Presentati in VII Commissione gli emendamenti al Decreto Legge n. 3 del 23 gennaio scorso: il sindacato chiede interventi per pagare gli aumenti, anche ai precari, le progressioni economiche agli Ata, la Ria ai dirigenti scolastici e il primo gradone a tutti i neoassunti. Oggi le buste paga di docenti e Ata sono sotto la media della PA dell’1,15% e di quasi quattro punti percentuali rispetto all’aumento dell’inflazione 2007-2012. In tal modo, si eviterebbe un contenzioso nei tribunali, la condanna dell’UE e un aggravio dei conti pubblici.

Se si vogliono veramente garantire gli scatti di anzianità e impedire la restituzione degli aumenti stipendiali ai dipendenti della scuola, i meno pagati di tutta la Pubblica Amministrazione, è necessario adottare alcuni emendamenti al Decreto Legge n. 3 approvato dal Governo: la proposta del sindacato Anief, presentata oggi alla VII Commissione del Senato, eviterebbe il tracollo del potere di acquisto degli stipendi del personale scolastico, già nel 2012 ridotti di 790 euro rispetto all’anno precedente. Il sindacato chiede al Parlamento maggiore chiarezza e un intervento sul provvedimento, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 gennaio, per permettere di pagare gli scatti ai precari, le progressioni economiche agli Ata, la Ria ai dirigenti scolastici e il primo gradone a tutti i neoassunti.

“Questi emendamenti – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – eviterebbero anche un contenzioso nei tribunali e la condanna dell’Unione Europea. Oltre a un aggravio dei conti pubblici: negli ultimi sette anni, infatti, l'utilizzo eccessivo del precariato e la mancata stabilizzazione dei vincitori dei concorsi ha fatto lievitare del 50% i costi dell'amministrazione scolastica. A differenza del comparto Sanità, dove l’assunzione a tempo indeterminato di 30mila dipendenti ha ridotto i costi di 50 milioni di euro”.

Vale la pena ricordare che attraverso l’ultimo ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, è emerso che dopo l’incremento del 4,85% nel biennio 2006-2007 e del 3,20% in quello successivo, negli ultimi anni le buste paga dei docenti e Ata della scuola si sono sempre più “sgonfiate”; fino a ritrovarsi sotto la media dei dipendenti pubblici dell’1,15% e addirittura di quasi quattro punti percentuali rispetto all’aumento dell’inflazione registrato tra il 2007-2012 all’11,9%.

La proposta emendativa all’art. 1, comma 4, presentata oggi dall’Anief, prevede quindi il ripristino della deroga per il personale della scuola al blocco stipendiale (Legge, 183, art. 4, comma 83) ripristinato dal D.P.R. 122/2013 che nega ai fini della progressione di carriera il riconoscimento di eventuali scatti stipendiali pagati a partire dal 2011. Si tratta di una modifica che andrebbe anche a superare la proroga al blocco stipendiale per tutto il personale della P.A. nell’anno 2013 e 2014, ribadita dall’ultima Legge di Stabilità che livella ancora i valori di corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale del 2017 a quelli del 2013, ma che in realtà per la scuola sono addirittura quelli del 2010.

E in tutto questo, non si tiene conto del personale precario che svolge le stesse funzioni di quello di ruolo. Nonostante un ultimatum della Commissione europea, già scaduto, del 20 novembre scorso, che imponeva all’Italia di adeguare la propria normativa entro 60 giorni sul principio di non discriminazione derivato dalla direttiva comunitaria 1999/70, da cui scaturisce la seconda proposta emendativa Anief all’art. 1, comma 4-ter: una volta riconosciuto lo scatto stipendiale al personale precario, verrà meno la ragione sottesa alla contrattazione collettiva nazionale firmata il 4 agosto 2011 che abolisce il primo gradone stipendiale per i neo-assunti al fine di garantire l’invarianza finanziaria.

Un’altra proposta di modifica del decreto, all’art. 1, comma 1, consentirebbe di evitare la restituzione di somme relative al beneficio della prima e seconda posizione stipendiale del personale ATA, conseguente al superamento di una procedura concorsuale in cui è prevista la frequenza di un apposito corso di formazione e il superamento di una prova conclusiva. In virtù di tale posizione, migliaia di non docenti hanno svolto degli incarichi specifici che hanno comportato l’assunzione di responsabilità ulteriori, rischi o disagi, necessari per la realizzazione del piano dell’offerta formativa. Come si fa oggi a dirgli che non verranno pagati?

L’ultima proposta emendativa all’art. 1, comma 4-bis intende risolvere il problema del blocco delle risorse aggiuntive destinate ai dirigenti scolastici, attraverso l’utilizzo dei risparmi derivanti dalla mancata corresponsione della RIA dei dirigenti collocati a riposo: si tratta di 36.421.995,48 euro, che vanno considerati un risparmio di sistema e riutilizzati a favore dei ds in servizio.

“Non adottare questi emendamenti - ha sottolineato Pacifico - comporterebbe pure una riduzione delle risorse per servizi aggiuntivi agli studenti, corrisposte attraverso il Miglioramento dell’offerta formativa, il cui fondo è passato da 1.480 milioni del 2010/11 a 521 milioni effettivamente sbloccati per il 2013/14. E siccome il MOF è utilizzato anche per pagare il fondo d’istituto, significherebbe tagliare i corsi di recupero, i turni notturni nei convitti, gli incarichi extra per il personale Ata, le funzioni strumentali per attuazione dell’offerta formativa, i progetti, le ore eccedenti per pratica sportiva e sostitutive dei colleghi assenti, le aree a rischio sociale o immigratorio”.

“E comunque, qualora il Parlamento non adotti le misure richieste dal sindacato, saranno i tribunali a far valere i diritti dei dipendenti della scuola. Non a caso, l’Anief ha già da tempo impugnato alla CEDU la sentenza della Corte costituzionale che - ha concluso il sindacalista - ha dichiarato legittimo il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici”.

Per approfondimenti:

Scuola al palo: Governo e sindacati cancellano, in tre anni, 1 miliardo di finanziamenti per attività aggiuntive degli studenti. Tagliati 2/3 delle risorse stanziate nel 2011

La mancata assunzione dei 250mila precari costa allo Stato 700 milioni di euro l’anno

Testo audizione Anief VII Commissione Senato

Presentanti alla VII Commissione del Senato due emendamenti al dl n. 1260: attraverso la compresenza di un anno dei maestri dell'infanzia con quelli della scuola primaria e una rinnovata programmazione e organizzazione degli spazi d'aula, si risponderebbe alle richieste crescenti, già in tenerissima età, di orientarsi, imparare e apprendere nell'era del web. Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir: molti pedagogisti ed esperti di formazione sono con noi. Bisogna adeguarsi ai tempi, anche estendendo l'obbligo formativo fino ai 18 anni e introducendo una seria riforma della scuola/lavoro.

Anticipare l'obbligo scolastico a 5 anni, introducendo una classe 'ponte' che preveda la compresenza dei maestri dell'infanzia con quelli della scuola primaria, all'interno di una rinnovata programmazione e organizzazione degli spazi d'aula. A chiederlo, in audizione presso la VII Commissione permanente del Senato (Istruzione pubblica e Beni culturali)' è stata oggi l'Anief, Nella proposta, l'associazione sindacale ha spiegato che è giunto il momento di "valorizzare l'esperienza educativa dei bambini di cinque anni collocandola in continuità con l'apprendimento del percorso di formazione successivo": nell'era della tecnologia ‘spinta', infatti, i bambini già in tenerissima età "sono immersi nella Rete" ed occorre adeguarsi alle loro richieste "di orientarsi, imparare e apprendere".

Per rendere esecutivo questo progetto, caldeggiato di recente anche dal ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, il sindacato ha calcolato che non si attuerebbe alcun taglio agli organici. Anzi, il Governo dovrebbe prevedere un incremento di un sesto dell'attuale stanziamento per le scuole dell'infanzia, che oggi 'coprono' solo il 70% della popolazione di alunni frequentanti in quella fascia di età (il 30% rimanente si rivolge agli istituti paritari).

Anief ha spiegato ai senatori che l'anticipo del "diritto-dovere all'istruzione e alla formazione" a cinque anni sarebbe il primo tassello di una riforma del percorso scolastico finalizzata a portare i nostri giovani ad uscire dalla scuola con un anno di anticipo. Ma con la differenza, rispetto ad oggi, di spostare l'obbligo formativo da 16 a 18 anni. Si tratterebbe, del resto, solo di ripristinare l'obbligo formativo già previsto dalla Legge 144/1999, poi ridotto a 16 anni, puntando nel contempo su una seria riforma dell'apprendistato per contrastare il crescente fenomeno dei Neet: un “esercito” che si allarga di mese in mese, con oltre 2 milioni 250 mila giovani che oggi non studiano e non lavorano (il 24%).

La primaria e la secondaria di primo grado manterrebbero l'attuale assetto. Mentre alle superiori si introdurrebbe, dopo l'anno di orientamento tra i 15 e i 16 anni, un biennio finale "professionalizzante scuola/lavoro organizzato e gestito dal sistema scolastico in collaborazione con l'imprenditoria e con la formazione regionale".

"Diversi pedagogisti ed esperti di formazione, come Giorgio Israel e Clotilde Pontecorvo - ha detto nel corso dell'audizione Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - si sono detti favorevoli all'inserimento dei bambini nella scuola primaria a cinque anni. È opinione prevalente, infatti, che una scuola dell'infanzia 'di qualità' può suscitare nei bambini di quell'età la curiosità del sapere attraverso il fare, riscoprendo il sempre attuale 'learning by doing'. Sostenere il contrario significa non volersi adeguare ai tempi".

Anief ha quindi presentato alla VII Commissione permanente del Senato due emendamenti, proprio per favorire l'anticipo scolastico a 5 anni, al disegno di legge n. 1260, relatore alla Commissione sen. Francesca Puglisi (PD), recante "Disposizioni in materia di sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni e del diritto delle bambine e dei bambini alle pari opportunità di apprendimento".

 

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