ospitare migliaia di scolari: oggi sono meno dell’un per cento le imprese che offrono stage. Gli undici milioni di euro stanziati nel 2014 per l’alternanza scuola-lavoro diventeranno cento milioni e gli stage sul lavoro, a cui parteciperanno i prof, saranno obbligatori. Già. Ora le imprese faticano a trovare competenze nell’industria elettronica e informatica, diplomati commerciali e tecnici nei settori del legno, del mobile, dell’arredamento…. C’è chi il sistema duale tedesco (scuola e lavoro) l’ha già importato. Il prossimo 21 settembre 48 ragazzi del biennio finale di due istituti tecnici di Bologna si specializzeranno a scuola, pagati 600 euro al mese dalla Volkswagen. La Ducati, di suo, ha aperto il laboratorio di fisica interno all’azienda (Borgo Panigale) alle ultime classi delle scuole superiori e ai primi due anni di università. Gratis. Ma il piano Renzi-Reggi va oltre, vuole “apertamente incentivare” l’investimento privato. “Per le scuole deve essere facilissimo ricevere risorse”. Gli istituti di istruzione superiore e i professionali potranno commercializzare servizi e prodotti utilizzando i ricavi per investimenti sull’attività didattica. Al settore privato, inoltre, “va offerto un pacchetto di vantaggi graduali”. Ci si ispira al sistema anglosassone, in via di sperimentazione tra l’altro al ministero dei Beni culturali (“Art bonus”). Approda nel sistema lo “School bonus”: cittadini, associazioni e imprese che investiranno nella scuola avranno sconti fiscali. Servirà a prolungare in estate l’apertura delle sedi scolastiche. Lo “School guarantee” premierà l’investimento che crea occupazione giovanile. Ancora, il governo spinge sul microfinanziamento diffuso:“Lo Stato metterà a disposizione fino a 5 mln: per ogni euro messo dai cittadini, lo Stato ne metterà un altro”. Infine, le obbligazioni a impatto sociale, i “Social impact bonds”, contro la dispersione scolastica.
ItaliaOggi – 9 settembre 2014
“Stipendi, l'aumento è a punti”
░ Dal 2018 cambia la busta paga. L’occhio acuto i Carlo Forte investiga nel fitto ginepraio della proposta Renzi, e conclude che…
I docenti dell'era Renzi lavoreranno di più e guadagneranno di meno. È quanto si evince dalle Linee guida sulla scuola emanate dal governo tramite il sito web http://labuonascuola.gov.it/ e disponibile sul sito www.italiaoggi.it/documenti. Ai normali oneri connessi allo svolgimento della prestazione si aggiungeranno, infatti, anche quelli di una formazione obbligatoria e di un impegno professionale crescente, che serva ad agguantare il nuovo scatto (ogni tre anni) di stipendio.
Gli scatti di anzianità, infatti, vanno in soffitta e, intrecciando gli attuali blocchi dei vecchi con la partenza dei nuovi, prima del fine del 2018 non ci saranno aumenti di stipendio. A ciò va aggiunta l'ulteriore proroga fino al 2015 del blocco dei contratti, non più rinnovati dal 2009. Blocco che stando a quanto precisa il Def potrebbe arrivare fino al 2019. Insomma, oltre a non percepire gli adeguamenti retributivi dovuti all'inflazione (che finora ha eroso circa il 15% del potere di acquisito dei salari), i docenti dovranno dire addio anche ai gradoni. Il tutto a fronte dell'invarianza dell'attuale prestazione ordinaria: 25 ore di insegnamento settimanali nell'infanzia, 24 nella primaria e 18 nelle secondarie + 40 ore per le riunioni dei consigli di classe e 40 ore per i collegi e gli incontri scuola-famiglia. Dal 2018 in poi scatterà un nuovo sistema di incrementi retributivi, che saranno attribuiti solo a due docenti su tre. L'attribuzione degli aumenti (circa 60 euro ogni 3 anni) avverrà ad esito di una sorta di concorso per titoli. Titoli che consisteranno in non meglio specificati crediti didattici, crediti formativi e crediti legati allo svolgimento di incarichi di collaborazione con il dirigente scolastico. I crediti didattici saranno attribuiti ai docenti che saranno in grado di dimostrare la loro «capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti». Quanto ai crediti formativi, essi saranno attributi a seguito della frequenza a corsi di formazione che saranno organizzati dalle associazioni professionali degli insegnanti. Il documento non spiega se la frequenza a questi corsi sarà a pagamento e, se sì, se i costi saranno posti a carico delle scuole oppure dei singoli partecipanti. Infine, per quanto riguarda i crediti professionali, il documento spiega che saranno «assunti all'interno della scuola per promuovere e sostenerne l'organizzazione e il miglioramento, sia nella sua attività ordinaria (coordinatori di classe) sia nella sua attività progettuale». È prevista la costituzione di nuclei di valutazione, che esamineranno i titoli e certificheranno i crediti. Dopo di che sarà stilata una graduatoria e ai docenti che si collocheranno in posizione utile per figurare nel 66% degli aventi diritto, sarà attribuito l'aumento. Al rimanente 33% no. Questi ultimi potranno scegliere se rassegnarsi a non percepire alcun aumento oppure trasferirsi in una scuola che abbia docenti meno titolati. Così da rientrare comunque nel 66% approfittando dei punteggi inferiori dei colleghi presenti nell'altra scuola. Le Linee guida spiegano, inoltre, che la busta paga dei docenti non sarà più come prima. Attualmente, le voci retributive sono essenzialmente 3. La prima è lo stipendio tabellare (nel quale è conglobata l'indennità integrativa speciale e,cioè, quello che resta dell'antica scala mobile). La seconda è la retribuzione professionale docente che, pur essendo un emolumento fisso e continuativo, rientra nel compenso accessorio. E infine, il compenso accessorio vero e proprio. Cioè lo straordinario. … La busta paga dell'era Renzi, invece, manterrà lo stipendio tabellare, che però non subirà incrementi per effetto dell'anzianità. E poi, nell'accessorio, ingloberà gli aumenti che saranno legati al raggiungimento di un numero di crediti tale da consentire all'interessato di figurare nella pole position del 66%. Le linee guida, secondo quanto si legge nel documento governativo, costituiranno una base per una sorta di consultazione popolare via internet. Poi saranno tradotti in provvedimenti legislativi.
espresso.repubblica.it – 10 settembre 2014
“Non so che fare? Riformo la scuola”
░ Le annunciate riforme scolastiche ? Un diversivo che serve solo a mascherare nuovi tagli. Di Roberto Saviano.
…Quello che non si comprende è l’allegrezza, la spavalderia. Si pensava davvero che questi accenti caricaturali appartenessero, dopo il novembre 2011, al passato…. Per un attimo era balenata l’idea che il cambiamento avrebbe consentito finalmente l’utilizzo di tante intelligenze umiliate o addirittura costrette alla fuga e all’esilio. Si credeva che quel capitale umano formato a caro prezzo e poi espulso dal mercato del lavoro potesse avere una possibilità di rientro in Italia. Certo sono passati pochi mesi e sarebbe ingiusto pensare che questo sogno sia del tutto infranto, ma il timore è che questi mesi, contraddistinti da un’assoluta inazione di Governo, abbiano mutato i caratteri di quel sogno. Il timore è che dietro un Presidente del Consiglio che non esita a mettere in scena una pagliacciata per rispondere a un’autorevole testata economica, più che le intelligenze dimenticate si stiano accodando tanti sciacalletti in attesa di una chimerica nuova stagione delle vacche grasse: perlomeno questo sembra emergere dai territori, dove il Pd sembra sempre più uno di quei treni sovraffollati delle ferrovie indiane (o anche italiane), oramai parte dell’immaginario collettivo. E non si tratta solo di messinscene o di comunicazione politica abbassata al rango della linea comica di una qualsiasi fiction; vi è di più. L’idea che ogni Governo si senta in obbligo di annunciare una “rivoluzione” nel mondo della scuola è oramai una tragedia alla quale dobbiamo rassegnarci. Come quel ministro senza voti che ha provato ad animare agosto con due polemiche stantie e studiate a tavolino – tra le quali l’eterno ritorno dell’art. 18 – così l’impressione è che l’ennesima rivoluzione della scuola altro non sia stato che il tentativo di creare un fronte polemico per l’autunno. Con una drammatica, poiché fuori tempo, reiterazione di quel gioco delle parti (ministro, sindacati, studenti in piazza) che ha ammazzato la formazione degli italiani. Un giovane laureando che eroicamente pensi di diventare insegnante deve almeno avere la possibilità di sapere che i criteri di selezione e accesso alla professione saranno immutabili di qui a dieci anni almeno. Non deve subire l’opera di mobbing da parte di oscuri ministri, anch’essi senza voti, che dall’oggi al domani spacciano nuovi tagli alla spesa scolastica per “rivoluzioni”. Il momento è gravissimo e la necessità di serietà è illimitata: il primo ministro e gli altri componenti del Consiglio dovrebbero rendersi conto che non è possibile sempre e comunque strizzare l’occhio alla più stantia rappresentazione della cialtroneria nazionale. Ci si aspetterebbe umiltà, silenzio, riservatezza: esistere solo quando si è al lavoro, rifuggendo ogni futilità. Ci si aspetterebbe la messa al bando di ogni arguzia. E se il giorno in cui si è ufficializzata la deflazione che ha portato l’economia italiana al 1959 il nostro Premier ha teatralmente mangiato il gelato, forse a breve sarà costretto a presentarsi al Paese in ginocchio e con la testa bassa, in un vuoto di parole, finalmente rappresentativo del disastro. Almeno allora potremo evitare di sorbirci l’ennesima cattiva rappresentazione di quei personaggi magistralmente ritratti – e non esaltati – dalla commedia all’italiana.
orizzontescuola.it – 10 settembre 2014
“Immissioni in ruolo 2015. Proposto censimento entro dicembre 2014 per dire sì all'assunzione”
░ Suscita preoccupazioni l'idea che i docenti inseriti nelle GAE che saranno assunti nel settembre 2015 debbano sottoscrive l’impegno ad accettare la mobilità geografica interregionale qualora l’Amministrazione abbia bisogno di coprire cattedre in sedi non indicate dall’insegnante.
Suscita qualche preoccupazione l'idea - peraltro non nuova - del censimento dei docenti inseriti nelle Graduatorie ad esaurimento interessati all'immissione in ruolo nel 2015. Lo spauracchio è quello della mobilità geografica. Nel 2015/16 il 90% delle assunzioni dovrebbe andare - così è scritto nelle Linee Guida presentate dal Governo Renzi - alle Graduatorie ad esaurimento. Si tratterà di un'eccezione al principio generale per cui le assunzioni nel pubblico impiego possono avvenire solo per concorso, e dovrebbe riguardare tutti i 148mila iscritti nelle attuali Graduatorie ad esaurimento. Va però considerato che non tutti potranno essere assunti secondo la figura tradizionale del CCNL, ma per alcuni si tratterà di far parte dell'organico funzionale. Tutti in ruolo da graduatoria a esaurimento e concorso si può con l'organico funzionale. Alcuni docenti infatti risultano iscritti in classi di concorso ad esaurimento o non più insegnate (916 su A075 A076, 116 su economia domestica, portineria e pratica di agenzia). Sarà necessario verificare il profilo di ognuno dei 148 mila iscritti alle Graduatorie ad esaurimento e sarà chiesto loro di accettare alcune condizioni: 1) possibilità di essere assunti in una provincia della stessa regione o anche in una regione diversa da quella di appartenenza; 2) possibilità di allargare le classi di concorso per materie affini, o come organico funzionale ad una scuola o rete di scuole. Entro il 31 dicembre dunque gli iscritti alle Graduatorie ad esaurimento, ma anche vincitori e idonei del concorso 2012 confermeranno l'intenzione di essere assunti, a queste condizioni, a partire dal 1° settembre 2015. Potrebbe accadere che qualche migliaio di iscritti alle Graduatorie ad esaurimento rinuncino volontariamente all'assunzione (magari hanno già un altro lavoro); è stato infatti rilevato che negli ultimi 3 anni 43 mila iscritti non hanno avuto nè supplenze annuali (31 agosto o 30 giugno), nè supplenze brevi. Tuttavia il dato deve essere letto con molta cautela, in quanto molti di loro potrebbero aver lavorato nelle scuole paritarie ed essere comunque interessati all'assunzione nella scuola statale. Se ci saranno molte rinunce, queste potranno essere compensate da laureati SFP Vecchio ordinamento (9.000) e dai cosiddetti congelati Ssis (500), purché non si superi il tetto delle 148mila assunzioni e si ravvisi il bisogno di docenti aggiuntivi nella scuola primaria. Il problema è: si potrà dare assenso all'immissione in ruolo ma solo a patto e condizione che avvenga nella provincia di inserimento, tra l'altro scelta da pochi mesi ? IlSole24ORE ha fatto qualche calcolo, e ravvisato che le regioni Calabria, Molise e Basilicata potrebbero essere quelle più interessate da questo fenomeno. Questo sarà sicuramente uno degli argomenti di dibattito nella fase di consultazione tra 15 settembre e 15 novembre 2014.
larepubblica.it – 11 settembre 2014
“Reggi promosso al Demanio, rimosso dal ministero dell'Istruzione”
░ C. Zunino offre la chiave interpretativa (promoveatur ut amoveatur) che spesso funziona: “Da sottosegretario, Reggi era entrato in conflitto con il ministro Giannini”. Zunino conclude con “Ora il dicastero è un po' più debole nella delicata fase di applicazione della riforma di cui lui è stato l'ispiratore insieme a Renzi”. Non ci convince: Sottovaluta Renzi.
Il sottosegretario Roberto Reggi è promosso alla direzione del Demanio, richiamato dal ministro dell'Economia Pietro Carlo Padoan. Il sottosegretario Reggi è rimosso dal ministero dell'Istruzione, dopo essere entrato in conflitto - un insanabile conflitto, viste le scelte del premier - con il ministro Stefania Giannini… È indubbio che l'incarico di direttore dell'Agenzia del demanio, con la necessità di mettere mano al vasto patrimonio immobiliare dello Stato, far procedere la trasformazione di caserme dismesse in luoghi pubblici aperti a tutti, è un compito centrale e un avanzamento di carriera per l'ex sindaco di Piacenza, ma è altrettanto vero che a inizio estate Reggi è entrato in rotta di collisione con il ministro Giannini e, a un certo punto, l'impossibilità di coabitazione in viale Trastevere è stata sottoposta direttamente a Renzi. Che ha scelto di spostare il fedelissimo per evitare vuoti gerarchici più importanti. Innanzitutto, Reggi era un sottosegretario di peso. Renziano della prim'ora, coordinatore della campagna del leader per le primarie del 2012, aveva assommato nel suo ufficio undici deleghe, le più importanti sul piano scolastico: l'ordinamento dei cicli dall'infanzia alle medie superiori, l'abilitazione all'insegnamento, l'autonomia, gli studenti e ancor più la governance delle istituzioni, lo status giuridico di insegnanti e presidi, la valutazione e l'edilizia scolastica… Reggi su queste deleghe corrispondenti ad altrettanti compiti aveva messo le mani con un'autonomia garantitagli direttamente dal premier. E' stato il sottosegretario, per primo, il primo luglio scorso, a parlare di fine delle supplenze brevi, di poteri di scelta affidati ai presidi, di premi per gli insegnanti e parallela limitazione degli scatti d'anzianità, di scuole aperte oltre l'orario canonico, di un percorso unico magistrale per accedere all'abilitazione alla docenza e, quindi, tirocini in classe per essere valutati adatti alla professione. Ha parlato, il sottosegretario, anche di sei ore in più per i docenti in cattedra e si è accorto presto della reazione univocamente contraria dei sindacati e degli insegnanti tutelati. A Terrasini, nella giornata siciliana dell'ascolto del Partito democratico, Reggi in piena estate ha ritirato la proposta, ma tutto il resto è rimasto dentro il dossier del Miur presentato lo scorso 3 settembre sotto il titolo "La buona scuola". Il ministro Giannini non ha mai gradito il protagonismo del suo sottosegretario, uno dei tre "vice" del ministero. Al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, peraltro snobbato dal premier, il 25 agosto il ministro ha fatto un'apertura vigorosa sul finanziamento (detassazione) alle scuole paritarie, di cui poi non si è trovata traccia nel dossier sulla riforma. Renzi ha risposto, isolandola, con una riunione a Palazzo Chigi riservata agli "scolastici" del Partito democratico, allargata ai capigruppo di Camera e Senato. E lì si è scelto che cosa nella riforma ci sarebbe stato (l'ingresso dei privati nella scuola pubblica) e cosa sarebbe stato sospeso (la riforma del ciclo delle superiori) o cancellato. Le chiacchiere sul cambio al vertice del ministero sono diventate fitte nei nove giorni di silenzio della Giannini, complice un Consiglio dei ministri sulla scuola, quello del 29 agosto, stra-annunciato e stra-cancellato. Confidando nell'addio agli Esteri di Federica Mogherini, il rimpasto dei rumours avrebbe visto Reggi sostituire l'ex rettrice dell'Università per stranieri di Perugia all'Istruzione offrendo, comunque, una coordinata bis: Reggi ministro della Scuola e Giannini responsabile dell'Università. Queste ipotesi, mai avallate dai protagonisti, cozzavano contro la realpolitik renziana: sostituire o dimezzare la Giannini, ministro spesso fuori sintonia, avrebbe provocato un terremoto in Scelta Civica, partito che, semicancellato dalle Europee, era comunque un solido sostenitore del governo con 34 tra deputati e senatori. E poi dividere un ministero in due, in tempi di spending review, era semplicemente impensabile.
Il Messaggero – 12 settembre 2014
“Università, riammessi 500 esclusi dai test”
░ La diga per gli ingressi a Medicina va a pezzi. Di Marco Esposito.
Dopo i primi due buchi che si sono aperti a Bari e a Napoli - e che avevano portato all’iscrizione in soprannumero di quasi duemila studenti bocciati ai test dell’8 aprile - ieri sono state depositate altre quindici ordinanze del Tar del Lazio, relative a undici atenei, che hanno aperto le porte dell’ambitissima facoltà di medicina a Milano, Roma (sia Sapienza sia Tor Vergata), alla Seconda università di Napoli, a Salerno, Palermo, Catania, Messina, Catanzaro e ancora, per gruppi di ricorrenti diversi, alla Federico II e a Bari. La nuova ondata di ricorsi vinti riguarda 500 aspiranti medici, dei quali il gruppo più consistente (300 persone) punta a iscriversi alla Sun. Il Tar del Lazio non è entrato nel merito del ricorso d’urgenza ma, con le ordinanze, ha disposto in via cautelativa il diritto dei ricorrenti come «risarcimento in forma specifica» a iscriversi anche se sono stati bocciati ai test e persino se non hanno risposto neppure a una domanda, perché «a un primo sommario esame» ciascun ricorso «presenta profili di fondatezza con riguardo al motivo che censura la violazione dell’anonimato concorsuale», come si legge in una delle ordinanze depositate ieri. In pratica gli avvocati Michele Bonetti e Santi Delia - il cui studio lavora per l’Udu, Unione degli universitari - sono riusciti a dimostrare che nei test dell’8 aprile scorso è venuto meno uno dei principi cardine del concorso e cioè l’anonimato. Il test si svolge con una prova unica simultanea nazionale e porta a una graduatoria unica nazionale. È accaduto, tuttavia, che la modulistica stampata dal ministero dell’Istruzione è risultata facilmente decrittabile, con la possibilità di accoppiare il nome del ricorrente al codice personale della prova. In particolare il codice numerico aveva una prima parte uguale per tutti gli studenti della medesima aula e le ultime tre cifre, facilmente memorizzabili, individuavano il posto ed erano quindi abbinabili alla persona. È stato lo stesso ministero a rendersi conto nei giorni precedenti il test del potenziale pasticcio e ha provato a suggerire delle soluzioni agli atenei, come far imbustare separatamente il modulo con il nome e il codice. Ma le buste utilizzate dalle università, reperite all’ultimo momento utile, non garantivano la riservatezza perché erano leggibili in trasparenza. Una volta recuperati i moduli della persona da aiutare era facilissimo correggere a penna le domande sbagliate perché la possibilità di ripensare le risposte date era esplicitamente prevista. Il ministero guidato da Stefania Giannini finora ha assistito inerte allo sgretolarsi della diga del numero chiuso, che ha già fatto salire gli aspiranti medici a quota 13mila contro i 10.500 previsti con la programmazione. Lo Stato ha 60 giorni di tempo per presentare ricorso al Consiglio di Stato e chiedere di annullare le decisioni del Tar. Tuttavia non essendosi mosso subito dopo le prime sconfitte al Tar, si è consentito agli studenti di iscriversi. Il ricorso del Miur rischierebbe di intervenire su una situazione di fatto già avviata, con ragazzi che ai sensi della legge italiana si sono iscritti e hanno iniziato a frequentare i corsi…. Ma gli studenti che hanno ottenuto un buon risultato al test, senza risultare tra i vincitori, e che adesso si vedono scavalcare per una ordinanza del Tar da chi magari non ha neppure ottenuto i 20 punti della sufficienza, cosa possono fare?...
lastampa.it – 12 settembre 2014
“Scuola, caccia ai risparmi. Nel mirino le ditte esterne. E i prof denunciano: la“banca delle ore” è un bluff”
░ Giovedì 11 settembre c’è stata una riunione al Miur sui tagli da fare.
La spesa nei ministeri deve alleggerirsi, il 3% è la cifra indicata. Il premier Matteo Renzi ha chiesto di inviare per iscritto nei prossimi giorni quali margini di risparmio i vari ministeri possono ottenere. Conti alla mano, la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, il capo di gabinetto Alessandro Fusacchia e alcuni tecnici del Miur stanno tentando di capire dove intervenire. … Il capitolo di spesa su cui si sa di avere maggiore margine è di sicuro la rinegoziazione di acquisti e contratti con le ditte. Da questo ridimensionamento si può ottenere l’1% di risparmi. Nel frattempo gli insegnanti stanno iniziando a denunciare il bluff nascosto dietro il meccanismo della «banca delle ore» contenuto nelle linee guida predisposte dal governo Renzi. Le misure dovranno essere sottoposte a consultazione e non si trasformeranno in misure concrete prima dell’inizio del prossimo anno… Si tratta di un meccanismo che riguarderà ogni singolo docente. Si è detto, infatti, che verranno assunti 150mila precari, una cifra superiore rispetto alle necessità di organico in modo da permettere a ciascuna scuola di avere un numero di professori sufficiente non solo a svolgere le lezioni ma anche le supplenze brevi, quelle di pochi giorni e improvvise. L’obiettivo è di riuscire a cancellarle grazie alla «banca delle ore». Ogni docente, infatti, potrà essere chiamato in qualsiasi momento a coprire i buchi che si sono creati all’interno dell’istituto. In questo modo - è scritto nel testo - il docente «guadagna delle ore» che saranno inserite in una «banca». I dettagli sono ancora da precisare ma è molto chiaro che non ci sarà alcuna retribuzione nei confronti di quello che finora era un servizio già prestato dai prof ma veniva considerato uno straordinario e pagato. In questo modo, invece, gli insegnanti si trasformerebbero in lavoratori senza più un orario certo, saprebbero quando entrano a scuola se hanno lezione dalla prima ora, ma non quando ne escono.