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Cassazione: brutta sentenza politica sui precari della Scuola

Non possono essere stabilizzati i supplenti perche hanno un canale privilegiato per l’immissione in ruolo rispetto agli altri lavoratori pubblici, né possono ottenere risarcimenti danni che farebbero fallire lo Stato. Anief rassicura che si rivolgerà direttamente ai giudici di Strasburgo per superare un giudizio sbagliato, rivoluzionario quanto scontato. La partita rimane aperta.

Con sentenza n. 10127 del 20 giugno 2012 arriva dal giudice di Cassazione il rigetto della richiesta di stabilizzazione di un precario della scuola o in via sostitutiva della liquidazione del risarcimento danni per abuso dei contratti a termine, ottenuta in primo grado e rigettata dalla corte di Appello, in un ricorso presentato negli anni passati, prima delle centinaia di sentenze positive ottenute dai legali dell’Anief in questi ultimi mesi, alcune confermate in appello.

La Corte, con istinto comprensibilmente conservatore, come era del resto prevedibile, vista l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, individua delle ragioni “obiettive” nella disapplicazione del diritto comunitario per giustificare la reiterazione dei contratti a termine per il personale precario sostenendo, tuttavia, tesi tanto rivoluzionarie quanto bizzarre circa l’applicazione, o meglio la disapplicazione, della norma comunitaria nel pubblico impiego e in particolare nel settore scolastico.

Fin dalle prime pagine, si individua la principale ragione “obiettiva” che ha ispirato il diritto interno nella previsione del sistema delle supplenze e dell’utilizzo delle graduatorie: “la costante erogazione del servizio scolastico a fronte di una certa variabilità del numero degli utenti,” una ragione che supera la stessa omissione rilevata nel contratto stipulato circa la sua spiegazione e che non consente alcuna discrezionalità al Miur nella gestione delle nomine del personale.

Nei motivi della decisione, si premette che per espressa previsione legislativa, D.lgs. 165 del 2001, richiamata in ultimo dal legislatore, con una interpretazione autentica, L. 106 del 2011, “a fronte del proliferare di controversie sulla illegittimità delle assunzioni a termine nel settore in parola”, la scuola deve essere esclusa dall’applicazione del decreto legislativo 368 del 2001 che recepisce la direttiva comunitaria n. 70 CE 1999, proprio quando lo stesso collegato al lavoro, L. 183 del 2010, ha voluto incidere “in senso riduttivo sul risarcimento del danno”, che, se acclarato e concesso dal giudice al personale della scuola, esporrebbe “la pubblica amministrazione ad uno sforamento di bilancio”.

I giudici ritengono che “il conferimento dell’incarico di supplenza, specie quello annuale” sia “il veicolo attraverso il quale l’incaricato si assicura l’assunzione a tempo indeterminato in quanto, man mano che gli vengono assegnati detti incarichi, la sua collocazione in graduatorie avanza”; sostengono, persino, che “il sistema delle supplenze sia un percorso formativo selettivo attraverso il quale il personale della scuola viene immesso in ruolo in virtù di un sistema alternativo a quello del concorso per titoli ed esami”, facoltà consentita dalla Costituzione in presenza di normativa specifica. Tale rappresentazione, agli occhi dei giudici, trasforma i precari della scuola in privilegiati rispetto agli altri lavoratori del settore pubblico o del privato, perché grazie al sistema delle supplenze possono essere assunti a tempo indeterminato sfuggendo alla macchina concorsuale o alla scelta aziendale, grazie a una “tipologia di flessibilità atipica destinata a trasformarsi in una attività lavorativa stabile”.

Non possono certo mancare, in conclusione, indifferibili esigenze di carattere economico “che impongono in una situazione generale di crisi economica e di deficit di bilancio facenti parte del notorio, risparmi doverosi per riscontrarsi nel sistema di reclutamento in esame”; cosicché viene rigettata anche la domanda di riconoscimento del risarcimento danno subito, non essendo riconosciuto l’abuso del diritto alla reiterazione dei contratti.

Al di là della sentenza politica, la massima appare scontata: lo Stato non ha soldi e i precari devono ringraziare il Governo per essere utilizzati anche per diversi anni, cosi da poter un giorno rivendicare, grazie all’esperienza maturata sul campo (posti disponibili e alti tassi di natalità permettendo), una immissione in ruolo per scorrimento di graduatoria; massima che Anief, ovviamente, intendere contestare subito. Se il giudice di ultima istanza, infatti, non sente l’obbligo di rinviare, in via pregiudiziale, alla corte di giustizia europea, la questione d’interpretazione della norma comunitaria, Anief non può in alcun modo avallare quanto di fantasioso sostenuto sul precariato della scuola pur in presenza delle oggettive ragioni di bilancio, pena lo snaturamento della stessa direttiva che impone agli Stati membri e ai giudici nazionali la condanna dell’abuso dei contratti a termine. Nel ricorso non contestiamo il diritto interno che chiaramente disciplina l’attribuzione delle supplenze, ma la reiterazione delle stesse su posti in organico di diritto che, per espressa volontà del legislatore, devono dare luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato per l’ordinario funzionamento dell’amministrazione anche scolastica. Non possiamo nemmeno dimenticare come l’assunzione dalle graduatorie risponda, piuttosto che sfugga, ai profili di costituzionalità richiamati nella sentenza, considerato che l’accesso avviene in seguito al superamento di un concorso per titoli ed esami; non possiamo, infine, ignorare come già il giudice europeo si sia espresso sulla materia quando ha ricevuto rassicurazione dal Governo italiano sull’applicazione della norma comunitaria in esame nel settore scolastico. Per queste ragioni, intendiamo rassicurare i precari della scuola che la partita non può ritenersi chiusa, non soltanto perche la Cassazione sarà chiamata presto a un riesame che chieda alle Sezioni Unite di pronunciarsi definitivamente sulla materia, ma fino a quando il contenzioso non giungerà a una decisione di Strasburgo, dove qualsiasi pronuncia diventa vincolante per tutti i giudici nazionali, compresi quelli di ultimo grado. La dignità di un posto di lavoro non può essere barattata al mercato, men che mai quello di un lavoratore della scuola.

Fiduciosi sull’esito finale, ne approfittiamo per rallegrarci dell’immissione in ruolo della prima ricorrente precaria iscritta all’Anief, disposta da un ambito territoriale su ordine del giudice che ne ha convertito il contratto, quale segno di una partita ancora lunga per molti altri, sicuramente contrastata, ma dagli esiti già evidenti. 

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