Pubblichiamo alcuni articoli sulla spesa per la scuola ferma in Italia da 15 anni e sugli alunni italiani hanno troppi compiti a casa
Rassegna stampa su In Italia la spesa per la scuola ferma da 15 anni
Contatto News: 17:56 Scuola Anief: spesa ferma a 15 anni fa nessuno peggio Italia
ANSA - Scuola: Anief, in Italia spesa istruzione ferma da 15 anni
(ANSA) - ROMA, 12 DIC - La spesa pubblica per la scuola in Italia è ferma da 15 anni. Lo sostiene l'Anief citando una analisi realizzata da alcuni economisti verificando, attraverso dati ufficiali sui finanziatori istituzionali (Stato, Regioni, Province e Comuni) gli investimenti operati su tutti i cicli scolastici nel periodo 1996-2012: dalla pre-infanzia sino alla fine del ciclo di istruzione superiore. Dopo l'iniziale incremento dei primi cinque anni, tra il 1996 e il 2001, l'investimento - fa notare il sindacato - è crollato "a causa dell'entrata in vigore il Patto di stabilità interna (2001), quell'elegante strumento che in un assetto di semi-federalismo fiscale e amministrativo come il nostro s'è tradotto in un taglio secco ai trasferimenti dallo Stato alle amministrazioni periferiche". "L'Italia - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - rimane l'unico Paese dell'Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria a dispetto di un aumento in media del 62% degli altri. Se già l'Italia spendeva il 2,8% in meno della sua spesa pubblica rispetto alla media Ocse nel 2000 (Italia 9,8% - Ocse 12,6%), dieci anni dopo si ritrova in controtendenza sempre all'ultimo posto persino tra i Paesi G20 (32 posto) con un -4,1% (Italia 8,9% - Ocse 13,0%); né la situazione è migliorata in rapporto al Pil, - 0,9% nel 2000 (Italia 4,5% - Ocse 5,4%) e -1,6% nel 2010 (Italia 4,7% - Ocse 6,3%), dove siamo collocati al terzultimo posto (31). In dieci anni la spesa pubblica italiana dedicata all'istruzione già di per sé l'80% di quella destinata dagli altri Paesi Ocse è scesa del 10% in controtendenza all'aumento seppur modesto del 3% registrato sempre negli altri Paesi, così da abbassarsi al 67% rispetto a livelli intermedi". E il futuro, secondo l'Anief, non promette nulla di buono: "la Legge di Stabilità 2015 prevede tagli al Miur per 1 miliardo e 411 milioni nei soli prossimi tre anni: la riduzione fissata dal Governo è di 100 milioni del fondo per l'autonomia; salteranno anche 1.591 esoneri e 3.105 semi-esoneri dei vicari, 2.500 comandi tra cui 1.371 presso gli Uffici scolastici regionali, 2.017 posti Ata in organico di diritto, le supplenze brevi per assistenti tecnici e amministrativi, stretta per docenti e collaboratori scolastici". (ANSA).
TMNEWS - Scuola, Anief: spesa ferma a 15 anni fa, nessuno peggio Italia
Investimenti crollati, Pacifico: futuro non promette nulla buono
Roma, 12 dic. (askanews) - In Italia la spesa per la scuola è ferma da 15 anni: nessuno ha fatto peggio nell'area Ocse. E' quanto emerge da uno studio nazionale sui dati del Dipartimento Politiche Sviluppo, riguardanti il periodo 1996-2012 su tutti i cicli scolastici, dalla pre-infanzia alle superiori, confermano che le affermazioni secondo cui "non bisogna mai disinvestire sull'istruzione" sono pura retorica. A pesare in negativo sul mancato sviluppo per gli investimenti a favore dell'istruzione, in particolare, l'entrata in vigore il Patto di stabilità interna (2001) e i tagli draconiani operati tra il 2008 e il 2009 dai ministri dell'Economia Giulio Tremonti e al Miur Mariastella Gelmini.
La spesa pubblica per la scuola è ferma da 15 anni: a sostenerlo è una accurata analisi realizzata dagli economisti Nicola Salerno e Stefania Gabriele, i cui primi risultati sono stati pubblicati sul sito internet reforming.it: gli studiosi sono andati a verificare, attraverso i dati ufficiali emessi dal (Conti Pubblici per Funzioni) sui finanziatori istituzionali - Stato, Regioni, Province e Comuni - gli investimenti operati su tutti i cicli scolastici nel periodo 1996-2012: dalla pre-infanzia sino alla fine delle ciclo di istruzione superiore.
Dai risultati, anticipati anche dal Sole 24 Ore, risulta in modo inequivocabile che la spesa complessiva in termini reali, ovvero deflazionati sulla base della serie storica dell'indice IPC Istat, risulta invariata: "significa che i circa 54 miliardi contabilizzati nel 2011 equivalgono, in termini di parità di potere di acquisto, all'aggregato di uscite registrato nel 1996.
In pratica la costante retorica secondo cui "non bisogna mai disinvestire sull'istruzione" è solo retorica, perché si è proceduto al contrario". Dopo l'iniziale incremento dei primi cinque anni, tra il 1996 e il 2001, l'investimento è crollato "a causa dell'entrata in vigore il Patto di stabilità interna (2001), quell'elegante strumento che in un assetto di semi-federalismo fiscale e amministrativo come il nostro s'è tradotto in un taglio secco ai trasferimenti dalla Stato alle amministrazioni periferiche. Il secondo "fatto stilizzato" - prosegue l'analisi - lo si incontra poi tra il 2008 e il 2009, seguendo questa volta la curva della spesa corrente. Dopo aver zigzagato attorno a un più o meno 20% è riprecipitata sugli stessi valori reali nel 1996 dopo i tagli lineari varati dal Governo Berlusconi (ministro dell'Economia Giulio Tremonti e al Miur Mariastella Gelmini)". "Quanto confermato dai due studiosi - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - conferma i dati transnazionali pubblicati nell'ultimo anno: l'Italia rimane l'unico Paese dell'Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria a dispetto di un aumento in media del 62% degli altri". Se già l'Italia spendeva il 2,8% in meno della sua spesa pubblica rispetto alla media OCSE nel 2000 (Italia 9,8% - Ocse 12,6%), dieci anni dopo si ritrova in controtendenza sempre all'ultimo posto persino tra i Paesi G20 (32° posto) con un -4,1% (Italia 8,9% - Ocse 13,0%); né la situazione è migliorata in rapporto al P.I.L., - 0,9% nel 2000 (Italia 4,5% - Ocse 5,4%) e -1,6% nel 2010 (Italia 4,7% - Ocse 6,3%), dove siamo collocati al terzultimo posto (31°). In dieci anni la spesa pubblica italiana dedicata all'istruzione già di per sé l'80% di quella destinata dagli altri Paesi Ocse è scesa del 10% in controtendenza all'aumento seppur modesto del 3% registrato sempre negli altri Paesi, così da abbassarsi al 67% rispetto a livelli intermedi. In termini pratici, i tagli all'istruzione hanno comportato 200mila posti in meno tra docenti e ata negli ultimi sei anni, figli dei piani di razionalizzazione (L. 244/2007, L. 133/2008, L. 111/11, L. 135/12). Un sesto dell'organico di diritto a fronte di 75mila posti ridotti nei restanti due terzi dei comparti pubblici ha portato la scuola a collezionare il 75% dei tagli adottati dalla spending review. A partire dal 2011, inoltre, una scuola su tre è stata cancellata come sede di direzione con processi di dimensionamento che oltre a ridurre l'organico di dirigenti e dsga di 4mila unità ne hanno colpito il funzionamento: con il risultato di avere dei presi costretti a gestire in media quattro plessi a distanza, senza peraltro più retribuire le reggenze affidate ai vicari. "E il futuro - continua Pacifico - non promette nulla di buono: la Legge di Stabilità 2015 prevede tagli al Miur per 1 miliardo e 411 milioni nei soli prossimi tre anni: la riduzione fissata dal Governo è di 100 milioni del fondo per l'autonomia; salteranno anche 1.591 esoneri e 3.105 semi-esoneri dei vicari, 2.500 comandi tra cui 1.371 presso gli Uffici scolastici regionali, 2.017 posti Ata in organico di diritto, le supplenze brevi per assistenti tecnici e amministrativi, stretta per docenti e collaboratori scolastici. E, come se non bastasse, verrà mortificato anche il fondo per la ricerca applicata e ridotto il fondo ordinario per gli atenei".
Messaggero – Economia & Finanza: In Italia la spesa per la scuola è ferma da 15 anni
Notizie Yahoo: Scuola, Anief: spesa ferma a 15 anni fa, nessuno peggio Italia
Repubblica.it - Finanza: In Italia la spesa per la scuola è ferma da 15 anni
Img press: In Italia la spesa OCSE è ferma da 15 anni
ITALPRESS - SCUOLA: ANIEF "IN ITALIA SPESA FERMA DA 15 ANNI"
Teleborsa: In Italia la spesa per la scuola è ferma da 15 anni
Rassegna stampa su alunni italiani hanno troppi compiti a casa
ANSA - Scuola: Anief, troppi compiti casa? Perchè meno ore in classe
'Colpa delle riforme attuate dal 2008 all'insegna dei tagli'
(ANSA) - ROMA, 13 DIC - "Se la preparazione scolastica degli alunni italiani è inferiore a quella di molti coetanei dell'area Ocse, la colpa non è di certo dei troppi compiti a casa che danno i docenti, ma della riduzione del tempo che passano sui banchi: le riforme degli ultimi anni, all'insegna dei tagli, hanno infatti ridotto di un sesto l'orario scolastico, al punto che oggi l'Italia detiene il triste primato di far svolgere solo 4.455 ore studio nell'istruzione primaria rispetto alla media dei 4.717 dell'area Ocse, e 2.970 in quella superiore di primo grado rispetto alle 3.034 di media Ocse": a dirlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir. "I docenti, soprattutto i più esperti, si sono evidentemente resi conto di questo calo di prestazione e di competenze dei loro alunni - incalza Pacifico - e non potendo sopperire in altro modo sono stati costretti a 'caricare' sui compiti da far svolgere a casa. Penalizzando, chiaramente, quelli più in difficoltà e in condizioni socio-familiari sfavorevoli, che necessiterebbero di essere seguiti in classe". All'incremento del tempo scuola, secondo Anief, vanno poi affiancati altri provvedimenti, "come il reintegro del docente specializzato nell'insegnamento della lingua inglese e, sempre alla primaria, è fondamentale ristabilire il tempo pieno e le preziose ore di compresenza". Per quanto riguarda le superiori, "a un maggiore tempo scuola andrebbero affiancati l'allungamento dell'obbligo formativo, da 16 anni a 18 anni e l'avvio di stage in azienda reali e retribuiti". (ANSA).
TMNEWS -Anief: Troppi compiti a casa? Colpa dei tagli alle ore in classe
Riforme ultimi anni hanno ridotto di un sesto orari scolastici
"Troppi compiti a casa? Non puntate il dito sui docenti, la colpa è di chi ha tolto le ore in classe". A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, a commento dei dati pubblicati nelle ultime ore sull'eccessivo carico di compiti a casa che i docenti italiani darebbero ai loro allievi. "Se la preparazione scolastica degli alunni italiani è inferiore a quella di molti coetanei dell'area Ocse, la colpa - sostiene Pacifico - non è di certo dei troppi compiti a casa che danno i docenti, ma della loro riduzione forzata del tempo che passano sui banchi: le riforme degli ultimi anni, all'insegna dei tagli, hanno infatti ridotto di un sesto l'orario scolastico, al punto che oggi l'Italia detiene il triste primato di far svolgere solo 4.455 ore studio nell'istruzione primaria, rispetto alla media dei 4.717 dell'area Ocse, e 2.970 in quella superiore di primo grado, rispetto alle 3.034 di media sempre dei Paesi Ocse". Il giovane sindacato autonomo ricorda che dall'ultima l'indagine Pisa, condotta dell'Ocse, oltre che dalle indagini Pirls (Progress in international reading literacy study) e Timss (Trends in international mathematics and science study) risulta chiaramente che a far fare un bel passo indietro al nostro sistema d'istruzione non sono stati i cambiamenti del metodo di studio adottati dai docenti, ma le riforme della scuola. In particolare, le Leggi 133/2008 e 169/2008. È tutto dire che la primaria, per decenni fiore all'occhiello del nostro sistema d'istruzione, solo di recente ha fatto registrare una netta riduzione di capacità e competenze acquisite dei nostri alunni iscritti alle quarte classi, sino a perdere ben 10 posizioni. "I docenti, soprattutto i più esperti, si sono evidentemente resi conto di questo calo di prestazione e di competenze dei loro alunni - incalza Pacifico - e non potendo sopperire in altro modo sono stati costretti a 'caricare' sui compiti da far svolgere a casa. Penalizzando, chiaramente, quelli più in difficoltà e in condizioni socio-familiari sfavorevoli, che necessiterebbero di essere seguiti in classe. Perché, in fondo, sono questi i più penalizzati da questa situazione: il ragazzo studioso, invece, da sempre passa tante ore sui libri. Ed è giusto che sia così". All'incremento del temposcuola vanno poi affiancati altri provvedimenti. Come il reintegro del docente specializzato nell'insegnamento della lingua inglese. E sempre alla primaria è fondamentale ristabilire il tempo pieno e le preziose ore di compresenza. Solo così sarà possibile rinforzare nuovi concetti e conoscenze, senza lasciare indietro gli alunni più in difficoltà o con tempi di apprendimento più lenti. Solo in questo modo potremo tornare a parlare di scuola includente davvero per tutti.
"Il problema - dice ancora il presidente Anief - è che quel modello di buona scuola è stato sostituito con l'attuale maestro 'prevalente' che svolge 22 ore, a cui si aggiunge lo 'spezzatino' composto delle altre materie, assegnato a diversi colleghi. Tra questi figura pure il maestro d'inglese, però non specializzato. Con il risultato che agli alunni si è data meno scuola. E di qualità più bassa, perché l'offerta formativa viene proposta sostanzialmente in modo disomogeneo". "Inoltre, il dislivello rispetto agli altri Paesi avanzati - continua Pacifico - non riguarda solo la primaria, ma anche le scuole superiori. Dove i nostri alunni, soprattutto quelli del Sud e nelle materie scientifiche, fanno registrare gap considerevoli. Anche in questo caso occorre attuare dei provvedimenti migliorativi: assieme ad un maggiore tempo scuola, andrebbero affiancati l'allungamento dell'obbligo formativo, da 16 anni a 18 anni, e l'avvio di stage in azienda reali e retribuiti".
"Non va meglio all'Università, dove le tasse richieste dai nostri atenei agli studenti hanno subito negli ultimi anni aumenti esponenziali. Non lamentiamoci se poi soltanto il 15% degli italiani tra i 25-64 anni ha un livello di istruzione universitario, rispetto a una media Ocse del 32%. E se la percentuale di studenti quindicenni che spera di conseguire la laurea è scesa dal 51,1% del 2003 al 40,9% del 2009. E se, infine, sempre in Italia vantiamo il record di Neet tra i 15 e i 29 anni: nel 2013 i ragazzi che non lavorano e non studiano hanno avuto un aumento ancora più consistente del recente passato, raggiungendo il 26%, oltre 6 punti percentuali al di sopra del periodo pre-crisi".
Mister X: SCUOLA: ANIEF, TROPPI COMPITI CASA?PERCHÈ MENO ORE IN CLASSE
Yahoo Notizie: Anief: Troppi compiti a casa? Colpa dei tagli alle ore in classe
ANSA - Scuola: studenti italiani tra più oberati compiti a casa
Associazione genitori, un aggravio che testimonia un fallimento
(ANSA) - ROMA, 12 DIC - Gli studenti italiani sono tra i più carichi di compiti a casa dell'intero pianeta. Secondo l'Ocse nel 2012 avrebbero passato quasi 9 ore a settimana sui libri contro una media di 4,9 ore a settimana. E' il dato più elevato tra i paesi dell'area, anche se rispetto a una precedente rilevazione del 2003 i ragazzi italiani hanno ridotto di quasi 2 ore il tempo dedicato allo studio in aggiunta alle lezioni scolastiche. Un calo, come riportato dal Corriere della Sera, peraltro comune a tutti i paesi, dove la riduzione media è però di un'ora. Dall'indagine emerge pure che la condizione socio-economica incide sul tempo dedicato allo studio: gli studenti di famiglie meno abbienti trascorrono meno di 6 ore davanti ai libri a casa, mentre diventano 11 nel caso degli studenti di famiglie socio- economicamente più ricche. E se è vero che gli alunni che studiano di più hanno anche migliori risultati nei test Ocse-Pisa che valutano le competenze matematiche, scientifiche e di lettura dei ragazzi, è vero pure che gli italiani pur studiando tre volte di più dei coreani hanno comunque risultati inferiori a loro: gli studenti coreani che, assieme ai finlandesi, svettano nelle classifiche sulle competenze scolastiche dicono di dedicare allo studio in media meno di tre ore la settimana. In vista delle vacanze di Natale che inizieranno tra poco più di una settimana il tema dei compiti a casa - incubo per alunni e genitori - diventa particolarmente attuale. "Pur non essendo talebani nel chiederne l'eliminazione, riteniamo che un aggravio di compiti a casa oltre a essere discriminante - osserva Angela Nava, presidente del Coordinamento genitori democratici - è un chiaro segnale del fallimento della scuola. I tagli attuati negli ultimi anni (meno tempo scuola, più bambini in classe, più affanno per gli insegnanti) hanno fatto sì che i compiti a casa siano diventati una modalità per andare avanti e completare i programmi. Quanto ai risultati scolastici è dimostrato anche dai dati Ocse che più compiti non significa automaticamente migliori risultati. Tutto ciò dovrebbe imporre una seria riflessione". Non è affatto stupito di quanto rivelato dallo studio Ocse il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, che ha anni di insegnamento alle spalle. "Finlandia e Corea che sono i paesi che hanno meno ore di lavoro a casa per gli alunni sono realtà dove per l'ambiente scolastico (aule, laboratori, attrezzature) c'è maggiore attenzione e investimenti. Quanto più c'è attività di studio e ricerca in classe, meno serve il lavoro a casa". Di Menna osserva che comunque il dato dell'Ocse e' un dato medio: "Ci sono tantissime scuole, tantissimi insegnanti in Italia che adottano modelli innovativi che consentono di fare attività principalmente in classe". "Ciò non toglie che da noi si registrino forti ritardi. La Lim, ad esempio: ancora non è stato completato il piano per adottarla ovunque e lo strumento è già superato" ha aggiunto il sindacalista ricordando che l'Italia è il penultimo Paese nella classifica della spesa per l'istruzione. E il futuro, a parere dell'Anief, non promette nulla di buono: "con la Legge di Stabilità 2015 per il Miur - afferma il presidente Marcello Pacifico - sono in arrivo 1 miliardo e 411 milioni di ulteriori tagli nei soli prossimi tre anni". (ANSA).
Contatto news: 11:51 Anief: Troppi compiti a casa Colpa dei tagli alle ore in classe
Tecnica della Scuola: Tutta colpa del taglio delle ore a scuola