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Dimensionamento 2013/14: le istituzioni continuano a sbagliare, ignorando le esigenze degli studenti e le indicazioni della Consulta. A farlo non è solo il Ministero dell’Istruzione, ma anche le Regioni. L’Anief è pronta a difendere gratuitamente studenti, famiglie, dirigenti scolastici, Dsga, personale docente e Ata coinvolti nella soppressione illecita di oltre 2.000 istituti.

Il Miur continua a ignorare la sentenza della Corte Costituzionale n.147/2012: per il prossimo anno scolastico, ai fini della costituzione degli istituti scolastici imporrà il parametro medio di 900 alunni, che è l’ennesimo nuovo criterio illegittimo. Inoltre, applicando ostinatamente l’ormai superato comma 5 dell’art. 19 della Legge n.111/2011, provvederà alla mancata assegnazione del dirigente scolastico e del Dsga in tutti quei casi in cui gli istituti superiori non raggiungano i 600 alunni iscritti.

Stavolta però a sbagliare non è solo il Miur, ma anche le Regioni: dalle prime risposte pervenute all’Anief dai governatori di Marche, Toscana e Lombardia, a seguito delle diffide inviate dal giovane sindacato all’inizio del 2013 alle giunte di tutta Italia, le Regioni sostengono che la Corte Costituzionale nel giugno scorso ha ribadito la loro competenza esclusiva sulla rete scolastica, ma che in ogni caso questa espressione non sarebbe in conflitto con le indicazioni del Miur. E quindi con gli effetti devastanti del dimensionamento che ha dato il là alla illecita cancellazione di oltre 2.000 istituti. Per le Regioni, in sostanza, non sarebbe stata operata alcuna arbitrarietà.

Si tratta, chiaramente, di interpretazioni errate. Come quella di coinvolgere nella soppressione degli istituti non solo i dirigenti scolastici ma anche ai Dsga. “La Legge 111 del 2011 e le norme sull’autonomia scolastica – sottolinea Marcello Pacifico, presidente dell’Anief - non fanno alcun riferimento ai Direttori dei servizi generali e amministrativi: una figura professionale che quindi non doveva essere coinvolta nel dimensionamento. Ma non è solo questo l’errore: perché, infatti, si è permesso di far cadere l’autonomia delle scuole d’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, accorpandole in mega-istituti senza capo né coda, rette da dirigenze in perenne difficoltà, dal momento che nessuna disposizione lo prevedeva?”

Secondo l’Anief il problema è che sul dimensionamento, Miur e amministrazioni periferiche continuano a dare per buoni dei criteri e dei parametri arbitrari. Continuando in tal modo a non considerare il ruolo centrale che dovrebbero avere le Regioni, le quali conoscono molto meglio, come indicato chiaramente dalla Corte Costituzionale, le esigenze dei territori, della popolazione e degli enti locali.

Se quindi dovessero continuare a prevalere sia la linea dispotica del Miur sia la subalternità delle Regioni, l’Anief non starà di certo a guardare: il nostro sindacato è pronto a patrocinare gratuitamente dei fondati ricorsi ai Tar, con il preciso fine di annullare anche questi ultimi atti sul dimensionamento scolastico palesemente illegittimi. Non bisogna poi dimenticare che siamo di fronte ad un disagio che si va a concretizzare nei giorni in cui milioni di studenti si apprestano a scegliere gli istituti da frequentare il prossimo anno scolastico: per questo motivo, il nostro sindacato ha deciso di difendere i diritti delle famiglie.

L’Anief, inoltre, patrocinerà, sempre gratuitamente, i ricorsi dei tanti dirigenti scolastici che a seguito della soppressione e fusione degli istituti hanno perso la titolarità. Tutelerà poi i tanti Dsga finiti in esubero. Oltre che il personale docente che si è ritrovato perdente posto e il personale Ata che ha dovuto subire un illegittimo trasferimento d’ufficio. Tutti costoro – famiglie, DS, DSGA, docenti e Ata - possono inviare le richieste di informazioni sui ricorsi da attuare contro il dimensionamento del prossimo anno scolastico – quindi contro Miur e Regioni - scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

Se il buongiorno si vede dal mattino, quello avviato dal Ministero dell’Istruzione con i sindacati della scuola su dei temi importanti, come l’avvio dei Tfa speciali e il rinnovo delle classi di concorso, non prelude a nulla di buono: i Tfa riservati al personale precario, infatti, sembrano essere posticipati di almeno un anno rispetto alla iniziale tabella di marcia stilata dallo stesso Ministero. Che avrebbe dovuto portare gli idonei ai corsi abilitanti alla partecipazione del nuovo concorso a cattedra. Inoltre, le nuove classi di concorso, che tanto tempo hanno fatto attendere, sembrano ora destinate ad essere approvate attraverso un decreto unilaterale e illegittimo firmato dal Ministro Profumo.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, quelli che il Ministero vuole approvare “sono due provvedimenti che non fanno bene alla scuola italiana. Il primo, perché rimanda di un ulteriore anno le aspettative di abilitazione formulate da tantissimi precari della scuola con almeno 360 giorni di servizio alle spalle. Una quota minima, peraltro, che sempre questo Miur sembrava intenzionato a portare a tre annualità di servizio. Puntando, in questo modo, a ridurre il numero di partecipanti. Ma dimenticando anche di dare seguito alle parti del decreto legislativo 297/94, che indicano nei 360 giorni di supplenze svolte l’unica soglia per accedere ai Tfa riservati. Come del resto già attuato nel 1999 e nel 2004”.

Ma anche il secondo provvedimento annunciato da Profumo ai sindacati, il rinnovo frettoloso delle classi di concorso, cozza con il mancato rispetto delle regole: “per ridefinire importanti cambiamenti, per lavoratori della scuola e studenti, come quello che vorrebbe apportare il Ministero dell’Istruzione – continua Pacifico – occorre infatti coinvolgere necessariamente le commissioni parlamentari. Vale la pena ricordare al Miur che aggirare quest’obbligo normativo, approfittando del particolare momento storico, a pochi giorni dalla mancata proroga del Cnpi e a poche settimane dalle elezioni politiche di fine febbraio, architettando l’approvazione di un improbabile decreto ministeriale, aprirebbe le porte ad un sicuro contenzioso”.

 

Una terribile triade composta da commissioni ministeriali, Consip e banche “amiche” ha assegnato milioni di euro per produrre dei micro-filmati di tre minuti l’uno, al costo di 40mila euro ciascuno, di cui nessuno conosceva l’esigenza e l’esistenza. Siamo di fronte ad una vergogna nazionale, perché gli artefici sono gli stessi che hanno messo in ginocchio la scuola italiana. Si recuperi ora un po’ di dignità, dirottando quei fondi per sbloccare subito gli scatti di anzianità e assumere i precari.

Proprio mentre alla scuola pubblica si sottraggono 8 miliardi di euro, si cancellano 200mila docenti e Ata, si aprono le classi pollaio, si tagliano due istituti su dieci, oltre che i fondi per comprare la carta igienica e i gessetti, si bloccano i contratti e gli scatti automatici del suo personale, al Miur si creano commissioni di “sapienti” che, attraverso la Consip e delle banche “amiche”, elargiscono ad aziende private ben 730mila euro per comprare 19 “pillole del sapere” dalla durata di 3 minuti ciascuno: degli spot, già ribattezzati “supposte del sapere”, che costano allo Stato una cifra che sfiora i 40mila euro l’uno.

Secondo l’Anief, quanto evidenziato dalla trasmissione Report, andata in onda la sera del 18 novembre su RaiTre, ha messo in luce una vicenda gravissima: da una parte si chiede a tutti coloro che sono coinvolti nella scuola, dal personale docente agli Ata, dagli studenti alle famiglie, di affrontare duri sacrifici e di ridurre vergognosamente la qualità della didattica; dall’altra si elargiscono importanti somme, milioni di euro, a pseudo aziende per produrre dei filmati di cui nessuno conosceva l’esigenza e l’esistenza.

“Siamo di fronte ad una vergogna nazionale – commenta Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir per la scuola – , con i vertici del Ministero dell’Istruzione, ad iniziare dal Capo Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, che non possono cavarsela ascrivendo i criteri di scelta e di assegnazione di quei fondi e di altri cinque milioni di euro per la realizzazione di inutili prodotti multimediali a fantomatiche commissioni nate sotto la gestione Gelmini”.

L’Anief ritiene che è ora di finirla: quanto è accaduto è ingiusto e ingiustificabile, ancora di più perché messo in atto dallo stesso staff ministeriale che ha avallato sacrifici tali da mettere in ginocchio la scuola pubblica italiana. “È giunto il momento – sostiene Pacifico – di rendere realmente trasparenti, non solo sulla carta o a parole, le procedure ministeriali di assegnazione delle gare di appalto dei fondi pubblici: oggi con internet queste informazioni si possono rendere accessibili a tutti. E lo stesso vale per i criteri di valutazione e verifica delle risorse assegnate”.

Non è possibile che una o due commissioni di super-esperti abbiano la facoltà assoluta di decidere il destino di ingenti fondi pubblici e senza, di fatto, rendere conto a nessuno. E che dire, sempre in tema di appalti pilotati, dello scandalo, reso pubblico da un “corvo” interno al Miur, dei fondi per la ricerca dirottati su progetti che non avevano i requisiti minimi necessari, in cambio probabilmente di tangenti o altri favori?

“È giunto il momento di finirla con questa gestione dell’istruzione pubblica italiana: serve da subito cambiare registro. E attuare un serio monitoraggio, anche al fine di operare una ricollocazione dei fondi pubblici, sino ad oggi sperperati per operazioni che non hanno nulla di formativo o educativo. Per recuperare almeno un po’ di dignità - propone il presidente dell’Anief – si riparta decidendo di finanziare gli scatti di anzianità e l’assunzione dei precari dimenticati”.

La puntata di Report (RaiTre) del 18/11/2012 

La decisione del Miur di destinare tablet e personal computer alle scuole del sud è stata definita dalsegretario federale della Lega Nord, Roberto Maroni, “una cosa pazzesca che divide a fa danni anche alla scuola”: secondo l’Anief stiamo solo assistendo alla solita politica irritante a cui ci ha abituato da tempo la Lega.

Il segretario Maroni dovrebbe sapere – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato ai quadri e direttivi della Confedir – che il materiale informatico è stato assegnato ad una serie di regioni (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) che appartengono ad aree sottoutilizzate. Tanto è vero che i finanziamenti per acquistarli sono di tipo Fas e fanno capo a fondi della Comunità europea finalizzati a potenziare le regioni obiettivo 1”.

Forse la Lega Nord – continua Pacifico – rimpiange il periodo politico in cui attraverso il Cipe, abusando del potere assunto durante l’ultimo Governo Berlusconi, ha permesso di dirottare alle scuole del Nord diversi fondi dell’Unione destinati al meridione”.

“La decisione del ministro Profumo di potenziare finalmente le scuole del sud non può che trovarci d’accordo: speriamo, anzi, che sia solo la prima – conclude il sindacalista - di una serie di tranche finalizzate a risollevare finalmente le aree del paese più in difficoltà”.

Mentre Profumo annuncia iscrizioni on line, registri elettronici e risparmi per 240 milioni di euro attraverso una nuova gestione delle scuole, l’OCSE lo bacchetta rilevando che dal 2000 al 2010 i docenti italiani sono sempre più poveri e meno pagati.

Oggi il ministro Profumo ha annunciato una serie di innovazioni tecnologiche per abbattere le spese scolastiche e migliorare la qualità della didattica in ogni classe: chi opera nella scuola non può che apprezzare questo sforzo, però è bene che prima il personale scolastico venga messo nelle condizioni per operare al meglio.

Sebbene lavorino di più, per colpa dei pochi investimenti di spesa pubblica nel settore dell’istruzione, università e ricerca, il 9% dei docenti italiani, contro il 13% della media di 32 Paesi, occupa il penultimo posto nell’indagine “Education at a Glance” che pone a confronto i sistemi educativi nell’ultimo decennio.

Per Marcello Pacifico, delegato Confedir alle alte professionalità e presidente Anief, “è chiaro come questa perdita secca dei salari influisca molto sulla motivazione del corpo insegnante che non ha una prospettiva di carriera, che accede al ruolo dopo anni di sfruttamento da precario. Bisogna subito sbloccare gli stipendi fermi ai valori del 2009, ridefinire gli organici grazie allo stanziamento di maggiori risorse, attuare un nuovo piano di immissioni in ruolo nella scuola e ripristinare la figura del ricercatore universitario. Senza soldi per la scuola, l’università e ricerca non ci sarà aumento della produttività, per questa ragione, l’Italia è ferma da 10 anni rispetto ai Paesi più sviluppati”.

Non è un caso – continua Pacifico – se il presidente Obama oggi investe sempre più in questo settore insieme alla cancelliera Merkel. Il nostro Presidente del Consiglio dovrebbe invertire la rotta, dopo che negli ultimi sei anni sono stati cancellati 200.000 posti nella scuola e messi ad esaurimento i ricercatori universitari”.

I dati della ricerca

Nel 2000, fatto 100 lo stipendio medio degli insegnanti dei 37 Paesi economicamente più progrediti, nel 2010, in Italia è cresciuto ogni anno a partire dal 2005 del 4/5% mente nella media OCDE del 15/22% secondo la fascia di insegnanti (primaria, secondaria di primo e secondo grado), colpa della percentuale di spesa (4,9%) del PiL che l’Italia dedica al settore della conoscenza, rispetto alla media del 6,2%. Risultato: nel 2010, il reddito medio degli insegnanti italiani si colloca intorno a 32.000 euro lordi, in Inghilterra supera i 49.000 euro. A parte il minore investimento, permane la differenza tra stipendio iniziale e di fine rapporto, a testimonianza di una carriera che non c’è: infatti, nell’accesso alla professione, gli italiani prendono quanto i colleghi europei (28.000 euro), ma nell’ultimo anno prima della pensione perdono tra i 7.000 e gli 8.000 euro, in media, pur avendo aumentato le ore di insegnamento in questi ultimi dieci anni (da 744 a 770 rispetto a una media OCDE da 762 a 782 per la primaria, da 608 a 630 rispetto a una media OCDE da 681 a 704 per la secondaria di primo grado, da 605 a 630 rispetto a una media OCDE da 608 a 658). Complessivamente, gli insegnanti italiani lavorano 39 settimane rispetto alle 38 OCDE, 175 giorni rispetto ai 185 OCDE.  

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