Il presidente Monti non dovrebbe dimenticare che è stato un docente anche lui

Nella scuola nessun corporativismo, ma una richiesta all’unisono: cambiare il modo di gestire la res publica. Invece di inviare accuse irreali alla scuola, il Governo dei tecnici potrebbe lasciare un segno indelebile destinandogli i soldi delle accise sui carburanti o delle tasse turistiche. Ed in generale, rilanciando l’enorme patrimonio culturale dell’Italia.

Il presidente del Consiglio, Mario Monti, non può continuare a dichiarare pubblicamente che la scuola è protetta dal corporativismo e che è pronto ad “ascoltare le istanze del mondo della scuola a patto che siano fatte in maniera costruttiva e senza strumentalizzazioni”. L’Anief risponde a Monti dicendo che nella scuola non esiste alcun corporativismo, ma una sola voce che chiede un profondo cambiamento nel modo di gestire la res publica, la cosa pubblica.

Secondo il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, l’attuale capo del Governo “non dovrebbe dimenticare che è stato un docente anche lui. E anche per questo, l'essere considerato un esperto, è stato chiamato alla guida del Paese. Il problema è che le riforme da lui proposte hanno avuto il solo merito di essere state approvate con maggiore celerità dal Parlamento, senza alcun compromesso, e tuttavia rimangono ancorate alla vecchia filosofia dei tagli lineari e alla pericolosa deriva autoritaria della compressione di diritti inalienabili. Creati dalle democrazie moderne per tutelare il lavoro, la famiglia e la felicità esistenziale”.

Il sindacato non può rimanere inerme di fronte a questa cronica mancanza di sensibilità. Che da diversi anni sta sfiorando l’autolesionismo: come si può definire, del resto, l’azione degli ultimi Governi, che pur cambiando “pelle” continuano a voler risanare l'amministrazione vendendo i suoi servizi e i suoi preziosi beni immateriali? E soprattutto a licenziare i suoi professionisti dell’insegnamento?

“Monti dovrebbe sapere – continua Pacifico - che da Platone in poi ai maestri è stato sempre affidato il compito del cambiamento e del buon governo attraverso l'esercizio della giustizia, che non può che essere in primo luogo sociale. Se veramente tenesse alle sorti dell’Italia, il presidente del Consiglio dovrebbe fare di tutto per aumentare almeno di un punto percentuale di Pil l'investimento sul settore dell'istruzione, dell'università e della ricerca”.

Non è vero che è impossibile raggiungere questo obiettivo prioritario, che allineerebbe l’Italia ai Paesi più avanzati dell’Ue e agli Stati Uniti: per il presidente Pacifico, “basterebbe prelevare i soldi dalle accise sui carburanti o dalle tasse turistiche. E più in generale, adottare un serio piano di riconversione della produzione economica-industriale intorno all’enorme patrimonio culturale dell’Italia. Che va valorizzato e non svenduto”.

Anief è convinta che “il prestigio goduto dal presidente Monti in Europa non può essere speso esclusivamente per tutelare interessi economici consolidati. Ma deve poter esser utile al cambiamento, verso un umanesimo che il mondo ci invidia e che ci ha riconosciuto nel recente nobel per la pace. Non vi è pace senza giustizia, e non vi è una società giusta senza cultura”, conclude Pacifico.

 

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