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TMNews: Anief, parole Monti grave attacco a dignità docenti

"La scuola italiana merita rispetto. E non superficialità e pressappochismo. Soprattutto quando ad esprimerli è il primo ministro del Governo. Per questo le parole pronunciate ieri sera dal presidente del Consiglio Mario Monti, nel corso della trasmissione televisiva 'Che tempo che fa', su RaiTre, rappresentano un grave attacco alla dignità professionale di un milione di docenti italiani che quotidianamente formano i nostri giovani".

Così in una nota Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola, che sottolinea che incrementare l'orario di lezione settimanale dei docenti di 6 ore, non di 2 come ha detto Monti, "non avrebbe significato più didattica e cultura, ma solo un carico di lavoro impossibile da realizzare per dei professionisti della formazione che già svolgono un'attività incessante di lavoro quotidiano".

"Con quelle affermazioni sull'orario aggiuntivo - sostiene Pacifico - il presidente Monti ha prima di tutto sconfessato il suo ruolo istituzionale; in secondo luogo, dovrebbe poi sapere che in qualità di datore di lavoro non può arrogarsi il diritto di cambiare unilateralmente le regole, superando il contratto attraverso la decretazione d'urgenza. Operando in questo modo, l'opposizione se la cerca in piazza e nei tribunali".

L'Anief ritiene, inoltre, che la categoria dei docenti non può in alcun modo essere associata al corporativismo. Altrimenti non si ritroverebbe con gli stipendi più bassi d'Europa e i continui tagli al personale. "Nel merito - continua Pacifico - davvero infondato appare il riferimento a un corporativismo che non c'è: i docenti italiani lavorano le stesse ore di quelli in media negli altri 37 Paesi Ocde nella scuola primaria, 2 ore in meno a settimana nella scuola media e 1 ora in meno nella scuola superiori. Ma prendono a fine carriera 7.000 euro in meno".

"Se il nostro primo ministro offre ai sindacati un adeguato aumento contrattuale - conclude l'Anief - allora la base può anche mettersi a discutere. Ma di fronte ad aumenti di lavoro senza incrementi di stipendio, motivati solo dall'esigenza di tagliare altri 10.000 posti ai precari, dopo i 200.000 cancellati negli ultimi sei anni, allora diciamo no. E senza neanche dire grazie".

Fonte: TMNews

 

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