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Anief: basta con le prese in giro, i supplenti meritano rispetto. Anche dire loro che saranno tutti nominati con l'avvio del nuovo anno scolastico è falso: a settembre un docente su sei non sarà al suo posto.

Ancora una volta un ministro della Repubblica, incaricato di gestire le sorti dell'istruzione pubblica in Italia, non tiene fede agli impegni presi sulle assunzioni dei precari: annunciando appena 12mila immissioni in ruolo di docenti e 3mila di personale Ata (amministrativi, tecnici, ausiliari e Dsga), da attuare nel corso di questa estate, sempre se autorizzate dai funzionari di viale XX Settembre, il ministro Carrozza ha sconfessato quanto aveva detto pochi giorni prima, sostenendo di voler stabilizzare 35mila docenti di sostegno e di voler portare a termine il piano triennale di assunzioni prodotto nel 2011 attraverso un accordo interministeriale contenente ben altri numeri.

Se a questo aggiungiamo i 5.400 lavoratori non docenti non assunti quest'anno per via della irrisolta questione degli inidonei, gli 11.542 prossimi vincitori del concorso a cattedra e i circa 100mila supplenti che annualmente vengono assunti, di cui almeno 20mila su posti vacanti, ci rendiamo conto che le cifre indicate dal ministro Carrozza rappresentano veramente una goccia nel mare: le assunzioni che il Miur doveva chiedere erano 70mila e non 15mila.

L'Anief si fa dunque portavoce del malcontento della categoria, pretendendo che vengano da subito attuate le assunzioni su tutti i posti liberi. Dando così anche seguito alle indicazioni Ue sulla materia, in particolare quelle contenute nell'articolo 4 della Direttiva 1999/70/CE, ed evitando che le sentenze dei giudici sovranazionali condannassero lo Stato italiano a sanzioni che già dal prossimo autunno potrebbe assumere proporzioni gigantesche.

"Quel che rende la situazione professionale dei precari della scuola ancora più insopportabile - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola e i quadri - è il fatto che i ministri dell'Istruzione fanno a gara a chi produce le 'bufale' più grandi. Vale, per tutte, quella riguardante la promessa di svuotamento delle graduatorie ad esaurimento in pochi anni: ma come si fa a prendere in giro la gente in modo così plateale, dal momento che al ritmo di 6mila l'anno, visto che l'altra metà delle assunzioni è riservata ai vincitori del concorso a cattedra, non basteranno tre decenni per assumere tutti gli attuali supplenti nelle GaE?".

Il sindacato non può accettare questo modo di procedere. Appena pochi mesi fa, a riforma Fornero già approvata, l'ex ministro Profumo aveva detto che nel 2013 le immissioni in ruolo sarebbero state 22mila. Ora, invece, l'attuale ministro dice che nella migliore delle ipotesi saranno la metà. La realtà è che si continua a lasciare questo personale, la cui opera è indispensabile per il buon funzionamento delle nostre scuole, in uno stato di incertezza fino a che non raggiungono almeno i 50 anni.

"Anche il ministro Carrozza - continua Pacifico - ha subito imparato la 'lezione': quando dice, come ha fatto nelle ultime ore alle commissioni Cultura, che l'anno scolastico inizierà regolarmente ci racconta l'ennesima 'bufala'. Come si fa, infatti, a nominare d'incanto oltre 100mila supplenti, dal momento che le immissioni in ruolo si concluderanno in quei giorni, anziché, come accadeva fino a qualche anno fa, entro il 31 luglio? Anche in questo caso, non bisogna essere dei maghi per sapere che le lezioni a settembre riprenderanno con un docente su sei che non sarà al suo posto".

 

Anief plaude alla volontà espressa dal ministro Carrozza durante il question time a una interrogazione del M5S, ma critica la ristrettezza delle future immissioni in ruolo: all’inizio dell’attuale anno scolastico erano 80 mila i posti di docenti e Ata vacanti disponibili, a cui vanno aggiunti almeno altri 40-50 mila dipendenti che saranno collocati in pensione.

L’Anief plaude alla decisione del Governo di mantenere fede al piano triennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale scolastico previsto dal decreto legge n.70 del 2011, attraverso la richiesta di immissione in ruolo di circa 15 mila precari ribadita oggi dal ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, rispondendo durante il question time a una interrogazione del M5S. I numeri però non tornano. Anche se la riforma delle pensioni ha ridotto il previsto turn over, i posti vacanti e disponibili tra docenti e personale Ata sono molti di più: almeno 22 mila e non 15 mila.

Anche nella programmazione delle nuove assunzioni non ci siamo: il ministro Carrozza ha detto che “le stime del turn over del personale docente per i prossimi anni scolastici sono di circa 44 mila unità di personale docente e Ata. Da tali dati emerge che l'entità del personale che potrà essere assunto in conseguenza diretta del turn over – ha spiegato ancora il ministro - ammonta complessivamente a circa 59 mila unità nel prossimo quadriennio”.

“Non riusciamo a comprendere come mai al ministero dell’Istruzione si facciano sempre i conti delle assunzioni in difetto”, commenta a caldo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola e i quadri. “Dai conteggi del nostro ufficio studi, fondati sulla base dei posti attualmente disponibili e sulle stime ufficiali dei pensionamenti, risultano infatti almeno 120 mila i posti che si renderanno disponibili tra il prossimo anno e il 2017. Il calcolo è presto fatto: all’inizio dell’attuale anno scolastico erano 80 mila i posti di docenti e Ata vacanti disponibili, a cui vanno aggiunti almeno altri 40-50 mila dipendenti della scuola che saranno collocati in pensione”.

Il sindacato ricorda che coprendo tutti i posti vacanti l’amministrazione darebbe seguito anche a quanto previsto dalla direttiva 1999/70/CE. La quale non ammette deroghe sulle assunzioni a tempo determinato per i precari di lungo corso. Su questo abuso si esprimerà presto, tra l’altro, la Corte di giustizia europea, a cui per iniziativa dell’Anief si sono rivolti migliaia di docenti e Ata, che a novembre dovrà decidere sull’incompatibilità della normativa nazionale in materia di stabilizzazione rispetto a quella comunitaria.

“Assumere un numero ridotto di precari è una politica davvero miope – commenta ancora Pacifico – soprattutto se ad essere ingiustamente esclusi sono coloro che hanno svolto già 36 mesi di supplenze. In questi casi, infatti, le mancate immissioni in ruolo comporteranno ulteriori contenziosi contro l’operato dello Stato, peraltro sempre più frequentemente destinati rimborsare i precari per i danni economici e morali loro arrecati a seguito delle mancate assunzioni. Le immissioni in ruolo, come lo sblocco del turn over, non possono continuare ad essere legare a mere esigenze di bilancio statale”.

Il sindacato, a tal proposito, coglie l’occasione per chiedere ai parlamentari di approvare con urgenza la modifica alla riforma Fornero, prodotta dai parlamentari Gnecchi e Ghizzoni, della quale si sta già occupando la Commissione lavoro della Camera, riguardante 3.500 docenti e Ata che avevano iniziato l’anno scolastico 2011/12 sapendo di andare in pensione ma che invece oggi sono ancora in servizio a causa della mancata deroga. Risolvere positivamente la questione dei Quota 96 sarebbe già un punto a favore. Di chi ha diritto a lasciare e di chi deve essere assunto.

 

L’annuncio fatto oggi in Parlamento va apprezzato, però il numero di immissioni in ruolo che andrebbero attuate entro il 2017 sono 130mila e non 44mila. Via libera dal sindacato anche al progetto di revisione della carriera degli insegnanti, a patto che sblocchi gli scatti e adegui gli stipendi a quelli dell’area Ocde. Via libera anche alla realizzazione di nuovi testi unici per superare la giungla normativa attualmente esistente.

Anief non può che apprezzare le intenzioni pronunciate oggi dal ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, durante la presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero alle commissioni Istruzioni e Cultura di Camera e Senato: siamo d’accordo con il ministro quando dice che è "opportuno varare un nuovo piano triennale di assunzioni per il 2014-17". Ma dobbiamo dissentire quando sostiene che nello stesso triennio "è previsto un turn-over complessivo di 44.000 unità".

“Il nostro sindacato – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief - ritiene questo dato fortemente sottostimato, poiché in realtà sono 120 mila i posti che si renderanno disponibili tra il prossimo anno e il 2017. Il calcolo è presto fatto: all’inizio dell’attuale anno scolastico erano, infatti, ben 80 mila i posti di docenti e Ata vacanti e disponibili, a cui vanno aggiunti almeno altri 40-50 mila dipendenti della scuola che saranno collocati in pensione. Solo in questo modo, coprendo tutti i posti vacanti, l’amministrazione potrà evitare ulteriori contenziosi che ormai sempre più frequentemente la condannano a rimborsare i precari per i danni economici e morali loro arrecati a seguito delle mancate assunzioni”.

Anief ritiene fattibile anche il piano di revisione della carriera per gli insegnanti, sempre annunciato dal ministro Carrozza, attraverso un innovativo "sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato a una progressione di carriera, svincolata dalla mera anzianità di servizio", al fine di approdare ad un "giusto riconoscimento ai docenti meritevoli costruendo un vero e proprio 'cursus professionale'". In tal caso il giovane sindacato reputa indispensabile accompagnare tale operazione con il ripristino degli scatti sinora bloccati e con l’adeguamento degli stipendi all’attuale costo della vita. Le immissioni in ruolo, come lo sblocco del turn over, non possono continuare ad essere legate a mere esigenze di bilancio statale o al raffreddamento dell’anzianità di servizio.

“È davvero grave che si continui a parlare di valorizzazione dei docenti e degli operatori scolastici – continua il presidente Anief – mentre le loro buste paga rimangono, secondo l’Istat, al potere di acquisto di 20 anni fa. Oggi lavorare per la scuola, tanto per capirci, significa essere collocati tra la parte della popolazione più povera. E anche a livello internazionale il confronto non regge, visto che l’Ocde ci ha fatto sapere di recente che un docente, che opera nell’area dei Paesi che vi aderiscono, a fine carriera arriva a guadagnare sino a 8mila euro l’anno in più di quanto percepisce un insegnante italiano nella stessa condizione”.

Per quanto riguarda, infine, l’intenzione di semplificare e disboscare la “giungla normativa attualmente esistente, attraverso lo strumento della codificazione (con testi unici) della normativa di scuola, università e ricerca”, Anief si trova sostanzialmente d’accordo con il Ministro. “Anche perché – conclude Pacifico - occorre con urgenza rivedere gli attuali testi unici della scuola, sistematicamente superati e sovvertiti dalle finanziarie degli ultimi anni, il cui vero e unico scopo è sempre stato quello di rivedere al ribasso gli organici e la rete scolastica”.

 

Ad un mese dalla sua nomina a capo del Miur, si è reso conto che negli ultimi sei anni l’istruzione è stata massacrata da tagli a risorse, personale e scuole: allora, se non si cambia registro è meglio che torni a fare il rettore o il ricercatore.

“Ha fatto bene il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, a dire che se non ci sono margini per un reinvestimento nella scuola pubblica sarà costretta dimettersi dall’incarico: sono parole coerenti, pronunciate da chi si è reso conto che è impossibile guidare la macchina formativa italiana, da cui dipendono le sorti di otto milioni di alunni, se si vogliono continuare a tagliare risorse, personale e scuole”. Così commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola, le dichiarazioni rilasciate oggi dal ministro Carrozza a proposito della necessità estrema di tornare ad investire nell’istruzione.

“È bastato un mese alla dottoressa Carrozza – continua Pacifico – per capire che occorre abbandonare la politica dei tagli ed allinearsi a quanto avviene nei paesi più sviluppati. In caso contrario, se non ci sarà un rilancio della cultura e della formazione, è meglio lasciare l’incarico di Ministro tornare a fare il rettore o il ricercatore. Sa bene che pesa come un macigno quella differenza di almeno un punto percentuale di Pil in meno, per investimenti sul settore dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rispetto alla media dell’area Ocse”.

Anief e Confedir hanno più volte denunciato che non si poteva andare avanti come è stato fatto negli ultimi cinque-sei anni, quando si è cancellato qualcosa come 200mila posti e quasi 4mila scuole autonome. Oltre che il tempo scuola in tutti i tipi di corsi. E che dire del rapporto alunni-docenti, che ha portato alla formazione di tante classi ‘pollaio’? Tutto questo non è più tollerabile. Ora anche il Ministro lo dice.

“A questo punto – prosegue il rappresentante Anief-Confedir – Carrozza farebbe bene a chiedere la cancellazione di tutte le riforme Gelmini, perché è dal loro fallimento che sono derivati i numeri decadenti sulla formazione dell’ultimo periodo, anche a livello universitario e di occupazione. Per non parlare dello scorretto utilizzo dei fondi Cipe, con obiettivo regionale, che sono stati dirottati in altre aree del Paese. O dell’abolizione e del ridimensionamento delle province, che gestiscono anche la manutenzione dell’edilizia delle scuole superiori: a Catania, è notizia di questi giorni, il commissario ha minacciato di tagliare per il prossimo anno scolastico i riscaldamenti in tutte le ore in cui non vi è attività didattica”.

Fa bene, infine, il Ministro a chiedere maggiore sicurezza per i nostri alunni. A tal proposito va ricordato che la recente normativa sulla frequenza obbligatoria di tutto il personale, in particolare dei docenti, che sono anche dei ‘preposti’, dei corsi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro non ha ancora trovato applicazione nella maggior parte degli istituti. È ora di cambiare. Tornando ad investire nella conoscenza. Anche il nuovo Ministro l’ha capito. Altrimenti è meglio andarsene.

 

Lo Stato non investe più nella selezione dei docenti e nei verificatori della qualità del sistema d’istruzione. Pacifico: non è solo un problema di fondi, torniamo a dare la giusta dignità a queste importanti figure professionali.

Uno Stato che non investe nei selezionatori dei docenti e negli ispettori della qualità scolastica è destinato al massimo a tenersi a galla. La denuncia arriva dall’associazione sindacale Anief, nello stesso giorno in cui un noto quotidiano nazionale ha denunciato le grosse difficoltà che ha l’amministrazione scolastica nel reperire dei docenti-eroi che si prestino a lavorare tutta la prossima estate, senza andare in ferie ed in cambio di appena 500 euro, per fare da esaminatori del concorso a cattedra da cui entro il 31 agosto scaturiranno 11mila nuovi insegnanti. Se a questo aggiungiamo l’ormai cronica carenza di ispettori addetti alla valutazione scolastica, rilanciata da una testata giornalistica specializzata, non possiamo che giungere ad una triste conclusione: non servono le riforme dei concorsi e i nuovi sistemi di valutazione scolastica, se poi non c’è la volontà di incentivare adeguatamente i commissari e di selezionare nuovi ispettori.

Il sindacato, come tutti i lavoratori della scuola, sono convinti che un sistema d’istruzione di qualità non può continuare a reggersi sul volontariato di chi ama l’insegnamento oppure sulla professionalità di un “pugno” di esperti chiamati a valutare l’operato di quasi 10 mila scuole. È quindi urgente porre un rimedio a questa situazione, tornando a dare la giusta considerazione per i selezionatori dei nuovi docenti e assumendo nuovi ispettori. Altrimenti tutto il sistema scolastico rischia di regredire ulteriormente.

“Uno Stato che non investe in queste figure professionali, da cui dipende il destino di un milione di dipendenti tra docenti e Ata, oltre che la formazione di sette milioni di alunni, non può permettersi di svilire certe figure professionali”, sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief. “Occorre il prima possibile porre rimedio a tale limite. Altrimenti, non si capisce perché dei commissari, ridotti a lavorare come dei lavoratori dell’Ottocento, malpagati, senza sosta e privati anche del riposo settimanale, debbano decidere di immolarsi per una causa in cui nessuno crede. Ad iniziare proprio dallo Stato”, conclude Pacifico.

 

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