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Basta con gli aumenti di stipendio tagliando i fondi per gli alunni

Appello del sindacato al Miur: lo scorso anno tagliati 340 milioni destinati all’offerta formativa, di questo passo tra due anni arriveremo a raschiare il “barile”. Non ci saranno nemmeno più i soldi per carta, gessetti e toner. Mentre docenti e Ata avranno stipendi sempre più al limite della povertà.

È arrivato il momento di dire basta agli aumenti di stipendio attraverso il taglio progressivo dei fondi destinati alle scuole. A chiederlo pubblicamente al Miur è l’associazione sindacale Anief, dopo che nelle ultime ore stanno prendendo sempre più corpo le voci che vorrebbero l’amministrazione scolastica impegnata nel sottrarre risorse dal Fondo d’istituto per garantire gli scatti stipendiali del personale docente e Ata.

Lo scorso anno questa strategia ha portato alla riduzione del Miglioramento dell’offerta formativa, il “capitolone” ministeriale da cui vengono reperiti i fondi da indirizzare alle oltre 8mila scuole italiane, di oltre 340 milioni di euro:circa 275 milioni furono sottratti dal fondo di istituto e 65 da altri soldi già stanziati per le attività a supporto della didattica. Oggi rimangono da distribuire alle scuole poco più di 760 milioni di euro, ma se questi verranno ridotti anche quest’anno di altri 340 milioni, per le scuole ne rimarranno poco più della metà. E tra un anno, di questo passo, non rimarranno che le briciole.

Con la prospettiva, per i dirigenti scolastici, di dover affidarsi al buon cuore delle famiglie degli alunni anche per comprare materiale scolastico di primaria necessità: come la carta igienica, i gessetti per le lavagne, i toner e l’assistenza per i computer e via dicendo. Per non parlare dell’attivazione dei progetti a sostegno della didattica e delle visite culturali, di cui già da tempo si sono perse le tracce.

“Il personale della scuola non ne può più di questa politica che toglie una parte fondamentale del settore scuola per indirizzarla verso altre voci di spesa dello stesso comparto – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -. La scuola ha bisogno di risorse, non di ‘travasi’. Basta andare a vedere come si comportano i Governi dei Paesi più all’avanguardia in fatto di istruzione, come la Germania o gli Stati Uniti che ogni anno integrano i loro investimenti, per rendersi conto che di questo passo si va verso la distruzione della scuola pubblica. E dei diritti dei suoi lavoratori”.

L’Anief ha più volte denunciato che una parte consistente della responsabilità di quello che sta accadendo va ricondotta all’atteggiamento rinunciatario dei quei sindacati che, invece di rivendicare risorse aggiuntive, hanno svenduto la gestione delle scuole firmando un contratto, peraltro rinnegato dopo due mesi dal Governo, per applicare subito quella riforma tanto cara al Mef e alla Funzione Pubblica che prevede aumenti soltanto in cambio di risparmi. È evidente che anche il Governo in carica intende attuare il decreto legislativo 150/09, andando ad avviare una contrattazione decentrata che dietro allo sbandierato merito nasconde solo una volontà: mettere sul piatto, per gli aumenti contrattuali, una cifra irrisoria di euro. Tanto poi si prendono dalla stessa scuola.

Tutto nasce dall’approvazione del decreto legislativo 29/93, che nel privatizzare il rapporto di lavoro nel pubblico impiego avrebbe dovuto armonizzare il sistema pubblico con quello privato. Con il risultato, a distanza di 20 anni, che oggi gli statali sono licenziabili, hanno delle buste paga con importi al limite della soglia della povertà e hanno perso anche sul fronte del TFR. E il futuro? Se non cambia il vento, sarà sempre più nero: dal 2015, dopo la fine del blocco dei contratti, non saranno più riconosciuti gli scatti automatici, entrerà in vigore il merito. Con le “prestazioni” individuali rese all’interno dell’unità aziendale. Perché tale viene con considerata oggi la scuola italiana.

 

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