Lavoro: è boom disoccupati, urge un rilancio della cultura. Solo così sarà possibile un seria riconversione industriale e produttiva

I dati emessi oggi dall’Istat sull’impennata di disoccupati in Italia rappresentano un altro colpo al cuore per l’economia italiana. Ma anche per i nostri giovani e per le loro famiglie. Sapere che nel 2013 gli italiani in cerca di occupazione passeranno dall’attuale 10,6% all’11,4%, con “un deterioramento complessivo delle condizioni del mercato del lavoro”, rappresenta un’ulteriore conferma della rottura in atto di quella solidarietà sociale e professionale, la cui presenza rimane indispensabile per rilanciare il Paese.

Secondo Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir ai direttivi, quadri e alte professionalità, “siamo di fronte alla conferma che in Italia occorre da subito rilanciare l’economia attraverso un serio piano di riconversione industriale. Per farlo è indispensabile che il Governo punti a potenziare quei comparti nei quali il Paese è notoriamente competitivo. Ad iniziare dallo sviluppo del patrimonio culturale. Invece si continua a fare ‘cassa’ – continua Pacifico – cercando di tagliare migliaia di posti nella pubblica amministrazione. Continuando a fare finta di dimenticare i quasi 280mila tagli che negli ultimi sei anni hanno colpito sempre i soliti ‘noti’: i ministeriali (che hanno perso 25 mila posti), le regioni e gli enti locali (-19 mila), la sanità (-28 mila) e soprattutto la scuola (-200 mila unità tra docenti e Ata)”.

Bisogna poi ricordare che nella nostra Penisola, rispetto alla media Ocse, si pagano pensioni superiori per via dei privilegi consentiti nel passato soltanto ad alcune categorie, quando con 15 anni di contributi o una legislatura si maturava il diritto a un beneficio a vita. Mentre oggi i giovani dovranno lavorare almeno 50 anni per andare in pensione dopo i 70 di età, peraltro con il 35% dell’ultima retribuzione.

“Per uscire da questo squilibrio - fa rilevare il sindacalista Anief-Confedir - serve necessariamente più equità e un patto generazionale sulle pensioni. Inoltre, va sempre ricordato che la spesa per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca è scesa negli ultimi venti anni del 5,4%. Adottando una politica opposta a quella degli Stati Uniti e della Germania. Senza dimenticare che gli stipendi sono stati bloccati per quattro anni, mentre si è proceduto all’utilizzo di personale precario per un settimo del fabbisogno ordinario per risparmiare le spese sugli stipendi. Per questo, consigliamo al Governo di abbandonare la strada controproducente dei tagli lineari ai servizi e dell’aumento della pressione fiscale: l’unica strada rimane la riconversione industriale e produttiva intorno a un progetto condiviso che rilanci il nostro patrimonio culturale unico, anche turistico, che ha già avuto in passato l’onore di ospitare la metà dei monumenti Unesco dell’umanità”, conclude Pacifico.

 

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