Il blocco in questione per gli assegni INPS superiori a tre volte il minimo è stato ribadito dalla legge 65/2015 che sarà scrutinata dal giudice delle leggi. Le ultime due ordinanze in ordine di tempo (nn. 32 e 33 emesse dalle Corti dei Conti di Abruzzo e Piemonte) sono state ottenute nel dicembre 2016 grazie all’azione legale promossa dalla Confedir, dichiara il segretario organizzativo Marcello Pacifico. Invia la diffida per interrompere i termini di prescrizione in attesa della pronuncia della Consulta che ha già dichiarato illegittimo il precedente blocco previsto dall’art. 24, c. 25 del DL 201/2011 come convertito dalla legge 214/2011 con la sentenza n. 70/2015 e aderisci al ricorso in convenzione con Radamante. Nel frattempo, stiamo diventando sempre più un popolo di anziani: presto 1 italiano su 3 sarà ultra 65enne, servono provvedimenti straordinari e non alzare gli anni di contributi.
L’accoglimento del ricorso contro il blocco della perequazione prevede rimborsi di 3mila euro di arretrati per un assegno di 1700euro mensili e un aumento annuo di ulteriori 1.000 euro considerato che nel biennio incriminato l’inflazione certificata è salita del 4,2%. Vai al precedente comunicato con la tabella allegata. Le ultime pronunce riprendono quella precedente della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna, e quelle dei tribunali del lavoro di Palermo, Brescia, Milano e Genova.
D’altronde, secondo il rapporto annuale di ricerca "Essere Anziani oggi", nel 2050 gli over 65 raggiungeranno il 35% degli abitanti, di cui 7-8 milioni con oltre 80 anni, 2 milioni con più di 90 anni e 180mila ultracentenari. Già oggi, il Belpaese risulta tra i Paesi UE, subito dopo la Germania, come quello con il più alto numero di anziani, pari al 20,7% dei residenti. Ci sono, poi, le proiezioni di Eurostat sul previsto calo di persone in età lavorativa (-6,8% entro il 2030); ne consegue che due lavoratori diventano indispensabili per sostenere una persona in pensione con una inevitabile ulteriore “stretta” sui bilanci pubblici, così come sull‘assistenza sociale, sui sistemi sanitari e sul sostegno per gli anziani, ma, soprattutto, sui sistemi pensionistici; proprio quelli su cui si è agito in prevalenza negli ultimi anni. Se si vuole fronteggiare il fenomeno demografico dell’invecchiamento, non si può pensare di creare una popolazione di anziani stressati e ammalati per via d’una permanenza sul lavoro protratta all’inverosimile. Nella scuola, nell’ultimo anno, abbiamo assistito ad una riduzione del 30% dei pensionamenti: per quella anticipata servono quasi 43 anni di contributi, per quella di vecchiaia 67 anni mentre l’Ape è stata concessa solo ai maestri della scuola dell’infanzia, anche se tutti i docenti sono ad altissimo rischio burnout.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): bisogna avviare un patto generazionale che salvi i nostri cittadini lavoratori più giovani dalla beffa previdenziale cui sono destinati dopo tantissimi anni di contributi versati nelle casse dello Stato: il nuovo sistema di calcolo, abbinato agli innalzamenti della soglia di età pensionabile, ha determinato un trattamento, sotto forma di assegno di quiescenza, davvero inammissibile. Il fatto che l’Inps sia in difficoltà, non può giustificare un gap così alto rispetto al passato. Lo Stato, inoltre, non può pagare ai suoi dipendenti soltanto contributi figurativi, obbligandoli a trattenere una quota per dar loro pensioni da fame.
Nella scuola, ad esempio, nell’ultimo anno abbiamo assistito a una riduzione rispetto al passato del 30% di pensionamenti. E quest’anno non sarà da meno. Ricordiamo che, a seguito dell’innalzamento dei requisiti previsti dalla legge di riforma Monti-Fornero, per lasciare il lavoro il prossimo 1° settembre con la pensione anticipata occorreranno 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini; per la pensione di vecchiaia serviranno invece, per entrambi i sessi, 66 anni e 7 mesi di età anagrafica. I requisiti, inoltre, sono destinati a crescere negli anni: nel 2031, la soglia imposta dalla riforma diventerà di 44 anni e 6 mesi per gli uomini e 43 anni e 6 mesi per le donne. Anche il “tetto” per la vecchiaia si alzerà, fino a 68 anni e 3 mesi di età, anche ulteriormente innalzabili, in caso di probabili incrementi della speranza di vita.
Se si vuole fronteggiare il fenomeno demografico dell’invecchiamento della popolazione, tuttavia, non si può pensare di creare una popolazione di anziani stressati, se non ammalati, per via di una permanenza sul lavoro protratta all’inverosimile. Una popolazione anziana, tra l’altro, destinata ad impoverirsi progressivamente. Già oggi in Italia per più di quattro pensionati su dieci l'assegno non arriva neppure a mille euro al mese, con lo stessoIstat che di recente ha calcolato che il reddito pensionistico lordo annuo di chi percepisce la pensione in Italia è di soli 17.323 euro.
Ad aggravare il tutto c'è il blocco della perequazione per il biennio 2012-2013 per gli assegni INPS superiori a tre volte il minimo, che è stato ribadito dalla legge 65/2015 che sarà, però, scrutinata dal giudice delle leggi. Le ultime due ordinanze in ordine di tempo (emesse dalle Corti dei Conti di Abruzzo e Piemonte) sono state ottenute nel dicembre 2016 grazie all’azione legale promossa dalla Confedir, dichiara il segretario organizzativo Marcello Pacifico. Invia la diffidaper interrompere i termini di prescrizione in attesa della pronuncia della Consulta che ha già dichiarato illegittimo il precedente blocco previsto dall’art. 24, c. 25 del DL 201/2011 come convertito dalla legge 214/2011 con la sentenza n. 70/2015 e aderisci al ricorso in convenzione con Radamante. L’accoglimento del ricorso contro il blocco della perequazione prevede rimborsi di 3mila euro di arretrati per un assegno di 1700euro mensili e un aumento annuo di ulteriori 1.000 euro considerato che nel biennio incriminato l’inflazione certificata è salita del 4,2%. Vai al precedente comunicato con la tabella allegata. Le ultime pronunce riprendono quella precedente della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna, e quelle dei tribunali del lavoro di Palermo, Brescia, Milano e Genova.
In futuro, inoltre, andrà molto peggio: l’ufficio studi Aniefha stimato che mediamente gli insegnanti immessi in ruolo nel corso del 2015 attraverso la Buona Scuola, rispetto a chi lascia il servizio oggi, andranno a prendere un assegno mensile fortemente decurtato: se un docente che oggi lascia il servizio attorno ai 65 anni percepisce una pensione media di 1.500 euro, chi è stato immesso in ruolo oggi andrà in pensione solo a 70 anni con assegni inferiori ai 900 euro. Per assicurarsi una pensione decente, sopra i 1.000 euro, dovranno così valutare se rimanere in servizio ancora, fino alla soglia dei 75 anni.
Per venire incontro ai lavoratori entrati nella terza età, ma con prospettive pensionistiche pessime, la soluzione non può essere, di certo, quella prodotta nell’ultimo periodo dal Governo Renzi con l’anticipo pensionistico Ape fino a 3 anni e mezzo rispetto alla soglia dei 67 anni e 7 mesi: l’adesione volontaria, infatti, rimane impraticabile perchè prevede la riduzione dell’assegno di quiescenza per vent’anni pari a circa 400 euro mensili. Mentre l’Ape ‘social’, che prevede solo qualche decina di euro di restituzione al mese (poiché si supera la soglia di reddito di 1.500 euro lordi), è stata illogicamente concessa solo ai maestri della scuola dell’infanzia, dal momento che tutta la professione è ad altissimo rischio burnout.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal occorre “attivare un patto generazionale che salvi i nostri cittadini lavoratori più giovani dalla beffa previdenziale cui sono destinati dopo 43 anni di contributi versati nelle casse dello Stato: il nuovo sistema di calcolo, abbinato agli innalzamenti della soglia di età pensionabile, ha determinato un trattamento, sotto forma di assegno di quiescenza, davvero inammissibile. Se fino ad oggi si è andati a lavorare anche per garantirsi una pensione dignitosa, con questo modello normativo si lavorerà una vita per assicurarsi quello che lo Stato assegna ad un disoccupato, ledendo, in questo modo, il principio della parità retributiva, perché la pensione, è bene ricordarlo, non è altro che una retribuzione differita che non può essere pari a quella di chi non ha mai prodotto assegni previdenziali”.
Anief ricorda al Governo che nell’ultimo quinquennio le riforme pensionistiche, per via dell’aspettativa di vita, hanno allungato di dieci anni l'età pensionabile. Mentrein Germania un insegnante continua ad andare in pensione dopo 27 anni di contributie senza penalizzazioni. Il fatto che l’Inps sia in difficoltà, non può giustificare un gap così alto rispetto al passato. Certamente, se proprio si deve andare a tagliare, allora si inizi dagli assegni pensionistici di quei politici che a fronte di pochi anni, a volte giorni, di mandato parlamentare percepiscono vitalizi altisonanti. Non è più accettabile che la nostra classe politica si dimostri celere nel tagliare gli assegni dei cittadini lavoratori, mentre continui a rimanere restia a ridurre i propri, derivanti da leggi anacronistiche che non ha più alcun senso mantenere in vita”.
Per il sindacato, la questione della previdenza va rivista in modo sistematico: “lo Stato – continua Pacifico - non paghi ai suoi dipendenti soltanto contributi figurativi, come avviene oggi, obbligandoli nel contempo a trattenere una quota nelle buste paga per corrispondergli pensioni da fame. In parallelo, occorre eliminare dal bilancio Inps tutto lo stato sociale, che pesa tantissimo, per oltre due terzi dalle uscite dell’ente nazionale di previdenza. Non è possibile, ad esempio, che i fondi Inps vengano assorbiti in larga parte dalla cassa integrazione in deroga, destinata peraltro in netta prevalenza a lavoratori privati. Con i dipendenti pubblici, il cui contratto è fermo da sei anni e sotto l’inflazione di 20 punti percentuali”, conclude il presidente Anief.
PER APPROFONDIMENTI (a cura dell’Ufficio Studi Anief)
I requisiti per andare in pensione nel 2017: dipendenti pubblici
Pensione di vecchiaia
Uomini e donne – nel 2017 con 66 anni e 7 mesi di età (con almeno 20 anni di contributi)
Donne – nel 2017 con 41 anni e 10 mesi di contributi
Uomini – nel 2017 con 42 anni e 10 mesi di contributi
Uomini e donne assunti dal 1/1/1996 in possesso di anzianità contributiva minima di 20 anni e importo minimo pari 2,8 volte l’assegno sociale – nel 2015 con 63 anni e 7 mesi di età.
Le differenze nel corso degli anni, a seguito della riforma Monti-Fornero (sempre nel pubblico impiego):
PENSIONE DI ANZIANITÀ
Uomini Donne
2012 42 anni e 1 mese 41 anni e 1 mese
2016 42 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi
2017 42 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi
2018 42 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi
2019 43 anni e 2 mesi 42 anni e 3 mesi
2020 43 anni e 2 mesi 42 anni e 3 mesi
2025 43 anni e 11 mesi 42 anni e 11 mesi
2030 44 anni e 4 mesi 43 anni e 4 mesi
2031 44 anni e 6 mesi 43 anni e 6 mesi
PENSIONE DI VECCHIAIA
2012 66 anni
2016 66 e 7 mesi
2017 66 e 7 mesi
2018 66 e 7 mesi
2019 66 e 11 mesi
2020 66 e 11 mesi
2025 67 e 8 mesi
2030 68 e 1 mese
2031 68 e 3 mesi
Deroghe e possibilità di uscita anticipata:
Tipologia | Requisiti | Specifiche | |
OPZIONE DONNA |
Si tratta dell’estensione della pensione anticipata alle lavoratrici nate nell’ultimo trimestre del 1958, a patto che le stesse abbiano maturato i 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015. Requisito necessario è: 57 anni di età (per le lavoratrici dipendenti) o 58 anni (per le autonome) e 35 anni di contributi maturati entro data 31 dicembre 2015 |
Si deve valutare anche l’adeguamento alla speranza di vita, che ad oggi è pari a 6 mesi. Per quanto riguarda, dunque, le lavoratrici che sono nate nell’ultimo trimestre del 1958, l’Opzione Donna è esercitabile sino al 31 luglio 2016, dopo di che, tenendo in considerazione le finestre mobili, è bene sapere che la pensione, per le dipendenti, arriverà dopo 12 mesi mentre per le autonome dopo 18 |
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OTTAVA SALVAGUARDIA ESODATI |
Gli esodati inclusi nell’ottava manovra di salvaguardia aumenta e passa dai precedenti 27mila 700 agli attuali 30mila 700 |
Passano da 8mila a 11mila i lavoratori in mobilità entro il 31 dicembre 2011, per via dello slittamento della data del termine dell’attività lavorativa al dicembre 2014, anziché, come era prima, al dicembre 2012 |
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CUMULO CONTRIBUTI PER I PROFESSIONISTI |
Tra gli aventi diritto al nuovo cumulo gratuito dei contributi, sono stati ammessi anche i professionisti iscritti agli ordini |
Il cumulo dei contributi consente di poter raggiungere sì la pensione di vecchiaia, ma anche quella di anzianità, grazie alla somma dei periodi di versamenti presso differenti gestioni previdenziali, con un computo pro quota sulla base delle disposizioni di ogni singola gestione |
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APE (anticipo pensionistico) |
Rivolto ai lavoratori che hanno almeno 63 anni, questo anticipo pensionistico viene erogato dall’INPS e viene finanziato dalle banche; occorre però poi restituire la somma, con rate mensili, nell’arco di 20 anni, dal momento in cui si maturano i requisiti per l’assegno previdenziale vero e proprio |
In caso di ristrutturazioni aziendali, viene direttamente finanziato dall’impresa. Per quanto riguarda i disoccupati di lunga durata, i lavoratori che prestano assistenza a un parente disabile, i lavoratori che hanno una riduzione della capacità lavorativa pari ad almeno il 74% o ancora per chi svolge mansioni usuranti, tale trattamento (il cosiddetto Ape social) rimane invece a carico dello Stato |
Ecco come si calcola la pensione allo stato attuale
Il sistema di calcolo della pensione che si applica alle vecchie generazioni è diverso da quello applicato alle nuove. I lavoratori privati, pubblici e autonomi sono divisi in tre gruppi in base all’anzianità maturata alla data del 31/12/1995:
almeno 18 anni di contributi, l’assegno pensionistico sarà calcolato con un sistema misto, cioè retributivo per l’anzianità maturata sino al 31/12/2011 e contributivo per il periodo successivo;
meno di 18 anni di contributi, l’assegno pensionistico sarà calcolato con un sistema misto, cioè retributivo per l’anzianità maturata sino al 31/12/1995 e contributivo per il periodo successivo;
zero contributi al 31/12/1995, l’assegno pensionistico sarà calcolato con il sistema contributivo, che si basa su quanto versato nel corso della vita lavorativa.
Come si richiede la pensione
La pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile.
La domanda di richiesta della pensione si presenta esclusivamente attraverso uno dei seguenti canali:
web – la richiesta telematica dei servizi è accessibile direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;
telefono – chiamando il Contact Center integrato al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico, abilitati ad acquisire le domande di prestazioni ed altri servizi per venire incontro alle esigenze di coloro che non dispongono delle necessarie capacità o possibilità di interazione con l’Inps per via telematica;
enti di Patronato e intermediari autorizzati dall’Istituto, che mettono a disposizione dei cittadini i necessari servizi telematici.
Pensione 2017: termini e modalità di presentazione della domanda
Il personale docente, educativo e ATA a tempo indeterminato può presentare, entro il 20 gennaio 2017, la domanda di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite massimo di servizio o di dimissioni volontarie. Lo stesso personale, entro tale data, può presentare domanda di trattenimento in servizio per il raggiungimento del limite contributivo o per quanto previsto dall’articolo 1 – comma 257 della legge n. 208/2015.
Il citato art. 1 comma 257 così dispone: “al fine di assicurare continuità alle attività previste negli accordi sottoscritti con scuole o università dei Paesi stranieri, il personale della scuola impegnato in innovativi e riconosciuti progetti didattici internazionali svolti in lingua straniera, al raggiungimento dei requisiti per la quiescenza, può chiedere di essere autorizzato al trattenimento in servizio retribuito per non più di due anni. Il trattenimento in servizio è autorizzato, con provvedimento motivato, dal dirigente scolastico e dal direttore generale dell’ufficio scolastico regionale. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Sempre entro il termine del 20 gennaio 2017, il personale che abbia presentato la domanda di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite massimo di servizio o di dimissioni volontarie o domanda di trattenimento in servizio per il raggiungimento del limite contributivo o per quanto previsto dall’articolo 1 – comma 257 della legge n. 208/2015, può revocare la domanda presentata.
Il personale docente, educativo e ATA, inoltre, che non ha raggiunto il limite d’età, con contestuale riconoscimento di diritto alla pensionale, può presentare domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
L’Amministrazione, entro 30 giorni dalla scadenza delle suddette domande, comunica agli interessati l’eventuale rifiuto o ritardo nell’accoglimento della domanda di dimissioni nel caso in cui sia in corso un procedimento disciplinare.
Informazioni tecniche
Attualmente le segreterie di ogni istituzione scolastica stanno richiedendo le dichiarazioni di servizio (che consta del servizio di ruolo, tutti i periodi computati, riscattati e ricongiunti, il servizio militare, le supervalutazioni e le eventuali assenze da porre a scomputo dal totale dell’anzianità utile ai fini pensionistici) ai fini dell’accertamento del diritto.
Le recenti riforme pensionistiche hanno modificato le modalità di accesso alla pensione e di calcolo dell’assegno, Anief spiega in maniera sintetica i punti cruciali di tale tematica dividendo il presente comunicato in tre punti: “Quando posso andare in pensione?” “Quanto prenderò di pensione?” “Come richiedere l’accesso al trattamento pensionistico?”
Per approfondimenti:
Pensioni di reversibilità a rischio tagli, è bufera sul Ddl(Yahoo Notizie, 15 febbraio 2016)
Pensioni in calo del 30%, la riforma Fornero continua a colpire
Pensioni, l'uscita anticipata rischia di costare una mensilità l'anno (La Repubblica, 7 maggio 2016)
Pensioni, i nati negli anni Ottanta andranno in pensione a 75 anni per un assegno di mille euro