Decreto Scuola, sindacati in mobilitazione: sulle ‎36 ore il Governo ci ripensi

Preoccupa la “fuga in avanti” del Trentino, dove la Giunta autonoma sta approvando un nuovo contratto con incentivi associati alla flessibilità oraria dei docenti: il 14 luglio sit-in di protesta sotto il Ministero dell’Istruzione. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): non è caricando gli insegnanti di nuove mansioni che si garantisce la loro produttività: è una logica puramente aziendale. Il docente ha invece bisogno di tempo per calibrare i suoi impegni, per preparare le lezioni e valutare gli elaborati. Il rischio è stravolgere la normale programmazione didattica, con ripercussioni negative sul livello di apprendimento degli alunni.

Cresce la protesta sindacale contro la volontà espressa dal Governo di aumentare l’orario di servizio dei docenti italiani, fino a 36 ore a settimana, senza però sbloccare il contratto e adeguare gli stipendi fermi ai valori del 2009: il sindacato autonomo Anief ha avviato la mobilitazione dei lavoratori della scuola e sarà presente al sit-in del 14 luglio sotto il Ministero dell’Istruzione, dove assieme alle altre sigle sindacali e alle associazioni manifesterà il suo dissenso contro un provvedimento che allontanerebbe ancora di più l'istruzione italiana da quella europea.

La mobilitazione del personale diventa ancora più necessaria dopo la notizia, riportata in queste ore dalla rivista Orizzonte Scuola a anche dalla stampa nazionale, della “fuga in avanti” del Trentino su diversi punti relativi all’organizzazione lavorativa dei dipendenti della scuola: la provincia autonoma in questi giorni ha dato mandato all'Apran per approvare un nuovo contratto che apre agli incentivi economici, attraverso un’innovativa flessibilità oraria, la quale “potrebbe rappresentare un punto di riferimento importante anche per il resto d'Italia”. E novità peggiorative, sempre in Trentino, potrebbero arrivare anche per i precari.

Anief non ci sta. “Come sindacato, a tutela dei diritti del lavoratori che rappresentiamo – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confederi – è bene che sulle ‎36 ore il Governo ci ripensi. È normale che chi vuole più spendere il suo tempo a scuola lo possa fare, ma da qui a revisionare l'orario di servizio dei docenti, sostanzialmente allineato ai parametri europei, ancorché su base volontaria, ce ne passa. Lasciamo i stare i proclami: la verità è che approvare questo provvedimento per decreto, come vuole fare il Governo, sconvolgerebbe la normale programmazione didattica, con il rischio di ripercussioni negative anche sul livello di apprendimento degli alunni”.

Il sindacato ribadisce quindi tutta la sua contrarietà al permanere dei tagli al comparto Scuola: soltanto negli ultimi sei anni, ricordiamo, sono stati cancellati 150mila posti che erano affidati ai precari al 30 giugno o al 31 agosto per fare funzionare i nostri istituti scolastici. E si è visto il risultato: il tasso di abbandono scolastico è tra i più alti d'Europa, il tempo scuola è sceso tra i più bassi, con più di 305mila alunni bocciati e 167mila dispersi solo nell’ultimo quinquennio.

“Ora l'idea di tagliare pure le supplenze brevi e di utilizzare quei risparmi per coprire la flessibilità ci porta nella stessa strada sbagliata, perché – continua il sindacalista Anief-Confedir - non è caricando gli insegnanti di nuove mansioni che si garantisce la loro produttività: è una logica puramente aziendale, che nella scuola non può essere adottata. Il docente ha bisogno di tempo per calibrare giornalmente la sua didattica, per preparare le lezioni e valutare gli elaborati. Ha bisogno di tempo per programmare, insomma”.

Forti dubbi permangono anche per quanto riguarda l’apertura quotidiana al territorio fino a tarda sera: “che la scuola poi rimanga aperta fino alle 22, ovvero che sia vissuta come il centro della comunità, sarebbe persino auspicabile”, sostiene ancora Pacifico. “Viene però da chiedersi chi pagherà il personale per queste attività aggiuntive. Legare la scuola ad enti privati, che potrebbero avere interessi non prettamente formativi e didattici, è un’ipotesi da valutare bene”.

Per quanto riguarda, infine, la formazione quinquennale universitaria per ab‎ilitarsi all’insegnamento, il cosiddetto 3 + 2, Anief ritiene sarebbe un bene soltanto se si assicurasse il reclutamento: “perché è inutile – conclude Pacifico – creare corsi abilitanti a numero chiuso, ma poi negare poi a fine percorso la professionalità acquisita”.

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