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Sondaggio Miur sull’abolizione del valore legale del titolo di studio: l’Anief spera che non votino gli analfabeti!

Se passa questa proposta si andrà verso lo svilimento del merito, ad iniziare nella Pubblica Amministrazione, per fare spazio alla cultura del fai da te.

Lascia pensare la decisione del Ministero dell’Istruzione di avviare una consultazione pubblica on line sul proprio portale internet per chiedere ai cittadini italiani il loro pensiero sull'abolizione del valore legale del titolo di studio: “speriamo che non votino gli analfabeti!”. La provocatoria la risposta dell’Anief si deve al fatto che mentre lo stesso Miur sembra da una parte voler potenziare i sistemi di valutazione dei risultati degli apprendimenti raggiunti dagli studenti a scuola e all’università (attraverso l’operato dell’Invalsi, dell’Anvur, del Cineca, dell’Ocse, ecc.), dall’altra parte sempre il Ministero, in coerenza con la riduzione dell’offerta formativa oraria di lezioni e delle cattedre, vorrebbe annullare il risultato certificato del successo formativo raggiunto.

Certe iniziative – sostiene il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – hanno solo un preciso obiettivo: svilire il merito, su cui si fonda anche il criterio di assunzione nella Pubblica Amministrazione. Come del resto sancito dalla nostra Costituzione”. L’Anief sostiene, dunque, che venendo meno questo criterio assisteremo ad una inevitabile ulteriore decadenza del livello di conoscenze, competenze e capacità oggi raggiunte dai nostri studenti.

D’altronde, se passa la norma della cancellazione del valore legale del titolo di studio – dichiara il Presidentedell’Anief – non si capisce per quale ragione uno studente dovrebbe ancora impegnarsi per cercare di prendere un buon voto o per essere promosso: alla fine del suo percorso formativo, infatti, non conterà più l’esito degli esami svolti e la loro valutazione, ma solo la partecipazione”.

Piuttosto che avventurarsi in sondaggi a dir poco discutibili, l’Amministrazione scolastica, in nome dello Stato italiano, farebbe bene a riprendersi il compito costituzionale di formare al meglio le generazioni del domani, al fine di prepararle al meglio alla sfida del mercato del lavoro. Anziché abbandonare la cultura al fai da te e i giovani ad un destino professionale - conclude Pacifico - legato alla fortuna di un buon incontro”.

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