Spending review: scandalose le affermazioni del ministro Giarda

Spending review - Il Ministro Giarda ci dice che i tagli alla scuola serviranno a foraggiare “la struttura politica forte della sanità e gli interessi coalizzati delle industrie farmaceutiche”. È scandaloso, ma non ci sono novità rispetto agli ultimi tre anni: alla scuola solo per il personale sono stati tolti un miliardo e mezzo di euro, mentre la spesa per i dipendenti della PA è aumentata di due miliardi.

L’Anief ritiene inique, oltre che inapplicabili in un Paese moderno che punta al rilancio, le cifre sui tagli riguardanti la spending review, rese pubbliche oggi dal ministro dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, nel corso dell'audizione in Commissione Bilancio di Camera e Senato: “è un po' come se la quota di spesa sanitaria salita di 5 punti percentuali dal 32 al 37% sia stata pagata dal taglio della spesa per la scuola, scesa dal 23 al 17”, ha dichiarato Giarda.

Secondo il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, è ormai evidente che la scelta del Governo Monti risulta in perfetta linea con quella di chi lo ha proceduto: “questo esecutivo considera la scuola come un comparto da cui eliminare pezzi e risorse vitali, in controtendenza rispetto a quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania”

Ma il paradosso è che sempre oggi il Ministro Giarda è arrivato a giustificare gli incrementi di risorse in altri settori dell’amministrazione pubblica, come la sanità, non per migliorare servizi e strutture ma solo perché “dietro alla spesa sanitaria, affidata alle Regioni, c'è una struttura politica forte e interessi coalizzati delle industrie farmaceutiche e di beni e attrezzature”. “Sono affermazioni che si commentano da sole”, dice Pacifico.

Ancora di più perché la strada tracciata da tempo dall’Anief è ben diversa: prevede investimenti sul settore della scuola, dell’università e della ricerca, equità e un patto generazionale per le pensioni, tagli immediati ai benefit dei partiti politici e dei sindacati eliminando il rimborso elettorale e riducendo i distacchi. Ma anche la lotta alla precarietà del rapporto di lavoro e la tutela del diritto a una giusta retribuzione. Oltre che un piano industriale sullo sviluppo del patrimonio culturale e uno stop ai tagli indiscriminati.

Il rapporto sullo Spending review – continua il Presidente del giovane sindacato - ha evidenziato alcune criticità della nostra spesa pubblica concentrandosi, purtroppo, ancora una volta sui tagli e non sul rilancio dell’economia. Tutto questo accade mentre in Italia rispetto alla media Ocse si continuano a pagare pensioni iperboliche, per via dei privilegi consentiti soltanto ad alcune categorie nel passato, quando con 15 anni di contributi o una legislatura si maturava il diritto a un beneficio a vita”.

Per l’Anief tutto questo fa inorridire. Perché i giovani dovranno lavorare almeno 50 anni per andare in pensione dopo i 70 di età e con il 35% dell’ultima retribuzione. La spese per il settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca è scesa del 5,4% negli ultimi venti anni contrariamente agli investimenti decisi negli Stati Uniti d’America e in Germania, eliminando la figura del ricercatore e tagliando 100.000 posti tra docenti e personale Ata, nonché 4.000 presidenze. Gli stipendi sono stati bloccati per quattro anni, mentre si è proceduto all’utilizzo di personale precario per 1/7 del fabbisogno ordinario per risparmiare le spese sugli stipendi.

Da più parti, Governo in testa, si sente ripetere che la situazione di crisi internazionale è così grave che tutti, anche nella Pubblica Amministrazione, devono partecipare. Peccato che nell’ultimo triennio, a seguito della Legge Finanziaria 133/2008, solo alla scuola sono stati chiesti sacrifici: per il personale del comparto Istruzione, ad esempio, la spesa è diminuita di oltre un miliardo e mezzo; mentre quella complessiva del personale statale è addirittura aumentata di oltre 2 miliardi. E ora, a quanto ci dice il Ministro Giarda, la storia si ripeterà anche nel 2013. E questo perché non ci si può ribellare a “una struttura politica forte e a interessi coalizzati”. Strutture e interessi evidentemente più forti dello Stato.

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