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Italpress: Anief, sul tfr lo Stato sbaglia, rispetti la Consulta

"Almeno mezzo milioni di dipendenti e dirigenti scolastici possono chiedere di farsi risarcire tutte le quote illegittimamente trattenute per il Tfr dal mese di gennaio 2011, poiché da quella data la 'voce' stipendiale riguardante il trattamento di fine rapporto è stata posta a carico esclusivo del datore di lavoro, che quindi nella scuola deve accantonare l'intera quota del 6,91%. Una procedura, del resto, che già è consuetudine tra i lavoratori privati, come previsto dall'articolo 3 e dell'articolo 36 della Costituzione italiana. E come, infine, appurato dal Tar della Calabria, attraverso la sentenza n. 53/2012, che ha risarcito la categoria dei magistrati a cui l'amministrazione aveva analogamente sottratto illecitamente una quota stipendiale proprio al fine di accantonarla per il TFR". Lo afferma l'Anief in una nota. 

"Recentemente anche la Corte Costituzione ha confermato che nei confronti di tutti i lavoratori, in virtù del D.P.C.M. del 20.12.1999, a partire dal 1 gennaio 2001 passati dal regime di TFS al regime di TFR, con la nuova aliquota del 6,91%, non si sarebbe mai dovuto applicare 'il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall'art. 11 della legge 8 marzo 1968 n. 152 e dall'art. 37 del DPR 1032/1973 n. 1032', come statuito dal comma 2 dello stesso articolo 1 del decreto - prosegue il sindacato -: lo Stato, ha spiegato la Consulta, in quanto datore di lavoro, non può versare un Tfr inferiore a quello di un'azienda privata. E poiché lo Stato ha trattenuto dalla busta paga indebitamente questi soldi negli ultimi dieci anni, è tenuto ora a restituirli".

"L'appropriazione indebita di una parte degli stipendi, già tra i più ridotti in Europa, riguarda anche i precari, che nel corso dell'ultimo decennio in occasione del pagamento del trattamento di fine rapporto riguardante le supplenze svolte si sono visti togliere ingiustamente una parte della busta paga", sottolinea l'Anief.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato alla gestione del contenzioso nella Confedir, la partita finanziaria potenziale è altissima: "ogni dipendente, di ruolo o precario, potrà infatti rivendicare la restituzione di circa 500 euro annui, per un importo totale medio individuale vicino attorno ai 5mila euro. Considerando che il personale potenzialmente coinvolto, come possibili beneficiari, è composto da almeno mezzo milione di dipendenti pubblici, la somma che lo Stato potrebbe ritrovarsi a dover indennizzare non è molto lontana dai 2 miliardi e mezzo di euro", ha concluso Pacifico.

Il primo passo, prima di intraprendere la via giudiziaria, riguarda l'invio di una nuova diffida che il sindacato mette a disposizione gratuitamente per i soci del sindacato confederale assunti dopo il 2001 o precari in regime di Tfr che lo richiederà.

"Ai fini della corretta individuazione dell'importo di cui si chiede la restituzione, si consiglia di verificare tutti i cedolini, mese per mese, ricevuti nei dieci anni precedenti la data dell'invio della diffida e di sommare gli importi presenti alla voce 'Ritenute', OP. DI PREV./TFR. Lo stesso modello nei prossimi giorni sarà fornito dalla Confedir a tutti i dipendenti e ai dirigenti pubblici", spiega l'Anief, che conclude: "In caso di esito negativo, dopo i termini preventivati, ogni interessato riceverà le istruzioni operative per ricorrere al giudice del lavoro e recuperare le somme spettanti. Sarà possibile in quella sede, richiedere contestualmente anche lo sblocco reale degli scatti di anzianità e del contratto. Chi ha già inviato la diffida, interrompendo così la data di prescrizione decennale del credito, riceverà nei prossimi mesi le istruzioni per ricorrere. Chi intende ricevere la diffida e le istruzioni operative per ricorrere, anche contro il blocco del contratto, può scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.".

Fonte: Italpress

 

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